( Anonimo )
Le luci della sera erano arricchite dai
colori delle decorazioni natalizie. Un
uomo osservava dietro i vetri della
finestra, che si affacciava sulla strada
principale, i passanti che,
frettolosamente, effettuavano le ultime
spese per il giorno di Natale. Gruppetti
di persone si scambiavano gli auguri
raccontandosi dove avrebbero trascorso
quella vigilia. Lui sentiva il clima
natalizio. Era la festa della famiglia e
sin da piccolo l’aveva vissuta come un
giorno magico anche durante il periodo
della guerra, quando non c’erano regali
ne luci colorate. Aveva trascorso il
pomeriggio sino alla sera dietro quella
finestra, nel silenzio della sua casa,
avvicinando ogni tanto le mani alla
stufetta elettrica per scaldarsi.
Aveva ottantuno anni, tre figli e sette
nipoti. La moglie era defunta sette anni
prima lasciandolo solo. Non aveva mai
voluto che nessuno si occupasse di lui
poiché era sempre stato autosufficiente
ed anche per non creare difficoltà ai
figli già troppo presi dai loro problemi.
Non era mai stato una persona
invadente. Anche quella vigilia
l’avrebbe trascorsa da solo. Anche
quell’anno i figli avevano avuto dei
contrattempi o degli inviti ai quali non
potevano esimersi. “Pazienza…”,
pensava, “poveri ragazzi. Troppo
oberati dal lavoro e dagli impegni”. Ciò
che gli stava più a cuore era che stessero
bene in salute e che i nipotini fossero
sereni. Li avrebbe visti l’indomani o il
giorno successivo o… quando potevano
andare a fargli visita.
Guardò l’orologio appeso al muro del
tinello: le 19.30. Era ora di preparare
la sua vigilia di Natale. Lentamente
prese da un cassetto del mobile una
tovaglia rossa con, ai bordi, delle
decorazioni natalizie e la stese sulla
tavola. Apparecchiò per quattordici
persone. Dal lungo mobile del soggiorno
prese le foto dei figli, delle due nuore,
del genero e dei nipotini e le dispose
sulla tavola apparecchiata ognuna vicino
ad un piatto. Avrebbe finto di essere
con tutta la famiglia anche quella
vigilia. In fondo era il suo piccolo
segreto per non sentirsi solo. Osservò
soddisfatto la tavola.
Dall’armadio della camera da letto prese
delle buste grandi con tanti pacchetti
incartati con molta cura e le portò vicino
all’albero di Natale. Inforcò gli
occhiali e ad uno ad uno dispose i regali
vicino il piccolo presepe dopo averli
osservati attentamente. Aveva
acquistato dei bei doni… ne sarebbero
rimasti tutti entusiasti. Anche se la
sua pensione non gli concedeva dei lussi,
aveva risparmiato qualcosa durante
l’anno e poi… non aveva avuto necessità
di spendere nulla per il pranzo natalizio.
Mise un bigliettino con il nome vicino ai
pacchetti e poi guardò l’ora: 20.16. In
cucina prese dalla credenza una bustina
di minestra già pronta. Ne lesse le
istruzioni di preparazione con molta
attenzione e poi mise a bollire dell’acqua
in un pentolino.
Nella camera da letto aveva già disposto
gli abiti che avrebbe indossato per quella
sera. Li guardò con un sorriso dolce e
carico di nostalgia. Il pantalone, usato
rare volte, era quello che indossò il
giorno del battesimo del suo quarto
nipotino. La camicia, quella con i
quadretti celesti, era stato l’ultimo
regalo di sua moglie. La giacca di lana
invece era il regalo di Natale che gli
aveva fatto sua figlia dieci anni prima,
l’ultimo che aveva ricevuto. Per lui
erano, oltre che dei semplici indumenti,
delle reliquie custodite gelosamente.
Ebbe qualche problema ad infilarsi il
pantalone: aveva le gambe malferme a
causa dell’età.
In cucina l’acqua nel pentolino bolliva e,
dopo aver versato la polverina contenuta
nella busta, la rimestò lentamente
secondo le istruzioni. Dalla vetrinetta
della credenza prese un panettoncino di
quelli per una persona e una bottiglia di
spumante a buon mercato e li dispose al
centro della tavola. Accese la
televisione e la sintonizzò sull’ennesima
replica della commedia di Eduardo De
Filippo “Natale in casa Cupiello”. Con
mani tremanti portò a tavola il piatto
con la minestrina, si mise il tovagliolo e,
dopo aver guardato le foto disposte
attorno alla tavola, consumò in silenzio
la sua semplice cena. Sicuramente lo
avrebbero chiamato per fargli gli
auguri. Guardò il telefono immaginando
cosa stessero facendo i suoi cari in quel
momento.
Finita la cena spostò il mobiletto del
telefono vicino la poltrona di fronte alla
televisione e si accomodò con un plaid
sulle gambe per seguire la messa del
Papa. Tra poco lo avrebbero
chiamato e avrebbe ascoltato le vocine
squillanti dei nipotini curiosi di sapere
cosa c’era sotto il suo albero ma lui
avrebbe fatto il misterioso circa i regali
che li attendevano.
Nessuna telefonata arrivò quella sera e
nemmeno l’altra ancora… ma non se ne
accorse. Era passato dal sonno alla
morte senza accorgersene mentre
seguiva il discorso del Papa.
La mattina del giorno di Santo
Stefano il figlio maggiore entrò in casa.
- Papà! Sono io! … sei a letto? Scusa se
non ci siamo fatti sentire a Natale… sai
com’è ci siamo svegliati tardi e poi nella
confusione ci è passato dalla mente… Ti
hanno chiamato gli altr… Papà!- il
figlio guardò sgomento il corpo seduto di
fronte alla televisione ancora accesa…
gli tastò il polso – O no!… papà! Osservò la tavola con le foto, la bottiglia
di spumante mai stappata, il piatto con
un residuo della modesta cena ed i
regali sotto l’albero… e scoppiò in
lacrime leggendo un biglietto scritto con
mano tremante e posato vicino al
telefono:
Buon Natale, ovunque siate !!!
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Buon natale ovunque siate