Il pensiero contemporaneo Prof. Daniele Pelini Email: [email protected] Destra e sinistra hegeliana All’indomani della morte di Hegel la schiera dei suoi allievi si divise tra i «vecchi hegeliani» (la generazione più anziana, composta per la maggior parte dagli editori delle opere del filosofo) ed i «giovani hegeliani» (composta da coloro che erano nati dopo il 1800). Nel 1837 David Strauss designò queste due correnti, con termini desunti dalle consuetudini del Parlamento francese, come destra e sinistra hegeliana – individuando anche un centro nelle posizioni di K.F. Rosenkranz. La spaccatura della scuola fu dovuta al diverso atteggiamento assunto dai suoi esponenti di fronte alla religione e alla politica La questione della religione Il cristianesimo è compatibile con la filosofia hegeliana? La questione della religione Il cristianesimo è compatibile con la filosofia hegeliana? I più significativi esponenti della destra (K.F. Göschel, K. Conradi, G.A. Gabler) argomentavano che l’identità di contenuto fra religione e filosofia, autorizzasse senz’altro la conservazione della religione cristiana e svilupparono una sorta di scolastica dell’hegelismo: in altri termini essi utilizzarono i filosofemi di Hegel al fine di una giustificazione razionale dei dogmi centrali del cristianesimo La questione della religione Il cristianesimo è compatibile con la filosofia hegeliana? Gli esponenti della sinistra (D.F. Strauss, B. Bauer, M. Stirner, A. Ruge, L. Feuerbach, K. Marx) sostenevano invece che la differenza di forma fra religione e filosofia implicasse necessariamente la distruzione della religione. Conseguentemente essi svilupparono una critica radicale della coscienza religiosa – in particolare di quella sua configurazione storica che è il cristianesimo – il cui esisto finale è un rigoroso ateismo filosofico La questione della politica Legittimazione o critica dell’esistente? La questione della politica Legittimazione o critica dell’esistente? Se la questione della religione s’incentrava sul problema di come intendere concretamente, nella prassi, il superamento (aufhebung) della religione, quella della politica riguardava invece il problema dell’interpretazione di quella centrale tesi hegeliana che afferma l’identità di realtà e razionalità. Gli esponenti della destra la interpretano in senso conservatore, considerando lo Stato prussiano in tutte le sue interne articolazioni quale punto di approdo della storia del mondo, come la massima incarnazione dello spirito La questione della politica Legittimazione o critica dell’esistente? La sinistra, invece, interpreta la suddetta identità in un senso dinamico, affermando che il reale, in quanto incessante processo di autosuperamento dell’esistente, è chiamato ad elevarsi ed inverarsi in una più alta formazione razionale: essa dunque ritiene che le istituzioni politiche esistenti debbano essere oggetto di una trasformazione rivoluzionaria Ludwig Feuerbach (1804-1872) “Il nostro compito è appunto di mostrare che la distinzione fra il divino e l’umano è illusoria, cioè che null’altro è se non la distinzione fra l’essenza dell’umanità e l’uomo individuo, e che per conseguenza anche l’oggetto e il contenuto della religione cristiana sono umani e nient’altro che umani” (L’essenza del cristianesimo) La critica della filosofia hegeliana Punto di partenza della filosofia di Feuerbach è la critica della posizione dell’idealismo e della filosofia hegeliana in particolare, la quale salta a pie pari, per così dire, l’individuo umano concreto. L’hegelismo si configura come una teologia mascherata, una sorta di secolarizzazione di tutta la tradizione teologica occidentale. Attribuendo all’uomo i caratteri tradizionali di Dio, ossia pensando l’essenza umana come pura autocoscienza, puro pensiero separato dalla sensibilità, dalla corporeità, dalla materia, dallo spazio e dal tempo, l’idealismo snatura l’uomo e lo estrania da se stesso: invece l’uomo è un essere “di carne e di sangue” e la “vera umanità” dell’uomo include l’uomo “dalla testa al calcagno”. Dunque, occorre innanzitutto rimettere al centro dell’indagine filosofica l’uomo nella sua finitezza La critica della filosofia hegeliana “Il cammino che sinora ha percorso la filosofia speculativa dall’astratto al concreto, dall’ideale al reale, è un cammino alla rovescia. È una via per la quale non si giunge mai alla realtà vera. […] L’inizio della filosofia non è Dio, non è l’Assoluto, non è l’essere come predicato dell’assoluto o dell’idea: l’inizio della filosofia è il finito, il determinato, il reale” (Tesi provvisorie per una riforma della filosofia) La critica della filosofia hegeliana “Chi non rinunzia alla filosofia di Hegel, non rinunzia neppure alla teologia. […] La filosofia di Hegel è l’ultimo rifugio, l’ultimo sostegno razionale della teologia. Come una volta i teologi cattolici diventarono de facto aristotelici per poter combattere il protestantesimo, così ora i teologi protestanti devono diventare de iure hegeliani per poter combattere l’ateismo” (Tesi provvisorie per una riforma della filosofia) La critica della filosofia hegeliana Il senso di queste affermazioni è quello di un vero e proprio capovolgimento della posizione hegeliana: solo un’essenza che, come quella dell’uomo, “si svolge e si dispiega nel tempo è un’essenza assoluta, cioè vera, reale”. Solo l’essenza che, come quella umana, è nei limiti del tempo, del bisogno, dell’indigenza, della sofferenza, del dolore, è l’essenza assolutamente libera e totale: “l’essenza più colma di dolori è l’essenza divina” La posizione di Feuerbach Teologia speculativa (Hegel) Teologia comune Antropologia La posizione di Feuerbach “Il segreto della teologia è l’antropologia, ma la teologia è il segreto della filosofia speculativa, e s’intende la teologia speculativa, vale a dire quella che si distingue dalla teologia comune per il fatto che colloca nell’al di qua, rendendolo presente e determinato e attuale, quell’essere divino che appunto la teologia comune ha per paura e per incomprensione relegato, lontano, nell’al di là” (Tesi provvisorie per una riforma della filosofia) La posizione di Feuerbach “La nuova filosofia è la risoluzione completa, assoluta, coerente, della teologia nella antropologia, perché è la risoluzione della teologia non soltanto nella ragione, come aveva fatto la vecchia filosofia, ma anche nel cuore, in breve nell’essere reale e totale dell’uomo. […] La nuova filosofia fa dell’antropologia, con inclusione della fisiologia, la scienza universale” (Principi della filosofia dell’avvenire) La natura della coscienza religiosa Una volta stabilito il baricentro del discorso filosofico nella finitezza dell’uomo e affinché questa possa essere riconosciuta e valorizzata come l’unica «realtà assoluta», Feuerbach sviluppa una critica radicale della religione – radicale perché essa intende andare alla radice del fenomeno religioso e quindi anche alla radice di quella concezione «teologica» della realtà che ha trovato nel pensiero hegeliano il suo “ultimo rifugio”. L’essenziale di questa ricerca è contenuto in due scritti: L’essenza del cristianesimo (1841) e L’essenza della religione (1845) La natura della coscienza religiosa La tesi centrale di Feuerbach è che Dio, ogni idea del divino, è nient’altro che una proiezione illusoria di quelle «perfezioni» caratteristiche della nostra specie (determinazioni essenziali) che sono la ragione, la volontà e il sentimento. Dunque, non è Dio ad aver creato l’uomo bensì esattamente il contrario: parafrasando la Bibbia, si può affermare che l’uomo ha fatto Dio a sua immagine e somiglianza, nel senso che ogni cultura umana produce una rappresentazione della divinità che riflette una certa comprensione che l’uomo ha di sé “la religione è la prima, ma indiretta autocoscienza dell’uomo” La natura della coscienza religiosa “ciò che l’uomo pone come oggetto [della religione] null’altro è che il suo stesso essere oggettivato. Come l’uomo pensa, quali sono i suoi principi, tale è il suo dio: quanto l’uomo vale, tanto e non più vale il suo dio. La coscienza che l’uomo ha di dio è la conoscenza che l’uomo ha di sé. Tu conosci l’uomo dal suo dio, e, reciprocamente, Dio dall’uomo; l’uno e l’altro si identificano. […] Dio è l’intimo rivelato, l’essenza dell’uomo espressa; la religione è la solenne rivelazione dei tesori celati dell’uomo, la pubblica professione dei suoi segreti d’amore” (L’essenza del cristianesimo) La natura della coscienza religiosa “Tu credi che l’amore sia un attributo di Dio perché tu stesso ami, credi che Dio sia un essere sapiente e buono perché consideri bontà e intelligenza le migliori tue qualità; […] L’uomo – questo è il mistero della religione – proietta il proprio essere fuori di sé e poi si fa oggetto di questo essere metamorfosato in soggetto, in persona; egli si pensa, ma come oggetto del pensiero di un altro essere, e questo essere è Dio” (L’essenza del cristianesimo) L’origine della coscienza religiosa Le spiegazioni principali addotte da Feuerbach per giustificare il prodursi nell’uomo dell’idea del divino sono due: innanzitutto, il sentimento di dipendenza che l’uomo prova nei confronti della natura, sentimento che lo ha spinto inizialmente ad adorare quelle cose senza le quali egli non potrebbe esistere: la luce, l’acqua, la terra, etc.; inoltre, egli vede l’origine della coscienza religiosa nell’opposizione e nella sproporzione che nell’uomo si riscontra tra volere e potere: dal momento che l’individuo umano è contraddistinto dalla finitezza, la quale implica che la sfera del volere è molto più ampia di quella del potere, l’uomo si costruisce una divinità in cui tutti i suoi desideri appaiono realizzati L’origine della coscienza religiosa “Il sentimento di dipendenza degli uomini è il fondamento della religione; l’oggetto di questo sentimento di dipendenza, ciò da cui l’uomo è dipendente e si sente dipendente, è originariamente nient’altro che la natura. La natura è il primo originario oggetto della religione, come la storia di tutti i popoli e di tutte le religioni dimostra” (L’essenza della religione, § 2) L’origine della coscienza religiosa “A proprio presupposto la religione ha il contrasto o la contraddizione tra volere e potere, desiderare e ottenere […]. Nel volere, nel desiderare, nel rappresentare l’uomo è illimitato, libero, onnipotente – è Dio; ma nel potere, nell’ottenere, nella realtà egli è condizionato, dipendente, limitato” (L’essenza della religione, § 30) L’origine della coscienza religiosa “Il pensare, il volere sono cosa mia; ma ciò che io voglio e penso non è cosa mia, è fuori di me, non dipende da me. La tendenza, il fine della religione è rivolto a togliere questa contraddizione o contrasto; e l’ente in cui queste vengono tolte in cui ciò che è possibile secondo i miei desideri e le mie rappresentazioni, ma impossibile per le mie forze diventa possibile, o piuttosto reale, – questo ente è l’ente divino” (L’essenza della religione, § 30) L’origine della coscienza religiosa Sentimento di dipendenza dalla Opposizione nell’individuo tra natura volere e potere coscienza religiosa L’alienazione della coscienza religiosa L’aspetto interessante dell’analisi di Feuerbach è che egli ritiene l’insorgere della coscienza religiosa una forma di alienazione, ossia una “patologia psichica” per cui l’uomo si scinde da se stesso, sposta il suo essere al di fuori di sé e si sottomette ad una rappresentazione che gli toglie quanto gli appartiene. In altri termini, la nascita della religione segna ad un tempo la perdita, da parte dell’uomo, delle proprie originarie possibilità e, con queste, della propria felicità – giacché l’uomo tanto più pone in Dio quanto più toglie a se stesso L’alienazione della coscienza religiosa “Nella religione, l’uomo opera una frattura nel proprio essere, scinde sé da se stesso, ponendo di fronte a sé Dio come un essere antitetico. Nulla è Dio di ciò che è l’uomo, nulla è l’uomo di ciò che è Dio. Dio è l’essere infinito, l’uomo l’essere finito; Dio perfetto, l’uomo imperfetto; Dio eterno, l’uomo perituro; Dio onnipotente, l’uomo impotente; Dio santo, l’uomo peccatore. Dio e l’uomo sono due estremi: Dio il polo positivo, assomma in sé tutto ciò che è reale, l’uomo il polo negativo, tutto ciò che è nullo” L’umanesimo ateo e filantropico Se è vero che l’antropologia costituisce il “nucleo segreto della teologia”, l’uomo deve riconoscere che non c’è nessun dio (ateismo) e ciò implica l’impegno attivo per riconquistare la posizione dalla quale egli è decaduto a causa di se stesso, recuperando tutte le qualità essenziali cedute a quel fantasma di sé che è Dio. Il tramonto del cristianesimo e di ogni religione segna l’avvento di “una nuova era nella storia del mondo”: l’uomo che ha ripreso il pieno possesso dei suoi poteri non concepisce più il problema della felicità nell’orizzonte egoistico della «propria salvezza personale (beatitudine ultraterrena)», bensì in quello comunitario dell’incivilimento (Bildung) L’umanesimo ateo e filantropico Uscire dall’alienazione significa elevare l’essenza umana ad oggetto di quell’amore prima tributato a dio (filantropia). Soltanto se l’uomo riscopre la sua natura “sociale, comunista” – ossia la relazione col prossimo quale carattere originario e fondante del suo essere – è possibile la genuina realizzazione di quell’essenza nella prassi: L’umanesimo ateo e filantropico Uscire dall’alienazione significa elevare l’essenza umana ad oggetto di quell’amore prima tributato a dio (filantropia). Soltanto se l’uomo riscopre la sua natura “sociale, comunista” – ossia la relazione col prossimo quale carattere originario e fondante del suo essere – è possibile la genuina realizzazione di quell’essenza nella prassi: “L’essenza dell’uomo è contenuta soltanto nella comunione, nell’unità dell’uomo con l’uomo […] La solitudine è finitezza e limitatezza; la comunione è libertà e infinitudine. L’uomo considerato per sé stesso è uomo nel senso abituale della parola; l’uomo con l’uomo, ossia l’unità dell’io e del tu, è Dio” L’umanesimo ateo e filantropico “Lo scopo dei miei scritti, come pure delle mie lezioni, è questo: trasformare gli uomini da teologi in antropologi, da teofili in filantropi, da candidati dell’al di là in studenti dell’aldiqua, da camerieri religiosi e politici della monarchia e aristocrazia celeste e terrestre in autocoscienti cittadini della terra” (Lezioni sull’essenza della religione)