Fratelli di Gesù
“Esodo”
Struttura
Il libro dell’Esodo
Struttura
 1-15,21: l’oppressione in Egitto e l’uscita
 15,22-18,27: permanenza del popolo nel
deserto
 19-40: in questa sezione l’elemento
fondamentale è l’Alleanza al Sinai
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Tradizioni
Formazione del libro:
 Nel gruppo che ha vissuto la situazione di
sofferenza in Egitto, l’uscita con il
passaggio del mare e l’Alleanza stabilita al
Sinai, nascono e si formano le prime
tradizioni orali su questi fatti. Il periodo in
cui avviene l’esodo si colloca intorno al
XIII sec. a.C.
 Tra il XIII sec. e il X sec. a.C. le tradizioni
orali si sviluppano e se ne creano di
nuove.
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Redazione
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Intorno al X sec., nel periodo in cui in Israele nasce la monarchia
un redattore del sud del regno, probabilmente della tribù di Giuda,
organizza il materiale orale. Con redattore non si intende una
persona singola, ma con ogni probabilità un gruppo di persone
vicine al mondo degli scribi.
Questa prima redazione viene convenzionalmente chiamata
jahwista (J). Quest’opera che pone al centro i fatti dell’esodo,
parte dalla creazione del mondo e svolge una storia della salvezza
che si “conclude” con l’ingresso nella terra promessa.
Tra il IX-VIII appare nel Nord del paese un’altra tradizione scritta,
quella elohista (E). Riprende gli stessi eventi raccontati dalla
tradizione jahwista, ma presenta una memoria più viva del
cammino nel deserto e dell’esperienza del Sinai.
Nel VII secolo sotto il regno del re Giosia, avviene una grande
opera di riforma religiosa che porterà tra l’altro alla costituzione di
quella che viene definita la tradizione deuteronomista (della quale
fa chiaramente parte il libro del Deuteronomio). Anche di questa
tradizione abbiamo tracce nel libro dell’Esodo ad esempio Es
12,24-27.
Il Libro
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Queste tradizioni furono riprese al tempo dell’esilio (VI sec. a.C.) dalla
classe sacerdotale che non solo unificò queste diverse tradizioni, ma
aggiunse elementi nuovi come le genealogie e prescrizioni liturgiche (un
ottimo esempio lo troviamo in Es 12 che riguarda le prescrizione per la
celebrazione della Pasqua) dando vita a quella che noi oggi chiamiamo
tradizione sacerdotale (P dal tedesco Priesterschrift “scritto sacerdotale”).
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Il risultato fu la fusione delle tradizioni J+E+P, che formò la cornice dei
primi quattro libri della Torah (la Legge).
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Nel IV sec. a.C. sotto lo scriba Esdra avviene la redazione finale di tutta la
Torah con l’inclusione definitiva della tradizione deuteronomista. Abbiamo
così quello che noi definiamo il Pentateuco (i primi cinque libri della Bibbia)
e che gli ebrei chiamano Torah, il cuore di tutta la bibbia ebraica, il punto
di riferimento essenziale della fede di Israele.
Questo processo di formazione è valido per ogni libro della Torah,
non solo per l’Esodo. L’unica eccezione la ritroviamo nel libro del
Deuteronomio che proviene, per la quasi totalità, dalla tradizione
deuteronomista.
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Significato
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Il titolo Esodo, attribuito a questo celebre libro
biblico dall’antica versione greca della Sacra
Scrittura, definisce acutamente il cuore dell’intera
opera. Essa, infatti, si sviluppa attorno a
un’”uscita” materiale, sociale e spirituale: il
popolo ebraico, oppresso dalla potenza egiziana,
“esce” dalla terra dei Faraoni verso la patria
promessa ai padri da Dio, “esce” dal giogo
pesante della schiavitù verso un orizzonte di
libertà, “esce” dalle limitazioni e imposizioni
religiose egiziane per servire il Signore in un culto
libero e sincero.
Parti narrative
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Il libro contiene parti narrative e parti legislative.
Le principali parti narrative riguardano l’oppressione degli ebrei,
l’infanzia e la vocazione di Mosè (1,1-7,7); l’uscita dall’Egitto (7,813,6); il passaggio dal Mar Rosso, il cammino verso la terra
promessa, la sosta al monte Sinai e la stipulazione dell’alleanza,
per continuare a vivere nella libertà ricevuta (13,7-24); il
peregrinare nel deserto a causa dell’infedeltà del popolo (32,134).
Le parti legislative presentano, soprattutto, le regole sulla
celebrazione della Pasqua, che dovrà sempre essere ricordata, il
decalogo (20,1-21), le esigenze dell’alleanza (23,20-33).
E’ davvero avvenuto questo fatto? Come si può spiegare? L’analisi
storica induce a credere che vi siano state due ‘uscite dall’Egitto’,
una per espulsione (Es 3,10); una per fuga (Es 6,1) con la guida
di Mosè, successivamente unificate in un’unica celebrazione.
Genesi - Esodo
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Le prime righe del libro dell’Esodo hanno
lo scopo di gettare un ponte ideale tra la
storia di Giuseppe, che abbiamo letto nella
Genesi, e quella che ora Israele sta
vivendo in Egitto.
La “Guida” dell’Esodo
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Figura trainante della storia è Mosè, la
grande guida dell’Esodo.
Le sue origini sono immerse in
un’atmosfera leggendaria.
L’autore biblico, infatti, sembra ricorrere
ad un modello narrativo antico che, ad
esempio è applicato anche al re Sargon
di Akkad (2300 a.C. circa), potente
sovrano mesopotamico: la madre
l’”aveva partorito nel segreto e posto in
una cesta di canne, di cui aveva chiuso
il coperchio con bitume”.
E’ ciò che si narra anche del piccolo
Mosè, salvato da una schiava e allevato
nella sua casa. Diventò poi un grande
sovrano, fondatore di un’importante
dinastia. Casi simili a quello di Mosè si
trovano anche presso i Persiani (il re
Ciro), i Greci (il re Edipo) e i Romani
(Romolo e Remo).
Presenza vera o simbolo
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Al di là dei vari contorni leggendari e del taglio
affascinante della storia, è significativo citare
quanto scrive riguardo al personaggio storico
Mosè, lo studioso J.Bright: “Gli eventi dell’Esodo
richiedono la presenza di una grande personalità.
Una fede unica come quella d’Israele esige un
fondatore, esattamente come il cristianesimo e
l’islam. Negare questa parte a Mosè ci
obbligherebbe a postulare la presenza di un’altra
persona dal nome identico!”.
Significato del nome
Mosè è scelto da Dio per liberare il suo
popolo dalla schiavitù egiziana, Mosè è
presente in ogni pagina dell’Esodo.
 Il suo nome viene spiegato popolarmente
come “salvato dalle acque” (Es.2,10), ma
certamente è di origine egiziana e significa
“figlio”, e compare in molti nomi composti
egiziani come Tut-mose, A-mose, Ramesse (rispettivamente figlio del dio Tot”,
Ah”, Ra”).
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La tradizione
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La tradizione biblica parla di Mosè come
del “servo di Dio” per eccellenza (Salmo
105,26) e del suo “eletto” (Salmo 106,23), come di
un uomo “amato da Dio e dagli uomini”
(Siracide 45,1). Nel nuovo testamento il suo
nome indica la Legge di Dio (Luca 16,29; 24,27)
e Gesù viene presentato come nuovo Mosè
(Matteo 5-7).
Vocazione di Mosè
Pagina fondamentale dell’Esodo è il cap.3.
 In questo capitolo ci viene presentata la
vocazione di pastore di Mosè.
 Pascolando il suo gregge Mosè giunge al
monte santo, cioè a un luogo che poi
sarebbe divenuto sacro proprio per
l’esperienza di Dio che ora Mosè sta
vivendo.
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Il monte di Dio
L’Oreb.
 In ebraico significa “arido” ed è il nome
dato al monte Sinai.
 E’ chiamato “Monte di Dio” perché è qui
che Dio si rivela a Mosè. La tradizione
cristiana l’ha identificato con il Gebel
Musa, o Monte di Mosè, ai cui piedi fu
costruito il monastero di Santa Caterina.
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Apparizione
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Ad apparire a Mosè è prima l’Angelo di Dio
che lascia il passo allo stesso Signore,
secondo una tradizione che abbiamo già
incontrato altrove (Genesi 22, 1.11.15) e che si
spiega con la funzione dell’Angelo come
inviato di Dio.
Il roveto ardente
(fuoco di Sant’Elmo)

Proviamo a chiederci perché questo
racconto, per descrivere l’ingresso di Dio
nella storia di Mosè, utilizzi quest’immagine,
proviamo cioè ad affrontare il testo
seguendo la strada simbolica. Dio si
presenta come fuoco che non consuma. Ci
chiediamo: che cos’è il fuoco, che funzioni
ha?. Certamente il fuoco riscalda, illumina la
notte, tiene lontane le bestie feroci,
permette all’uomo di assaporare il gusto del
cibo, migliora la qualità della vita dell’uomo,
potremmo dire che è un bene indispensabile
della vita. Ma il fuoco anche è terribile,
perché distrugge ogni cosa. Dio è
presentato come un fuoco che non
distrugge, un fuoco che riscalda il cuore, che
lo appassiona (ritorna alla mente
l’espressione dei discepoli di Emmaus in Lc
24,32 “Non ci ardeva forse il cuore nel petto
mentre conversava con noi lungo il
cammino?”), fuoco capace di illuminare
anche le tenebre più fitte, fuoco che si offre
all’uomo per rivelare la possibile bellezza
della vita.
Questo fuoco non è mai stato
presente nel nostro cuore?


Certo possiamo continuare a rimanere stupiti di
fronte al fenomeno naturale non spiegabile e
continuare a credere in un Dio che realizza
straordinari effetti speciali, oppure rimanere
stupiti e credere ad un Dio che anche a noi,
come a Mosè ha rivelato la possibile bellezza
della vita umana.
Lo stupore di Mosè di fronte a questo fatto, in
fondo, è molto simile allo stupore nostro nel
vedere nelle nostre giornate la presenza reale di
questo fuoco che scalda la nostra vita.
Jhwh

Il racconto della rivelazione di Dio entra
nel suo momento culminante: Mosè è di fronte a
Dio, entra nello spazio sacro, lo spazio
dell’intimità con Dio. E’ in questo momento che
finalmente l’essere umano riconosce
l’irraggiungibile bellezza di Dio e non può fare
altro che chinarsi. D’altro canto la distanza tra
Dio e l’uomo è tale che può sorgere
inevitabilmente il timore di Dio, una certa paura
nel trovarsi di fronte a colui che è l’origine di ogni
cosa. Questo timore però non trova riscontro
nelle parole di Dio che si presenta a Mosè come il
Dio dei suoi padri, un Dio che ha a cuore la sua
storia.
(Esodo 3, 4-6)
Luogo Sacro
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Presentarsi nel luogo sacro a piedi nudi
(Esodo 3,5), è segno di rispetto e di riverenza.
Ancora oggi nelle moschee si entra dopo
essersi tolti le scarpe, così come nelle
Chiese ci si toglie il cappello. Il sacro
esprime sempre una separazione, per cui i
templi e gli altari sorgono all’interno di un
recinto sacro, in spazi ben delimitati.
Rivelazione
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Dio si presenta a Mosè (Esodo 3,6) e lo costringe a
velarsi il volto perché la potenza e lo splendore di
Dio è insopportabile all’uomo, creatura limitata.
Il Signore evoca il legame che lo unisce ai
patriarchi e spiega a Mosè il progetto di salvezza
che ha per il suo popolo.
Mosè non reagisce all’incarico che Dio gli sta
affidando come Abramo, pronto a mettersi subito
in cammino:egli, infatti, avanza un’obiezione
basata sulla sua debolezza (Esodo 3,11). Ma Dio gli
promette un segno di protezione e di certezza nel
futuro di libertà, un segno legato proprio al
Simai.
Il nome di Dio
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Mosè non si accontenta e chiede di conoscere il
nome stesso di Dio (Esodo 3,13), cioè la sua realtà
intima. Nella magia possedere il nome divino
significa poterlo dominare e manipolare a proprio
vantaggio.
Dio qui non si rivela con un nome-sostantivo ma
con un nome-verbo “Io Sono”.
E’ da qui che sono derivate quelle quattro lettere
sacre “JHWH” (letto di solito Jahweh o
erroneamente Jehowah, Geova) impronunciabili
per un Ebreo, era proibito pronunciarle anche
durante la lettura del testo biblico. Ad esso si
sostituiscono le parole Adonaj (“Signore”),
oppure Shem (“nome”).
L’esperienza dell’Esodo
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L’Esodo consegna un unico messaggio: Dio libera Israele perché questi,
liberato dall’oppressione, impari a gestire la sua esistenza in un rapporto
fiducioso e di amore esclusivo con questo suo Dio. Questa è l’alleanza! In
questo senso, l’esistenza del credente, di ogni tempo, può essere
interpretata nello schema: uscire da situazioni negative per entrare in una
maggiore comunione con Dio.
La liberazione dalla schiavitù e il cammino verso la terra promessa hanno
lo scopo di condurre fino a Dio (Es 19,4), realizzando una convivenza fraterna
e amicale. Tutti all’origine erano schiavi e tutti ugualmente liberati da Dio.
I comandamenti sono la via regale per giungere a questa meta.
La lettura cristiana dell’Esodo applica lo schema uscire ed entrare anche a
Gesù. Luca afferma che Gesù sul Monte Tabor parlava a Mosè ed Elia del
suo esodo da questo mondo (Lc 9,31).
L’ultimo libro della Bibbia, l’Apocalisse, vede la storia cristiana come
faticoso uscire da questa storia umana dove il male a volte sembra
prendere il sopravvento, per entrare, sostenuti da Gesù risorto, nella
“nuova Gerusalemme”, tutta luce, comunione e gioia.
(Esodo 15,1-18) L’esperienza storica dell’Esodo, celebra la storia di salvezza
come continua liberazione di Dio per fare entrare il suo popolo in una più
profonda comunione con Lui.
conclusione
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E' Dio che ha fatto uscire il popolo dall'Egitto e lo ha liberato
dalla schiavitù.
Per la tradizione ebraica l'Esodo è dunque il libro in cui si
riconosce Dio come il “liberatore”.
Anche noi possiamo leggere l'Esodo imparando a riconoscere
l'intervento di Dio nella nostra vita.
Nel leggere l'Esodo lasciamo che questo libro ci aiuti a
“leggere” la nostra vita: a che punto siamo del nostro
cammino, come Dio si è manifestato, quanto noi sappiamo
affidarci a Lui, quanto Dio può fare affidamento su di noi.
Così come l'Esodo si conclude con l'alleanza sul Sinai,
impegniamoci perchè il nostro cammino personale ci conduca
verso il servizio di Dio!
Fratelli di Gesù
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Esodo - Fratelli di Gesù