Una breve introduzione… Il Museo del Balì è un Museo interattivo della scienza e nasce otto anni fa con l’esigenza di favorire la diffusione della cultura scientifica nel centro Italia. Realizzato all’interno della settecentesca Villa del Balì, il Museo sorge su un territorio già ricco di cultura e storia, coniugando l'innovazione dei moderni science-center alla tradizione: qui già cinque secoli fa si esplorava il cielo da quattro torri di osservazione. Con 35 postazioni interattive, il Museo si allinea ai moderni sciencecenter internazionali e rispecchia la ormai collaudata filosofia “handson” nella comunicazione della scienza. Grazie alla presenza di un planetario e di un osservatorio astronomico, il Museo del Balì possiede un forte impronta astronomica, che deriva dal suo retaggio storico e che lo rende ancora più peculiare sul territorio nazionale Il Museo del Balì, primo e unico esempio del suo genere nella regione Marche, è distribuito su uno spazio espositivo di duemila metri quadrati, che ne fa, per dimensioni e qualità delle attrezzature, il secondo science-center in Italia. Toccare ascoltare, guardare, ragionare... annusare, …ecco, come ci si muove lungo un percorso conoscitivo, che, dai principi della percezione, porti ad indagare la natura della luce, per approdare ai concetti chiave della scienza. Ad ogni passo, le nostre idee sul mondo vengono sollecitate e messe in discussione: provare e provare di nuovo, per imparare a formulare ipotesi sempre più attinenti al reale. Le sue origini Il Museo del Balì, inaugurato il 16 maggio 2004, è sito all’interno di una antica e maestosa villa nel comune di Saltara, a circa 15 km da Fano. Restaurata in occasione dell’apertura del museo, la Villa del Balì s’innalza su una collina che abbraccia un ampio panorama, dalla sottostante vallata del Metauro al mare Adriatico in lontananza. La storia dell'edificio è lunga e articolata. In questo luogo fu eretto in antichità un tempio dedicato al dio Marte. Nel corso del tempo facile fu il trapasso da Marte a Martino: testimonianze storiche parlano di una cappella dedicata a San Martino già nel 1165. Alla fine del XIV secolo Giovanni Filippo Negusanti, vescovo di Sarsina, restaurò l'edificio che entrava così nella sfera della sua famiglia per restarvi fino al XVIII secolo. Il personaggio più importante per questo luogo fu senz’altro Vincenzo Negusanti, vescovo di Arbe e Dalmazia, ecclesiastico di grande autorevolezza e cultura (fu presente ai concilii di Roma e Trento) ed esperto di astronomia. Proprio per osservare gli astri dalle sue quattro torri, costruite appositamente allo scopo e oggi scomparse, il Negusanti si ritirò nella Villa di San Martino fino alla morte, avvenuta del 1573. Dall’età moderna ad oggi Nel 1839 l'edificio passò a Massimiliano di Leuchtenberg e poi, nel 1852, divenne di proprietà dei Gesuiti di Fano, che la utilizzarono come luogo di villeggiatura per i collegianti. In seguito, il decreto Valerio del 1861 soppresse gli enti religiosi ed il patrimonio di Saltara passò al Collegio Convitto Nolfi. Una lunga fila di cipressi secolari segnala ancora oggi quello che fu il viale principale di accesso alla villa. Forse proprio in relazione a questo eccezionale aspetto naturalistico, il 19 ottobre 1899 fu celebrata nel parco della villa la prima festa degli alberi istituita dall’allora ministro Guido Baccelli. Nel periodo fascista, l'edificio passò alla G.I.L. (Gioventù Italiana del Littorio) di Pesaro, la quale avrebbe dovuto occuparsi di una valorizzazione della struttura, che, però, non avvenne. Quando poi scoppiò la seconda guerra mondiale, la Villa del Balì ospitò molti “sfollati” provenienti dalla vicina Pesaro, persone che avevano lasciato le loro abitazioni in città per sfuggire ai bombardamenti. Pesaro, infatti, era vicina alla linea gotica. Da questo luogo, il comando tedesco osservava tutte le operazioni belliche e gli spostamenti delle truppe degli Alleati nella sottostante vallata del fiume Metauro e sulla collina di Montemaggiore. Nel 1944, la Villa del Balì divenne definitivamente proprietà del Comune di Fano. Nel 1972, un restauro ne modificò purtroppo alcune strutture interne, ma fu provvidenziale per scongiurare la completa rovina dell’edificio. Oggi, l’edificio è concesso in comodato trentennale al Comune di Saltara, che ne ha fatto la sede di un Museo interattivo della scienza con una forte impronta astronomica, seguendo la tradizione iniziata 500 anni fa da Vincenzo Negusanti. Nel 1677 la Villa passava alla famiglia Marcolini che provvedeva ad abbellirla destinandola “ad amena villeggiatura autunnale”. A questo ampliamento si deve l'aspetto attuale dell'edificio con l'elegante scala a due rampe dell'accesso principale. Per l'assidua presenza del conte Gian Gastone Marcolini, Gran Priore Balì dell’Ordine di Santo Stefano, l’edificio ben presto prese il nome di Villa del Balì. È dovuta a lui la realizzazione di una cripta sotto il prato antistante la villa. La cripta è composta da quattro croci di Lorena, disposte a formare quattro angoli retti. In fondo è presente un'abside con un soffitto a botte su cui campeggia una enorme croce dipinta bianca e rossa. Al centro del pavimento si trova un pozzo cieco. Tutta la struttura era usata per le iniziazioni dell'ordine cavalleresco di cui il Marcolini faceva parte. Oggi la cripta è inagibile e chiusa al pubblico. Si tratta di un alto pendolo libero di oscillare in ogni direzione per molte ore. Il primo pendolo di Foucault fu presentato al pubblico nel 1851, ed era costituito da una sfera di 28 kg sospesa alla cupola del Pantheon di Parigi con un filo lungo 67 m. Ad ogni latitudine della Terra, tranne che all'equatore, si osserva che il piano di oscillazione del pendolo ruota lentamente. Al Polo Nord e al Polo Sud la rotazione avviene in un giorno siderale: il piano di oscillazione si mantiene fermo mentre la Terra ruota, in accordo con la prima legge del moto di Newton. Alle altre latitudini il piano di oscillazione ruota con un periodo R inversamente proporzionale al seno della latitudine stessa (α); a 45° la rotazione avviene ogni 1,4 giorni, a 30° ogni 2 giorni e così via: La rotazione avviene in senso orario nell'emisfero boreale e in senso antiorario nell'emisfero australe. Il concetto può essere difficile da comprendere a fondo, ma ha portato Foucault a ideare nel 1852 il giroscopio. L'asse del rotore del giroscopio segue sempre le stelle fisse; il suo asse di rotazione appare ruotare sempre una volta al giorno a qualunque latitudine. Il pendolo di Foucault è impegnativo da costruire poiché piccole imprecisioni possono causare errori nell'oscillazione che mascherano l'effetto della rotazione terrestre. La resistenza dell'aria inoltre frena l'oscillazione; per questo motivo nei musei i pendoli incorporano un elettromagnete o altro dispositivo per mantenere in moto il sistema. Il pendolo di Newton è costituito da un insieme di sferette metalliche di massa uguale sospese con fili a due aste di metallo orizzontali e parallele. Le sferette, a riposo, si toccano, sono alla stessa altezza e sono equidistanti dalle aste. Se si lascia cadere una o più sferette contro le altre, quella situata all'estremità opposta si mette in moto con la stessa velocità, mentre quella lanciata si ferma e le intermedie non si muovono. Se le sferette sono più di tre e se ne lasciano cadere due, si metteranno in moto le due situate all'estremità opposta, e così via. Assumendo (come è vero con buona approssimazione per i modelli in commercio) che l'urto sia completamente o parzialmente elastico le sferette dopo l'urto debbono avere la stessa energia cinetica, oltre che la stessa quantità di moto, che avevano prima dell'urto. È facile verificare che il moto osservato (nell'approssimazione con cui tale moto è descritto al punto precedente) soddisfa tali condizioni. D'altra parte le due leggi di conservazione non determinano da sole le (almeno tre) velocità finali. Per dedurre teoricamente il comportamento osservato occorrono quindi anche altre considerazioni, di solito trascurate nell'uso didattico dell'esperimento A partire da semplici modelli di molecola dell'acqua, da modelli di reticolo solido e dal moto delle particelle in un gas, si passa all'analisi delle acque, alla tensione superficiale e alle forze di adesione e coesione. Attraverso i diversi indicatori viene affrontato il discorso acido-base per poi passare allo studio dei diversi tipi di reazione (esotermica, endotermica, doppio scambio...). Il Planetario del Museo del Balì è dedicato a Giuseppe Occhialini, padre dell’astrofisica delle alte energie e nativo della vicina Fossombrone. Con i suoi 46 posti si accede all’osservazione del cielo sotto una cupola di otto metri, grazie alla quale è possibile una riproduzione artificiale del cielo e, in tal modo, attraverso suggestivi spettacoli guidati, si possono assaporare le meraviglie della notte in un viaggio tra stelle, costellazioni e pianeti. Spettacoli tematici permettono, inoltre, di approfondire concetti della moderna astronomia e astrofisica e di spaziare nel campo della storia e della letteratura L'Osservatorio astronomico, nel parco della Villa, permette, l’osservare il cielo, di vivere in prima persona, l’emozione di scoprire i principali oggetti celesti di stagione, grazie al telescopio che, attraverso filtri specifici, permette anche di osservare il Sole e la sua attività in diretta. Strumentazione: • il Ritchey-Chrétien da 40 cm di diametro utilizzato per l’osservazione di oggetti deboli; • un riflettore da 18 cm dedicato all’osservazione dei pianeti; • un rifrattore da 12 cm; • telescopio solare con filtro H-alpha; • Dobson da 30 cm di diametro autotracking; • Binocolo astronomico 20x80. Inoltre, vasto è anche il corredo di accessori: oculari serie pentax, camera planetaria, ccd con assortimento di filtri fotografici.