del ceto imprenditoriale veneto-3
IL CREDITO POPOLARE
***
LUIGI LUZZATTI
e le Banche Popolari
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slides lezioni 11-12.03.2010
 Se Rossi e Breda giocarono la loro
avventura imprenditoriale sul terreno della
grande finanza e degli intrecci tra politica
ed affari, smuovendo i rentiers veneti
dall'immobilismo fondiario ed indirizzandoli
alle attività di rischio, non meno rilevante
per la modernizzazione dell’intero paese
fu lo scontro che, sul tema del credito alle
attività produttive minori, proprio in Veneto
vide contrapporsi due scuole di pensiero
interpretate da due specifici movimenti.
 I due movimenti erano quello delle Banche
mutue popolari guidato dall’economista
veneziano Luigi Luzzatti, e l'altro delle
Casse rurali inizialmente ispirato dal
possidente padovano Leone Wollemborg.
Sul lungo periodo, queste due personalità
ebbero un ruolo forse maggiore di quello del
laniere vicentino, e del grande appaltatore
pubblico, nella costruzione del tessuto
connettivo delle attività economiche venete,
avviando meccanismi che avrebbero favorito
l'emergere della piccola imprenditoria.
LUIGI LUZZATTI
(1841-1927)
 un economista-pedagogo al servizio della
imprenditorialità minore.
La sua carriera pubblica…
 il superamento del filantropismo delle classi
agiate verso i meno abbienti (ad es. Casse di
M.S.), attraverso una variante italiana del
“self help” britannico…
 l’avvio di un lungo dibattito, a partire
dall’esperienza tedesca del credito popolare:
- le “Unioni di Credito” di H. Schulze-Delitzsch
- le “Casse rurali” di F.W. Raffeisen
responsabilità illimitata dei soci,
e distribuzione degli utili…
 1863, Luzzatti pubblica il saggio “La
diffusione del credito e le Banche popolari”,
nel quale egli propone, a partire
dall’esperienza tedesca di Schulze-Delitzsch,
l’idea di una cooperazione mutualistica tra
individui.
I quali - concorrendo al capitale di tali Banche
con minime sottoscrizioni - potevano poi
accedere al credito, dapprima sotto forma di
prestito personale, e più tardi mediante
anticipazioni o “sconti commerciali” sulle
proprie attività economiche.
 Le Banche Popolari nell’idea del Luzzatti
sono istituzioni essenzialmente urbane…
 la prima Banca Popolare fu quella di Lodi
(1864), in provincia di Milano, presto seguita
da un pullulare di iniziative in Veneto,
Lombardia e Piemonte.
 il modello poi si estese, pur con qualche
variante e/o modifiche concettuali, in altre
regioni del paese.
 Nelle Unioni di Credito tedesche la
responsabilità dei soci era illimitata, sia per
accrescere il senso di solidarietà ed il
reciproco controllo degli aderenti all'Unione,
che per ottenere prestiti da parte delle grandi
banche ed aprirsi ai depositi da parte di non
soci.
 Luzzatti modificò in parte questa
impostazione, fermo restando il principio che
il credito erogato dipendeva dalla capacità di
risparmio del socio: solo chi avesse
risparmiato in modo da poter acquistare una
azione della Banca avrebbe avuto diritto al
credito.
 Il possesso delle azioni, inizialmente limitato
dalla Banca di Lodi ad una sola azione per
socio, venne più avanti da questa, e poi da
quelle che la seguirono, progressivamente
innalzato, in modo tuttavia che nessun socio
potesse acquisire, da solo od unendosi ad
altri, posizioni di primato.
 il principio di “una testa, un voto”…
 Il limite del deposito e del prestito ai soli soci,
che era poi il presupposto dell'associazione
mutualistica, venne via via attenuandosi.
 Luzzatti portò significative modifiche al
modello tedesco:
- una più realistica remunerazione dei
depositi;
- la rinuncia alla responsabilità illimitata dei
soci, per cui le Banche popolari adottarono
la forma della società anonima.
Queste scelte servivano ad attrarre capitali e
depositi da parte dei ceti abbienti, che mai
sarebbero giunti in presenza del rischio
illimitato.
 L’apertura all’ingresso di soci appartenenti
alle classi agiate era per Luzzatti strategica:
- da un lato per la solidità finanziaria che essi
avrebbero garantito all'istituzione
- dall’altro, per la fiducia che la presenza
nell'azionariato di esponenti influenti delle
élites cittadine avrebbe determinato nei
potenziali sottoscrittori, e per il ruolo-guida
che egli (neanche troppo velatamente)
assegnava a questa particolare categoria di
azionisti.
 La responsabilità illimitata appariva poi a
Luzzatti improponibile, soprattutto se impedendo l'ingresso del ceto capitalista avesse dovuto essere esercitata nei confronti
di una massa di soci la cui unica risorsa era il
risparmio che aveva consentito loro l'acquisto
di una o più, ma sempre poche, azioni della
banca.
 Tolto di mezzo questo ostacolo, le banche
luzzattiane conobbero una rapida
espansione.
 Esse godevano infatti della duplice
opportunità di poter attrarre sia le risorse dei
capitalisti - all'inizio mossi solo dalla
convenienza d'immagine di aderire
all'operazione, più tardi anche dalla
constatata remuneratività dell'investimento che della platea più vasta cui esse erano
indirizzate:
- gli operatori economici minuti del
commercio e dell'artigianato
- la piccola-piccolissima borghesia
- le frange privilegiate del lavoro dipendente
come gli impiegati dello stato, i capi-operai
ecc.
della diffusione delle
BANCHE POPOLARI
Di Banche Popolari, tra il 1866 ed il 1878 ne
sorsero in Veneto poco meno che una
trentina: circa un quarto di quelle fino ad
allora nate in Italia, ed un terzo di quelle
costituite nelle regioni settentrionali.
Esse si insediarono in centri urbani
caratterizzati da una forte commistione tra
attività trasformatrici o mercantili ed attività
agricole.
 Le prime a costituirsi, seguendo di poco le
popolari lombarde di Lodi, Milano e Cremona,
furono nel 1866:
- Banca Popolare di Vicenza
- Banca Mutua Popolare di Padova
Sorsero poi: la Banca Popolare Veneta di
Venezia e la Banca Mutua Popolare di
Verona (1867), le Mutue popolari di Dolo e
Venezia (1868), quelle di Pieve di Soligo e di
Vittorio (1870), la Mutua Popolare di
Cittadella (1871).
 Il movimento diffusivo riprese nel 1872 con la
Banca Popolare di Chioggia e la Mutua
popolare di Motta di Livenza, mentre nel 1873
fu la volta della Banca Mutua Popolare di
Asolo e della Banca Popolare Cadorina di
Pieve di Cadore.
 Gli anni seguenti videro invece questi insediamenti:
- 1875, Banca del Popolo di Venezia
Mutua Popol. di Castelfranco
- 1876, Banca Mutua Popolare di Camposampiero
Banca Popolare di Este
Banca Popolare di Legnago
Banca Mutua Popolare di Lonigo
- 1877, Banca Mutua Popolare di Piove di Sacco
Banca Mutua Popolare di S. Donà di Piave
- 1878, Banca Popolare di Valdagno
Banca Mutua Popolare di Belluno
Banca Mutua Popolare di Rovigo
Banca Mutua Popolare di Valdobbiadene.
 In un dodicennio le attività di piccola impresa
sia nel campo della produzione che in quello
mercantile trovarono in tale aree un supporto
fondamentale al loro sviluppo, grazie alle
anticipazioni sul capitale di giro (credito
commerciale) che allo sconto-cambiali.
Una annotazione:
la diversa dizione di Banca Mutua Popolare e
di Banca Popolare è irrilevante: tutte le
banche erano infatti caratterizzate dalla
medesima natura cooperativa anche se, per il
riconoscimento della loro specificità (l'autorità
governativa di controllo sulle attività societarie
consideravano all'inizio le "popolari" alla
stregua delle normali banche di credito
ordinario), bisognò attendere il Codice
Mancini del 1882.
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8. Lezione 11-12 Marzo 2010