Scuola Secondaria di 1° grado “G.Grassa” Mazara del Vallo a.s.2010/2011 Per le vie della città di mazara CLASSE 2^E Rafforzare il senso di appartenenza al proprio contesto familiare e territoriale Conoscere e valorizzare il proprio ambiente di vita per assumere consapevoli e duraturi comportamenti di tutela personale e sociale Sviluppare il valore delle tradizioni mediante la conoscenza del territorio ABILITA’ Conoscere le tipologie dei beni artistici, culturali e ambientali presenti nel proprio territorio -Capacità di orientarsi nel tempo storico e nello spazio geografico -- sentirsi eredi e custodi della memoria storica del proprio territorio CONOSCENZE PER LE VIE DELLA CITTA’ Nell’epoca medievale, la Chiesa era molto frequentata dalla nobiltà locale, infatti vi sono numerosi sepolcri gentilizi eretti dalle famiglie Burgio, Gazere, D’Andrea, etc. nei locali sotterranei della Chiesa erano conservate le salme essiccate dei frati. Il convento adiacente, non più esistente, era immerso in una selva costituita da più di cinquemila cipressi. Il toponimo Via Santa Maria di Gesù trae origine dalla Chiesa omonima edificata intorno al XV secolo. Trovasi all’inizio della strada un’edicola votiva con croce e il popolo denominava “la cruci” l’intera zona. ”La cruci” Il Corso Vittorio Veneto prende il nome dalla cittadina veneta assurta a rinomanza nazionale in seguito alla battaglia del 26 ottobre 1918. Nel punto di incrocio tra la Via Porta Palermo e la Via Roma si affaccia la chiesa della Madonna della Porta. I Mazaresi amano ancora denominare il corso “la strata di la cursa di li giannetti”. Il quartiere Porta Palermo, fino alla Seconda Guerra Mondiale, costituiva una zona di confine invalicabile per i pescatori e per i contadini. Neanche i matrimoni fra le due categorie sociali erano ben accetti e i trasferimenti nell’uno o nell’altro territorio implicavano la rassegnazione a subire screzi e pettegolezzi. I lavoratori risiedevano in quartieri diversi a seconda dell’attività esercitata. Corso Umberto I si diparte da Corso Vittorio Veneto e va ad incontrarsi con Piazza Mokarta. Il toponimo trae origine dal re d’Italia Umberto I, figlio di Vittorio Emanuele II, al quale successe nel 1878. Piazza Mokarta attraverso la porta Arrimogatta immetteva nell’antica Urbe; il nome deriva da un condottiero musulmano Abd Allah ibn Mankud, soprannominato Mokarta. In piazza nei primi del ‘900 si teneva la fiera del Salvatore. Nei pressi della scalinata emerge l’opera dello scultore mazarese Pietro Consagra, Gente che viene dal mare. Antistante è il Palazzo Filippo Burgio (1920), che adesso è una banca. Via San Giuseppe, edificata nel 1630 per iniziativa dei falegnami che raccolsero il denaro occorrente. Quasi di fronte alla chiesa c’è Via Giuseppe Sardo in ricordo di un giovane mazarese vissuto in quella strada. Accanto alla chiesa di San Giuseppe c’è la piccola Via del Castello Normanno. Procedendo per via San Giuseppe ci si immette, a destra, nella piazzetta di Santa Caterina, fondata da Giovanna de Surdis nel 1318. A destra si diparte la Via Scopari, che prende il nome dalla maestranza dedita alla lavorazione della palma nana per la fabbricazione delle scope. Continuando per Via Santa Caterina, sulla destra, si apre una piccola strada vicolo, Via Settevanelle. Alla fine della Via Santa Caterina, sulla destra, si trova una rientranza che comunica con uno slargo, Piazza San Basilio. Dritto alla piazzetta c’è Via Raffaele Castelli. A sinistra, Largo della Badiella, per la badia di Sant’Agnese, rinomata per il suo orfanotrofio. La piazzetta si prolunga a destra nella Via della Scala. Il toponimo deriva dalla presenza, fino al XIX secolo, di una scalinata che consentiva l’accesso alle mura della città. Fa seguito il Largo Avv. Alberto Rizzo Marino, cultore di storia patria. Via Monsignor Audino è intestata al vescovo Nicolò Maria Audino che prese possesso della diocesi mazarese nel 1903. Dalla via Monsignor Audino si perviene alla Piazza santa Veneranda, realizzata nel 1650, e che ha acquisito l’attuale conformazione nel 1931 con la creazione delle scuole elementari. Dal suddetto spazio si dipartono sei vie: Via Pino, Via delle Sette Chiese, Via San Michele, Via Itria, Via Santa Maria La Nuova e Via Monsignor Audino. Via Pino trae il suo nome dal palazzofortezza che esisteva nella via, rimane una parte di torre rotonda a conci a punta di diamante simile ad una pigna. In Via Itria c’era la chiesa Santa Maria dell’Itria all’angolo con la via Garibaldi dove adesso sorge un negozio di tessiture. Via Santa Maria La Nuova dopo un tragitto tortuoso, si immette nella via dell’Arco. Via dell’Arco è confinante con il piano Maggiore e passa sotto il palazzo vescovile. Nella Via Garibaldi vi hanno luogo, gli edifici nobiliari Scuderi, D’Andrea, Burgio, Marchese Favara Verderame, Principe Maccagnone di Granatelli. La Via Garibaldi ha assunto tale denominazione a memoria del soggiorno in città dell’eroe dei due mondi, ospite il 20 e il 21 luglio 1862 nell’abitazione di Vito Favara Verderame ubicata in questa strada. La precedente denominazione era Via Maestranza. La Via XIX Luglio, quasi di fronte alla Via Itria, collega la Via Garibaldi alla Via XX Settembre, e la sua denominazione deriva dal passaggio di Giuseppe Garibaldi a Mazara. Quasi di fronte alla Via Pino, si trova la Via Carlo Agostino (che sbocca in Piazza Plebiscito). Lo slargo sulla Via Garibaldi, è la Piazzetta Villani prima chiamata piazzetta Burgio. Sul muro di palazzo Villani sono ancora infissi degli anelli in ferro ai quali venivano legati i cavalli. Alla fine di Via Garibaldi si trova la musulmana Piazza Chinea, il cui toponimo deriva dalla parola araba Xhanea. Rappresentava il centro commerciale della Mazara musulmana e vi confluivano cinque strade traboccanti di botteghe. La vivacità del posto ha fatto sorgere nella popolazione il termine caniotu, e così fare canea, essere a la canea. Fino agli anni trenta, si trova in questa piazza, il cinema teatro Mannino. Nella casa attigua si soleva praticare “lu jocu di la fussetta”. La Via Paolo Ferro un tempo era nota come la vanella delle corna. A metà strada si dirama il vicolo della pietà che congiunge la Via Paolo Ferro alla Via San Nicolò. La Via San Bartolomeo conduce alla Piazza San Bartolomeo. Il toponimo trae origine dalla presenza della omonima chiesa nella quale si riunivano gli aderenti alla Confraternita di San Bartolomeo. La nascita della confraternita pare risalga al IX-X secolo, quando i confrati si riunivano nella grotta di San Bartolomeo, a Miragliano. Solo nel 1330 poterono svolgere le loro azioni religiose dentro le mura della città. La denominazione della Via Ospedale deriva dall’ospedale lì esistente, costruito nel 1657 e abbandonato in seguito al terremoto del 1968. Via del Purgatorio congiunge la piazza Chinea alla piazza Immacolata, il toponimo è dovuto all’esistenza nella contigua piazza della congrega del purgatorio. La Piazza Immacolata deve la sua denominazione alla chiesa dell’Immacolata. Nella piazza si trova anche la chiesa di San Calcedonio. Nella piazza confluiscono tre strade: la Via Purgatorio, la Via Giacomo Sciacca e la Via Girolamo Sansone. Le due piazze del purgatorio e di via Ettore Ditta, sono collegate alla via Giovanni Sciacca. La Via Girolamo Sansone immette nella Via Ospedale. Il toponimo dovrebbe riferirsi al sindaco della città negli anni 1821-1824. La Via San Francesco collega la via Bagno alla piazza San Francesco. Dalla via si può vedere l’entrata al cortine Sataliviti (catinella celebre bandito del 700) Vicolo Vipera ha un percorso sinuoso che giustifica la sua denominazione . La pavimentazione presenta l’antico lastrico medievale composto da ciottoli a riquadri, cui fanno da contorno delle lastre di marmo di forma rettangolare. Via Bagno. Il toponimo si richiama al lavatoio degli ebrei. Il popolo, nei primi del 900, l’aveva denominato “strata di li scarpara” per l’elevato numero di calzolai che avevano lì la loro attività. Via bambino noto come lu cuttigghiu di lu bomminu , si congiunge con la via pilazza che mette in collegamento vari cortili, tra cui lu picu che significa doppia ascia ed è un cortile che si affaccia su via bambino ma inaspettatamente prosegue come un vicoletto su cui si affacciano altri cortili in modo tale da assumere la forma di doppia ascia; tali disposizioni potevano costruire una valida difesa degli abitanti nei confronti degli invasori. I cortili, eredità araba, erano aree a cielo aperto, a forma irregolare e senza porte; in essi potevano accedere gli abitanti degli edifici utilizzando il pozzo e il lavatoio (la pila) da cui il toponimo via pilazza. La via si congiunge con la via della barca. Via dei pescatori , toponimo sta ad indicare la prevalenza di pescatori tra gli abitanti della zona; un asse viario molto importante che terminava con la porta Salaria detta in seguito porta del duca, poi porta al fiume e infine porta regina (dopo la visita del 1500 di Giovanna D’Aragona); attraverso questa porta veniva immesso nel mercato locale il sale prodotto dalle saline di capo feto. Piazza regina, in onore della regina Giovanna d’Aragona, è stato da sempre il luogo di riunione dei pescatori nelle poche ore di libertà dal lavoro e durante le giornate estive. Non è da dimenticare la consuetudini dei pescatori, fino ai primi decenni del novecento, dettata dalla indigenza, di utilizzare al posto della cintura dei pantaloni una fascia di tela rossa e di camminare senza calzature, a piedi nudi. S. Nicolò regale, eretta nel 1101 dal conte Ruggero e destinata al culto greco – ortodosso. Costruita sui resti di un’antica villa romana , è considerata uno dei più significativi esempi di arte normanna. Piazza Ettore Ditta, contiene la chiesa di S.Nicola edificata nel 1498 sulle rovine della moschea islamica; qui vi era il serraglio e venivano ammassate le derrate commerciali . La scalinata in pietra calcarea, che si diparte dalla spiazzo e conduce il molo, era denominata “la scala di li puvireddri”, poiché in essa si appostava la gente , durante il festino di S.vito , in occasione del gioco “delle pentole”, “di la’ ntinna”, “dell’albero della cuccagna”. La via San Giovanni finisce con l’antica porta cartagine, chiamata poi dei chiaramonte, poi Caricatore e per ultimo portello. Questa era la zona commerciale della città, con il deposito dei cereali destinati al commercio e all’esportazione; vi erano anche magazzini e vari mulini per macinare il grano. Lavoro coordinato dalla prof.ssa Maria Ballatore