METODI E TECNICHE DEL LAVORO SOCIALE Servizio Civile – anno 2006/2007 Formazione specifica Settore Assistenza a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 Di cosa ci occuperemo 1. TIPI DI SERVIZI PER ANZIANI E DISABILI 2. BISOGNI E PECULIARITÀ DEGLI ANZIANI 3. STRUMENTI: PIANO DI ASSISTENZA INDIVIDUALIZZATO (PAI) 4. PRINCIPALI TIPI DI INTERVENTI 4.1.Approfondimento sul lavoro di animazione sociale 5. ESERCITAZIONE a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 TIPI DI SERVIZI Assistenza domiciliare L'assistenza domiciliare è un tipo di intervento erogato direttamente a casa dell'utente, che comprende a seconda dei casi prestazioni mediche, infermieristiche, riabilitative e socio-assistenziali. Essa è caratterizzata da vari gradi, che dipendono dalle specifiche necessità della persona che la richiede. Descrivendo tali livelli è possibile capire con facilità che tipo di interventi essa preveda. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 TIPI DI SERVIZI A. Primo livello Assistenza destinata a persone parzialmente non autosufficienti o a rischio di emarginazione, che richiedono interventi di sostegno psico-sociale e di cura della persona (fornitura dei pasti, riassetto della casa, lavaggio della biancheria, igiene personale, aiuto per pagare le bollette). Viene definita a bassa intensità, ma è chiaro che per l'utente interessato può risultare fondamentale. B. Secondo livello Consiste nell'erogazione di interventi di natura sanitaria. E’ rivolta a persone non autosufficienti o di recente dismissione ospedaliera, che richiedono prestazioni infermieristiche, riabilitative, mediche o specialistiche. E’ un’assistenza a media e alta intensità, che si ripropone di evitare ricoveri impropri e mantenere il paziente nel suo ambiente di vita. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 C. Terzo livello Questo livello riguarda le situazioni più complesse, nelle quali vengono affrontate le situazioni più difficili, quelle che richiedono l'ADI (Assistenza Domiciliare Integrata). Qui il servizio di assistenza medica è coordinato con quello socio assistenziale, trattandosi di conseguenza di una fusione vera e propria dei primi due livelli. TIPI DI SERVIZI Centro diurno socioeducativoriabilitativo Centro diurno per anziani Il centro diurno socio-educativo-riabilitativo è una struttura territoriale a ciclo diurno rivolta a soggetti in condizioni di disabilità, con notevole compromissione delle autonomie funzionali, che abbiano adempiuto l’obbligo scolastico e per i quali non è prevedibile nel breve periodo un percorso di inserimento lavorativo o formativo. L.R. 20 del 30/10/02 art. 5 comma 4 Il centro diurno di cui all’articolo 3, comma 4, lettera b), della legge regionale 20/02 è una struttura a regime semi-residenziale, con un elevato livello di integrazione socio-sanitaria, destinata ad accogliere anziani non autosufficienti, con esiti di patologie fisiche, psichiche, sensoriali o miste. L.R. 20 del 30/10/02 art. 6 comma 5 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 TIPI DI SERVIZI La comunità alloggio è una struttura residenziale parzialmente autogestita destinata a soggetti maggiorenni L.R. 20 del Comunità in condizioni di disabilità, privi di validi riferimenti familiari, 30/10/02 art. 5 alloggio per che mantengono una buona autonomia tale da non comma 1 disabili richiedere la presenza di operatori in maniera continuativa. Comunità socioeducativariabilitativa La comunità socio-educativa-riabilitativa è una struttura residenziale a carattere comunitario rivolta a persone maggiorenni in condizioni di disabilità, con nulla o limitata L.R. 20 del autonomia e non richiedenti interventi sanitari continuativi, 30/10/02 art. 5 temporaneamente o permanentemente prive del sostegno comma 2 familiare o per le quali la permanenza nel nucleo familiare sia valutata temporaneamente o definitivamente impossibile o contrastante con il progetto individuale. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 TIPI DI SERVIZI Residenza protetta per disabili La residenza protetta è una struttura residenziale destinata a persone, in condizioni di disabilità con L.R. 20 del gravi deficit psico-fisici, che richiedono un elevato 30/10/02 grado di assistenza con interventi di tipo educativo, art. 5 comma 3 assistenziale e riabilitativo con elevato livello di integrazione socio-sanitaria. Comunità alloggio per anziani La comunità alloggio è una struttura residenziale, L.R. 20 del totalmente o parzialmente autogestita, consistente 30/10/02 in un nucleo di convivenza a carattere familiare per art. 6 anziani autosufficienti che scelgono una vita comma 1 comunitaria e di reciproca solidarietà. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 TIPI DI SERVIZI Casa albergo La casa albergo è una struttura residenziale a prevalente accoglienza alberghiera destinata ad anziani autosufficienti, costituita di spazi abitativi individuali o familiari di varia tipologia e di servizi collettivi a disposizione di chi li richiede. L.R. 20 del 30/10/02 art. 6 comma 2 Casa di riposo La casa di riposo è una struttura residenziale a prevalente accoglienza alberghiera destinata ad accogliere, temporaneamente o permanentemente, anziani autosufficienti che per loro scelta preferiscono avere servizi collettivi o che per senilità, per solitudine o altro motivo, richiedono garanzie di protezione nell’arco della giornata e servizi di tipo comunitario e collettivo. L.R. 20 del 30/10/02 art. 6 comma 3 Residenza protetta per anziani La residenza protetta è una struttura residenziale con elevato livello di integrazione socio-sanitaria, destinata ad accogliere, temporaneamente o permanentemente, anziani non autosufficienti, con esiti di patologie fisiche, psichiche, sensoriali o miste, non curabili a domicilio e che non necessitano di prestazioni sanitarie complesse. L.R. 20 del 30/10/02 art. 6 comma 4 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 Bisogni e peculiarità degli anziani Per individuare quali possano essere le caratteristiche di alcuni interventi indirizzati ad un’utenza anziana, ma non solo, ritengo utile intraprendere una lettura trasversale, che evidenzi alcuni bisogni e peculiarità sui quali impostare l’azione. Non si fa in questo caso riferimento ad un contesto specifico, ne si danno indicazioni su contenuti progettuali, ma si cerca di offrire qualche spunto su cui riflettere e trarre ispirazioni utili alla progettazione dell’operatore che si rivolge agli anziani. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 Bisogni e peculiarità degli anziani IL BISOGNO DI RELAZIONI: con l’uscita dal mondo del lavoro vengono meno quelle relazioni sociali instaurate fino a quel momento dall’individuo. Inoltre l’anziano che vive in coppia tende comunque a chiudersi in un microcosmo familiare ed ad isolarsi verso una condizione di solitudine. La difficoltà di socializzazione può essere causata da un disagio psichico (depressione) o dalla progressiva perdita di ruoli (parentale, procreativo, lavorativo) che crea intorno all’anziano un vuoto sociale difficile da colmare, soprattutto in certi contesti cittadini che non favoriscono la comunicazione tra le persone. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 Bisogni e peculiarità degli anziani IL BISOGNO DI INTEGRAZIONE: Le potenzialità integrative dell’anziano (all’interno della famiglia, dei gruppi amicali, delle relazioni sociali in genere) poggiano su risorse materiali e immateriali che spesso sono carenti o diminuiscono con l’avanzare dell’età. L’isolamento degli anziani, quando non è legato a cause di tipo economico o sanitario, può dipendere da una difficoltà a sostenere l’impegno di una relazione o in generale un coinvolgimento di tipo sociale. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 Bisogni e peculiarità degli anziani IL BISOGNO DI INTEGRAZIONE: A sostegno di questa tesi, interviene una teoria secondo la quale la persona anziana assume nei confronti “dell’impegno” tre differenti atteggiamenti: 1) il disimpegno (disengagement) - l’anziano ha bisogno di sentirsi libero da impegni che lo leghino ad obblighi o responsabilità, perché non sentendosi all’altezza della situazione potrebbe entrare in uno stato ansioso; 2) l’impegno attivo (engagement) - l’anziano sente il bisogno di continuare ad essere attivo per poter conservare le sue energie; 3) l’activity - la società non deve imporre all’anziano comportamenti uniformi, ma lo deve lasciare libero di agire e comportarsi come ritiene opportuno. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 Bisogni e peculiarità degli anziani IL BISOGNO DI UN RUOLO SOCIALE BEN DEFINITO: il pensionamento è indice di esclusione sociale e quindi di perdita di un ruolo (economico e di potere) che la società gli riconosceva in fase produttiva. I nuovi ruoli che spesso vengono proposti agli anziani sono poco definiti, e nella nostra cultura, non ottengono lo stesso riconoscimento sociale dei ruoli precedentemente ricoperti. Ciascuno di noi durante la propria esistenza si chiede “chi sono”; la perdita di ruolo può causare una crisi d’identità. L’anziano dovrebbe individuare dei ruoli sociali che gli consentano di assumere una nuova immagine di sé, un’immagine gratificante e socialmente significativa. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 Bisogni e peculiarità degli anziani IL BISOGNO DI ESSERE ASCOLTATO: non sempre, come nel bisogno di relazione, esiste una reciprocità di rapporto. Non sentirsi ascoltato può spesso significare cadere nello sconforto, poiché non ci si sente corrisposti nel proprio esistere. La soddisfazione di tale bisogno da parte dell’anziano è ostacolata dalle scarse occasioni di relazione e incontro, dall’egocentrismo e dalla chiusura che caratterizzano l’atteggiamento dell’anziano insoddisfatto nei confronti del mondo esterno, e talvolta dall’ipoacusia dovuta all’avanzare dell’età. Quando viene meno la possibilità di essere ascoltati aumentano i bisogni di sicurezza, autostima e autorealizzazione. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 Bisogni e peculiarità degli anziani IL BISOGNO DI ESSERE ASCOLTATO: L’anziano, sotto questo aspetto, può essere paragonato a Palomar, protagonista del racconto omonimo di Italo Calvino nella sezione: L'universo come specchio. Il signor Palomar, infatti, soffre molto della sua difficoltà di rapporti col prossimo. Invidia le persone che hanno il dono di: trovare sempre la cosa giusta da dire, il modo giusto di rivolgersi a ciascuno; che sono a loro agio con chiunque si trovino e che mettono gli altri a loro agio; che muovendosi con leggerezza tra la gente capiscono subito quando devono difendersene e prendere le loro distanze e quando guadagnarsi la simpatia e la confidenza; che danno il meglio di sé nel rapporto con gli altri e invogliano gli altri a dare il loro meglio; che sanno subito quale conto fare d'una persona in rapporto a sé e in assoluto a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 Bisogni e peculiarità degli anziani IL BISOGNO DI TENERE IN ESERCIZIO LE CAPACITÀ MENTALI: a partire dai quarant’anni, secondo alcune ricerche, si avrebbe un cedimento dell’efficienza intellettiva; intorno ai sessant’anni il rallentamento delle funzioni mentali si stabilizza con una perdita di solito non oltre il 16%. Le funzioni psichiche interessate dalla perdita sono quelle meno allenate, mentre le altre se tenute in esercizio durante tutto il corso della vita, rimangono invariate. Tra le funzioni coinvolte nel declino ci sono: l’abilità matematica, la memoria di simboli e numeri, la visualizzazione spaziale. Quelle non coinvolte: la cultura generale, il vocabolario, “l’organizzazione visiva”. Un costante esercizio di tutte le funzioni mentali ne rallenta quindi il decadimento. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 Bisogni e peculiarità degli anziani IL BISOGNO DI RITMI PROPRI: c’è un ritmo per ogni età, un’armonia, una “naturalità per ogni ciclo dell’esistenza. Gli anziani dovrebbero comportarsi, vestirsi, alimentarsi, viaggiare, seguendo un ritmo naturale, non necessariamente iperattivo, non giovanilistico, non disarmonico. Una cultura della vecchiaia si può sviluppare solo attraverso un diverso modo di rapportarsi al tempo, non lineare, ma circolare, ciclico, armonico. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 Bisogni e peculiarità degli anziani IL BISOGNO DI AMBIENTI VIVIBILI E SICURI: la società complessa impone condizioni di vita rapportate spesso a modelli “giovani”, le persone anziane spesso si sentono insicure e più vulnerabili in certi ambienti poco protetti. Allo stesso modo tali ambienti non presentano caratteristiche adatte alla popolazione anziana; si pensi ad es. alla barriera architettonica che limita o nega la fruizione, a TUTTI i cittadini, di spazi, edifici e strutture, ed in particolare impedisce la mobilità a soggetti con difficoltà motoria, sensoriale, psichica, di natura permanente o temporanea o alla scarsità di spazi verdi e d’aree pedonali di certe città. L’insoddisfazione di questi bisogni contribuisce all’isolamento. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 Bisogni e peculiarità degli anziani IL BISOGNO DI PROGETTARE: la capacità di progettare accuratamente la nostra vita è forse l’unica spinta che ci consente di superare gli ostacoli dell’esistenza, proiettandoci nel futuro; anche negli anni dell’anzianità è indispensabile mantenere quest’ atteggiamento progettuale. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 PIANO DI ASSISTENZA INDIVIDUALIZZATO (PAI) Va evitato l’approccio all’anziano (e anche al disabile) nei soli termini di salute/malattia che sono estremamente riduttivi se non fuorvianti, occorre invece avere una visione multi dimensionale dell’anziano stesso e dirigere gli interventi verso il mantenimento o il recupero delle potenzialità residue ancora ravvedibili. Il Piano di Assistenza Individuale (P.A.I). nella sua accezione progettuale. si propone l’obiettivo di evitare di dare a tutti una risposta uguale, generalizzata, per poter invece porre l’accento sulla personalizzazione dell’intervento. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 PIANO DI ASSISTENZA INDIVIDUALIZZATO (PAI) Con i P.A.I si passa da un’organizzazione lavorativa che affida agli operatori la semplice esecuzione delle mansioni ad una in cui tutti coloro che operano all’interno dell’organizzazione vengono responsabilizzati in vista di determinati obiettivi. Il PAI dunque è uno strumento che consente la focalizzazione dell’attenzione sull’ospite il quale, sentendosi maggiormente considerato può incrementare quell’autostima che spesso si viene invece a perdere nel momento in cui entra in una struttura che lo considera un non individuo, uno tra gli altri. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 PIANO DI ASSISTENZA INDIVIDUALIZZATO (PAI) Come funziona? la Persona singola nel PAI viene ad assumere un posto centrale verso cui dirigere gli interventi del nostro lavorare per progetti. La persona viene posta all’attenzione di una équipe che lavora per conoscere i suoi bisogni, la sua storia, le sue potenzialità e le sue aspettative ed in base a queste analisi predispone interventi affinché i bisogni vengano soddisfatti e le potenzialità residue incoraggiate e rafforzate. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 PIANO DI ASSISTENZA INDIVIDUALIZZATO (PAI) Come funziona? Occorre dunque muoversi verso una conoscenza approfondita della persona. Porre al centro la persona significa conoscere le sue abitudini, i suoi usi e costumi, il suo passato, i suoi ricordi, la sua storia clinica, i suoi problemi familiari, le sue abilità passate o ricercate pure in forma residua affinché ci si ponga l’obiettivo di farle riemergere. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 PIANO DI ASSISTENZA INDIVIDUALIZZATO (PAI) Come funziona? Ogni intervento sarà comunque unico, cosi come unica sarà la persona verso cui il “piano” indirizza gli interventi. Ognuno ha una sua propria personalità, un suo carattere ben definito, una sua storia personale, cosi che persone apparentemente simili sotto diversi aspetti, abbisognano di strategie differenti di intervento perché interventi, valutati buoni per alcuni, possono invece risultare inefficaci se non addirittura controproducenti per altri. In questo modo riusciremmo a dare senso e dignità alla persona, conferendogli l’opportunità di decidere Lei stessa in primis a quali interventi, se la mente è ancora lucida, sottoporsi e a quali no. Cercare di ridonare il senso del vivere all’anziano significa cercare di farlo partecipe di un progetto che ponga obiettivi seppur minimi in un ottica che è in divenire a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 PIANO DI ASSISTENZA INDIVIDUALIZZATO (PAI) INTEGRAZIONE DELL’OSPITE Sarebbe auspicabile che, sin dall’inizio, anzi da prima che l’ospite entri in struttura, avvenisse tra l’ospite e la struttura stessa una conoscenza reciproca. Ad esempio dovrebbero essere incoraggiate visite a casa del futuro ospite, in modo da poter predisporre azioni che partano da un continuum con l’ambiente famigliare, raccogliendo informazioni sul suo modo di vivere, informazioni sul suo modo di stare a tavola, osservazioni su come e dove l’anziano in casa passa il suo tempo, informazioni di carattere sanitario, osservazioni sulla sua rete familiare, abitudini di vita…etc. Di converso, sarebbe auspicabile che l’anziano possa essere condotto alcune volte (2-3 volte) per un paio di ore, nella struttura che lo ospiterà. Questo dovrebbe consentire di rendere meno traumatico il distacco dell’anziano dalla propria abitazione e facilitare il suo ingresso in struttura. L’anziano infatti al suo ingresso non si troverà di fronte volti sconosciuti e la paura e l’inquietudine dovute al distacco saranno maggiormente sedate da un ingresso progressivo. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 PIANO DI ASSISTENZA INDIVIDUALIZZATO (PAI) IL TUTOR Il ruolo del “Tutor” è fondamentale nel tipo di lavoro che ci si è riproposti di portare avanti. Il Tutor infatti viene ad essere una figura di riferimento per l’anziano. Questa figura, assunta in genere da un Assistente di Base, instaura il primo contatto con l’ospite ad iniziare dal preingresso, accompagna l’ospite in vista di una migliore integrazione nella struttura, si occuperà di quell’ospite in maniera particolare e diverrà il Suo principale punto di riferimento. Il tutor deve essere presente il giorno di ingresso dell’anziano nella struttura e dovrà occuparsi di alcune attività di “fiducia”, quali il riordino del guardaroba o l’accompagnamento a visite mediche. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 PIANO DI ASSISTENZA INDIVIDUALIZZATO (PAI) IL TUTOR Tutte le osservazioni periodiche, giornaliere, settimanali o mensili, dovranno essere riportate dal tutor in apposite schede (Schede di osservazione) o cartelle al fine di averle costantemente aggiornate e registrare eventuali note aggiuntive. Ogni tutor si occuperà in maniera particolare di 3-4 ospiti, senza ovviamente trascurare gli altri. Le schede che il tutor tiene costantemente aggiornate saranno fonte di informazione, nel tempo, che contribuiranno in maniera fondamentale alla stesura del PAI a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 PRINCIPALI INTERVENTI Educativo- Riabilitativo finalizzato ad obiettivi formativi terapeutici e di riabilitazione psico -sociale, mirati al recupero e allo sviluppo del soggetto, alla gestione della quotidianità e alla progettualità nel tempo.Obiettivo ultimo di ogni intervento educativo è l'apprendimento di un compito, attraverso l'assunzione di conoscenze e di competenze, nell'ambito dell'esperienza quotidiana. Ma obiettivo di fondo di ogni intervento educativo dovrebbe essere quello di permettere a ciascun soggetto di partecipare alla "cultura dei compiti" e delle discipline; partecipare per…apprendere. Assistenziale: interventi di sostegno psico-sociale e di cura della persona (fornitura dei pasti, riassetto della casa, lavaggio della biancheria, igiene personale, aiuto per pagare le bollette, compagnia, accompagnamento ….) a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 PRINCIPALI INTERVENTI Animazione Sociale: intervento volto al recupero e valorizzazione delle residue capacità o di sopiti interessi Altra definizione l’Animazione è “una pratica sociale finalizzata alla presa di coscienza delle potenzialità latenti, represse o rimosse di individui, gruppi, comunità.” Ci soffermiamo in modo particolare sull’intervento di animazione che è trasversale a varie fasce di utenza e che prevede una vasta gamma di strumenti da mettere in campo. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE L’animatore: “essere” per “aiutare ad essere”. La frase sopra citata può facilmente essere ricondotta sia al lavoro e all’essere dell’animatore, sia al mondo degli anziani. Secondo Jung, prendere coscienza di se stessi è sinonimo di evoluzione della propria personalità: durante tale trasformazione, la coscienza dei singoli non è più schiava dell’io, ma si rende partecipe del mondo circostante. In parole povere, quindi, lo sviluppo e la realizzazione della persona equivalgono alla formazione della personalità e al raggiungimento della maturità interiore. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE L’animatore: “essere” per “aiutare ad essere”. L’anziano, per esempio, abituato durante tutta la vita a pensare a se stesso in termini di rendimento nei confronti della società, si trova all’improvviso a non potere più contare sulle capacità ritenute importanti durante l’attività lavorativa. Da ciò può nascere smarrimento, delusione e rinuncia; tuttavia, si potrebbe interpretare la perdita di alcune capacità solo come possibilità di rimettersi in gioco e rinascita verso un altro essere. Invecchiare diventa, perciò, un modo per crescere: “avere o essere” diventa, così, la scelta da compiere, un modo nuovo di vivere ed agire. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE L’animatore: “essere” per “aiutare ad essere”. Dove si colloca, allora, in tale discorso, la figura dell’animatore? Chi abbia avuto modo di entrare in contatto col mondo della terza età può facilmente rendersi conto delle difficoltà che si incontrano, volendo in qualche modo aiutare l’anziano a riscoprire se stesso. Paradossalmente, accade che l’animatore venga a provare in prima persona, seppure con altre motivazioni di fondo, il senso di frustrazione che tocca da vicino l’anziano. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE L’animatore: “essere” per “aiutare ad essere”. Essere animatori significa, allora, esprimere, (vale a dire “spremere fuori”, “tirare fuori” da sé), ciò che si ha e ciò che si è; occorre essere coscienti del fine del proprio operato, e non solo possedere la conoscenza di diverse tecniche, e comunicare in modo equilibrato, essendo sempre al servizio degli altri. Se un animatore si limita ad avere una mera conoscenza, seppure approfondita, di diverse tecniche, non mette in gioco nulla che faccia parte di sé e della propria personalità; se riesce, invece, ad essere, può anche comunicare. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE L’animatore: “essere” per “aiutare ad essere”. Nelle Case di Riposo o nei centri diurni, in particolare, è essenziale per le persone anziane sentirsi accolti e ascoltati; l’intervento animativo comincia da qui. L’anziano ha il diritto – dovere di essere se stesso: l’animatore può incominciare una relazione d’aiuto prima di tutto riflettendo su di sé ed entrando in sintonia con i propri fini; solo in una prospettiva di profonda comprensione e rispetto della condizione di “ospite” è possibile iniziare una comunicazione e intraprendere un cammino. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE La comunicazione in animazione La condizione che permette di realizzare quanto teorizzato prima (vale a dire che l’animatore sia in grado di comunicare ed esprimere, per poi conoscere e quindi animare), nasce innanzitutto dal sapersi autovalutare, vale a dire riconoscere i propri limiti e caratteristiche; quindi, occorre sempre prestare attenzione alla qualità della propria comunicazione, inviando messaggi comprensibili all’interlocutore e individualizzandoli, tenendo, perciò, conto dell’altrui stato d’animo e della matrice culturale. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE La comunicazione in animazione E’ importante evitare una comunicazione generica ed imprecisa, che porta facilmente a false interpretazioni (i problemi nascono spesso dal fatto che non si riesce ad adeguarsi all’altro); bisogna, allora, essere in grado di decodificare il feedback (vale a dire: un soggetto che emette un segnale riceve un segnale di ritorno dal ricevente), che può essere interpretato sia in senso verbale, sia non verbale. Il primo si identifica con il linguaggio di chi abbiamo di fronte, mentre il secondo si esprime nella corporeità, la mimica e la gestualità. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE La comunicazione in animazione Il messaggio non verbale fornisce informazioni quando non è utilizzata la parola; d’altra parte, sono principalmente non verbali le modalità attraverso cui vengono espresse le emozioni e gli atteggiamenti. Il rapporto tra due persone o più è cosparso di segnali non verbali, dei quali, spesso, gli stessi interlocutori non si rendono conto. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE Modalità espressive non verbale. della comunicazione Poiché, molto spesso, l’animatore entra in contatto, con persone con scarsa o nulla comunicazione verbale, e visto che è comunque molto interessante e, in alcuni casi, utile saper notare i vari tipi di modalità espressive, apriamo una parentesi per approfondire il discorso a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE Modalità espressive della comunicazione non verbale. La postura: tale termine definisce la posizione del corpo. Può essere eretta, rannicchiata e in ginocchio o distesa; ad ogni postura corrispondono differenti atteggiamenti degli arti e diverse angolazioni del corpo. Si è visto che una persona dominante tiene le braccia in posizione asimmetrica (per esempio, in tasca), oppure si inchina lateralmente e le gambe (una o entrambe) non si appoggiano al pavimento. La postura di sottomissione è, invece, meno eretta e col busto abbassato. E’ curioso rilevare come le persone che si sentono “in sintonia”, come ad esempio due amici, tendono ad assumere, inconsciamente, posture molto simili, durante una conversazione. Anche in campo terapeutico, si è, per esempio, notato che, se un paziente sta seduto in silenzio, col busto in avanti, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo fisso, è più facile che un terapeuta entri in comunicazione assumendo una posizione analoga, piuttosto di restare dietro a una scrivania a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE Modalità espressive della comunicazione non verbale. I gesti: con essi si trasmettono idee, emozioni e sentimenti. Con questa definizione si intendono i gesti delle mani, ma anche quelli delle gambe. Se, per esempio, una persona è annoiata, estende al massimo le gambe e le incrocia sopra la caviglia. L’ansia, inoltre, può essere comunicata da mani contratte, o tese ad aggrappare i braccioli di una sedia. La depressione è individuata da movimenti lenti e privi di enfasi; l’euforia da movimenti veloci, ritmici, affettuosi. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE Modalità espressive non verbale. della comunicazione L’espressione del volto: la mimica facciale è un mezzo di comunicazione molto efficace a distanze ravvicinate. Alcuni movimenti possono essere involontari, così che tradiscono i veri sentimenti della persona. Per fare un esempio, si verifica che la felicità in un volto umano è espressa da: labbro superiore abbassato, palpebra inferiore corrugata, narici dilatate, labbra aperte, angoli della bocca sollevati e tirati indietro. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE Modalità espressive non verbale. della comunicazione Lo sguardo: i vari tipi di sguardo giocano un ruolo fondamentale nella raccolta e l’invio di informazioni e nell’instaurare relazioni con gli altri. Si è constatato che, in un’intervista a due persone, quella che viene più osservata dall’intervistatore si considera la preferita, oppure, durante una conferenza, l’oratore tende a guardare più spesso coloro dai quali si sente gratificato, per esempio perché riceve cenni di approvazione . a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE Modalità espressive non verbale. della comunicazione Il contatto corporeo: è la più antica forma di comunicazione, ed è la più importante per i bambini. Esso può aiutare a stabilire relazioni amichevoli o a esprimere aggressività, mentre alcune forme di contatto non implicano alcun particolare sentimento verso l’altro (i saluti, le congratulazioni). Esso viene utilizzato in terapia per aumentare le capacità di comunicazione ed esprimere le proprie emozioni in soggetti fortemente inibiti. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE Modalità espressive non verbale. della comunicazione Il comportamento spaziale: comprende la vicinanza, l’orientamento, il comportamento territoriale e il movimento nell’ambiente. Se, per esempio, una di due persone tende a diminuire la distanza con l’altra, significa che vorrebbe aumentare l’intimità. Se, poi, un soggetto intende iniziare un incontro con un altro, gli si avvicina; se, però, si avvicina troppo, l’altro si sentirà a disagio e si allontanerà. I malati mentali, per esempio, hanno bisogno di un maggiore spazio personale, rispetto ad altre persone. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE Modalità espressive non verbale. della comunicazione Le vocalizzazioni non verbali: l’aumento del tono della voce, per esempio, è valutato come una manifestazione di allegria, mentre un abbassamento è negativo (la maggior parte delle persone depresse usa un tono basso). Un aumento eccessivo può esprimere rabbia ed ostilità a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE Modalità espressive non verbale. della comunicazione Abiti, fisico ed altri componenti dell’aspetto esteriore: il tipo di abbigliamento dà precise informazioni riguardo alla personalità, allo status sociale, l’aggressività e così via. Alcuni oggetti ed accessori, poi, servono ad indicare il gruppo di appartenenza o la professione (l’anello di matrimonio o di fidanzamento indica il legame affettivo). Addirittura il taglio dei capelli ha un significato sociale: per gli uomini, per es. i capelli lunghi indicano una sorta di trasgressione. L’aspetto esteriore, insomma, comprende molti aspetti e messaggi che trasmettono alcune caratteristiche della personalità della persona. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE Quale ruolo per l’animatore? Se essere anziani può voler dire perdere memoria, progettualità, diversificazione e complessità di ruoli, (tutti fattori che aumentano la qualità della vita), purtroppo, spesso, l’entrata in Casa di Riposo peggiora questo stato di cose. L’ideale sarebbe che la persona stessa si attivasse per meglio conoscersi, in un processo di ricerca che promuovesse l’impegno a trovare un ruolo nella propria vecchiaia; molti, avendo investito tutto il proprio essere per dare il massimo nelle altre stagioni della vita, si trovano, invece, impreparati di fronte alla senilità e alla frequente perdita d’indipendenza che porta al ricovero in istituto. Può l’animatore operare per mitigare o, forse, evitare tale stato di cose? a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE Quale ruolo per l’animatore? Molto spesso, il ruolo di coloro cui è affidato tale settore in Istituto non è ben chiaro, proprio perché va al di là di una facile interpretazione estesa solo al “visibile”. L’animatore dovrebbe possedere la capacità di leggere i bisogni all’interno dell’istituzione, la quale li leggerà a sua volta. Il rischio, spesso, è invece quello di dare risposte stereotipate a bisogni solo presunti e non realmente verificati; si potrebbe, allora, dire che l’animatore “anima soprattutto i bisogni”. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE Quale ruolo per l’animatore? Egli, inoltre, introduce una grande novità nell’ambito lavorativo: l’affettività. Il fatto che l’affettività sia il vero metodo rappresenta sicuramente una sfida, ma è l’unico modo per partire da un istituto e ottenere una “casa”. Tra i passi da compiere per arrivare a questo traguardo deve porsi una scomposizione dei momenti istituzionali, che devono poi ricomporsi, tramite l’intervento degli ospiti stessi della struttura a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE Operazioni preliminari Alcuni cardini su cui l’animatore deve impostare il proprio operato sono i seguenti: · Non si lavora per diminuire la malattia, ma per aumentare la salute, tramite la socializzazione, il recupero delle capacità dei singoli e l’incremento delle possibilità di ognuno, nel rispetto delle individualità e evitando l’imposizione delle attività. · Non bisogna tanto possedere tecniche, quanto avere “competenze” (“competere” = lavorare insieme), vale a dire interagire con gli ospiti e rispondere ai loro reali bisogni. · E’ fondamentale l’opera di collaborazione e di mediazione con l’amministrazione della struttura; in tale prestazione, può anche accadere che egli diventi una figura conflittuale, ma, d’altra parte, il conflitto implica cambiamento. Date tali premesse, si può ora configurare, nella pratica, quali debbano essere le operazioni da svolgere nel momento in cui la figura professionale dell’animatore entri a far parte dell’organico. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE La stesura del programma. Una volta impostato il lavoro di approfondimento della conoscenza degli ospiti, si passerà a uno schema di progettazione vero e proprio, che prevede una scansione della giornata e una più ampia visione sulla settimana e sul mese lavorativo. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE Le attività possibili sono molteplici e possono essere raggruppate, a grandi linee, come segue: Attività di stimolazione sensoriale: comprendono l’ampio campo dei laboratori manuali e creativi, con uso di tecniche e materiali diversi (costruzioni, manipolazioni con materiali e tecniche diversi, cucito, laboratori di cucina, giardinaggio, ecc.). Attività grafico-pittoriche: possono collegarsi alle attività di stimolazione sensoriale e comprendono l’uso di vari tipi di colore e supporti. Potrebbe essere una buona idea dividere gli ospiti in gruppi, a seconda delle loro predisposizioni, ed utilizzare il lavoro di ogni gruppo per costituire un unico prodotto finale. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE Le attività possibili sono molteplici e possono essere raggruppate, a grandi linee, come segue: Attività musicali: ad esempio, ascolto di musica, (come da richieste degli ospiti), canto, costruzione di semplici strumenti musicali, giochi musicali, ecc. Attività legate all’immagine: uso della fotografia; visione di diapositive o videocassette. Attività di lettura: comprendono la lettura collettiva del quotidiano o del libro, scelto insieme. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE Le attività possibili sono molteplici e possono essere raggruppate, a grandi linee, come segue: Attività centrate sul corpo: ginnastica e psicomotricità (eventualmente in collaborazione col settore fisioterapico); giochi di squadra, tornei, ecc. Attività di festa: con tale termine si possono riassumere i momenti gioiosi, quali le feste a tema, la festa dei compleanni, ecc. Attività rivolte all’esterno della struttura: possono riguardare, per esempio, i lavori svolti in collaborazione con il territorio (la scuola e i bambini, ecc.), le uscite (il mercato…), le gite, gli incontri con altre strutture simili o le scuole, ecc. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE Molte di queste attività possono essere raggruppate nella stesura di un giornalino, che consente la partecipazione di coloro i quali, per problemi fisici, non possono esprimersi in attività prettamente manuali o, in generale, coinvolgenti la loro fisicità: attraverso la raccolta dei loro ricordi, esperienze di vita, ecc., anche queste persone potranno dare un contributo e sentire di esprimere delle capacità. Inoltre, potranno essere compresi nel giornalino i disegni di altri soggetti, il racconto di uscite o feste, un calendario delle attività future, articoli da parte degli ospiti stessi, di loro familiari o di altre figure operanti in struttura o esterne, ecc. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE A questi gruppi di attività andrà aggiunto, molto probabilmente, il giro camere nelle strutture residenziali: con ciò, si intende l’incontro con gli ospiti costretti temporaneamente o stabilmente nella propria camera: è un momento molto importante, sia per meglio conoscere le persone che, per vari motivi, non possono raggiungere il resto del gruppo, sia per ideare un programma di animazione personalizzato, specialmente nel caso di chi sia costantemente costretto a letto. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 ANIMAZIONE La stesura particolareggiata del programma sarà effettuata personalizzando le attività sull’ambiente operativo e andrà plasmata su quelli che sono i desideri degli ospiti e le loro inclinazioni. Non andrà mai abbastanza ripetuto, infatti, che non ci si deve mai imporre alle persone a cui ci si dedica, ma, anzi, sia è preciso dovere dare al soggetto la possibilità d’essere protagonista della propria esistenza e la capacità di ridefinire un proprio ruolo. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 Esercitazione Analisi di casi concreti di lavoro volontario nei servizi: In quale tipo di servizio lavori? Quale tipo di attività svolgi? Quali difficoltà comporta? Esiste un piano di intervento? Quali proposte pensi di poter apportare al servizio in cui operi? a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007 Grazie per l’attenzione SABRINA PAOLA BANZATO Dottore in Servizio Sociale Tel. 348 3020785 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo/aprile 2007