La figura di Odisseo – Ulisse nella
letteratura e nella musica
Francesco Guccini Odysseus
La figura di Odisseo – Ulisse nella
letteratura e nella musica
Confronta la figura di
Odisseo – Ulisse
attraverso:
• Odissea (Omero)
• Divina Commedia:
Inferno, canto XXVI
(Dante Alighieri)
• Odysseus (Francesco
Guccini )
Francesco Guccini - Odysseus
Bisogna che lo affermi fortemente che, certo, non appartenevo al mare
anche se i Dei d'Olimpo e umana gente mi sospinsero un giorno a navigare
e se guardavo l'isola petrosa, ulivi e armenti sopra a ogni collina
c'era il mio cuore al sommo d'ogni cosa, c'era l'anima mia che è contadina,
un'isola d'aratro e di frumento senza le vele, senza pescatori,
il sudore e la terra erano argento, il vino e l'olio erano i miei ori....
Ma se tu guardi un monte che hai di faccia senti che ti sospinge a un altro
monte,
un'isola col mare che l'abbraccia ti chiama a un'altra isola di fronte
e diedi un volto a quelle mie chimere, le navi costruii di forma ardita,
concavi navi dalle vele nere e nel mare cambiò quella mia vita...
E il mare trascurato mi travolse, seppi che il mio futuro era sul mare
con un dubbio però che non si sciolse, senza futuro era il mio navigare...
Ma nel futuro trame di passato si uniscono a brandelli di presente,
ti esalta l'acqua e al gusto del salato brucia la mente
e ad ogni viaggio reinventarsi un mito a ogni incontro ridisegnare il mondo
e perdersi nel gusto del proibito sempre più in fondo...
Francesco Guccini - Odysseus
E andare in giorni bianchi come arsura, soffio di vento e forza delle braccia,
mano al timone, sguardo nella prua, schiuma che lascia effimera una traccia,
andare nella notte che ti avvolge scrutando delle stelle il tremolare
in alto l'Orsa è un segno che ti volge diritta verso il nord della Polare.
E andare come spinto dal destino verso una guerra, verso l'avventura
e tornare contro ogni vaticino contro gli Dei e contro la paura.
E andare verso isole incantate, verso altri amori, verso forze arcane,
compagni persi e navi naufragate per mesi, anni, o soltanto settimane...
La memoria confonde e dà l'oblio, chi era Nausicaa, e dove le sirene?
Circe e Calypso perse nel brusio di voci che non so legare assieme,
mi sfuggono il timone, vela, remo, la frattura fra inizio ed il finire,
l'urlo dell'accecato Polifemo ed il mio navigare per fuggire...
E fuggendo si muore e la mia morte sento vicina quando tutto tace
sul mare, e maldico la mia sorte, non provo pace,
forse perché sono rimasto solo, ma allora non tremava la mia mano
e i remi mutai in ali al folle volo oltre l'umano...
Francesco Guccini - Odysseus
La via del mare segna false rotte, ingannevole in mare ogni tracciato,
solo leggende perse nella notte perenne di chi un giorno mi ha cantato
donandomi però un'eterna vita racchiusa in versi, in ritmi, in una rima,
dandomi ancora la gioia infinita di entrare in porti sconosciuti prima...
Dante Alighieri: Divina Commedia
(Inferno, vv. 85 – 142)
Lettura di Roberto Benigni
Lettura di Vittorio Gassman
Lo maggior corno de la fiamma antica
cominciò a crollarsi mormorando
pur come quella cui vento affatica;
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indi la cima qua e là menando,
come fosse la lingua che parlasse,
gittò voce di fuori, e disse: «Quando
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mi diparti’ da Circe, che sottrasse
me più d’un anno là presso a Gaeta,
prima che sì Enea la nomasse,
né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né ’l debito amore
lo qual dovea Penelopé far lieta,
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Dante Alighieri: Divina Commedia
(Inferno, vv. 85 – 142)
vincer potero dentro a me l’ardore
ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto,
e de li vizi umani e del valore;
ma misi me per l’alto mare aperto
sol con un legno e con quella compagna
picciola da la qual non fui diserto.
L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna,
fin nel Morrocco, e l’isola d’i Sardi,
e l’altre che quel mare intorno bagna.
Io e ’ compagni eravam vecchi e tardi
quando venimmo a quella foce stretta
dov’Ercule segnò li suoi riguardi,
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Dante Alighieri: Divina Commedia
(Inferno, vv. 85 – 142)
acciò che l’uom più oltre non si metta:
da la man destra mi lasciai Sibilia,
da l’altra già m’avea lasciata Setta.
"O frati", dissi "che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia
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d’i nostri sensi ch’è del rimanente,
non vogliate negar l’esperienza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.
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Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza".
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Dante Alighieri: Divina Commedia
(Inferno, vv. 85 – 142)
Li miei compagni fec’io sì aguti,
con questa orazion picciola, al cammino,
che a pena poscia li avrei ritenuti;
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e volta nostra poppa nel mattino,
de’ remi facemmo ali al folle volo,
sempre acquistando dal lato mancino.
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Tutte le stelle già de l’altro polo
vedea la notte e ’l nostro tanto basso,
che non surgea fuor del marin suolo.
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Cinque volte racceso e tante casso
lo lume era di sotto da la luna,
poi che ’ntrati eravam ne l’alto passo,
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Dante Alighieri: Divina Commedia
(Inferno, vv. 85 – 142)
quando n’apparve una montagna, bruna
per la distanza, e parvemi alta tanto
quanto veduta non avea alcuna.
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Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto,
ché de la nova terra un turbo nacque,
e percosse del legno il primo canto.
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Tre volte il fé girar con tutte l’acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com’altrui piacque,
infin che ’l mar fu sovra noi richiuso».
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Dante Alighieri e Primo Levi
Primo Levi, Se questo è un uomo
Primo Levi e l’Ulisse di Dante
Ugo Foscolo
A Zacinto
Nè più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar, da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l’inclito verso di colui che l’acque
cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.
Parafrasi e spiegazione
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