Una storia infinita…
Campo coltivato e dintorni
La storia ha per protagonista un
coleottero di medie dimensioni
con le elitre adorne di dieci belle
strisce longitudinale, che gli
avevano guadagnato presso gli
entomologi un grazioso nome
specifico: Doriphora decemlineata.
Questo insetto ben integrato nel suo ambiente di origine, soggetto a
numerose interazioni stabilizzanti con gli altri organismi compresenti
viveva in parziale incognita nelle montagne del Colorado. Nessuno
avrebbe potuto indovinare che questo innocuo essere era destinato a
diventare un grande protagonista della storia, un vero flagello.
Nel Colorado vivevano anche i cercatori
d’oro, rudi avventurieri spesso di origine
irlandese o tedesca, amanti delle patate. Un
giorno, al contrario di Adamo che ne fu
scacciato, la doriphora entrò nell’eden, nel
chiuso recinto di un campicello di patate. Fu
un vero colpo di fulmine.
Un matrimonio ecologico: la doriphora decise che la solanacea a
misura d’uomo aveva foglie più morbide, ricche e gradevoli di quelle
spontanee, suo cibo abituale, e che molte piante coltivate insieme
erano un cibo abbondante e a portata di mano, non sparso in giro,
misto ad altre specie di sapore sgradevole.
Si sviluppò così una generazione di doriphore ben nutrite: le
doriphore da solanacea coltivata.
Per procurarsi il suo
alimento prediletto e
ormai pressoché
indispensabile il pirata a
dieci strisce diventò un
giramondo, un coleottero
hippy, ben deciso a
prendere possesso di tutti
i campi di patate del
mondo.
Di pianta in pianta, di orto in orto cominciò il suo prodigioso viaggio
che lo portò dal sud-est degli stati uniti alle rive dell’Oceano Atlantico.
Clandestino in miniatura si imbarcò tra le derrate, a bordo delle navi in
partenza per l’Europa e, Colombo alla rovescia, sbarcò nel 1921 in
Francia presso la città di Bordeaux.
E’ regola generale che quando un organismo,
animale o vegetale, si sposta dalla sua area di
origine in una zona con clima favorevole, non
trova nella nuova latitudine nemici naturali
specifici che possano contrastare efficacemente la
sua crescita, può così riprodursi in modo
catastrofico.
La doriphora, 15 anni dopo il suo arrivo,
aveva conquistato la Francia e gran parte della
Spagna e alla fine degli anni 30 si presentava
ai confini della Svizzera.
La seconda guerra mondiale
1942. Gli Americani perdono le Filippine, invase dalle truppe del Sol levante,
vengono così privati dei loro più importanti centri di produzione di piretro, un
insetticida di origine vegetale ottenuto dalle infiorescenze di alcune specie di
crisantemi.
Agricoltori (doriphore ecc.) ed eroi (pidocchi ecc.) avevano un gran bisogno di
insetticidi e l’industria svizzera non chiedeva altro che di poter aprire questo
nuovo mercato.
1800. Un passo indietro. Un chimico di Strasburgo (Zeidler) sintetizza una
molecola: il diclorodifeniltricloroetano. Una felice esercitazione di laboratorio.
1939. Il grande genetista P.Müller lavora a Basilea alla ricerca di qualche
composto dotato di buone qualità insetticide. Si imbatte nel composto sintetizzato
da Zeidler che si rivela un killer micidiale e versatile. Una mosca muore dopo una
breve agonia, sottoponendo una branda da campo ad irrorazione la branda rimane
immune da parassiti per almeno 300 giorni.
La chimica del carbonio e il pianeta terra
DDT
N. L. Allinger M. P. Cava D. C. De jongh C. R. Johson N. A. Lebel C. L. Stevens Chimica organica Zanichelli 1985
1.3. La chimica del carbonio e il pianeta Terra
Sono stati necessari circa 4,5 miliardi di anni di luce solare e i composti del carbonio per generare tutta la vita attualmente
presente sulla terra. L 'uomo, ultimo venuto, ha camminato su questo piccolo pianeta solo per pochi milioni di anni e solo negli
ultimi cento anni ha imparato a trasformare i composti del carbonio in medicinali, carburanti e manufatti su larga scala.
Fino a poco tempo fa la nostra abilità nel produrre queste trasformazioni industriali sulle molecole organiche era ritenuta una
virtù innegabile che rendeva l'uomo e le sue macchine padroni dell'ambiente naturale. Si producevano così prodigiosi farmaci,
fibre fantastiche, detergenti miracolosi, supercarburanti. E avevamo aspirina, pillole per il controllo delle nascite, giocattoli di
plastica, Pepsi Cola e cibo sufficiente per la maggior parte della popolazione, per la maggior parte del tempo.
Ma ora abbiamo l'aria sporca. I pesci vengono intossicati dentro laghi e fiumi nei quali noi non osiamo più nuotare. Le spiagge
marine egli stessi mari sono impestati di micidiali combinazioni di petrolio greggio e di scarichi industriali. L'U.S. Food and
Drug Administration riferisce che oltre 500 000 tipi di differenti nuove molecole di sintesi portate dai grandi fiumi finiscono ogni
anno nei mari di tutto il mondo. Il piombo contenuto come additivo nella benzina viene ritrovato oggi mescolato alla neve che
cade nelle regioni polari. Il grasso -del corpo delle foche polari e dei pinguini dell'antartico è contaminato dal DDT. Il problema
del DDT richiede ulteriori commenti: questo prodotto chimico ha in- fluito da solo sulla popolazione degli insetti nel mondo a un
punto tale che la terra ora pro- duce sufficiente cibo per i bisogni dell'intera popolazione umana.
Ne stiamo però pagando 10 scotto, poiché il livello di diffusione del DDT ha raggiunto ora dei limiti pericolosi. Mentre al
momento siamo stati costretti a interromperne l'uso (il che comporta la fame per una parte della popolazione mondiale) è chiaro
che occorrono soluzioni migliori a largo raggio per il futuro.
È ovvio che l'industria chimica organica ha cambiato il nostro mondo sia in meglio che in peggio. L 'inquinamento e la
sovrappopolazione sono problemi molto seri e vanno affrontati molto seriamente. Questi problemi sono sia scientifici che politici;
la parte scientifica può essere risolta ma richiede mezzi economici rilevanti; la parte politica è meno chiara. Infatti si fanno
discussioni su come impiegare le nostre risorse. Si fa cioè una questione di priorità di scelte.
poiché voi iniziate 10 studio della chimica organica dovete tenere bene presenti questi problemi. Molti di voi probabilmente
diventeranno biologi, fisici, insegnanti o ricercatori di chimica. Sia in queste che in analoghe posizioni voi potete contribuire a
risolvere alcuni dei problemi che quelli che hanno lavorato prima di voi hanno contribuito a creare. La qualità della vita, la vita
stessa dipende dal vostro modo di pensare sul mondo. Chiunque ha qualche conoscenza di chimica organica ha la possibilità e
l'obbligo di lavorare per questo scopo. E noi speriamo vogliate farlo.
Sienko-Plane, Chimica Principi e proprietà, II edizione italiana p.661 Piccin Editore Padova
26.12 Insetticidi
_Vi sono tre classi principali di insetticidi organici: quelli clorurati, quelli fosforati e i carbammati.
Il DDT costituisce l'esempio classico di quegli insetticidicloro-organici che hanno causato tante controversie a causa della loro persistenza nell'ambiente. Il
DDT venne sintetizzato per la prima volta nel 1874 nel corso della tesi di dottorato di Othmar Zeidler in Germania. Esso venne riscoperto nel 1939
dall'entomologo svizzero Paul Müller, che ricevette anche il premio Nobel per averne svelato le potenti proprietà insetticide. Nella II guerra mondiale gli
Alleati lo usarono largamente come agente disinfestante al posto del piretro, molto scarso. Dopo la guerra, il DDT conobbe successi spettacolari nel
controllo di malattie che vengono trasmesse dagli insetti, come il tifo, la malaria e la febbre gialla. Sorsero però due problemi: (1) certi insetti
svilupparono immunità al DDT; mentre nel 1948 vi erano 12 specie immuni, nel 1967 questo numero era già cresciuto a 165. (2) A causa della sua
lunghissima persistenza (il periodo di
semi-decomposizione nell'ambiente va da 2 a 4 anni, in confronto al periodo di semi-decomposizione nell'ambiente che va da 1 a 10 settimane per i
composti di organofosforo ed è di 1 settimana per i carbammati) il DDT ha tutte le possibilità di distribuirsi nell'ambiente. Esso si accumula nella catena
alimentare e ha effetti particolarmente deleteri sui pesci e sugli uccelli da preda. È inquietante la constatazione che residui sempre più grandi di DDT si
riscontrano oggi nell'ambiente.
Non vi è alcuna prova che esseri umani abbiano mai subito danni attraverso l'uso normale del DDT; nell'uomo le concentrazioni di DDT sono in media di
11.0 ppm negli Stati Uniti e vanno da 2.2 ppm in Inghilterra a 31.0 ppm in India.
La dose letale (espressa come valori di LD50, dose che è letale nel 50% dei casi in una popolazione sottoposta ad esperimento) varia da 10 ppm per
ingestione orale (milligrammi per chilogrammo di peso corporeo) per lo scarafaggio a 400 ppm per il ratto.
Sfortunatamente il meccanismo d'azione del DDT è sconosciuto.
Si ritiene che esso si sciolga nella membrana lipidica che circonda le fibre nervose interferendo con il trasferimento ionico attraverso la membrana.
In ogni caso il meccanismo d'azione sembra essere molto diverso da quello degli insetticidi a base di organo-fosforo e di carbammati i quali, come la
maggior parte degli altri farmaci, interferiscono con la trasmissione dei segnali alla fessura sinaptica. Uno dei timori che si ha a proposito dell'azione del
DDT sull'uomo è che, siccome il DDT si accumula nel tessuto lipidico, c'è il rischio che esso possa venir rilasciato in modo massiccio nei liquidi organici
quando i grassi depositati nei tessuti adiposi venissero metabolizzati, ciò che avviene in condizioni di digiuno prolungato.
La tendenza del DDT a concentrarsi nella catena alimentare è impressionante. Ostriche che vivono in acqua avente un livello di DDT di 0.001 p pm, per
esempio, hanno nel loro corpo un livello di DDT di 700 ppm. Analogamente un'acqua marina contenente 0.000001 ppm determina un livello di 0.0003
ppm nel plancton, 0.5 ppm nei pesci, fino a 10 ppm negli uccelli da preda. Nel caso degli uccelli è stato attribuito al DDT l'effetto di produrre gusci d'uova
molto sottili, forse a causa della inibizione degli enzimi che controllano il metabolismo di Ca2+.
A Napoli scoppia una
epidemia di tifo, le truppe
alleate forniscono il DDT
per due milioni di
persone: a causa della
distruzione dell’insetto
vettore l’epidemia
regredisce e scompare.
1943. Ogni soldato americano riceve in dotazione un
sacchetto di polvere insetticida.
1945. La doriphora entra in Italia
1972. Si nota sulle rive del Mar Nero
1948. A Müller viene conferito il premio Nobel
1947. Ad Anais, una città a Nord di Stoccolma, le
mosche sono diventate resistenti al veleno e
sopravvivono anche a dosi 100 volte superiori.
Lo stesso tipo di resistenza si comincia a notare
in altre parti del mondo. Gli insetti hanno
appreso dall’esperienza e si sono dotati di
enzimi capaci di detossificare le molecole
sparate contro di loro.
1958. Gli uomini si rivelano meno bravi degli insetti. I loro laboratori ben
attrezzati non riescono ad evitare che almeno 25 milioni di loro, vivendo in
zone paludose, siano di nuovo esposti alla malaria.
Paul Hermann Müller – Biography
Paul Hermann Müller was born at Olten, Solothurn, Switzerland, on January 12th, 1899, and his early childhood was
spent at Lenzburg, Aargau, the birthplace of his father who was an employee of the Swiss Federal Railway. The family
moved to Basle where Paul attended primary school and, later, Free Evangelical elementary and secondary schools. He
commenced work in 1916 as a laboratory assistant at Dreyfus and Company and the following year he joined Lonza
A.G. as an assistant chemist in the Scientific-Industrial Laboratory of their electrical plant, gaining a wealth of practical
knowledge which later stood him in good stead in his career as an industrial chemist. He matriculated in 1918 and
returned to school to obtain his diploma (1919) which entitled him to attend Basle University: he studied there under
Professors Fichter and Rupe for his Doctorate which he received in 1925. He began his career with J. R. Geigy A.G.,
Basle, in May, 1925, to become Deputy Director of Scientific Research on Substances for Plant Protection in 1946.
Müller's first researches concerned the chemical and electrochemical oxidation of m-xylidine, and his early work at J. R.
Geigy concerned vegetable dyes and natural tanning agents. He devoted some of his spare time to research on tanning
agents and he invented synthetic agents which tanned hides pure white - they were, however, not fast to light. Later,
in 1930, he developed the light-fast synthetic tanning agents Irgatan FL and Irgatan FLT. He worked on disinfectants
for a short while, on moth-proofing agents for textiles, on pesticides in general, and he developed Graminone, a
mercury-free seed disinfectant, before, in 1935, he started his researches on new synthetic contact insecticides.
Four years of intensive work led to the synthesis of dichlorodiphenyltrichloroethane (DDT) and the basic Swiss patent
was granted in 1940. This compound was originally made in 1873 by an Austrian student, but had never received any
particular attention. Field trials now showed it to be effective not only against the common housefly, but also against a
wide variety of pests, including the louse, Colorado beetle, and mosquito; and two products based on DDT, Gesarol and
Neocide, were marketed in 1942. These formulations were brought to the notice of British and American medical
entomologists at a time, during World War II, when supplies of pyrethrum were rapidly falling short of demand.
Production was soon established on both sides of the Atlantic and they proved to be of enormous value in combatting
typhus and malaria - malaria was, in fact, completely eradicated from many island areas. These compounds have also
had great value in agricultural entomology and they have provided a great stimulus in the search for other insecticides.
Müller has had several papers on his work published in Helvetica Chimica Acta. He married Friedel Rüegsegger in 1927.
They have two sons, Heinrich (b. 1929) and Niklaus (b. 1933), and one daughter, Margaretha (b. 1934), all married.
From Nobel Lectures, Physiology or Medicine 1942-1962.
Dr Müller died in 1965.
…Il DDT si comincia a
trovare sciolto nel grasso di
molte specie animali e
vegetali
…Le industrie si sono
impegnate nella produzione
del DDT
Il mondo si è assuefatto a quello che era nato come un
provvedimento ad hoc: una molecola sparata contro un insetto.
Una doppia domanda mancata. Un mondo che non solo
manipola, ma è manipolato
Due metafore visive a confronto
esemplificano il rapporto fra noi e il
mondo: parlano di sfruttamento o di
protezione; dall’una all’altra cambia
il messaggio, ma l’uomo non fa parte
del contesto che sfrutta o protegge.
Mani che tengono in
pugno il mondo
Mani che sostengono,
accolgono, proteggono
il mondo
…quella mano che sorregge la
terra è dentro quella terra che è
sorretta da quella mano…
La terza metafora attiene alla
doppia domanda di Mc Culloch,
che si può così riscrivere:
“che cos’è un uomo che
manipola il mondo; che
cos’è un mondo che un
uomo può manipolarlo?”
Antigone
Sofocle
Antigone[1]
Primo stasimo
Coro Molte sono le cose
mirabili, ma nessuna
è più mirabile dell’uomo:
egli attraversa il canuto mare
pure nel tempestoso Noto
avanza, fra le onde movendo
che ingolfano intorno;
e l’eccelsa fra gli dei, la
Terra
eterna, infaticabile, egli
travaglia,
volgendo gli aratri di anno in
anno
rivoltandola con i figli dei
cavalli.
E la razza
spensierata degli
uccelli
e delle fiere
selvatiche le stirpi
e le marine creatura
dei flutti
nei lacci delle sue
reti
avviluppa e fa
preda
l’uomo ingegnoso;
e vince
E parola e pensiero
celere come vento e impulsi
a civili ordinamenti da solo apprese; e a fuggire
Di inospiti geli
e di gravi piogge i rovesci dal cielo
ricco di risorse. Né mai senza risorse
muove incontro ad alcun evento futuro: da Ade
soltanto
non troverà scampo, anche se ha escogitato
salvezza
da morbi incurabili.
con le sue trappole
l’agreste
animale vagante per
i monti, e il cavallo
dalla folta criniera
sottoporrà al giogo
ricurvo,
e il montano
instancabile toro.
[1] Oscar Mondadori 1999. Traduzione di
Raffaele Cantarella, p.281.
La doppia domanda ci
costringe a riflettere non
solo sull’uomo e sul
mondo ma anche sulla
relazione fra i due, sulla
rete di relazioni che è
propria del vivente. C’è
un cambiamento
epistemologico, cambia il
metamessaggio:
l’osservatore fa parte del
sistema osservato.
Il vivente
Chiaro di luna
Qualcosa, infatti, va cambiato nel nostro rapporto con l’ambiente,
ma senza il cambiamento delle premesse che hanno generato il
problema, o non ci sono risultati apprezzabili, o ancor peggio può
essere messa in pericolo l’identità di tutto il sistema.
Henri Atlan Tra il cristallo e il fumo
Firenze 1986 p.77
Hopefulmonstre
L' organizzazione del vivente, come quella di ogni
sistema naturale, è uno stato e un processo che appaiono
come tali a chiunque osservi la natura. Ma è ancora il
risultato dell'attività organizzatrice dell'osservatore.
Tale attività fu all'origine delle antiche
classificazioni mitiche e funzionali, poi di quelle
filosofi- che e infine di quelle scientifiche. Il cerchio
si chiude quando si osserva la mente umana che organizza
la natura, essa stessa il risultato di un processo
organizzatore naturale. Tuttavia il cerchio non è
completamente chiuso, poiché questo osservatore
dell'osservatore, è anche l' _io" capace di osservare la
natura, e di osservarsi osservante. La pratica
scientifica non è che una trasformazione di questa
attività organizzatrice della mente umana, organizzando
il reale e scoprendo la sua organizzazione, dove l'"io",
benché parte esistente ed attiva, è supposto neutro e
senza effetto: oggettività scientifica. In questo caso e
probabilmente per questo motivo, questa attività funziona
Edvard Munch Chiaro di luna 1985
Calvino in un suo libro narra della spada del sole:
La spada del sole[1]
Ognuno ha un suo riflesso, che solo per lui ha quella direzione e si sposta con lui. Ai due lati del riflesso, l’azzurro
dell’acqua è più cupo. “E’ quello il solo dato non illusorio, comune a tutti, il buio?” si domanda il signor Palomar.
Ma la spada si impone egualmente all’occhio di ciascuno, non c’è modo di sfuggirle.
“Ciò che abbiamo in comune è proprio ciò che è dato a ciascuno come esclusivamente suo?”
“[2]Ogni ragazzo che impara è Palomar, ogni insegnante è un vecchio nuotatore come il signor Palomar, Palomar
junior e senior nuotano insieme…Quella spada, quel riflesso non sono nelle mani di nessuno, nascono
dall’orizzonte e raggiungono chiunque, ovunque due occhi guardino l’orizzonte.
Galileo Galilei[3]…fa notare che, se ci troviamo su una spiaggia mentre il Sole sta tramontando sul mare, allora
osserviamo una striscia luminosa che parte dall’orizzonte e si stende sulla superficie acquea lungo la direzione che
congiunge il sole e noi. I nostri occhi vedono questo fenomeno, ma non possiamo certo dire che sul mare esiste un
oggetto dotato di quella forma. Altri osservatori disposti in punti diversi sulla medesima spiaggia, vedono altre
strisce luminose, ma tutte le strisce sono l’effetto di due fattori diversi: il primo dipende dalla riflessione della luce
solare sull’intera superficie dell’acqua, e il secondo dipende da come sono fatti i nostri occhi.
Se mancano gli osservatori mancano le strisce.
[1] Ialo Calvino, Palomar, Einaudi, 1983, p. 15
[2] Maria Domenica Simeone in AAVV, I modi dell’imparare, Carocci Editore, Roma, 1999, p. 122
[3] Enrico Bellone, I corpi e le cose, Bruno Mondatori 2000, p. 33
Le donne indiane Cayapo del
bacino amazzonico hanno un rito
particolare: dipingono sui loro volti
formiche durante la festa del mais.
Il tema principale della festa è la
celebrazione della piccola formica
rossa, guardiana dei campi e amica
delle donne. .
…il mito inizia ad avere senso se comprendiamo l'insieme co-evolutivo
del mais, dei fagioli e di questa formica. I fiori della manioca hanno un
nettare che attira le formiche verso la pianticella di manioca. Le formiche
usano le proprie mandibole per farsi strada fino al nettare, tagliando via
tutti quei tralci di fagiolo che impedirebbero al nuovo e fragile stelo di
manioca di crescere
Le formiche
Formiche
Metalli e alchimia
..Le formiche appartenenti alla specie Formica fusca appaiono spesso
strettamente legate a bruchi di farfalle del genere Glaucopsyche
lygdamus al punto da sembrare che se ne stiano nutrendo: in realtà la
formica non sta divorando il bruco, sta solo succhiando le gocce di miele
prodotte da un particolare organo del bruco la cui unica funzione
sembra essere quella di nutrire le formiche. I bruchi infatti nutrono le
formiche in cambio di protezione dai parassiti dai quali sono facilmente
attaccati (vespe e mosche). Formiche e bruchi appaiono quindi
profondamente adattati gli uni agli altri: le formiche ricavano cibo, i
bruchi protezione. Come può essersi evoluto questo coadattamento fra
formiche e bruchi? Le strutture morfologiche e il modello di
comportamento sia delle formiche che dei bruchi sembrano essersi
evoluti in relazione reciproca. Dopo che i progenitori delle due specie si
sono associati, sarebbe intervenuta la selezione naturale favorendo i
reciproci cambiamenti adattativi…. (da Mark Ridley : Evolution, Blackwel
Science 1996).
Vandana Shiva, Terra madre Sopravvivere alo sviluppo UTET Torino, 2002, p.164
Il sistema tradizionale di produzione degli alimenti {quello che la visione riduzionista del mondo ha
marchiato come «ascientifico») gestiva il controllo dei parassiti con una serie di accorgimenti che
includono il rafforzamento della resistenza della pianta, le pratiche di rotazione e coltivazione mista, il
mantenimento nei campi degli habitat dei predatori di parassiti, cioè gli alberi e le siepi. Queste pratiche
creavano un' ecologia e un' economia locali stabili.
In presenza di condizioni ecologiche stabili, si creava un equilibrio tra le piante e i loro parassiti, grazie
alla competizione naturale, alla selezione e ai rapporti predatore/preda. In genere le donne sono
importanti depositarie della conoscenza tradizionale dei processi ecologici essenziali e dei rapporti tra le
piante. Per esempio, le donne indie Kayapo del bacino amazzonico hanno un rito particolare: dipingono
sui loro volti formiche durante la festa del mais. Il tema principale della festa è la celebrazione della
piccola formica rossa, guardiana dei campi e amica delle donne.
Celebrazione apparentemente senza senso dal punto di vista riduzionista; ma Posey sottolinea che
il mito inizia ad avere senso se comprendiamo l'insieme co-evolutivo del mais, dei fagioli e di questa
formica. I fiori della manioca hanno un nettare che attira le formiche verso la pianticella di manioca. Le
formiche usano le proprie mandibole per farsi strada fino al nettare, tagliando via tutti quei tralci di
fagiolo che impedirebbero al nuovo e fragile stelo di manioca di crescere. Le formiche impediscono
quindi ai tralci a spira dei fagioli di arrampicarsi sulla manioca, e li lasciano sul terreno con le piante di
mais, come graticcio naturale. Il mais non viene danneggiato dai tralci di fagiolo, anzi la stessa pianta di
fagiolo fornisce azoto assimilabile, necessario alla coltura del mais. Le formiche sono il manipolatore
naturale della natura e facilitano le attività orticole delle donne93.
L'agricoltura «scientifica», per la quale le formiche rosse erano “insetti nocivi” ha sconvolto questo equilibrio e creato condizioni
favorevoli alla diffusione di patologie. Il fertilizzante organico che sviluppa la resistenza delle colture alle malattie è stato sostituito dai
fertilizzanti chimici che hanno invece diminuito la resistenza ai parassiti. Dal momento , che molti parassiti sono propri di piante
particolari, la sostituzione della rotazione delle colture con la coltivazione della stessa anno dopo anno sovente rafforza i parassiti.
Anche l'aver sostituito le colture miste con le monocolture ha reso queste ultime più facilmente soggette alle invasioni di parassiti. La
meccanizzazione delle attività agricole ha obbligato alla distruzione delle siepi e degli alberi nei campi, eliminando così i naturali habitat
di alcuni predatori di parassiti. Nel controllo dei parassiti, gli uccelli e gli alberi sono altri lavoratori invisibili. La malattia dell'olmo
olandese, che ha distrutto questo albero in molte zone degli Stati Uniti e dell'Europa si può far risalire all'annientamento degli uccelli
predatori che si nutrivano del coleottero della scorza, responsabile a sua volta della diffusione del fungo che ha provocato la patologia
dell'albero. Come ha detto il responsabile del reparto ornitologico al Public Museum di Milwaukee
il peggior nemico nella vita di un insetto sono gli insetti suoi predatori, gli uccelli e alcuni piccoli mammiferi, ma il DDT uccide
indiscriminatamente colpendo anche le stesse sentinelle della natura, i suoi «poliziotti»... In nome del progresso, dobbiamo diventare
vittime dei nostri stessi diabolici metodi di controllo degli insetti, per un'utilità di breve durata e per perdere in seguito ogni possibilità di
controllo su di essi? Come terremo sotto controllo i nuovi parassiti che attaccheranno le specie sopravvissute dopo la morte degli olmi,
adesso che i difensori della natura {gli uccelli) sono stati distrutti dai veleni?94
Le mucche che producono l'humus, gli uccelli che si nutrono di insetti, gli alberi che forniscono cibo per le mucche e ospitano i nidi degli
uccelli, sono i membri della famiglia terrestre su cui si devono basare le strategie di controllo permanente degli insetti. Le alternative non
violente esistono, ma per vederle si richiede una percezione femminile ed ecologica, e per praticarle occorre dare spazio alle priorità
femminili del sostegno e del rafforzamento della vita.
92 P. CHAUBUSSON, How Pesticzdes Increase Pests, «Ecologist», 16, 1, 1986, pp. 29-36
93 D.A. POSEY, Indigenous Ecological Knowledge and Development o! the Amazon, ir Dilemma o! Amazonian Development, a cura di
E.F. Moran, Westview, Boulder 1983, p.234
94 PERKlNS, Insects, Experts and the lnsecticide Crisis, Plenum, New York 1982, p.5
Mercea Iliade Arti del metallo e alchimia Boringhieri, Torino 1987 p.50
Basterà ricordare che l'apertura di una miniera o la costruzione di
una fornace sono operazioni rituali segnate spesso da una
sorprendente arcaicità. I riti minerari si sono conservati in Europa
fino alla fine del Medioevo: l'apertura di una nuova miniera
comportava sempre cerimonie religiose. Ma è altrove che bisogna
guardare per valutare l'antichità e la complessità di queste
tradizioni, perché l'articolazione dei miti, la loro finalità,
l'ideologia che essi implicano differiscono da un livello culturale a
un altro. Si nota, anzitutto, la volontà di placare gli spiriti
protettori o abitatori della miniera.
Il minatore malese -scrive A. Hale -nutre idee particolari sullo stagno e sulle sue proprietà: anzitutto
crede che lo stagno sia sotto la protezione e agli ordini di alcuni spiriti che egli ritiene di dover
placare; crede anche che lo stagno sia vivo e che possieda molte proprietà della materia vivente: che
possa spostarsi autonomamente, che possa riprodursi e che abbia particolari simpatie, o forse affinità,
nei confronti di alcune persone e cose, e viceversa. Si raccomanda anche di trattare il minerale di
stagno con un certo rispetto, di tener conto delle sue esigenze e, ciò che è forse ancora più curioso, di
condurre i lavori di sfruttamento della miniera in modo tale da ottenerlo a sua insaputa.
Sottolineiamo incidentalmente il comportamento "animale" del minerale: è vivo, si muove a suo
piacimento, si nasconde, mostra simpatia o antipatia verso gli uomini, con un atteggiamento che non è
privo di analogie con quello della selvaggina nei confronti del cacciatore. Benché fortemente radicato
nella Malesia, l'islamismo, religione "straniera ", si rivela impotente ad assicurare il successo delle
attività minerarie. E' dunque assolutamente necessario ricorrere all'assistenza di un prete della vecchia
religione, soppiantata dall'islamismo. Si fa ricorso a un pawang malese, talvolta anche a uno sciamano
sakai, che appartiene quindi alla popolazione più
antica, premalese, affinché diriga le cerimonie relative alle miniere. poiché conservano le tradizioni
religiose più antiche, questi pawang sono in grado di placare gli dei guardiani del minerale e di
intrattenere rapporti con gli spiriti che abitano le miniere. Il loro aiuto è indispensabile, soprattutto
quando si tratta di minerali auriferi (che, con lo stagno, costituiscono principale risorsa mineraria della
Malesia). Gli operai mussulmani devono celare accuratamente la loro religione, avendo cura che non
trapeli da segni esteriori o da preghiere. "Si presume che l'oro sia sotto la giurisdizione di un dio, o dewa,
che lo possiede, e la sua ricerca è, pertanto, considerata empia; perciò i minatori devono conciliarsi il
dewa con preghiere e offerte, badando bene di non pronunciare il nome di Allah, e non praticare atti del
culto islamico. Ogni proclamazione della sovranità di Allah offende il dewa che immediatamente
nasconde l'oro o lo rende invisibile. Questa tensione tra credenze importate e la religione locale è un
fenomeno ben noto agli storici delle religioni. Come in tutto il mondo, anche in Malesia i "signori del
luogo" si fanno sentire nei culti che sono in relazione con la Terra: i suoi tesori, le sue opere, le sue
"creature" appartengono agli autoctoni, e solo la loro religione permette di accostarsi ad essi.
In Africa, presso i Bayeka, al momento di aprire una nuova galleria il capo, attorniato da un prete e dagli
operai, rivolge una preghiera ai suoi "spiriti del rame" ancestrali, che regnano sulla miniera. E' sempre il
capo a decidere dove si deve cominciare a scavare, per non disturbare o irritare gli spiriti della
Montagna. Anche i minatori bakitara devono placare gli spiriti "signori del luogo", e durante i loro lavori
sono tenuti a osservare numerosi tabù, specialmente d'ordine sessuale. La purezza spirituale svolge un
ruolo di considerevole importanza. Gli aborigeni di Haiti ritengono che per trovare l’oro si debba essere
casti, e cominciano la ricerca del minerale solo dopo lunghi digiuni e molti giorni di astinenza sessuale.
Sono convinti inoltre che, se la ricerca risulta vana, la causa sia da ricercare esclusivamente nella loro
impurità.
Ci sono molti organismi che noi
chiamiamo intelligenti perché
sono capaci di apprendere
dall’esperienza. Ciò che loro
apprendono non è ereditabile ma
può aiutarli a sopravvivere.
In un tempo molto più lungo della vita di un
singolo individuo una specie può escogitare
delle “ difese inducibili”, quelle difese per cui
una pianta sintetizza sostanze chimiche
protettive solo come risposta ad un attacco.
Il comunissimo pomodoro, quando è
predato da insetti masticatori, viene leso
in qualche punto di una foglia: nella
zona lesa inizia allora la produzione di
una struttura molecolare che migra nel
corpo della pianta e innesca la
fabbricazione di macromolecole la cui
funzione consiste nell’inibire
determinati processi chimici:
l’inibizione agisce in modo tale da ostacolare buona parte
degli eventi chimici grazie ai quali gli insetti predatori
riescono a digerire le proteine contenute nelle foglie. Il
predatore è così dissuaso, con argomenti convincenti, dal
proseguire nell’attacco.
?
Molti insetti, infatti, hanno
sviluppato reazioni interessanti
alle strategie difensive delle
piante, adattandosi ad esse sino
al punto di immagazzinare nei
propri corpi le armi chimiche
prodotte dai vegetali e da farne
uso per difendersi da altri
predatori…
…e, a loro volta, alcuni vegetali sanno sfruttare a proprio vantaggio, sistemi
chimici di comunicazione tra insetti. La patata selvatica è predata da un
afide che, quando è a sua volta attaccato da qualche predatore diffonde
nell’ambiente una sostanza la cui funzione è quella di suscitare un allarme
negli altri afidi, avvisandoli del pericolo che li minaccia.
La patata Solanum berthaulthii, attaccata da insetti, è in grado di
produrre e propagare tale sostanza e, attraverso una azione che imita il
comportamento d’allarme dei suoi predatori, li dissuade dall’attacco e li
induce alla fuga
Noi immaginiamo che le relazioni che un determinato
soggetto animale intrattiene con le cose del suo ambiente
abbiano luogo nello stesso spazio e nello stesso tempo di
quelle che ci legano agli oggetti del nostro mondo umano.
Questa illusione riposa sulla credenza in un mondo unico in
cui si situerebbero tutti gli esseri viventi. … L’ape, la
libellula o la mosca che osserviamo volare accanto a noi in
una giornata di sole, non si muovono nello stesso mondo in
cui noi li osserviamo né condividono con noi – o fra di loro –
lo stesso tempo e lo stesso spazio.
Esiste una foresta-perla-guardia-forestale,
una foresta-per-ilcacciatore, una forestaper-il-botanico, una
foresta-per-ilviandante, una forestaper-l’amico- dellanatura, una foresta-peril-legnaiolo, e, infine,
una foresta di favola in
cui si perde
Cappuccetto Rosso.
Il ragno non sa nulla della mosca…
Favole Esopo
…Dove[1] la scienza classica vedeva un unico mondo, che comprendeva dentro di sé tutte le specie viventi
gerarchicamente ordinate, dalle forme più elementari fino agli organismi superiori, Uexkűll pone invece una infinita
varietà di mondi percettivi, tutti ugualmente perfetti e collegati fra loro come in una gigantesca partitura musicale e,
tuttavia, incomunicanti e reciprocamente esclusivi, al cui centro stanno piccoli esseri familiari e, insieme, remoti, che
si chiamano Echinus esculentus, Amoeba terricola, Rhizostoma pulmo, Sipunculus, Anemonia sulcata, Ixodes ricinus
ecc. Per questo Uexkűll definisce «passeggiate in mondi inconoscibili» le sue ricostruzioni dell'ambiente del riccio di
mare, dell'ameba, della medusa, del verme di mare, dell'anemone marino, della zecca -questi i loro nomi comuni -e
degli altri minuscoli organismi che egli predilige, perché la loro unità funzionale con l' ambiente sembra
apparentemente così lontana da quella dell'uomo e degli animali cosiddetti superiori.
Troppo spesso -egli afferma -noi immaginiamo che le relazioni che un determinato soggetto animale intrattiene con le
cose del suo ambiente abbiano luogo nello stesso spazio e nello stesso tempo di quelle che ci legano agli oggetti del
nostro mondo umano. Questa illusione riposa sulla credenza in un mondo unico in cui si situerebbero tutti gli esseri
viventi. Uexkűll mostra che un tale mondo unitario non esiste, così come non esistono un tempo e uno spazio uguali
per tutti i viventi. L 'ape, la libellula o la mosca che osserviamo volare accanto a noi in una giornata di sole, non si
muovono nello stesso mondo in cui noi li osserviamo né condividono con noi -o fra di loro -lo stesso tempo e lo stesso
spazio.
Uexkűll comincia col distinguere con cura la Umgebung, lo spazio oggettivo in cui noi vediamo muoversi un essere
vivente, dalla Umwelt, il mondo-ambiente che è costituito da una serie più o meno ampia di elementi che egli chiama
“portatori di significato” o di “marche”, che sono i soli che interessano l’animale. L’ Umgebung è, in realtà, la nostra
propria Umwelt, a cui Uexkűll non attribuisce alcun privilegio particolare e che, come tale, può anch’essa variare
secondo il punto di vista da cui la osserviamo.
Non esiste una foresta in quanto ambiente oggettivamente determinato: esiste una foresta-per-la-guardia-forestale, una
foresta-per-il-cacciatore, una foresta-per-il-botanico, una foresta-per-il-viandante, una foresta-per-l'amico-della-natura,
una foresta- per-il-legnaiolo e, infine, una foresta di favola in cui si perde Cappuccetto Rosso. Anche un minimo
dettaglio -per esempio il gambo di un fiore di campo, considerato in quanto portatore di significato, costituisce di volta
in volta un elemento diverso di un ambiente diverso, a seconda, per esempio, che lo si osservi nell'ambiente di una
ragazza che coglie fiori per farne un mazzetto da spillare sul suo corsetto, in quello della formica che se ne serve come
un tragitto ideale per raggiungere il suo nutrimento nel calice del fiore, in quello della larva della cicala che ne fora il
canale medullare, utilizzandolo poi come una pompa per costruire le parti fluide del suo bozzolo aereo e, infine, in
quello della mucca che semplicemente lo mastica e ingoia per nutrirsi.
Ogni ambiente è una unità chiusa in se stessa, che risulta dal prelievo selettivo di una serie di elementi o di «marche» nella
Umgebung, che non è, a sua volta, che l'ambiente dell'uomo. Il primo compito del ricercatore che osserva un animale è quello di
riconoscere i portatori di significato che ne costituiscono l'ambiente. Questi non sono, però, oggettivamente e fattiziamente
isolati, ma costituiscono una stretta unità funzionale -o, come Uexkűll preferisce dire, musicale -con gli organi ricettori
dell’animale deputati a percepire la marca (Merkorgan) e a reagire ad essa (Wirkogan). Tutto avviene come se il portatore di
significato esterno e il suo ricettore nel corpo dell'animale costituissero due elementi di una stessa partitura musicale, quasi due
note nella « tastiera sulla quale la natura esegue la sinfonia sovratemporale ed extraspaziale della significazione», senza che sia
possibile dire come mai due elementi tanto eterogenei abbiano potuto essere così intimamente collegati.
Si consideri in questa prospettiva una tela di ragno. Il ragno non sa nulla della mosca, ne può prenderne le misure come fa un
sarto prima di confezionare un vestito per il suo cliente. E tuttavia esso determina l'ampiezza delle maglie della sua tela secondo
le dimensioni del corpo della mosca e commisura la resistenza dei fili in proporzione esatta alla forza d'urto del corpo della
mosca in volo. I fili radiali sono, inoltre, più solidi di quelli circolari, perché questi ultimi -che, a differenza dei primi, sono
ricoperti di un liquido vischioso -devono essere abbastanza elastici da poter imprigionare la mosca e impedirle di volare. Quanto
ai fili radiali, essi sono lisci e asciutti, perché il ragno se ne serve come una scorciatoia per piombare sulla sua preda e avvolgerla
definitivamente nella sua invisibile prigione. Il fatto più sorprendente è, infatti, che i fili della tela sono esattamente
proporzionati alla capacità visiva dell'occhio della mosca, che non può vederli e vola quindi verso la morte senza accorgersene. I
due mondi percettivi della mosca e del ragno sono assolutamente incomunicanti e, tuttavia, così perfettamente accordati che si
direbbe che la partitura originale della mosca, che si può anche chiamare la sua immagine originaria o il suo archetipo, agisca su
quella del ragno in modo tale che la tela che questo tesse può essere qualificata come «moscaria». Benché il ragno non possa
vedere in alcun modo la Umwelt della moscà (Uexkűll afferma, formulando un principio che doveva avere fortuna, che « nessun
animale può entrare in relazione con un oggetto come tale», ma solo coi propri portatori di significato), la tela esprime la
paradossale coincidenza di questa reciproca cecità.
[1] Giorgio Agamben, L’aperto,Bollati Boringhieri, Torino 2002, p.46
Esopo Favole
LA ZANZARA E IL LEONE
Una zanzara andò dal leone e gli disse: “io non ti temo e tu non sei affatto più forte di me. Non
ci credi ? In che cosa consiste la tua forza? Graffiare con le unghie e mordere coi denti? Ma
questo lo fa qualsiasi donnetta quando litiga col marito. Io sì che sono molto .più forte di te.
Scendiamo pure in campo, se vuoi”. E dato fiato alla tromba, la zanzara gli si gettò contro,
punzecchiandolo intorno alle narici, in quella parte dove il muso non è protetto dai peli. Il leone
con i suoi artigli non faceva che graffiare se stesso, finchè rinunciò al combattimento. Risultata
così vincitrice del leone, la zanzara sonò la tromba, cantò l'epinicio 1 e poi prese il volo. Ma andò
a sbattere nella tela di un ragno. E mentre questo se la succhiava, essa faceva lamento, essa che,
dopo aver mosso guerra ai più potenti, periva ora per opera di un ragno, il più vile degli insetti.
IL CANE CHE INSEGUIVA IL LEONE, E LA VOLPE
Un cane da caccia aveva veduto un leone e lo inseguiva. Ma quando il leone si volse ed emise
un ruggito, scappò indietro pieno di paura. La volpe che l'aveva visto, esclamò; ”Miserabile!
volevi inseguire il leone, tu, che non sei stato nemmeno capace di resistere al suo ruggito!”
Questa è una favola che si potrebbe citare a proposito di certi insolenti che si mettono a
denigrare persone assai superiori a loro; ma quando queste li affrontano, si tirano subito indietro.
.l Era Il canto della vittoria.
La co-evoluzione
La casualità
…Il caso si propone come agente del
mutamento evolutivo, ma non minaccia
la selezione naturale nell’ambito
dell’adattamento. La bellezza e
l’efficienza aerodinamica dell’ala di
uccello, la grazia e la bontà del disegno
delle pinne di un pesce non sono
accidenti fortunati. Inoltre, io uso il
significato specifico che la parola ‘caso’
ha mantenuto a lungo nella teoria
dell’evoluzione: per descrivere
mutamenti che hanno luogo senza alcun
orientamento determinato. Non uso la
parola come una metafora generale per
indicare il caos, il disordine o
l’incomprensibilità.
…C'est comme si
l'ontologie du monde
était très féminine, une
ontologie de la
permissivité, de la
possibilité. Tant que c'est
possible, c'est possible.
Je n'ai pas besoin de
chercher à justifier par
une optimalité idéal. Au
milieu de tout ça, la vie
tire les possibilités, elle
bricole…
Varela intervista
Michel Serres
Francisco Varela's Home Page
Press Releases : La Recherche n°308
Cover
Press Releases
"Le cerveau n'est pas un ordinateur
On ne peut comprendre la cognition si l'on s'abstrait de son incarnation"
La Recherche, No.308 Avril 1998, p.109-112
Entretien avec Francisco Varela par Herve Kempf
Francisco J. Varela, né en 1946, docteur en biologie de Harvard en 1970, est
neurobiologiste. Après avoir longtemps travaillé aux Etats-Unis, il est entré au CNRS en
1988 ou il est actuellement Directeur de recherche. Il dirige l'équipe de Neurodynamique
au Laboratoire des Neurosciences Cognitives et Imagerie Cérébrale (CNRS UPR 640), à
Paris. Il a notamment publié L'inscription corporelle de l'esprit (Seuil, 1993) et L'arbre de
la connaissance (Addison-Wesley, 1994).
Pour plus d'information consulter: http://www.ccr.jussieu.fr/varela/welcome.html
Michel Serres Lucrezio e l’origine della fisica Sellerio Editore Palermo 2000 (1977)
p.140
L 'avvenimento più rivoluzionario nella storia degli uomini e forse nell' evoluzione degli
ominidi non fu tanto, penso, l' accedere all' astratto o alla generalità, nel e col
linguaggio, quanto piuttosto uno sradicarsi rispetto all'insieme delle relazioni che
stabiliamo nella famiglia, nel gruppo, ecc., e che riguardano soltanto noi e loro,
raggiungendo un accordo, forse confuso, ma improvviso, specifico, riguardo ad una
cosa esterna a questo insieme. Prima di questo avvenimento, esisteva solo il reticolo
delle relazioni e noi vi eravamo immersi senza possibilità di scampo. E,
improvvisamente, una cosa, qualcosa, appare al di fuori del reticolo. I messaggi
scambiati non dicono più: io, tu, egli, noi, voi; ecc. ma questo, ecco. Ecce. Ecco la cosa
stessa.
Per quanto ne sappiamo, gli animali che ci sono più vicini, voglio dire i mammiferi,
comunicano fra loro ripetendo in modo stereotipato il reticolo delle loro relazioni. L
'animale segnala o fa sapere all'altro animale: sono il tuo dominante e ti do, sono il tuo
dominato, dunque ricevo da te. Che cosa? Questo non ha importanza o è implicito nella
relazione. Tu sei immenso e forte, io ti prego. Lucrezio dice questo del nostro rapporto
con gli dèi. Donde quella condizione necessitante che obbliga gli animali a regolare l
'insieme dei problemi nati da queste relazioni all'interno stesso del loro reticolo. È solo
questione di contratti ed in questo consiste il loro destino.
L’infinita varietà delle soluzioni adattative proposte dalla storia naturale è una
riprova dell’infinito numero dei modi possibili di sopravvivere all’interno dei
vincoli dell’ambiente naturale; ciò conferma che alla base dell’evoluzione sta
l’idea della conservazione dell’adattamento e non l’idea di una progressiva
ottimizzazione dell’adattamento, che si rivela invece quale vero e proprio
errore concettuale.
Il cambiamento dipende dalla variabilità inerente
agli organismi e alle specie, e dagli infiniti modi possibili in cui questa
varietà si accoppia con i vincoli ambientali. La storia naturale si delinea così
come una storia di produzione reciproca di nuovi vincoli e di nuove
possibilità attraverso la deriva degli accoppiamenti strutturali tra i sistemi
viventi autonomi all’interno di particolari ecologie…
Le nozioni di
viability,
di vincolo, di possibilità, di deriva naturale, di storia naturale
dei vincoli e delle possibilità costituiscono una ridefinizione positiva delle
limitazioni e della finitezza del punto di vista dal quale studiamo i processi
evolutivi che spezza ogni
legame con i valori classici e normativi
dell’onniscienza,
della completezza, dell’atemporalità.
Canti indiani
CANTO
DELL’AQUILA IN
VOLO
I raggi del sole
FARFALLE
Farfalle gialle
e blu
sulle mie ali riposano,
sul grano che
germoglia
si allungano pigri.
si inseguono,
Un piccolo tornado grigio
tenta di prendermi,
si avvita incessante
il viso
spruzzato di
polline,
in file
luminose.
sul mio sentiero celeste.
(canto Navajo)
(canto Pueblo
Hopi)
IL CAVALLO
CANZONE DEL PASTORE
Il mio cavallo ha zoccoli d’agata
e garretti lievi come ali d’uccelli.
Le mie pecore si spargono
Una freccia piumata è il suo corpo,
tutt’intorno a me.
la sua coda è una nuvola nera.
Cammino in mezzo a esse,
La sua criniera è di vento.
mentre mangiano fiori ed erba
Due grandi stelle ha per occhi,
bagnati di rugiada.
le sue orecchie sono come piante di mais,
La loro voce è tranquilla,
e la sua testa è fatta d’acque impetuose
il loro passo è di pace.
che sgorgano da sacre sorgenti.
Come schiuma del mare il mio
gregge
I suoi denti sono candide conchiglie
che serrano briglie d’arcobaleno.
si propagherà su questa terra,
sotto il mio sguardo vigile.
Quando il mio cavallo nitrisce
altri cavalli multicolori si accostano,
snelli e veloci come donnole.
Quando il mio cavallo nitrisce
Io mi sento al sicuro.
Sarò circondato di pace.
…Dopotutto è il caso a dare alla
nostra vita e al corso della storia
umana, tanta ricchezza e tanto
interesse. Chiamatelo pure con i
suoi nomi passati di fortuna o di
libero arbitrio, se così vi piace.
Dovremo negare una ricchezza
simile al resto della natura?
“C’è voluto moltissimo pensiero per fare la rosa…L’unità
estetica è molto prossima alla nozione di integrazione
sistemica e di percezione olistica e si può sostenere che
apprezzare un’opera d’arte è un riconoscere, forse appunto
riconoscere il sé”
Non voglio confutare l’asserzione
per cui le creature più complesse
tendono ad aumentare la loro
complessità nel tempo, ma nego
decisamente che tale fatto
limitato possa fornire argomenti
per definire il progresso generale
come spinta intrinseca della
storia della vita.
‘’’’
Questa grandiosa affermazione rappresenta un caso grottesco
di coda che dimena il cane , cioè dell’erronea promozione di
una piccola conseguenza secondaria a causa fondamentale e
determinante.
La vita comincia necessariamente in prossimità del muro
sinistro, rappresentato dalla minima complessità, e
immediatamente si sviluppa la moda di tipo batterico. La
distribuzione di frequenza della complessità della vita
diventa col tempo sempre più asimmetrica verso destra, ma
la moda di tipo batterico non viene alterata.
Abbiamo avuto difficoltà a
comprendere questa evidente
assurdità, perché non
abbiamo una idea chiara di
cosa sia il cane in questione;
piuttosto, con una mossa che
ricorda il gatto del Cheshire
di Alice nel paese delle
meraviglie, identificato dal
solo sorriso, abbiamo
caratterizzato l’intero cane
soltanto per mezzo della sua
coda.
Alcune premesse: una spiegazione cibernetica
La conoscenza non è una rappresentazione della realtà,
ma un repertorio di azioni e di pensieri che si sono
rivelati validi nella passata esperienza.
Il concetto di rappresentazione vera viene sostituito da
quello di viabilità
Ci si può avvicinare al concetto di viabilità (viability) in
molti modi. Uno di questi è il principio formulato da
Leibniz e Maupertius molto tempo fa ”il principio della
minima azione o, rispettivamente,della minima resistenza”.
L’acqua seguirà la
spinta di gravità tanto
lontano quanto potrà.
Quando piove in una
collina l’acqua della
pioggia scorre dove
trova una via. Se è
fermata si raccoglie e
eventualmente scorre
sopra o intorno
all’ostacolo.
Questo a sua volta cambia la forma della collina, crea
nuovi sentieri e incontra nuovi ostacoli.
Il cambiamento epistemologico è un cambiamento dei
presupposti impliciti, spesso non consapevoli del nostro agire.
Un cambiamento mentale in un contesto di relazioni di
carattere mentale
Ma in genere nella nostra cultura cambiamento mentale
significa cambiamento cosciente, e l’uomo cosciente preferisce
cambiare l’ambiente piuttosto che se stesso, percepirà e
descriverà allora l’ambiente in funzione di questo fine.
Ma ogni descrizione è anche descrizione dell’epistemologia di
chi descrive.
L’uomo cosciente è più incline a cambiare il mondo piuttosto
che se stesso, ma la coscienza non è tutta la mente e perché ci
siano eventi mentali non è nemmeno necessario che ci sia la
coscienza (vedi insetti che si immunizzano al DDT).
E’ indubbio che tutta la storia dell’evoluzione culturale
dell’uomo occidentale è stata segnata dalla coscienza e dal
suo finalismo.
Ma se la mente complessiva e il mondo esterno non
funzionassero così? Se con nostro grande disappunto non
avesse quella struttura lineare che noi vogliamo imporre?
Allora ci sfuggirà la circolarità causale di natura
cibernetica, l’intreccio dei molteplici livelli dell’io e del
mondo.
Cambiare le premesse vuol dire cambiare le nostre strategie
epistemologiche, apprendere ad apprendere ad apprendere,
cambiare il modo in cui organizziamo i contesti, creare nuovi
paesaggi.
Finalità
cosciente
Sensibilità al
contesto
Il problema del
tempo
Agirò sempre in modo
di accrescere il numero
totale delle possibilità
di scelta
Laboratorio epistemologico Pensare per storie
Lucilla Ruffilli: [email protected]
Daniela Berardi: [email protected]
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Una storia infinita - Pensare per storie