Parlare di salvezza è
ancora di moda ?
Essere salvati ...
non vuol forse esprimere il senso
della nostra esistenza?
Tutti desideriamo realizzarci pienamente
Nessuno vorrebbe provare un giorno la
sensazione d’essere passato a lato della
propria vita, d’averla mancata.
Inoltre…
le domande esistenziali dell'uomo di
tutti i tempi, le debolezze e i
fallimenti morali che ne segnano
l'esperienza di vita,
lo scacco inevitabile della morte,
fanno emergere il bisogno
di salvezza, di risposte.
Fermiamoci su alcuni pensieri
seguendo il teologo A. Gesché scomparso prematuramente
• Salvati, ma da
cosa?
• Salvati, ma ad
opera di chi?
• Salvati, ma in
vista di cosa?
• Salvati, ma da
che cosa lo si
vede?
Salvati, ma da cosa?
L’idea comune è che
“salvezza da”
“salvarci da”
sia toglierci da qualcosa di negativo
Invece a un livello di coscienza profondo la
salvezza dipende da un’idea tutta positiva,
ben illustrata dal termine “salus” (forte,
sano, solido, preservato); salvare è rendere
forte, custodire, conservare, salvaguardare.
Salvare è condurre qualcuno a realizzare
lo scopo della sua esistenza, permettergli
di “compiersi”, di trovare il proprio destino.
Questa aspirazione, cui tutti tendiamo
è lo scopo e il senso della nostra vita.
Portare a compimento se stessi, arrivare a
realizzarsi, a provare la profonda
soddisfazione e la felicità di aver avuto una
vita sensata, riuscita, compiuta.
Ma (ecco l’aspetto negativo) l’uomo in questo
cammino verso la realizzazione di sé
sperimenta traversìe e incontra ostacoli:
La morte perché interrompe brutalmente il
progetto, è una frattura ineluttabile che segna
la nostra vita e fa sperimentare la finitezza;
ci sfida nei nostri progetti e nella nostra
realizzazione.
La morte più che un male è minaccia,
l’ultimo nemico (1 Cor 15,26).
…
Il male, inteso quindi sia come male subìto
(tutto ciò che succede: la sofferenza, lo
scacco, la sfortuna, il male innocente,
immeritato, la malattia, le catastrofi naturali),
sia come male compiuto, il peccato.
La fatalità: la mancanza di libertà, le
costrizioni, le impotenze che si contrappongono
ai nostri desideri, ai nostri sforzi; quella
impressione che ancora oggi c’è che vi sia
un destino, una forza di necessità, fatti
inevitabili, che ci impediscono di realizzarci
pienamente.
Salvati, ma ad opera di chi?
Chi ci può portare la salvezza?
Si può pensare ad un'autosalvezza?
Ritroviamo ripetutamente nella
storia dottrine gnostiche,
New age ... Next age ...
non si accetta facilmente
di avere bisogno degli altri.
La questione di fondo è l’idea di
essere salvati da Dio.
Se già all’uomo ripugna riconoscere
una dipendenza da un “altro” uomo, il
moto di rivolta cresce quando si evoca
Dio. Molti uomini negano Dio non tanto
perché ne negano l’esistenza, ma
piuttosto perché si ritiene che l’idea di
Dio sia funesta per l’uomo (Feuerbach,
Sartre, ecc. )
Questa è una tentazione permanente
dell’uomo; è la tentazione di Genesi:
“Sarete come Dio” se farete per conto vostro.
E' difficile riconoscere un altro
da cui ricevere la salvezza.
Secondo l’uomo contemporaneo ricorrere
ad un altro soprattutto se si tratta di
Dio, equivale a una confessione di
incapacità, di impotenza: una alienazione.
L’Altro per noi è Dio! Il Salvatore è il Padre:
“Il Padre, per mezzo di Cristo nello Spirito”.
Così ci confida la Sacra Scrittura (San Paolo).
Allora ci troviamo nella situazione per cui un
Pascal parlava della miseria dell’uomo senza
Dio e della grandezza dell’uomo con Dio;
oggi invece si direbbe: la miseria dell’uomo
con Dio e la grandezza dell’uomo senza Dio.
Salvati, ma in vista di cosa?
• I santi Padri e la teologia parlano di
divinizzazione.
• Che senso avrebbe una salvezza che fosse
solo per liberarci da ostacoli?
• Il Padre ci ha salvati per “RENDERCI
CONFORMI ALL’IMMAGINE DEL FIGLIO
SUO”
(San Paolo).
L’idea di salvezza connota essenzialmente
la nozione di compimento, idea tutta
positiva:
“Sono venuto perché abbiano la vita, e
l’abbiano in pienezza”, dice Gesù.
Dunque se il senso primario di salvezza è
quello positivo, l’idea è quella del
compimento, del raggiungimento del
proprio destino.
Quando Gesù incontrava i suoi discepoli,
o quando si presentava loro dopo la
morte, usava il termine:
shalom
Shalom è una parola idonea a descrivere la
ricchezza della salvezza, una parola che
significa la pienezza di tutti i beni.
Salvati, ma da che cosa
lo si vede?
• ma il mondo nel quale viviamo è un mondo salvato?
È una grossa domanda che ritorna. Il cristianesimo
c’è da tanto tempo, ma pare che il mondo non sia
per nulla migliorato.
• È il grande dibattito di oggi. Voi cristiani parlate di
salvezza, ma dov’è questa salvezza? Il mondo è
peggiorato, non salvato! Quali sono i segni della
salvezza?
• Nietzsche diceva: “Se i cristiani avessero un volto
più da redenti, da salvati, un volto più luminoso, più
gioioso, che faccia vedere, che persuada che loro
sono dei salvati, probabilmente anch’io accetterei il
cristianesimo”.
La risposta, difficile, non è solo una
questione di volto sorridente,
ma di dare una testimonianza di questa
positività.
La salvezza, rettamente intesa, dovrebbe
rispecchiare la questione della riuscita o dello
scacco del senso della vita e della sorte
dell’uomo. Dire salvezza è affrontare la
questione della riuscita della vita.
Salvezza e Chiesa
Oggi siamo di fronte ad una sfida: la funzione di
salvezza di Cristo, il Cristianesimo come via di
salvezza: una via di salvezza tra le altre?
Si direbbe di no perché non c’è salvezza se non nel
nome di Gesù; Gesù è mediatore della salvezza di
tutti gli uomini. Allora il problema che oggi si pone a
proposito di Cristo è se Cristo è l’unico salvatore.
La possibilità di salvezza per i non cristiani, le vie
per questa salvezza: se possiamo ancora sostenere
che Cristo è il mediatore della salvezza di tutti gli
uomini, compresi coloro che di Cristo non
conobbero, non conoscono o non conosceranno
nulla.
Dove troviamo la salvezza?
Oggi questa problematica
appare molto complessa.
Proviamo ad approfondire ...
Nessuno può andare perduto,
qualunque sia la sua condizione
esteriore, se non per un suo
esplicito rifiuto di Dio e del suo
progetto.
Così insegna la Rivelazione.
Nella cultura dei popoli mitologie
antiche e filosofie ricorrenti hanno
tentato di offrire delle risposte.
Ma al di là di qualche immaginazione
e di fantasie più o meno illusorie non
sono andate.
La persona di Gesù Cristo,
uomo e Dio, morto e risorto,
è l'unico evento che ha vinto
il regno del male
e della morte.
La Chiesa è strettamente legata a
Cristo, per cui, come ha affermato il
Concilio Vaticano II
è il sacramento universale
di salvezza.
Già nell’antichità cristiana troviamo
questa affermazione:
Al di fuori della Chiesa
non c’è salvezza
la Chiesa intesa nel suo aspetto
mistico di
Corpo e Sposa di Cristo
La Chiesa, come «mistero nascosto
da secoli», in quanto umanità creata
in Cristo Gesù, viene raggiunta dalla
Sua azione di salvezza e congiunta
dallo Spirito Santo al Signore risorto.
Leggiamo nel Concilio Vaticano II che
con l'Incarnazione, il Figlio di Dio si
è unito in certo modo a ogni uomo
e lo unisce a sé e alla Chiesa,
sua sposa e corpo.
In questo modo la salvezza si
estende oltre i confini istituzionali
della Chiesa, qualora senza colpa si
ignori il Vangelo e si cerchi
sinceramente Dio (cf Lumen
Gentium, 16).
C'è dunque
un'unica possibilità
di salvezza
offerta a tutti gli uomini
Da essa sono esclusi
soltanto
quelli che lo vogliono.
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Da dove la salvezza?