Marin Giulio
cl. 4^G
I.T.I.S. “Vito Volterra” San Donà di Piave
Progetto promosso da:
Ministero dell’
Università e
della Ricerca
Conferenza Nazionale
Dei Presidi delle Facoltà
Di Scienze e Tecnologie
Confindustria
La cella solare costituisce il dispositivo elementare alla
base di ogni sistema fotovoltaico per la produzione di
elettricità. La cella solare infatti, permette di
ottenere energia elettrica dalla radiazione solare.
Le celle solari si avvalgono delle proprietà di un importantissimo
semiconduttore intrinseco: il silicio.
I semiconduttori sono materiali che hanno una resistività intermedia tra i
conduttori e gli isolanti. A temperatura ambiente si comportano come un
isolante, ma qualora vengano sottoposti all’azione di una radiazione
elettromagnetica o ionizzante in generale, si comportano come un
conduttore. Se vengono opportunamente trattati sono in grado di generare
elettricità se colpiti dalla radiazione solare.
Il semiconduttore che sarà impiegato in questa esperienza è
l’ossido di rame Cu2O, che è possibile produrre sotto i nostri occhi
portando ad un’adeguata temperatura un pezzettino di rame. Il
dispositivo attraverso il quale si avrà la trasformazione energetica
(radiante  elettrica) è una cella elettrochimica.
BANDA DI CONDUZIONE
Gap Energetico
Configurazione elettronica
del reticolo del Cu2O
2.1 eV
BANDA DI VALENZA
La struttura del Cu2O è tale che esiste un gap energetico pari a 2.1
eV tra la banda di valenza e la banda di conduzione. Gli elettroni
quindi, per passare dalla banda di valenza alla banda di conduzione,
hanno bisogno di un’energia di almeno 2.1 eV. Questa energia viene
fornita dalla luce, essendo una radiazione elettromagnetica.
Esponendo quindi la cella alla luce del sole, potremmo avere due differenti conseguenze:
Se i raggi della luce hanno un energia
minore di 2.1 eV
Il fotone passa la cella
“indisturbato”
Se invece i raggi della luce hanno un
energia maggiore di 2.1 eV
Il fotone cede energia all’elettrone il
quale passa nella banda di conduzione
lasciando una lacuna al suo posto
Gli elettroni che giungono alla banda di conduzione, se opportunamente
convogliati da un campo elettrico, fornito dalla cella elettrolitica nella
quale è presente l’altro elettrodo, generano una corrente.
• 1839 Becquerel un fisico sperimentale francese diciannovenne scoprì l’effetto
fotovoltaico mentre lavorava con una cella elettrolitica costituita da due elettrodi
metallici
• 1904 Hallwachs scoprì che una combinazione di rame e ossido rameoso è
fotosensibile
• 1905 Einstein pubblicò un articolo sull’effetto fotoelettrico e formulò una
teoria dello scambio di energia tra radiazione elettromagnetica e materia
• 1916 Millikan fornì la prova sperimentale dell’effetto fotoelettrico
• 1918 Czochraliski, scienziato polacco, sviluppò un metodo per produrre una cella
con un singolo cristallo di silicio
• 1953 Pearson costruisce casualmente presso i Laboratori Bell un prototipo di
cella solare che utilizza il silicio
• 1958 la ditta Hoffman Electronics produsse celle fotovoltaiche al silicio con
efficienza del 9%
• 1999 la produzione mondiale di celle solari supera i 1000 MW.
Lo SCOPO di questa esperienza è quello di riprodurre una cella solare,
utilizzando materiali di uso comune, e di studiarne il suo funzionamento.
La cella è costituita da due elettrodi immersi in una soluzione elettrolitica.
Uno dei due elettrodi è costituito da un film di Cu2O (depositato su un
substrato di rame); il secondo elettrodo che ha la funzione di chiudere il
circuito elettrico è costituito da una lamina di rame.
Questa particolare cella solare produrrà una differenza di potenziale
elettrico tale da generare un'intensità di corrente che va da qualche A a
parecchie decine di A. Ciò dipende, tra gli altri fattori, dall’intensità della
luce e dalla superficie dell’elettrodo semiconduttore esposta alla luce.
L’esperienza che abbiamo affrontato era suddivisa in due parti:
La
E un’
prima
altra
parte
parte
a SCUOLA
all’ UNIVERSITA’:
nella
quale abbiamo eseguito:
-Analisi superficie lamine con
-l’
profilometro
ossidazione delle lamine
-la
-Esame
preparazione
al microscopio
del dispositivo
elettronico a
scansione
-la misura delle tensioni e correnti
-mezza bottiglia di plastica trasparente
-un foglio di rame (30x30 cm)
-acqua del rubinetto
-sale da cucina
-cavetti di collegamento
-un multimetro digitale
Dopo una breve introduzione all’ esperienza da parte di alcuni docenti abbiamo iniziato
l’esperimento vero e proprio.
Per prima cosa abbiamo preparato gli elettrodi, quindi abbiamo tagliato il foglio di rame
in cinque pezzi: quattro di dimensioni uguali e uno di dimensioni dimezzate, il quale è
servito a verificare se ad una variazione di superficie degli elettrodi corrisponde una
variazione di corrente generata
Successivamente abbiamo lavato i pezzi con acqua e acetone per pulire la
superficie da impurità
Come si può vedere abbiamo ottenuto dei pezzi di rame lucidi e privi di
impurità.
La fase successiva al lavaggio è
l’ossidazione delle lamine di rame, per
fare ciò abbiamo scaldato una lamina
nel fornello elettrico a 500° C per 10
minuti…
…e una lamina nella muffola a
700° C per circa 20 minuti…
Il risultato migliore lo abbiamo ottenuto con la lamina scaldata nella muffola poiché a
temperature più alte avremo una percentuale magggiore di ossido rameoso (Cu2O) rispetto
all’ossido rameico (CuO) che è un isolante e potrebbe alterare l’esito della prova.
Per ottimizzare i risultati abbiamo lavato entrambe le lamine con acqua per togliere
gli eventuali residui di ossido rameico (CuO) poiché solamente l’ossido rameoso (CU2O)
converte la luce in elettricità…
…eventualmente utilizzando carta
vetrata di granulometria fine è possibile
pulire ulteriormente la superficie
Ora gli elettrodi sono pronti, perciò passiamo alla preparazione della soluzione
elettrolitica. Abbiamo preparato una soluzione 0.2 molare di NaCl in acqua di rubinetto.
Per esattezza abbiamo usato 9 g di NaCl e 750 g di H2O. Abbiamo pesato 9 grammi di sale
con una bilancia di precisione e dopo aver riempito la bottiglia con 750 g di acqua abbiamo
diluito il sale al suo interno, ottenendo così una soluzione acquosa 0.2 molare di NaCl.
Adesso abbiamo tutti gli elementi per testare la nostra cella solare casalinga.
Abbiamo messo due lamine di rame nella bottiglia contenente la soluzione e con dei
cavetti abbiamo collegato il multimetro digitale agli elettrodi.
µA / V
-
+
Abbiamo eseguito varie letture di corrente e tensione al variare di:
-esposizione ai raggi luminosi
-superficie degli elettrodi
-metodo di ossidazione
Le combinazioni degli elettrodi come si potrà notare nella tabella a pagina
successiva sono state le seguenti:
Elettrodo di rame e:
Elettrodo di rame con superficie
dimezzata e:
1) Elettrodo di rame
1)Elettrodo di rame
2) Elettrodo di Cu2O (nel fornello)
2) Elettrodo di Cu2O (nel fornello)
3) Elettrodo di Cu2O (nella muffola)
3) Elettrodo di Cu2O (nella muffola)
Tipi di
elettrodi
Tensione di
fondo
[mV]
Corrente
di fondo
[μA]
Tensione
luce vicina
[mV]
Corrente
luce vicina
[μA]
Tensione
luce
lontana
[mV]
Corrente
luce
lontana
[μA]
Elettrodo di rame
Elettrodo
di rame
2.1
2.7
54.2
59.6
3.6
3.5
Elettrodo
di Cu2O
(fornello)
3.4
3.6
56.8
62.4
4.2
4.3
Elettrodo
di Cu2O
(muffola)
4.1
6.2
59.4
65.3
4.9
6.9
Elettrodo di rame con superficie dimezzata
Elettrodo
di rame
1.8
2.4
50.2
55.5
2.5
3.1
Elettrodo
di Cu2O
(fornello)
2.8
3.2
52.6
57.6
3.6
3.9
Elettrodo
di Cu2O
(muffola)
3.6
5.8
54.3
59.8
4.4
6.6
Risulta chiaro che all’aumentare della superficie degli elettrodi e della quantità di
luce che colpisce la cella solare corrisponde anche un aumento di corrente generata,
passando da un minimo di µA ad un massimo di µA.
La parte di esperienza a scuola è terminata perciò passiamo alla descrizione
dell’attività svolta all’università.
Dopo una breve presentazione del laboratorio e degli strumenti, che abbiamo utilizzato, da
parte di alcuni, docenti siamo passati ad analizzare i tre tipi di elettrodi che abbiamo
costruito a scuola: l’elettrodo di rame puro, l’elettrodo scaldato nel fornello elettrico a
500°C e quello nella muffola a 700°C. Abbiamo analizzato la superficie degli elettrodi con
il profilometro e con il microscopio elettronico a scansione.
Il profilometro viene in genere utilizzato per
misure di spessori di film. Può anche essere
utilizzato per misurare micro rugosità fino ad 1 Å.
L’immagine fornita al computer dal profilometro è
un grafico simile a quello in figura
La lamina di rame puro
presentava una
superficie abbastanza
uniforme con un
dislivello di qualche µm
LAMINA DI RAME NELLA MUFFOLA
LAMINA DI RAME NEL FORNELLO
altezza [Å]
altezza [Å]
400000
350000
350000
300000
300000
250000
250000
200000
200000
150000
100000
100000
150000
50000
50000
0
-50000 0
-100000
200
400
600
800
1000
0
-50000 0
200
400
600
800
1000
-100000
spostamento [µm]
La lamina di Cu2O prodotta nella muffola
invece, come si può vedere dal grafico, ha
una superficie molto irregolare con un
dislivello che arriva intorno ai 30 µm
spostam ento [µm ]
Per quanto riguarda la lamina di Cu2O scaldata nel
fornello, ha una superficie molto più irregolare
con un dislivello che arriva oltre ai 30 µm
Dopo aver analizzato le superfici con il profilometro passiamo all’esame al microscopio
elettronico a scansione
il Microscopio Elettronico a Scansione (SEM)
consente di studiare la superficie degli
oggetti. Un fascio di elettroni primari,
opportunamente accellerato, viene inviato al
pezzo da analizzare. Il fascio di elettroni
durante la scansione del campione colpisce la
sua superficie generando degli elettroni
secondari. La quantità e l'energia degli
elettroni secondari diffusi da ogni punto del
campione colpito dal fascio elettronico
dipende dalla morfologia, oltre che dalla
natura chimica, del campione in quel punto.
Un rivelatore di elettroni secondari raccoglie
il segnale generato da ogni punto del
campione durante la sua scansione e un
sistema di generazione dell'immagine
acquisisce il segnale fornito dal rivelatore e
lo invia su uno schermo, dove viene così
tracciata l'immagine del campione esaminato.
Con questo strumento è possibile osservare la superficie di un oggetto ingrandendolo
migliaia di volte. Di seguito è riportato un esempio di ingrandimento
Con questo strumento è possibile anche conoscere la composizione chimica dell’oggetto
analizzato, per capire i materiali contenuti basterà studiare la diffrazione dei raggi x
che colpiscono la superficie dell’oggetto, fenomeno studiato dal fisico inglese Bragg. Con
un apposito programma infatti si ottiene uno spettro relativo al punto che vogliamo
esaminare e misurando la posizione dei picchi 2θ (evidenziati in rosso) è possibile
ricavare le distanze tra i piani (d) caratteristici di un materiale
Per passare da angoli a “d” bisogna
applicare la seguente formula:
d = λ/(2senθ)
-d: distanza tra i piani caratteristiche delle fasi
-λ: lunghezza d’onda e vale 1.544 Å
-θ:angolo e indica la posizione dei picchi
Otterremo cosi dei valori di “d” che dovremo poi confrontare con le schede dei vari
materiali per capire che sostanze sono contenute. Ovviamente con l’aiuto di un computer
questa operazione risulta più semplificata.
Le distanze tra i piani e quindi gli elementi che dovremo confrontare sono:
Rame (Cu)
2.0880
1.8080
1.2780
1.0900
1.0436
0.9038
0.8293
0.8083
Ossido rameoso (Cu2O)
3.0200
2.4650
2.1350
1.7430
1.5100
1.3502
1.2870
1.2330
1.0674
0.9795
0.9548
0.8715
0.8216
e ossido rameico (CuO).
2.7530
2.5270
2.5270
2.3230
2.3100
1.9614
1.8673
1.7769
1.7128
1.5805
1.5058
1.4184
1.4096
1.3785
1.3759
1.3038
1.2649
1.2621
1.1961
1.1697
1.1613
Per questa lamina non è servito l’
esame con il SEM poiché si trattava
di rame puro. Nell’ immagine
possiamo notare un particolare della
lamina, pur avendo una superficie
perfettamente liscia, con il
microscopio elettronico a scansione
riusciamo a notare piccole
imprecisioni e se si guarda
attentamente si notano anche i segni
lasciati da una macchina
probabilmente per lucidare la lamina.
In questa lamina invece si nota subito
una diversa morfologia, dovuta alla
presenza di ossido di rame. Questo è lo
spettro di zona interessata:
90
80
70
60
intensità
50
40
30
20
10
0
20
30
40
50
60
70
-10
angolo di diffrazione (gradi)
80
90
100
90
Con la formula citata in precedenza
otteniamo i seguenti valori di “d”:
80
70
60
2,9974
intensità
50
40
2,4554
30
2,1300
20
2,0833
10
2,0675
0
20
30
40
50
60
70
-10
angolo di diffrazione (gradi)
80
90
100
1,7998
1,5044
1,2769
1,0885
1,0413
Confrontando questi valori con quelli riportati precedentemente si
può notare che in questa lamina sono presenti Cu e Cu2O, come d’altra
parte doveva essere, ma ci sono anche dei picchi che corrispondono al
CuO, questo è dovuto principalmente dalla temperatura con cui è
stata scaldata la lamina (relativamente bassa).
In questa lamina si nota con
chiarezza la diversità tra la parte
sinistra e la destra, probabilmente
questa parte (destra) è un pezzo di
ossido rameico (CuO). Per
verificarlo analizziamo lo spettro:
200
180
160
140
intensità
120
100
80
60
40
20
0
30
35
40
45
50
55
angolo di diffrazione (gradi)
60
65
70
200
I valori di “d” che abbiamo
calcolato sono i seguenti:
180
160
intensità
140
120
2,7490
100
2,5213
80
2,4639
60
2,3219
40
2,1348
20
1,8652
0
30
35
40
45
50
55
60
65
70
angolo di diffrazione (gradi)
1,7442
1,7110
1,5809
In questa lamina il rame (Cu) è praticamente scomparso
mentre abbiamo una notevole quantità di ossido
rameoso (Cu2O) e ossido rameico (CuO). L’ossido
rameico essendo un isolante andava rimosso con della
carta vetrata di granulometria fine.
1,5112
1,5072
1,4194
1,4095
1,3770
Abbinando insieme più celle
fotovoltaiche si ottiene un
modulo o pannello
fotovoltaico che può
fornire elettricità, per
esempio, a piccole utenze
domestiche isolate.
Abbinando un
elevato numero di
moduli si possono
realizzare centrali
solari fotovoltaiche.
Le piccole celle solari
trovano diffuso impiego
in calcolatrici tascabili e
orologi, oltre che nei
satelliti artificiali
I computer portatili
potranno essere
ricaricati facilmente
con la luce del sole
Si potranno
costruire celle
solari flessibili
I cellulari potranno
essere ricaricati in
posti remoti dove
l’elettricità non è
accessibile
Sarà possibile
costruire pannelli
solari con particolari
trame e colori per il
settore edile e
militare.
Ambiti attuali di ricerca:
La maggior parte della ricerca è volta a rendere le celle solari più economiche
e/o più efficienti, in modo da poter competere più efficacemente con le altre
fonti di energia, compresi i combustibili fossili:
• sviluppare metodi per ottenere silicio sufficientemente puro
• ridurre il materiale di scarto
• materiali e tecnologie alternativi
L’interesse per la ricerca nel campo della conversione fotovoltaica e dei materiali
per la costruzioni di pannelli solari deriva da alcune considerazioni:
- costi attuali dell’energia;
- inquinamento;
- limiti delle riserve dei depositi petroliferi;
-paura dell’energia nucleare.
Attualmente sono stati ottenuti rendimenti del 15% ma arrivano fino al 30% in
prototipi sperimentali però i costi per produrre i pannelli solari sono ritenuti
ancora elevati, tuttavia l’utilizzazione del silicio policristallino, abbondante e
meno costoso, sembra essere il materiale migliore per il futuro delle celle
fotovoltaiche.
"Il nostro sistema energetico è come un secchio bucato che nei
processi di trasformazione dalle fonti fossili agli usi finali (calore,
freddo, forza, illuminazione) perde,sottoforma di calore, più energia
di quella che rende disponibile...
...Allo stato attuale della tecnologia è possibile dimezzare i consumi
di fonti fossili accrescendo l’efficienza dei processi di
trasformazione energetica e utilizzando quei veri e propri
giacimenti nascosti di energia costituiti dagli sprechi, dalle
inefficienze e dagli usi impropri."
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