Quando nel 1864 giunse il sospirato titolo di “città” Busto Arsizio era già il maggior centro urbano dell’alto milanese, con oltre 10.000 abitanti che diventavano 15.000 inglobando nell’insieme anche le località di Sacconago e Borsano, allora autonome. Dal punto di vista produttivo, Busto, si poneva in posizione di preminenza sulle vicine Gallarate e Legnano, che comprendeva ditte come quella di Francesco Turati, nella quale già si applicava un’integrazione verticale, dalla filatura alla tintoria, alla vendita tanto da meritare il titolo di “Imperiale Regia Fabbrica Privilegiata Nazionale” . Per Busto e per l’Alto Milanese era conclusa l’epoca dei pionieri della protoindustria e si delineava chiaramente un destino tutto improntato alla grande produzione industriale, che necessitava di sostegni finanziari e infrastrutturali. Il collegamento ferroviario con Milano aprì al polo produttivo bustese un mercato sempre più vasto. Stazione di Busto Arsizio La struttura tessile bustese non trovò vita facile nei primi anni dell’indipendenza per: • la guerra di secessione americana, che aveva bloccato le importazioni di cotone; •il liberismo della destra storica, riducendo le tariffe doganali, aveva favorito l’importazione di tessuti esteri più competitivi. L’inferiorità tecnologica dell’apparato produttivo veniva colmata solo con l’importazione di macchinari esteri. Il settore tessile bustese, però, seppe crescere sia in quantità sia in qualità. Vennero alla luce nuove imprese, che divennero cardini essenziali del panorama produttivo locale (Milani, Venzaghi, Pozzi). Crebbero settori quali la tintoria, la maglieria ed il ricamificio, tipico del gallaratese. Nel 1872 la trasformazione della ditta individuale di Costanzo Cantoni in Cotonificio Cantoni apriva in Lombardia l’era dell’anonimato industriale. Cotonificio Cantoni nel 1902. Restava aperto il problema del reperimento delle macchine; anche in questo caso i tessili, o meglio i “cotonieri”, diedero un impulso decisivo alla nascente industria meccanica: con il loro appoggio finanziario officine e fonderie, prevalentemente artigianali, compirono il salto qualitativo fino a diventare fabbriche di macchinario tessile, alcune destinate come la legnanese Franco Tosi ad essere capisaldi della produzione nazionale. Ditta Franco Tosi A consolidare la posizione dei cotonieri giunsero alcuni provvedimenti governativi: il corso forzoso e i due ritocchi alle tariffe doganali del 1878 e 1887. Vennero create delle banche grazie al guadagno offerto dal cotone come per esempio la banca di Busto Arsizio attiva fin dal 1800. Negli anni 80 nel 1800 ci fu l’apertura di una seconda rete ferroviaria per Busto, la Saronno-Novara. La crescita industriale portava ad un incremento demografico, ma necessitava comunque di un’adeguata forza energetica che venne assicurata dall’entrata in funzione della centrale idroelettrica di Vizzola Ticino, destinata a fornire energia alle industrie dell’Altro Milanese. Centrale idroelettrica di Vizzola Ticino La crisi scoppiò nel 1907-1908 sottolineando il fallimento della politica protezionistica che aveva attratto troppi capitali verso l’industria cotoniera; una crisi di sovrapproduzione colpì l’impresa storica, però diede l’occasione agli industriali di trovare contromisure: Ammodernamento delle strutture Fondazione dell’Istituto Cotoniero Italiano Espansione dell’esportazioni ( opera di Enrico Dell’Acqua principe mercante) CENSIMENTO 1911 I dati del censimento industriale del 1911 affermano che 8000 erano le persone addette all’industria di busto, di cui più di 6000 occupati nel tessile. Il salto qualitativo era stato compiuto, il distacco dall’agricoltura era definitivo, in città era ormai diffusa la “cultura industriale”. Scoppio del conflitto mondiale rialzo dei prezzi I cotonieri collocarono a buon prezzo le giacenze immagazzinate durante la crisi e ritornata la pace continuò per l’industria tessile l’eccezionale congiuntura. Ma fu per poco: il fallimento della Banca Italiana di Sconto, istituto alla cui nascita (1914) aveva contribuito la Banca di Busto Arsizio, dunque particolarmente attivo in città e dintorni, ebbe gravi conseguenze: la banca assorbì gran parte del risparmio locale divenne la regolatrice finanziaria di molte ditte. Da essa attingevano il credito per il loro sviluppo. numerose imprese (piccole e medie) dovettero soccombere, lasciando spazio alle grandi aziende abituate a lavorare con capitali propri. Manifesti della Banca Italiana di Sconto con slogan riguardanti la grande guerra. A Busto gli anni venti segnarono per il settore tessile una vera e propria “svolta tecnologica”. Soprattutto nella tintoria irruppe prepotentemente la chimica determinando cambiamenti produttivi e strutturali. Il censimento industriale del 1927 sottolineava il buon momento dell’industria locale: il totale degli addetti era aumentato del 61 % nuovi settori produttivi (alimentari, calzature, legno, chimica)registravano una certa consistenza occupazionale l’abbigliamento rivelava la proliferazione di minuscole imprese artigianali il settore metalmeccanico si era quasi triplicato e distribuito in 130 imprese Dati sulla emigrazione (1901-1905) e sull’ industria (1911-1927) La grande crisi del 1929, rimbalzata in Europa dagli stati uniti, fu avvertita con minor durezza nel nostro paese. Il settore tessile e quello cotoniero furono colpiti fortemente. Ma alcune aziende quali le filature seppero tuttavia adeguarsi al momento introducendo la produzione di nuove fibre artificiali, quali il FIOCCO ed il RAYON, che si adattavano alla crisi meglio del cotone . fiocco rayon Situazione controversa Superamento della crisi internazionale Grave disoccupazione Nel 1935 si avviarono lavori ai servizi pubblici per alleviare la disoccupazione locale. Durante la seconda guerra mondiale il mercato industriale bustese riuscì a sopravvivere per la continua richiesta di forniture militari. Alcuni industriali fornirono in segreto aiuti in denaro alle nascenti formazioni partigiane. Gli operai, dopo gli scioperi della primavera del ’45, difesero le fabbriche. Con il ritorno della pace il settore tessile seppe sfruttare gli aiuti americani ed anche il numero di operai del settore aumentò fortemente. Grazie a questa forza produttiva nascevano in quegli anni la società per la gestione dell’aereoporto di Malpensa e la Mostra Internazionale del Tessile. Negli anni ’50 ci fu la crisi del tessile tradizionale, dovuta al mancato ammodernamento degli impianti, all’avvento di giovani industrie e alla concorrenza delle fibre artificiali. Per risanare la situazione si dovette razionalizzare le aziende. Negli anni del boom il ramo tessile riduceva la propria consistenza. Molti cotonifici vennero sostituiti da imprese di confezioni e maglieria. Era evidente la crescita del settore terziario e demografica, dovuta a massicce ondate migratorie dalla Padania, dal Veneto e dal Meridione. Il decennio 1961-1971 vide un’espansione limitata tuttavia ci fu un’importante sviluppo tecnologico. Negli ultimi vent’anni del XX secolo, che segnano un declino industriale, in realtà ci furono grandi trasformazioni. A dare nuove speranze a tutto il settore produttivo fu la creazione dell’UNIVA che raggruppa tutte le imprese provinciali, la nascita del centro tessile cotoniero. È con questi cambiamenti che busto si avvia ad iniziare il terzo secolo. Museo del tessile Il museo occupa uno degli edifici appartenenti all'ex "Cotonificio Bustese", adibito alla filatura. Piano Primo 5. Jacquard 6. Confezione e spedizione 7. Sala delle esperienze 14. Archivio e biblioteca 15. Esposizioni temporanee 16. Regia della sala conferenze Piano Secondo 8. Tintoria e stampa 9. Ricamo, schirpa e prodotti finiti locali 10. Sezione documenti, ufficio e industrie meccano-tessili 11. Fibre nuovesto Il 30 gennaio 1997, dopo anni di restauri, l'Amministrazione Comunale di Busto Arsizio inaugurò ufficialmente il Museo del Tessile e della tradizione industriale di Busto Arsizio. Il percorso all’interno del Museo si estende su tre piani, più le due torrette. Al piano terra si trovano i primi macchinari delle filature, le grandi macchine per la tessitura ed il finissaggio ed i primi sistemi ottocenteschi di anti-infortunistica. Il primo piano è dedicato alla storia della lavorazione Jacquard dagli antipodi al computer. Inoltre è presente la presentazione delle fasi di confezionamento e spedizione delle pezze. Nel centro della sala sono posizionati degli espositori in ricordo dei padri dell'industria bustocca e bustese, come Enrico Dell’Acqua. Lavorazione jaquard Fotografia di Enrico Dell’Acqua Il secondo piano è dedicato alle fasi di tintoria e stampa del tessuto. Inoltre si possono ammirare tanti prodotti finiti, dai corredi di inizio secolo alle nuove fibre sintetiche. Si trovano quindi vecchie macchine da cucire Singer e nuovi tessuti usati nell'industria spaziale (è presente una tuta autografata dell'astronauta Franco Malerba), nello sport (come il sedile di una Lotus di Formula 1 utilizzata da Mika Hakkinen ), e nell'altamoda (abito della collezione Gattinoni). Infine è presente un reparto dedicato alla vita in ufficio. Per quanto riguarda le torrette, la prima è dedicata alla fotografia dell'800 e l'altra al calzaturificio Borri, un'altra importantissima fabbrica della città di Busto Arsizio. Astronauta Franco Maleba Logo del calzaturificio