Non aveva niente: neppure una bambola di stracci, neppure un libro con le figurine; possedeva un solo vestito: e quando la sua mamma glielo lavava doveva stare a letto aspettando che fosse asciutto. Una sera la sua mamma guardò con un sospiro la bambina che dormiva, guardò uno straccino azzurro piegato con cura su un panchetto, e pensò che la sua bambina aveva bisogno d' un vestito nuovo. Ma come può una piccola mamma povera, che lavora tutto il giorno per comprare il pane, come può, dove può trovare il denaro per comprare un vestito? La piccola mamma aperse la finestra, guardò la campagna in fiore sotto la luna, e pensò: - Le creature mi daranno certamente un vestito per la mia bambina. Uscì senza far rumore, richiuse l' uscio e andò in cerca d' un vestito. Appena fu nella strada, incontrò un bellissimo raggio di luna. - Cara luna, - disse la piccola mamma - vorresti darmi un vestito di raggi per la mia bambina? - Lo farei volentieri, - disse la luna gentilmente - ma poi gli uomini si lagnerebbero della mia luce impallidita. Cerca altrove. La piccola mamma sospirò e si allontanò. Sentì cantare nel bosco l' usignolo, con voce così dolce che pareva effondesse tutta la tenerezza d' un cuore: gli chiese commossa: - Caro usignolo, vorresti darmi un vestito di canzoni per la mia bambina? - Mi dispiace molto, - disse l' usignolo - ma se non potessi più cantare, la natura perderebbe il suo maggior incanto, e tutte le creature si lagnerebbero. Cerca altrove. La piccola mamma si allontanò sospirando. Teneva il capo abbassato e guardava i fiori che sorgevano, luminosi sul ciglio della strada. Disse ai fiori, con voce carezzevole: - Piccoli fiori, vorreste darmi i vostri petali perché io ne faccia un vestito per la mia bambina? Ve ne sarei grata. La mia bambina ha assolutamente bisogno d' un vestito nuovo. - Davvero è un caso pietoso - sussurrarono i fiori. Ma se ti dessimo i petali, resteremmo noi senza vestito. E allora, che cosa diventerebbero i sentieri e i prati, senza fiori? Cerca altrove. Mortificata, delusa, la piccola mamma si allontanò. Arrivò al fiume e guardò la corrente tranquilla che passava bisbigliando. - Corrente del fiume, - disse la piccola mamma - corrente del fiume che vieni dalle fresche montagne e sei profumata di menta e di ginepro, ti prego, fammi un vestito d' acqua per la mia bambina! -Non posso, - disse la corrente - ho fretta, devo andare lontano. Cerca altrove. La piccola mamma si allontanò, desolata. Cominciava a non avere più speranza, e pensava al triste ritorno. Ed ecco, una cavalletta saltellò davanti a lei, e la guardò, coi piccoli occhi stupiti. - Ti prego, gaia cavalletta, - disse la piccola mamma, improvvisamente consolata, - ti prego, fa' un vestito di gioia per la mia bambina che ne ha assolutamente bisogno. - Chi si priva della propria gioia? disse la cavalletta con una vocina stridula.- Sarebbe molto stupido. Cerca altrove. E la cavalletta si allontanò saltellando. Allora la piccola mamma pensò di tornare indietro: era molto triste, perché le creature della notte luminosa non avevano avuto pietà di lei e della sua bambina. Si guardò attorno, cercò un altro sentiero: non voleva ritrovarsi tra quegli esseri che le avevano fatto del male. Ed ecco, mentre passava accanto ad una casetta diroccata ed abbandonata, sentì un lamento quasi funebre: si fermò: veniva da quelle tetre rovine. - Chi si lamenta? - chiese. - Sono io, il gufo - disse la voce triste. - Sono sempre solo; e nessuno mi vuol bene, perché sono brutto come la mia voce. E tu chi sei? La piccola mamma si avvicinò, si fermò sotto una finestra: il gufo era appollaiato sul davanzale, e la guardava con tristi occhi lucenti. - Io sono la mamma della bambina più povera del mondo, e cerco una creatura buona che mi dia un vestito per la mia bambina che ne ha tanto bisogno. Ma fin' ora tutte le creature mi hanno respinta. E io tornerò a casa, e rammenderò con infinita pazienza il vecchio vestito! E la povera mamma sospirò. Non le veniva a mente di chiedere aiuto al gufo, una creatura così povera e sola, così brutta e infelice. -Io non ho nulla da darti - disse il gufo - perché la mia povertà è simile alla tua. Ma la mia pietà è così grande, che potrebbe bastarti a formare un vestito per la tua bambina. E il gufo cominciò a piangere: e le lacrime cadevano ai piedi della povera mamma, copiose e lucenti. E formavano a poco a poco una specie di luminoso tessuto di diamanti. La mamma lo raccolse, stupita, commossa, felice. Il povero gufo aveva dato la sua pietà, la sola ricchezza che non impoverisce chi se ne priva, anzi lo arricchisce sempre più: come la viva sorgente che più dà acqua e più ne ha! La mamma portò a casa, correndo, il meraviglioso vestito. E il giorno dopo non vi fu ricca bambina che avesse un vestito così bello. - Ma sono diamanti! Ma sono diamanti! - esclamavano per via le persone che si fermavano a crocchi per ammirare e toccare il meraviglioso vestito.