Politiche sociali e di pari
opportunità nella UE
Parte sesta
La cittadinanza politica e la parità
Sulla partecipazione delle donne al
processo decisionale
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E’ evocata nella:
Raccomandazione del Consiglio CEE 84/635 sulla promozione di
azioni positive a favore delle donne
Risoluzione del Consiglio del 24 luglio 1986 sulla promozione della
parità delle possibilità per le donne
Risoluzione del Consiglio 21 maggio 1991 relativa al terzo programma
di azione comunitaria a medio termine per la parità di opportunità tra
uomini e donne
Risoluzione del Consiglio del 27 marzo 1995 riguardante la
partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini al processo
decisionale
Decisione 95/593 CEE del Consiglio in merito al Quarto programma
d’azione a medio termine per le pari opportunità per le donne e per gli
uomini (1996-2000)
Raccomandazione del Consiglio del 2
dicembre 1996 (96/694/CE)

Riguarda la partecipazione delle donne e
degli uomini al processo decisionale
 Raccomanda agli stati membri di adottare
una strategia integrata complessiva volta a
favorire la partecipazione equilibrata delle
donne e degli uomini al processo decisionale
e a sviluppare o istituire misure adeguate,
quali eventualmente misure legislative e/o
regolamentari e/o di promozione, per
realizzare tale obiettivo
Relazione della Commissione del 7 marzo
2000
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Sull’attuazione della raccomandazione del Consiglio del 2
dicembre 1996
La posizione delle donne nel processo di adozione delle
decisioni importanti non è migliorata in modo significativo
Non tutti gli stati membri attribuiscono la stessa
importanza all’equilibrio fra i sessi in seno agli organi
decisionali
La nozione di equilibrio non è definito dalla
raccomandazione e oscilla tra il 50% tipico dei paesi
scandinavi e del Regno Unito al 30% considerato la
“massa critica” per avere un effetto adottato dalla maggior
parte dei paesi europei.
Risoluzione del Consiglio 29 giugno 2000

Concernente la partecipazione equilibrata delle
donne e degli uomini all’attività professionale e
alla vita familiare
 Afferma che: “ l’obiettivo della partecipazione
equilibrata degli uomini e delle donne all’attività
professionale e alla vita familiare, parallelamente
all’obiettivo di un’equilibrata partecipazione di
donne e uomini al processo decisionale,
costituiscono due presupposti particolarmente
importanti per la parità tra donne e uomini”
Ragionamenti sulla parità in politica


La preponderanza maschile nell’esercizio del potere politico non
significa che le donne sono sotto-rappresentate. Esse sono
semplicemente rappresentanti in numero insufficiente. Se esse possono
essere rappresentate in politica attraverso l’uso del diritto di voto, esse
sono molto lontane dal riuscire a esercitare la loro capacità di essere
rappresentanti.
In Europa alcuni paesi hanno instaurato legislazioni che offrono azioni
positive per le pari opportunità d’accesso alle donne nella
rappresentanza politica. La Francia ha emanato una legislazione
elettorale di parità, il Belgio una legislazione che prevede quote
progressive fino alla parità, Finlandia e Grecia, quote nelle leggi
elettorali per le elezioni municipali. E’ un tema che riguarda la
condivisione del potere tra i sessi e quindi concerne anche gli
esecutivi. In Svezia abbiamo una percentuale di elette del 42% ma un
Governo paritario, con il 50% di donne.
Francia
Il 28 giugno 1999 sono stati modificati due articoli della Costituzione : all’articolo 3 è
stato aggiunta la frase : “La legge favorisce l’uguale accesso delle donne e degli uomini
ai mandati elettorali e alle funzioni elettive”. All’articolo 4 viene precisato « Essi (i
partiti) contribuiscono all’attuazione del principio enunciato all’ultimo comma
dell’articolo 3, nelle condizioni determinate dalla legge » Si può notare che il termine
parità non è iscritto in quanto tale nella Costituzione.
 Già nel 1982, una legge per le elezioni amministrative aveva istituito una quota del 25%
a favore del sesso sottorappresentato. Essa fu annullata dalla Corte Costituzionale. A
seguito di forti pressioni di diversi movimenti a favore della parità il Governo modificò
la Costituzione, per vincere una potenziale censura di una futura legge dello stesso tipo.
La legge del 7 giugno 2000, per le elezioni amministrative ha potuto portare nei
Consigli comunali quasi il 50% delle candidate già dal 2001 (47%). Questa legge
riguardava anche le elezioni europee, le regionali e una parte delle elezioni al Senato,
oltre che le elezioni all’Assemblea nazionale. Per quanto riguarda le municipali, il limite
maggiore relativo alla parità è dato dal fatto che le regole valgono solo per i comuni con
più di 3500 abitanti : in Francia questi comuni rappresentano la maggioranza dei
comuni.
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Quote e parità
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Due misure sono spesso proposte per rimediare alla sotto
rappresentazione delle donne in politica: le quote o la parità. Quote e
parità si presentano come i mezzi giuridici e politici per imporre una
reale uguaglianza tra uomini e donne. Le quote sono una misura di
regolazione (recupero) mirante a compensare un disequilibrio creato in
particolare dalla divisione socio-sessuale del lavoro sviluppatasi a
detrimento delle donne. Invece la parità è una misura non transitoria,
ma definitiva, destinata ad assicurare la divisione del potere politico tra
uomini e donne. In questo senso, la parità ha una portata simbolica più
evidente delle quote: rimette in causa il monopolio maschile del potere
politico proponendone la condivisione – al posto di una qualsiasi
forma di partecipazione - in tutte le istanze deliberative, consultative e
decisionali della vita pubblica e politica.
Quote
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Bisogna distinguere due tipi di quote destinate a facilitare l’accesso
delle donne alle funzioni elettive e ai posti di responsabilità politica :
da una parte, le quote stabilite dalla legislazione nazionale e d’altra
parte quelle che sono adottate dai partiti politici. Per quanto riguarda
le quote stabilite dai partiti, si può trattare di una misura mirante ad
assicurare che una porzione data dei seggi parlamentari ottenuti da un
partito vadano a delle donne; oppure di misure che cercano di garantire
che le strutture interne di decisione comprendano delle donne. Le
quote stabilite dai partiti per le elezioni cercano di garantire che una
proporzione di candidati siano delle donne o che nessuno dei due sessi
sia rappresentato da più di una percentuale stabilita nelle liste
elettorali.
Dove esistono le quote stabilite dai partiti

Le quote stabilite dai partiti esistono in Europa, anche se
non sono generalizzate o praticate con costanza, non solo
nei paesi baltici, ma anche, ad esempio, in Germania, dove,
nelle ultime elezioni (2002) la percentuale di donne elette
al Bundestag è stata del 31%, avendo i due partiti della
coalizione di governo come quote interne: l’SPD il 33% e i
Grünen il 50%. In Gran Bretagna un forte aumento della
presenza femminile in Parlamento si è avuto attraverso una
pressione importante di gruppi femministi riuniti nelle
Emily Lists sul Labour Party, che ha vinto le elezioni.
Quote imposte per legge
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Le quote imposte dalla legge possono riguardare i risultati
dell’elezione fissando una percentuale determinata di seggi che
debbano andare alle donne, come avviene nel Bangladesh (9%), in
Burkina Faso (6%), in Nepal (5%), a Taïwan (10%), in Tanzania (13%)
o in Uganda (14%). Da quest’anno (2003) anche in Giordania 6 dei
110 seggi in Parlamento andranno per legge alle donne. La nuova
costituzione irakena prevede una percentuale del 25% dei seggi per le
donne. Ma le quote stabilite dal legislatore possono riguardare solo le
candidature sulle liste elettorali, come nei già citati Belgio, Grecia,
Finlandia o come avviene in Argentina (30%) e sono così imposte a
tutti i partiti politici. Anche se non permettono sempre di garantire una
presenza di donne in seno alle assemblee legislative, le quote hanno
comunque come scopo quello di facilitarne l’accesso.
Perché le legislazioni elettorali funzionino
in senso paritario
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Ma perché legislazioni elettorali funzionino in senso paritario devono
possedere alcune caratteristiche:
è necessario che vedano la luce in un contesto di iniziative
antidiscriminatorie molto diffuse (compreso il gender budgeting)
devono essere dotate di elementi sanzionatori, qualunque sia il sistema
elettorale in vigore (sia proporzionale che maggioritario)
devono essere elaborate in un contesto politico che accetti la
rappresentanza paritaria. Ad esempio in Belgio, dove il sistema
elettorale si fonda su una politica di tipo consociativo e dove non fa
scandalo una rappresentanza proporzionale per gruppi linguistici,
etnici o religiosi, risulta meno sconvolgente accettare la rappresentanza
di genere.
Esempio negativo

E’ indubbio però che la legislazione elettorale, se è
necessaria, non è sicuramente sufficiente.
L’esempio più chiaro ci viene dato dalla Francia
nelle elezioni all’Assemblea dei deputati nel
2002, quando tutti i partiti pagarono le sanzioni (in
quel caso pecuniarie) per la non presentazione di
candidature paritarie nel contesto della grave
minaccia costituita dal voto al primo turno per le
presidenziali che aveva visto escludere il socialista
Lionel Jospin e presentarsi al ballottaggio il Front
National di Jean Marie Le Pen.
Legge elettorale paritaria e iniziativa
politica

Il fatto è che la legge elettorale paritaria non può essere promulgata e
nemmeno dibattuta nel vuoto d’iniziativa politica. Richiede
l’esposizione pubblica di chi propone la modifica delle regole
democratiche tradizionalmente maschili (o falsamente neutre rispetto
al genere). Ad esempio, in Francia, abbiamo assistito all’inizio degli
anni ’90 ad una forte pressione da parte di elette, ministre o ex ministre
di governi precedenti, trasversali rispetto agli schieramenti politici, per
le modifiche paritarie. Questo è stato uno degli elementi che ha
garantito il successo delle politiche paritarie. E’ importante inoltre la
costituzione di gruppi di pressione dalla società verso il Parlamento per
veicolare la domanda di aumento delle rappresentanti donna. E infine,
è necessario elaborare e diffondere le ragioni politiche e gli argomenti
forti della condivisione del potere.
Argomenti per promuovere la
rappresentanza equilibrata di uomini e
donne

Vorrei ora analizzare gli argomenti maggiormente utilizzati nelle
proposte e progetti di legge destinati a promuovere la rappresentanza
equilibrata di uomini e di donne. I primi tre (utilizzati soprattutto per le
quote) sono : l’argomento della proporzionalità, dell’utilità e della
differenza. Si possono ritrovare questi argomenti nei discorsi
pronunciati in occasione dell’incontro internazionale di Ginevra nel
1989 organizzato dall’Unione interparlamentare, nelle prese di
posizione della rete di esperti su “Le donne nei processi decisionali in
sede pubblica e politica” (Commissione europea, 1994) e nella
piattaforma d’azione uscita dalla Conferenza internazionale di Pechino
nel 1995. Il quarto argomento si fonda sulla realizzazione del diritto di
parità come diritto umano, maggiormente presente nel dibattito
pubblico francese e fondato sul riconoscimento della dualità del genere
umano e sul diritto all’uguaglianza.
Argomento della proporzionalità 1

L'argomento della proporzionalità lega l’importanza quantitativa delle
donne nella popolazione all’idea di una rappresentanza politica
proporzionale. La legittimità democratica è così giustificata a partire da
una visione estensiva piuttosto che in termini qualitativi. Parlare di
numeri proporzionali comporta la consapevolezza della necessità di
escludere parte dei candidati maschili a favore di candidati donna e
quindi immette l’idea di concorrenza tra i sessi. Inoltre viene suggerito
che il rappresentante debba possedere le caratteristiche dell’elettore.
Cosa che sembrerebbe corrispondere a delle esigenze di ordine
simbolico importanti per gli outsiders del sistema politico. In effetti
costoro possono rivendicare la presenza di rappresentanti che non solo
assicurino la difesa dei loro interessi ma permettano anche, attraverso
le loro caratteristiche personali, l’identificazione e lo sviluppo della
sensazione di essere presenti sulla scena politica. Anche in questo
modo può esprimersi l’esigenza di rappresentatività.
Argomento della proporzionalità 2
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Questa esigenza è concepita come il riconoscimento della dualità del
genere umano in politica. Un tale riconoscimento testimonierebbe la
volontà manifesta di evitare qualsiasi tipo di interpretazione di tipo
corporativo o di rappresentanza di gruppo sociale (e certamente non
comunitarista). Tradurrebbe anche una rimessa in questione della
neutralità simbolica del potere politico. Paradossalmente oggi è il
monopolio maschile di questo potere che ne garantisce la neutralità
simbolica. Poiché in politica solo gli uomini appaiono come degli
esseri neutri, asessuati. Le donne vengono sempre ricondotte al loro
corpo, connotato in termini peggiorativi. Solo le donne rappresentano
l’alterità. In questo senso la parità costituisce una rottura rispetto alla
logica dell’assimilazione alla norma maschile.
Argomento della utilità 1
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L’argomento dell’utilità sottolinea la mancanza di efficacia che
rappresenta l’esercizio delle funzioni politiche che si priva delle
competenze di una metà della società. Questo argomento permette di
opporsi alle contestazioni di tipo meritocratico sulla concorrenza
elettorale avanzate dagli oppositori della parità. Esso permette
ugualmente di controbattere l’idea che i benefici ottenuti dalla parità si
rivolgerebbero solo alle donne e di convincere gli interlocutori
sensibili alla necessità di rinnovamento del personale politico della sua
utilità a rispondere al disincanto degli elettori, all’astensione e alla
volatilità crescente dell’elettorato. In questa prospettiva la parità o le
quote rappresenterebbero una risposta alla crisi della rappresentanza
politica.
Argomento della utilità 2
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In realtà in questo caso non si tratta di una risposta, ma piuttosto
dell’espressione di una delle sue possibili metamorfosi. In effetti la parità
potrebbe rientrare nella tematica della personalizzazione della scelta elettorale
caratterizzata dal fatto che il o la candidato/a si presenta non solo come
persona ma propone in più una linea di demarcazione o una differenza, in
questo caso la differenza di genere. Tuttavia la parità lascia inalterato il
meccanismo del governo rappresentativo: oggi come ieri la democrazia non è
certo il governo del popolo. Inserendo la parità delle candidature maschili e
femminili non si realizza una sorta di democrazia maggiormente partecipativa.
Il governo rappresentativo è un governo di élites distinte e separate dalla
massa della popolazione. In questa prospettiva la parità è l’espressione di una
femminilizzazione delle élites che non modifica il principio distintivo
dell’elezione e, in questo senso, ci si potrebbe chiedere se la parità potrebbe
contribuire a risolvere il problema rappresentato dalla crisi della
rappresentanza, cioè lo scarto che si è creato tra rappresentanti e rappresentati.
Argomento della differenza 1

L'argomento della differenza mette l’accento sul fatto che l’aumento del
numero delle rappresentanti implicherebbe un cambiamento delle politiche
pubbliche : le elette terrebbero maggiormente conto degli « interessi delle
donne ». Questo argomento suggerisce ugualmente che un tale aumento
modificherebbe i valori e i modi di condurre l’azione politica. Potrebbe
evidentemente anche implicare una categorizzazione essenzialista degli uomini
e delle donne. Il principio della rappresentanza delle donne in quanto tale
modificherebbe l’idea che l’esercizio della cittadinanza politica corrisponda ad
un neutro e quindi oscuri la diversità costitutiva delle donne. In questa
prospettiva, la sfida politica consisterebbe nel fondare le richieste non solo sul
numero delle rappresentanti ma soprattutto sulla qualità delle elette che
dovrebbero essere impegnate in un’azione politica tesa a modificare i rapporti
sociali di sesso, come è stato notoriamente il caso dei paesi nordici. Si tratta di
aver chiaro che non ci sarebbe nessuna garanzia assoluta in tal senso, anche
perché funzionerebbe nella maggior parte dei casi solo come sanzione quando
i/le candidati/e si presentassero alla rielezione.
Argomento della differenza 2

Tuttavia, l’argomento della differenza funziona per quanto riguarda
l’uso che può essere fatto di queste nuove competenze, soprattutto se
una massa critica di presenza femminile è raggiunta. Un maggior
numero di donne in politica può essere l’ingrediente di una
trasformazione degli obiettivi della politica stessa. Senza dubbio le
soluzioni proposte dalle rappresentanti in generale sono lontane
dall’essere consensuali e spesso sono lontane dall’essere femministe.
Ma è comunque certo che la femminilizzazione delle élites politiche
rappresenterebbe una modificazione che non può essere ridotta al solo
equilibrio della rappresentanza politica tra uomini e donne. Poiché la
parità traduce un riconoscimento (e una trasformazione ) dei rapporti
sociali di sesso in politica.
Argomento della parità come diritto umano 1

Qualunque sia la portata simbolica della parità, non si
riduce alla sola femminilizzazione delle élites. Poiché sul
piano giuridico-politico la rivendicazione paritaria tende ad
erigere il principio di uguaglianza di status tra donne e
uomini a diritto fondamentale. Cioè che l’uguaglianza
giuridica è enunciata in maniera globale, in quanto diritto
umano, altrettanto fondamentale del diritto alla dignità o
alla sicurezza. In questa prospettiva la parità acquista la
legittimità di un interesse generale che rafforza la
rivendicazione di un diritto effettivo all’eleggibilità.
Riassumendo
Gli argomenti che circolano in Europa a favore della
partecipazione equilibrata e paritaria sono, in sintesi:
 la necessità di realizzare un’uguaglianza sostanziale e non
solo formale fra uomini e donne;
 i sistemi politici nei quali le donne sono sottorappresentate
costituiscono sistemi democratici incompiuti, cioè
rappresentano un monopolio del genere maschile;
 la partecipazione politica richiede l’articolazione e la
difesa del gruppo o dei gruppi rappresentati;
 la sottorappresentanza femminile priva il potere
decisionale di un contributo essenziale e differente;
Per quanto riguarda l’Italia dopo la
modifica dell’art. 51 della Costituzione

Le vicende dei diversi stati europei per quanto riguarda i mezzi per
raggiungere una democrazia paritaria ci dicono che solo interventi di tipo
volontaristico permettono di superare i paradossi di genere in cui l’Italia è
immersa, tenendo comunque presente che i risultati positivi sono sempre da
verificare e comunque reversibili. Le poche analisi espresse nelle politiche in
Italia oscillano all’interno del dilemma tra egualitarismo, che cancella e
appiattisce le differenze e la differenza che implica il riconoscimento
dell’oppressione di un sesso ma nega l’individualità. Su questa base sono
possibili due soluzioni. Una che ammetta una rappresentanza corporativa (per
interessi specifici, per esempio l’aborto) con un sottodimesionamento
dell’interesse generale (e questo implicherebbe una balcanizzazione della
politica tra i diversi gruppi sociali); oppure una distribuzione più egualitaria
dei posti di potere, soprattutto nella rappresentanza, come la parità tra uomini e
donne. La seconda opzione è meno prevedibile in relazione agli effetti di pari
opportunità e di gestione di un punto di vista di genere dei temi delle politiche,
ma potrebbe essere una sfida sicuramente incruenta e con risultati
insospettabili.
Art. 51 della Costituzione modificato in senso
paritario


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Art. 51.
Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere
agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di
eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale
fine la Repubblica promuove con appositi
provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.
La legge può, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle
cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non
appartenenti alla Repubblica.
Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di
disporre del tempo necessario al loro adempimento e di
conservare il suo posto di lavoro.
Soglia critica

Ovviamente si tratta di partire dalle considerazioni di Drude Dahlerup
sulla soglia critica (che essa situa oltre la barriera del 40% di presenza
femminile (Dahlerup D. (1988) “From a Small to a Large Minority:
Women in Scandinavian Politics” in Scandinavian Politcal Studies,
vol. 11, n°4), cioè la percentuale di presenza femminile al di sotto della
quale non è possibile percepire una “presenza di genere” nelle pratiche
politiche. Da un lato perché – per essere accettate e non considerate
“difformi” - prevale l’omologazione al modello maschile, dall’altro
perché prevale la “fedeltà al partito” al quale si deve la candidatura e
l’elezione rispetto all’”appartenenza di genere” che può risultare, nei
modelli culturali prevalenti per il personale politico, un elemento
indebolente l’immagine politica.
Argomento della parità come diritto umano 2
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Il ricorso al discorso politico dei diritti umani istituisce la parità come
rivendicazione legittima formulata e sostenuta da attori legittimi,
poiché questo discorso è un principio nello stesso tempo procedurale e
sostantivo: procedurale nella misura in cui l’interazione politica nella
democrazia rappresentativa si fonda sull’inclusione, sostantivo, poiché
si tratta di un discorso politico che obbliga a fare emergere
pubblicamente delle esperienze e delle prospettive specifiche, perché
situate socialmente e storicamente, trascendendo la loro particolarità.
In questo senso la parità possiede una portata che va ben al di là del
suo valore strumentale: se essa è un mezzo efficace di condivisione del
potere politico tra i sessi, traduce ugualmente una delle finalità
maggiori della democrazia – il diritto all’uguaglianza di tutti gli esseri
umani, donne e uomini.
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