Fulvio Frati LA PSICOLOGIA SCOLASTICA: AMBITI D'INTERVENTO, METODOLOGIA, DEONTOLOGIA INTRODUZIONE: LA PSICOLOGIA SCOLASTICA NELLA NOSTRA ATTUALE REALTA' NAZIONALE Per prima cosa, parlando di Psicologia Scolastica, occorre cercare di fare l’analisi di quella che è oggi la Psicologia Scolastica nel nostro Paese. Oggi infatti in Italia non si parla più semplicemente di “Psicologo nella Scuola”, ma di “Servizi di Psicologia Scolastica”: e questo già dalla scorsa legislatura, quando nel Parlamento si sono presentate diverse proposte di legge su questo tema che hanno poi portato a una proposta di legge unificata. Sebbene la proposta di legge unificata non sia stata poi approvata, in quanto un tema così delicato necessita non della maggioranza semplice ma se possibile dell’unanimità o quasi (e a livello parlamentare si è pertanto preferito fermarsi nonostante si fosse raggiunta già un'ampia convergenza, almeno sul piano generale, da parte di pressoché tutte le forze politiche presenti nella competente Commissione), nel frattempo i Servizi di Psicologia Scolastica si sono ugualmente sviluppati anche senza una legge che ne sancisse una direttiva precisa, proprio perché dalla realtà del mondo scolastico si è evidenziato un bisogno che “veniva dal basso”, come si suol dire, e si sono di conseguenza cercate le relative modalità concrete per rispondervi in modo adeguato. Al riguardo, un aspetto particolarmente importante è quello legato alla formazione di questa specifica figura professionale. Lo Psicologo che si laurea non può infatti essere mandato direttamente nella Scuola: per inserirsi in tale ambito è necessaria una una formazione specifica, non solo intesa come aggiornamento o formazione tecnica, ma anche umana vista la complessità dell'ambiente scolastico che, oggi, accetta la figura dello Psicologo sostanzialmente per cercare di risolvere le proprie SITUAZIONI DI MALESSERE. I segnali del malessere nella scuola italiana: 1. Il “drop out” degli studenti 2. Il “burn out” degli insegnanti 3. Il “break down” della famiglia 1. Il drop-out degli studenti – I dati diffusi dall’ISFOL relativi all’anno scolastico 2004/05 denotano una decrescita della scolarità con l’innalzarsi dell’età, passando dal 98,3% dei 14enni al 71,7% dei 18enni, confermando una persistenza del problema degli abbandoni; la selezione maggiore avviene nel primo anno di scuola secondaria superiore, con il 16,2% dei ragazzi che non supera lo scrutinio per l’ammissione all’anno successivo. Inoltre il 21,9% dei giovani 18-24enni ha conseguito al massimo la licenza media e non è inserito in nessun percorso di istruzione e formazione. Negli anni si registra un miglioramento della scolarizzazione: all’inizio degli anni ’90 il tasso di maturità era del 51,4% e nel 2004/05 è del 76,6% ma questo indica un ritardo, in quanto l’obiettivo fissato dalla Strategia di Lisbona stabilisce che nel 2010 la quota di giovani 22enni che deve aver conseguito almeno un titolo di scuola secondaria superiore dovrà essere del 85%. Esistono inoltre dei casi nei quali non si registra una particolare modalità comportamentale manifestata dai ragazzi che, pur risultando ufficialmente iscritti a scuola, collezionano ritardi, continue assenze con giustificazioni pretestuose o trascorrono ore intere nei corridoi dell’istituto, fino all’eccesso di essere materialmente presenti in classe, senza di fatto usufruire di un reale processo formativo, perché “mentalmente assenti” in quanto sotto l’effetto di sostanze psicotrope, consumate nei bagni della scuola; per questi casi abbiamo introdotto il termine di “dispersione occulta” perchè non riconosciuta di fatto come tale. Il disagio scolastico, che ne è la causa, è un problema da non con il disagio psicologico, sociale o adolescenziale, che pure possono risultare ad esso connessi. Il disagio scolastico è “uno stato emotivo, non correlato significativamente a disturbi di tipo psicopatologico, linguistici o di ritardo cognitivo, che si manifesta attraverso un insieme di comportamenti disfunzionali (scarsa partecipazione, disattenzione, comportamenti prevalenti di rifiuto e di disturbo, cattivo rapporto con i compagni, ma anche assoluta mancanza di spirito critico), che non permettono al soggetto di vivere adeguatamente le attività di classe e di apprendere con successo, utilizzando il massimo delle proprie capacità cognitive, affettive e relazionali”. (Mancini G. e Gabrielli G. 1998) Il disagio scolastico e la dispersione che ne consegue, vengono spesso considerati come i sintomi per eccellenza di uno “star male a scuola” tutto centrato sul vissuto del giovane, che viene descritto come demotivato, con scarsa autostima e poca capacità di concentrazione. “In effetti difficoltà talvolta molto settoriali (dislessia, disgrafia, discalculia) possono essere l’origine di un catena ininterrotta di insuccessi e frustrazioni che danneggiano il rendimento, creando nel bambino profonda demotivazione e sfiducia globale nelle proprie capacità” (Baldaro Verde, 1989). 2. Altri studi hanno dimostrato quanto sia diffuso il disagio psicologico tra gli insegnanti. L’insegnante, dal quale sommamente dipendono le sorti di un efficace o inefficace insegnamento, si trova tra Scilla delle aspettative ministeriali, sempre più complesse e pressanti specie in questi tempi di riforme e controriforme che si susseguono a ritmo incalzante e tumultuoso, e Cariddi delle spesso frammentate e non ricompattabili esigenze di gruppi classe eterogenei. 3. Il break down della famiglia Utilizziamo questo termine per riferirci alla condizione sempre più diffusa di crollo dell’istituzione familiare, che vede crescere in modo allarmante – con una modalità che abbiamo definito “contagio psichico” - il numero sempre più elevato di separazioni e di divorzi produce una situazione emotivamente dirompente: vediamo i giovani migrare da una posizione privilegiata nel nucleo protetto della famiglia, ad una posizione sempre più periferica (pendolari tra la casa dei genitori e quella dei nonni, o tra quella della madre e quella del padre se divorziati), alle prese con i nuovi partner dei genitori che talvolta si trovano di fatto a svolgere il ruolo di “terzo genitore”, con valori educativi sempre più indefiniti, instabili, talvolta contradditori, spesso soli a casa, attivando nuove forme di dipendenza ormai oggetto di studio da parte di diversi ricercatori (dipendenze da tabacco, droghe, alcol, uso consolatorio del cibo e “nuove dipendenze” quali quella da TV, da cellulare, da Internet, da videogiochi, da shopping compulsivo e da gioco d’azzardo). Spesso l’adulto rischia di entrare in un pericoloso loop di discredito reciproco, in cui, svalutato come educatore, a sua volta svaluta, creando un pericoloso circolo vizioso. I genitori in conflitto, o divorziati, frequentemente si screditano reciprocamente, e sentendosi a rischio di critica da parte degli insegnanti per le loro scelte di vita, a loro volta li svalutano, (dopo averli delegati dell’educazione dei figli) o comunque non ne sostengono sufficientemente l’operato che inevitabilmente diventa meno efficace, a discapito dei ragazzi stessi che risultano essere sempre più abbandonati a se stessi, a casa come a scuola. Questo stato di cose attiva nei giovani incertezza, incapacità di contenere le proprie spinte istintuali, scarsa autostima, che risultano essere significativi fattori di rischio sottostanti alla comparsa di comportamenti devianti, morosité (Màle 1982), forme depressive, promiscuità sessuale, abuso di alcol e di sostanze psicotrope. In questo modo, il cerchio del disagio si chiude. UNA META, UNA MAPPA E UNA BUSSOLA Se quindi vogliamo trovare un adeguato orientamento per muoverci nel territorio scolastico dobbiamo possedere 3 cose: una META, cioè capire dove vogliamo andare, una MAPPA che descriva il territorio e che consenta di muoverci sapendo dove stiamo andando ed una BUSSOLA che ci permetta di trovare la direzione precisa in cui andare. 1 - LA META La principale meta da raggiungere da parte dello Psicologo Scolastico è costituita dalla sua sostanziale “MISSION”, cioè dalla prevenzione del disagio scolastico, dalla lotta alla dispersione scolastica e da tutta un’altra serie di obiettivi generalmente riconducibili all’art. 3 comma 1 del nostro C.D. Articolo 3 Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità. In ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace. Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri; pertanto deve prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali,organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare l’uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza dei committenti e degli utenti destinatari della sua prestazione professionale. Lo psicologo è responsabile dei propri atti professionali e delle loro prevedibili dirette conseguenze. 2 - LA MAPPA Se la meta ci indica gli obiettivi da raggiungere, la mappa disegna il territorio in cui ci muoviamo, che è il Servizio Scolastico Nazionale. Si tratta di un sistema complesso in rapida trasformazione. Confrontiamo alcune Mappe prese in tempi diversi per comprenderne lo sviluppo evolutivo. Mettiamo a confronto due decreti che definiscono che cosa è la Scuola (Decreto Legislativo n. 297/94: Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione e D.P.R. n. 249/98: Statuto dei Diritti e dei Doveri degli Studenti) oltre ad alcune altre disposizioni legislative sicuramente di particolare interesse per lo Psicologo che opera per la Scuola nel nostro Paese. La mappa disegna il territorio, che è il Servizio Scolastico Nazionale: si tratta di un sistema complesso in rapida trasformazione. Dal ’94 col Decreto Legislativo 297/94 (“Testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione”) al ‘98 col D.P.R 249/98 (“Statuto dei Diritti e dei Doveri degli Studenti”) si vede come questo territorio - e la mappa che ne segue - evolva e si modifichi, in quanto le leggi che ne parlano sono estremamente indicative di una realtà in grande trasformazione. Vediamo quindi innanzitutto cosa è scritto nel Decreto 297/94, ed in particolare nei suoi primi tre articoli. Decreto Legislativo n. 297/94 Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione Parte I - Norme generali Art. 1 - Formazione della personalità degli alunni e libertà di insegnamento 1. Nel rispetto delle norme costituzionali e degli ordinamenti della scuola stabiliti dal presente testo unico, ai docenti è garantita la libertà di insegnamento intesa come autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente. 2. L'esercizio di tale libertà è diretto a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni. 3. E' garantita l'autonomia professionale nello svolgimento dell'attività didattica, scientifica e di ricerca. Art. 2 - Tutela della libertà di coscienza degli alunni e diritto allo studio 1. L'azione di promozione di cui all'articolo 1 è attuata nel rispetto della coscienza morale e civile degli alunni. 2. A favore degli alunni sono attuate iniziative dirette a garantire il diritto allo studio. Art. 3 - Comunità scolastica 1. Al fine di realizzare, nel rispetto degli ordinamenti della scuola dello Stato e delle competenze e delle responsabilità proprie del personale ispettivo, direttivo e docente, la partecipazione alla gestione della scuola dando ad essa il carattere di una comunità che interagisce con la più vasta comunità sociale e civica, sono istituiti, a livello di circolo, di istituto, distrettuale, provinciale e nazionale, gli organi collegiali di cui al titolo I. 2. Le disposizioni recate dal predetto titolo I si applicano fino a che non si sarà provveduto al riordinamento degli organi collegiali in base alla delega legislativa conferita al Governo dall'articolo 4 della legge 24 dicembre 1993, n. 537. Come si può facilmente notare, in questa norma di legge l’accento è sugli alunni, sui singoli. E’ garantita l’autonomia professionale nel rispetto della coscienza civile e morale degli alunni, a favore degli alunni sono attuate iniziative dirette a garantire il diritto allo studio e per garantire ciò si inizia ad introdurre l’elemento successivo, cioè quello della comunità scolastica che interagisce con la più vasta comunità sociale. Questo è un movimento iniziato, ma nel 1994 il focus è ancora sull’alunno. Questo movimento dal singolo al collettivo, alla società lo vediamo affermarsi invece con il D.P.R del ’98. L’art.1 del D.P.R. n. 249/98 (“Statuto dei Diritti e dei Doveri degli Studenti”) definisce infatti la comunità scolastica, aperta anche al territorio, come comunità di dialogo fra tutte le componenti, in cui ognuno opera “per garantire la formazione alla cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio, lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno e il recupero delle situazioni di svantaggio”. Il “focus”, piano piano, si è spostato. D.P.R. n. 249/98 Statuto dei Diritti e dei Doveri degli Studenti "Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria" Art. 1 (Vita della comunità scolastica) 1. La scuola è luogo di formazione e di educazione mediante lo studio, l'acquisizione delle conoscenze e lo sviluppo della coscienza critica. 2. La scuola è una comunità di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, informata ai valori democratici e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni. In essa ognuno, con pari dignità e nella diversità dei ruoli, opera per garantire la formazione alla cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio, lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno e il recupero delle situazioni di svantaggio, in armonia con i principi sanciti dalla Costituzione e dalla Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia fatta a New York il 20 novembre 1989 e con i principi generali dell'ordinamento italiano. 3. La comunità scolastica, interagendo con la più ampia comunità civile e sociale di cui è parte, fonda il suo progetto e la sua azione educativa sulla qualità delle relazioni insegnante-studente, contribuisce allo sviluppo della personalità dei giovani, anche attraverso l'educazione alla consapevolezza e alla valorizzazione dell'identità di genere, del loro senso di responsabilità e della loro autonomia individuale e persegue il raggiungimento di obiettivi culturali e professionali adeguati all'evoluzione delle conoscenze e all'inserimento nella vita attiva. 4. La vita della comunità scolastica si basa sulla libertà di espressione, di pensiero, di coscienza e di religione, sul rispetto reciproco di tutte le persone che la compongono, quale che sia la loro età e condizione, nel ripudio di ogni barriera ideologica, sociale e culturale. Art. 2 (Diritti) 1. Lo studente ha diritto ad una formazione culturale e professionale qualificata che rispetti e valorizzi, anche attraverso l'orientamento, l'identità di ciascuno e sia aperta alla pluralità delle idee. La scuola persegue la continuità dell'apprendimento e valorizza le inclinazioni personali degli studenti, anche attraverso un'adeguata informazione, la possibilità di formulare richieste, di sviluppare temi liberamente scelti e di realizzare iniziative autonome. 2. La comunità scolastica promuove la solidarietà tra i suoi componenti e tutela il diritto dello studente alla riservatezza. 3. Lo studente ha diritto di essere informato sulle decisioni e sulle norme che regolano la vita della scuola. 4. Lo studente ha diritto alla partecipazione attiva e responsabile alla vita della scuola. I dirigenti scolastici e i docenti, con le modalità previste dal regolamento di istituto, attivano con gli studenti un dialogo costruttivo sulle scelte di loro competenza in tema di programmazione e definizione degli obiettivi didattici, di organizzazione della scuola, di criteri di valutazione, di scelta dei libri e del materiale didattico. Lo studente ha inoltre diritto a una valutazione trasparente e tempestiva, volta ad attivare un processo di autovalutazione che lo conduca a individuare i propri punti di forza e di debolezza e a migliorare il proprio rendimento. 5. Nei casi in cui una decisione influisca in modo rilevante sull'organizzazione della scuola gli studenti della scuola secondaria superiore, anche su loro richiesta, possono essere chiamati ad esprimere la loro opinione mediante una consultazione. Analogamente negli stessi casi e con le stesse modalità possono essere consultati gli studenti della scuola media o i loro genitori. 6. Gli studenti hanno diritto alla libertà di apprendimento ed esercitano autonomamente il diritto di scelta tra le attività curricolari integrative e tra le attività aggiuntive facoltative offerte dalla scuola. Le attività didattiche curricolari e le attività aggiuntive facoltative sono organizzate secondo tempi e modalità che tengono conto dei ritmi di apprendimento e delle esigenze di vita degli studenti. 7. Gli studenti stranieri hanno diritto al rispetto della vita culturale e religiosa della comunità alla quale appartengono. La scuola promuove e favorisce iniziative volte all'accoglienza e alla tutela della loro lingua e cultura e alla realizzazione di attività interculturali. 8. La scuola si impegna a porre progressivamente in essere le condizioni per assicurare: a) un ambiente favorevole alla crescita integrale della persona e un servizio educativo-didattico di qualità; b) offerte formative aggiuntive e integrative, anche mediante il sostegno di iniziative liberamente assunte dagli studenti e dalle loro associazioni; c) iniziative concrete per il recupero di situazioni di ritardo e di svantaggio nonché per la prevenzione e il recupero della dispersione scolastica; d) la salubrità e la sicurezza degli ambienti, che debbono essere adeguati a tutti gli studenti, anche con handicap; e) la disponibilità di un'adeguata strumentazione tecnologica; f) servizi di sostegno e promozione della salute e di assistenza psicologica. L’art.1 del D.P.R. n. 249/98 “Statuto dei Diritti e dei Doveri degli Studenti” definisce la comunità scolastica, aperta anche al territorio, come comunità di dialogo fra tutte le componenti, in cui ognuno opera “per garantire la formazione alla cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio, lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno e il recupero delle situazioni di svantaggio”. Dal confronto tra queste due “mappe” realizzate in due momenti diversi (1994 e 1998) emerge il cambiamento culturale che consente di considerare la Scuola non un luogo frequentato da singoli soggetti portatori di diritti (siano essi studenti, docenti, personale vario e genitori) bensì una comunità costruita da reciproci vincoli di diritto-dovere, che interagisce con la comunità locale e che cerca di integrare i soggetti deboli che la compongono. Il “focus”, piano piano, si è spostato dall’individuale al collettivo, dal singolo alla Società nel suo complesso di cui la Scuola si vuole porre come componente non più a sè stante ma INTEGRATA. Con questo cambiamento culturale, la “bussola” per “trovare il nord” e quindi “orientarsi” parte da due constatazioni che vanno considerate insieme, con una sorta di “visione binoculare” sia “esterna” sia “interna” alla Scuola : 1) che lo Psicologo Scolastico non è una professione di carattere sanitario e non è una figura di sistema, cioè non appartiene al sistema scolastico nazionale, ma è una figura esterna; 2) che il Servizio di Psicologia Scolastica è costituito da varie tipologie di intervento, ma non è coordinato da una figura di Sistema. La “visione binoculare” ci garantisce il rilievo, la profondità: una visione vista da un punto solo è piatta. Integrando, invece, due visioni differenti, la visione “esterna” e quella “interna” alla Scuola, si ha una visione più completa. Inoltre, se è vero che l’attivazione dei Servizi di Psicologia Scolastica è Nazionale, di fatto il Servizio è di ambito Regionale, quindi occorre un’attenzione specifica alla realtà ed ai bisogni locali. L’utente di questo Servizio integrato non è solo la componente degli alunni, ma è la Scuola in tutte le sue componenti. La bussola ci dà la direzione: la Psicologia Scolastica non è una Psicologia “nella” Scuola, ma è una Psicologia “per” la Scuola, e questa, come potete tutti facilmente intuire, è una differenza sostanziale. D.P.R. 9 Ottobre 1990 n. 309 Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza Titolo IX Interventi informativi ed educativi Capo I Disposizioni relative al settore scolastico Artt. 104 - 106 Art. 106 Centri di informazione e consulenza nelle scuole Iniziative di studenti animatori 1. I provveditori agli studi, di intesa con i consigli di istituto e con i servizi pubblici per l'assistenza socio-sanitaria ai tossicodipendenti, istituiscono centri di informazione e consulenza rivolti agli studenti all'interno delle scuole secondarie superiori. 2. I centri possono realizzare progetti di attività informativa e di conulenza concordati dagli organi collegiali della scuola con I servizi pubblici e con gli enti ausiliari presenti sul territorio. Le informazioni e le consulenze sono erogate nell’assoluto rispetto dell’anonimato di chi si rivolge al servizio. LEGGE 28 AGOSTO 1997 N. 285 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 5 settembre 1997 n.207) DISPOSIZIONI PER LA PROMOZIONE DI DIRITTI E DI OPPORTUNITÀ PER L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA INDICE DELLA LEGGE N. 285/1997 Art. 1 - Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza Art. 2 - Ambiti territoriali di intervento Art. 3 - Finalità dei progetti Art. 4 - Servizi di sostegno alla relazione genitore-figli di contrasto della povertà e della violenza, nonché misure alternative al ricovero dei minori in istituti educativo-assistenziali Art 5 - Innovazione e sperimentazione di servizi socio-educativi per la prima infanzia Art. 6 - Servizi ricreativi ed educativi per il tempo libero Art. 7 - Azioni positive per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza Art. 8 - Servizio di informazione, promozione, consulenza, monitoraggio e supporto tecnico Art. 9 - Valutazione dell'efficacia della spesa Art. 10 - Relazione al parlamento Art. 11 - Conferenza nazionale sull'infanzia e sull'adolescenza e statistiche ufficiali sull'infanzia Art. 12 - Rifinanziamento della legge 19 luglio 1991, n. 216 Art. 13 - Copertura finanziaria NOTE LEGGE 28 AGOSTO 1997 N. 285 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 5 settembre 1997 n.207) DISPOSIZIONI PER LA PROMOZIONE DI DIRITTI E DI OPPORTUNITÀ PER L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA. Art. 1. Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza 1. É istituito, presso la presidenza del consiglio dei ministri, il fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza finalizzato alla realizzazione di interventi a livello nazionale, regionale e locale per favorire la promozione dei diritti, la qualità della vita, lo sviluppo, la realizzazione individuale e la socializzazione dell'infanzia e dell'adolescenza, privilegiando l'ambiente ad esse più confacente ovvero la famiglia naturale, adottiva o affidataria, in attuazione dei principi della convenzione sui diritti del fanciullo resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, e degli articoli 1 e 5 della legge 5 febbraio 1992, n. 104. (omissis) Art. 3. Finalità dei progetti 1. Sono ammessi al finanziamento del fondo di cui all'articolo 1 i progetti che perseguono le seguenti finalità: A) realizzazione di servizi di preparazione e di sostegno alla relazione genitore-figli, di contrasto della povertà e della violenza, nonché di misure alternative al ricovero dei minori in istituti educativo-assistenziali, tenuto conto altresì della condizione dei minori stranieri; B) innovazione e sperimentazione di servizi socio-educativi per la prima infanzia; C) realizzazione di servizi ricreativi ed educativi per il tempo libero, anche nei periodi di sospensione delle attività didattiche; D) realizzazione di azioni positive per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, per l'esercizio dei diritti civili fondamentali, per il miglioramento della fruizione dell'ambiente urbano e naturale da parte dei minori, per lo sviluppo del benessere e della qualità della vita dei minori, per la valorizzazione, nel rispetto di ogni diversità, delle caratteristiche di genere, culturali ed etniche; E) azioni per il sostegno economico ovvero di servizi alle famiglie naturali o affidatarie che abbiano al loro interno uno o più minori con handicap al fine di migliorare la qualità del gruppo-famiglia ed evitare qualunque forma di emarginazione e di istituzionalizzazione. Art. 6. Servizi ricreativi ed educativi per il tempo libero 1. Le finalità dei progetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera c), possono essere perseguite, in particolare, attraverso il sostegno e lo sviluppo di servizi volti a promuovere e a valorizzare la partecipazione dei minori a livello propositivo, decisionale e gestionale in esperienze aggregative, nonché occasioni di riflessione su temi rilevanti per la convivenza civile e lo sviluppo delle capacità di socializzazione e di inserimento nella scuola, nella vita aggregativa e familiare. 2. I servizi di cui al comma 1 sono realizzati attraverso operatori educativi con specifica competenza professionale e possono essere previsti anche nell'ambito dell'attuazione del regolamento recante la disciplina delle iniziative complementari e delle attività integrative nelle istituzioni scolastiche, emanato con decreto del presidente della repubblica 10 ottobre 1996, n. 567. 3 - LA BUSSOLA Anche nell’attuale fase di grandi mutamenti legislativi rimane evidente che: Lo Psicologo Scolastico : - NON E’ una professione di carattere sanitario. - NON E’ una figura di Sistema. Il Servizio di Psicologia Scolastica: - E’ costituito da varie tipologie di intervento, ma NON E’ coordinato da una Figura di Sistema. - La Sperimentazione è Nazionale ma il Servizio E’ di ambito Regionale. - L’utente NON E’ solo la componente degli Alunni, MA E’ la scuola e tutte le sue componenti. Questa “BUSSOLA” indica “il NORD”: La Psicologia Scolastica NON E’ una Psicologia NELLA Scuola, E’ una Psicologia PER la Scuola. E’ importante considerare, a questo punto, l’articolazione delle 4 Aree della Psicologia Scolastica: INTEGRAZIONE CONSULENZA ORIENTAMENTO VALUTAZIONE La Scuola sta ormai sempre più assumendo, rispetto al passato, una definizione di “contesto di relazioni” anziché “contesto di singoli” soggetti. Nel suo insieme si caratterizza sempre di più come “sistema aperto” alla realtà esterna e sempre più interagisce con essa. Perdendo le caratteristiche di autoreferenzialità, il Sistema Scolastico Nazionale si colloca in rete con quello Europeo, e dall’Europa deriviamo un modello che consente di capire in modo completo il senso che la trasformazione avrà nel prossimo futuro: il modello del “LONGLIFE LEARNING”, ossia dell’ apprendimento costante per tutta la vita. Quando si incontrano i Dirigenti scolastici si vede che c’è un grosso cambiamento culturale in corso : la Scuola viene sempre più vista come motore centrale dello sviluppo sociale. In questo senso è il pilastro dello sviluppo sociale e un pilastro dello sviluppo economico, ma anche laboratorio culturale e terreno di confronti tra i sessi, le generazioni, le culture. E’ una protagonista della sfida dei nostri tempi e protagonista del cambiamento. Questo principio è importante poiché da esso deriva la necessità per la Scuola di sostenere una cultura dell’integrazione ed una cultura del cambiamento anche attraverso strumenti che sono propri della Psicologia, che sono soprattutto caratterizzati dall’integrazione, dalla prevenzione del disagio, dalla lotta alla dispersione e dallo sviluppo organizzativo. INTEGRAZIONE PREVENZIONE DEL DISAGIO LOTTA ALLA DISPERSIONE SVILUPPO ORGANIZZATIVO costituiscono quindi oggi le fondamenta della “Mission Professionale” della Psicologia Scolastica. Si tratta di un approccio meno clinico e più legato alla Psicologia del lavoro e delle organizzazioni, che fa parte di un bagaglio di conoscenze che, integrandosi con il Sistema Scolastico Nazionale, può contribuire al suo miglioramento e alla sua evoluzione. LA PSICOLOGIA SCOLASTICA: AMBITI DI INTERVENTO LE PRINCIPALI FUNZIONI DELLA PSICOLOGIA SCOLASTICA costituire un momento qualificante di educazione alla salute per il benessere psicofisico degli studenti e degli insegnanti; promuovere negli studenti la motivazione allo studio e la fiducia in sé stessi; ascolto; costituire un momento qualificante di costituire un momento qualificante di sviluppo di una relazione di aiuto; costituire un momento qualificante per la prevenzione del disagio evolutivo; costituire un momento qualificante per la prevenzione del disagio e dell’abbandono scolastico; costituire un’opportunità per favorire l’orientamento; rappresentare uno strumento per la formazione e la riqualificazione di tutto il personale scolastico; rappresentare uno strumento ed una modalità per la gestione delle risorse umane all’interno della scuola; rappresentare uno strumento ed una modalità per la formazione dei genitori; rappresentare uno strumento ed una modalità per avvicinare il mondo della scuola a quello della famiglia costituire un’opportunità per realizzare le pari opportunità di istruzione; costituire un supporto per la promozione e il sostegno della coerenza e della continuità in verticale e orizzontale tra i diversi curricola; costituire un’importante opportunità per studiare e l’organizzazione scolastica e costruire strumenti per intervenirvi. I PRINCIPALI COMPITI DELLO PSICOLOGO NELLA SCUOLA I principali compiti dello Psicologo nella scuola possono essere attualmente individuati nei seguenti: Consulenza ad insegnanti e genitori e formazione su tematiche specifiche Consulenza alla dirigenza scolastica Inserimento e integrazione nel contesto scolastico di bambini e ragazzi in difficoltà Multiculturalità: conoscenza e interazione fra diverse culture Comunicazione e relazioni nei gruppi classe Orientamento e continuità scolastica e professionale Educazione alla salute Apprendimento: stili, difficoltà e nuove metodologie Problemi comportamentali a scuola (bullismo, iperattività, ecc...) Disagio e dispersione scolastica. LE PRINCIPALI ATTIVITÀ DELLO PSICOLOGO SCOLASTICO Le principali attività dello Psicologo scolastico ricomprendono: Gli interventi relativi all'apprendimento Gli interventi relativi ai disturbi dell'apprendimento Gli interventi relativi all'orientamento scolastico Gli interventi relativi a variabili socio-relazionali, motivazionali ed emotivo-affettive Gli interventi relativi all'integrazione degli alunni con handicap Gli interventi relativi al disagio scolastico e alla dispersione scolastica Le attività di prevenzione delle devianze in ambito scolastico La mediazione scolastica I progetti rivolti ai genitori L'educazione socio-affettiva e l'educazione sessuale Gli interventi relativi all'organizzazione scolastica Le attività di ricerca in ambito scolastico. I PRINCIPALI INTERVENTI TECNICI DELLO PSICOLOGO ALL’INTERNO DELLE SCUOLE I principali interventi tecnici dello Psicologo all’interno delle Scuole ricomprendono: La valutazione psicologica in ambito scolastico L’orientamento scolastico Il lavoro di formazione dei docenti Gli interventi sull’organizzazione scolastica Le attività di prevenzione primaria e secondaria: Prevenzione del disagio giovanile Prevenzione dell’insuccesso scolastico Prevenzione dell’abbandono scolastico Prevenzione del lavoro minorile Prevenzione dell’uso di sostanze psicoattive Prevenzione del razzismo Prevenzione della violenza tra coetanei Prevenzione del bullismo Sportelli psicologici nelle scuole Negli ultimi anni i servizi di consulenza psicologica all’interno delle scuole si sono andati progressivamente organizzando e diffondendo sulla base di una domanda crescente di consulenza da parte dei docenti. In molte scuole abbiamo dunque oggi sportelli di consulenza psicologica il cui scopo è quello di fornire un aiuto su vari ambiti e richieste presentati dai docenti, dagli allievi e dalle famiglie. Destinatari e finalità Destinatari degli interventi sono essenzialmente gli allievi, le loro famiglie ed i docenti della Scuola Primaria e della Scuola Secondaria di primo e secondo grado. Il servizio si propone di promuovere il benessere globale dei soggetti costituenti il sistema “scuola”: in primo luogo bambini, ragazzi e docenti, ma anche genitori. I contenuti delle principali attività psicologiche nelle Scuole possono inoltre porsi le seguenti finalità: • Accogliere ed aiutare a risolvere i disagi affettivi-relazionali • Aiutare a superare le difficoltà di apprendimento • Favorire l’integrazione degli alunni disabili • Favorire l’integrazione culturale scolastica • Favorire l’integrazione scuola-territorio • Ecc. Contenuti I contenuti della consulenza psicologica nelle Scuole possono prevedere diversi tipi d’intervento, ad esempio i seguenti : • Interventi di educazione socio-affettiva • Training psicoeducativo integrato volto a favorire l’autonomia nei processi di scelta e allo sviluppo di strategie di autoefficacia • Interventi psicopedagogici nei confronti della “diversità” • Interventi psicopedagogici nella facilitazione dei processi di apprendimento e nella strategie di motivazione per il successo scolastico • Interventi psicopedagogici in relazione ai disturbi di apprendimento • Interventi di counseling per l’orientamento • Azioni di prevenzione e gestione dell’ansia • Azioni di prevenzione e gestione della depressione • Interventi nelle situazione di disagio (aggressività e bullismo) • Interventi nei casi di disturbo dell’alimentazione e del peso. Metodologia In genere si prevedono, in relazione ai bisogni espressi e al monte ore disponibile di ciascun contesto scolastico: • consulenze individuali o a piccolo gruppo per studenti, insegnanti, genitori, • percorsi formativi dal gruppo-docente, • interventi con il gruppo-classe • incontri, conferenze e gruppi di arricchimento con i genitori. DEONTOLOGIA Nello specifico ambito scolastico va innanzitutto tenuto ben presente, per qualunque prestazione psicologica, l’Articolo 31 del vigente Codice Deontologico, che stabilisce che: “Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono, generalmente, subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela. Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l’intervento professionale nonché l’assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l’Autorità Tutoria dell’instaurarsi della relazione professionale. Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell’autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte”. Occorre comunque rilevare, al riguardo, che l’art. 31 può presentare difficoltà di interpretazione, soprattutto se calato in contesti altamente complessi nei quali è necessario considerare molteplici variabili in correlazione tra di loro. In particolare, poiché il tema di chi eserciti la potestà genitoriale è fondamentale per l’applicazione dell’art. 31 del C.D., è necessario svolgere alcune precisazioni. Al riguardo, la regola generale è dettata dall’art. 316 del Codice Civile, secondo cui la potestà sul figlio minore d’età è esercitata di comune accordo da entrambi i genitori (a prescindere dalla circostanza che siano o meno uniti in matrimonio) salva la possibilità, nel caso di contrasto su questioni di particolare importanza, di ricorrere senza formalità al Giudice, il quale, sentiti i genitori e il figlio se ultraquattordicenne, suggerirà la soluzione ritenuta più utile nell’interesse preminente del figlio o dell’unità familiare. Il successivo art. 317 del Codice Civile aggiunge che nell’ipotesi di lontananza, incapacità o altro impedimento di uno dei genitori questi non perde la titolarità della potestà, la quale però è esercitata in modo esclusivo dall’altro genitore. Nel caso di genitori uniti in matrimonio tra i quali intervenga separazione personale o divorzio, occorre distinguere il tema dell’affidamento dei minori da quello dell’esercizio della potestà genitoriale sugli stessi. Quanto al primo di questi due aspetti, vale a dire l’affidamento dei figli, il nuovo testo dell’art. 155 c.c., applicabile anche alle unioni di fatto in forza della l. 54/2006 (“Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli”), prevede che il Giudice valuti prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati ad entrambi i genitori (affidamento condiviso), mentre l’affidamento esclusivo ad uno solo dei genitori è limitato all’ipotesi in cui l’affidamento all’altro risulti contrario all’interesse del minore (artt. 155 co. 2 e 155 bis c.c.). A prescindere dalle modalità di affidamento, la potestà è invece esercitata di norma da entrambi i genitori, salvo il caso in cui il Tribunale per i Minorenni sia intervenuto con un provvedimento limitativo o ablativo (in quest’ultmo caso occoirre peraltro distinguere tra “sospensione” e “revoca”). “Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni dei figli” (art. 155, 3° co. c.c.). In caso di disaccordo (o di ostinata inerzia da parte di uno dei genitori) la decisione è rimessa al Giudice, che deve avere esclusivo riguardo all’interesse morale e materiale del minore. Come regola generale, quindi, PRIMA DI FARE UNA CONSULENZA AD UN MINORE DA PARTE DI UNO PSICOLOGO/PSICOTERAPEUTA, OCCORRE AVERE IL CONSENSO DI TUTTI E DUE GLI ESERCENTI LA POTESTÀ GENITORIALE, anche nel caso di un "affido disgiunto esclusivo" e CON LA SOLA ECCEZIONE di una perizia o una C.T.U. per la quale il Perito o il Consulente Psicologo è stato nominato dal GIUDICE. Una consulenza psicologica non è infatti da considerarsi in alcun modo come un’attività routinaria o priva di particolari implicazioni, ma è un atto professionale estremamente complesso e di particolare importanza e significatività per la vita interiore di chi ne è oggetto. Pertanto essa necessita DI REGOLA del PREVENTIVO CONSENSO DI ENTRAMBI GLI ESERCENTI LA POTESTÀ GENITORIALE, anche nel caso di un affido disgiunto esclusivo ad uno solo di essi: soltanto la decisione di un Giudice può costituire un'accettabile eccezione a tale norma. Come deve tuttavia comportarsi lo Psicologo al quale viene richiesta una prestazione psicologica su un minore da parte di uno solo degli esercenti la potestà genitoriale, fatto tutt’altro che infrequente soprattutto nei casi di elevata conflittualità tra i due esercenti la medesima? Per prima cosa, il professionista deve cercare innanzitutto di procurarsi il consenso all’attività psicologica con il minore anche da parte dell’altro genitore esercente la potestà genitoriale, contattandolo direttamente prima di aver effettuato sul minore qualunque prestazione. Lo Psicologo – ma a mio avviso tale norma etica e metodologica vale, sul piano generale, per qualunque altro professionista chiamato a svolgere la propria attività con soggetti minori – deve cercare quindi preliminarmente di costruire tra gli esercenti la potestà genitoriale un accordo completo riguardo all’opportunità del proprio intervento professionale. Tra l'altro, tale necessità di un accordo completo di tutti e due i genitori non nasce solo da esigenze legali o deontologiche, ma soprattutto per quanto riguarda l’attività psicologica scaturisce sicuramente anche da esigenze squisitamente tecniche. NON APPARE INFATTI POSSIBILE FARSI UN'IDEA PRECISA DELLA REALTA' PSICHICA DI UN MINORE SE NON LO SI INQUADRA NEL SUO CONTESTO AFFETTIVO COMPLESSIVO, e se non vi è il consenso di entrambi i genitori non è poi di conseguenza possibile capire come stiano veramente le cose per quanto riguarda ambedue le singole situazioni dei due genitori e le loro relazioni con il minore stesso. E' già di norma difficile capirlo adeguatamente quando entrambi i genitori forniscono al riguardo la massima disponibilità, se invece essa non c'è diventa praticamente impossibile capire come realmente stiano le cose. Se invece non è possibile raggiungere tale accordo nonostante ripetuti tentativi, lo stesso articolo comma 2 dell’art. 31 del Codice Deontologico dello Psicologo prevede che: “Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l'intervento professionale nonché l'assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l’Autorità Tutoria dell'instaurarsi della relazione professionale”. L’ ”Autorità tutoria” competente al riguardo è in genere, per quanto riguarda i minori, la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni competente per territorio, ed è quindi ad essa che lo Psicologo deve di norma indirizzare la relativa istanza. Una valida alternativa al Tribunale dei Minorenni, anche perché presente non in una o due Sedi per Regione ma praticamente in ogni Capoluogo di Provincia, è inoltre da ritenersi il GIUDICE TUTELARE presso il Tribunale Ordinario. Quanto all’obbligo di denuncia o di segnalazione, esso trova il suo fondamento principalmente nelle norme che si pongono a tutela di soggetti deboli, quali i minori o gli incapaci. Nel caso dello Psicologo che offra un servizio all’interno di una Scuola pubblica o privataparificata, per determinare se e quale eventuale obbligo gli venga imposto dalla legge, occorrerà preliminarmente verificare il ruolo che egli viene ad assumere all’interno dell’istituzione. Ove tale ruolo sia configurabile, se non come quello di pubblico ufficiale, quanto meno come quello di incaricato di pubblico servizio, egli sarà tenuto a denunciare all’Autorità di cui all’art. 361 Codice Penale un reato del quale abbia avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni o servizio, a meno che non si tratti di un reato perseguibile a querela della persona offesa. Ritenuto, al contrario, che lo Psicologo non ricopra un ruolo di cui sopra, si dovrebbe stabilire se l’attività prestata possa o meno avere natura sanitaria; nel primo caso, insorgerebbe in capo allo Psicologo un obbligo di referto, a meno che il fatto non costituisca un reato perseguibile a querela di parte, ovvero il referto esponga la persona assistita a procedimento penale. Nel caso concreto, occorrerebbe altresì verificare e tenere conto degli obblighi contrattualmente assunti dallo Psicologo non solo nei confronti dell’utenza, ma anche nei confronti dello stesso “datore di lavoro/committente” e, cioè, la Scuola. Sempre con riferimento all’ultimo comma dell’art. 13 Codice Deontologico, lo Psicologo, in assenza di un obbligo specifico in tal senso, potrebbe in ogni caso ritenere sussistente “la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla propria doverosa riservatezza, qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del soggetto e/o di terzi”. In caso di minori, tale facoltà può mutarsi in dovere in base all’art. 9 della Legge 184/83, che contempla sia la facoltà (riservata a qualunque cittadino dal 1° comma), sia l’obbligo (imposto a determinate categorie di soggetti dal 2° comma) di segnalare all’Autorità Giudiziaria minorile eventuali situazioni di abbandono e/o disagio di un minore. Posto che la Scuola, in sé e a parte l’esercizio delle funzioni educative sue proprie, non ha alcun potere di interferire coercitivamente nella vita privata familiare delle persone, lo Psicologo potrà (o dovrà), possibilmente di concerto con la Direzione scolastica, nonché con il responsabile dei dati personali raccolti, valutare la possibilità ed eventuale efficacia di un primo tentativo di soluzione “volontaria” del problema insorto, anche in collaborazione e con l’ausilio dei Servizi Sociali territorialmente competenti. In caso di reato, ovvero nei casi più gravi ed in totale assenza di una collaborazione da parte del soggetto e/o degli esercenti la potestà sullo stesso, si ritiene comunque che alla Scuola non resti che la segnalazione all’Autorità Giudiziaria, che sarà quella penale in caso di reato, quella minorile in caso di abbandono o pericolo per un minore. In sintesi quindi, come viene affermato nelle “Linee di indirizzo per l’applicazione dell’art. 31 del Codice Deontologico degli Psicologi Italiani” allegato al n. 2 del 2007 del Bollettino dell’Ordine degli Psicologi dell’EmiliaRomagna, “Le raccomandazioni per una buona pratica professionale secondo l’art. 31 del Codice Deontologico dello Psicologo italiano” possono riassumersi nei seguenti punti: 1. Il professionista che si prepara ad incontrare un minore è tenuto ad informarsi preventivamente ed approfonditamente sulla situazione giuridica parentale, eventualmente richiedendo anche certificati o provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria in merito a eventuali separazioni personali, divorzi o decadenze/limitazioni della potestà genitoriale. Solo in tale caso egli, infatti, sarà in grado di comprendere il contesto relazionale entro il quale dovrà operare, oltre alle potenzialità e ai limiti del proprio intervento. È opportuno precisare che un foglio di consenso informato sottoscritto a domicilio da uno dei genitori può trasformarsi, talvolta, in un problema, posto che non è possibile per il professionista avere la necessaria garanzia sull’identità di chi abbia realmente apposto la firma, su quali informazioni siano state effettivamente fornite, su quanto sia stato compreso e sulle condizioni di libertà e autonomia della decisione: è evidente come in questo caso manchino le condizioni necessarie perché vi sia la garanzia di validità del consenso, e come sia preferibile la firma di entrambi i genitori alla presenza dello Psicologo. 2. L’interesse del minore (destinatario dell’intervento) deve sempre prevalere su quello del genitore (committente) che ha richiesto l’intervento professionale. Nel caso in cui uno dei genitori richieda un’osservazione/intervento per un figlio, si precisa che l’osservazione dello stesso, in assenza del consenso di entrambi i genitori,e – ancor più l’eventuale consegna ad uno di essi della relazione finale da utilizzare giudizio, costituisce violazione deontologica. In tal senso si è ad esempio già più volte orientato, in sede disciplinare, il Consiglio dell’ Ordine degli Psicologi dell’ Emilia–Romagna. 3. L’intervento psicologico, di qualunque natura, anche se configurato come “consulenza” e non come intervento psicoterapeutico (vedere, al riguardo, la lettera dell’art. 31 che parla in generale di “prestazioni professionali”, senza alcuna ulteriore specifica) non può rientrare nell’ordinaria amministrazione cui un solo genitore può provvedere in assenza del consenso dell’altro; questo in quanto non solo è lo stesso CD che espressamente riconosce che lo Psicologo “nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri”, ma anche perché le consultazioni psicologiche, rientrando nell’ambito della tutela della salute (intesa secondo l’ampia definizione corrente, data dall’O.M.S.), devono essere equiparate alle visite mediche specialistiche (alle quali sfuggono completamente, è il caso di sottolinearlo, tutte le prestazioni mediche di routine, quali, ad esempio, un semplice controllo pediatrico o ortodontico), richiedendo pertanto il consenso di entrambi i genitori. Né vale il criterio dell’urgenza dell’intervento, a volte utilizzabile in campo medico, posto che la valutazione della reale urgenza psicologica lascia ampi spazi di dubbio e si può configurare soltanto in rarissimi casi. In relazione all’urgenza si sottolinea che tutti i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio (quindi psicologi dipendenti ASL, CTU, ecc.) sono tenuti a denunciare all’Autorità Giudiziaria, o comunque a chi abbia l’obbligo di riferirne, situazioni di grave pregiudizio per un minore, configuranti ipotesi di reato perseguibile d’ufficio, di cui vengano a conoscenza a causa o nell’esercizio delle loro funzioni ex artt. 361 e 362 c.p. 4. In sede di intese preliminari con uno o entrambi i genitori lo psicologo è tenuto a concordare in modo completo gli obiettivi perseguibili e, qualora vi siano richieste o aspettative che ritiene in scienza e coscienza di non poter accogliere, deve esplicitarlo. In particolare, lo psicologo è tenuto a chiarire che non è consentito sottoporre il minore a valutazione psicologica in assenza del coinvolgimento/consenso di un genitore allo scopo di fornire poi una relazione tecnica da produrre in giudizio. É ovviamente corretto, invece, svolgere un’attività che coinvolga un solo genitore allo scopo di aiutarlo o sostenerlo nel rapporto con il figlio. 5. Costituisce violazione deontologica anche la stesura di relazioni tecniche, su richiesta di un solo genitore, relative a situazioni pregresse (seguite in passato) per la quali non ci sia un consenso informato attuale di entrambi i genitori; al contrario, deve ritenersi consentito l’utilizzo in giudizio, da parte di un genitore, di una relazione redatta in passato con consenso informato di entrambi i genitori. 6. Lo Psicologo che ritenga necessarie prestazioni a favore del minore, ma non abbia il consenso informato di entrambi i genitori, può formulare regolare istanza all’Autorità Tutoria (solitamente alla Procura del Tribunale per i Minorenni competente per territorio) nei casi in cui ci sia grave nocumento per il minore stesso. Regolare istanza nel senso che, in base alla normativa vigente, le modalità attraverso le quali un cittadino si può rivolgere ad un Giudice non sono certamente quelle di redigere ed inviare una “semplice” lettera. Negli altri casi, cioè quando non c’è grave nocumento per il minore ed i genitori sono separati, si suggerisce di sollecitare il genitore a chiedere l’intermediazione del proprio Legale, che provvederà nelle forme di rito. Si potrebbe configurare come violazione deontologica informare l’Autorità Tutoria, senza aver utilizzato le corrette procedure, e svolgere prestazioni professionali per un minore prima di aver ricevuto risposta dal Giudice stesso. 7. Lo Psicologo, essendo tenuto alla piena conoscenza ed al rispetto delle norme deontologiche, non può ritenersi esonerato dal rispetto delle stesse anche nel caso in cui abbia effettuato consulenza per un minore - in assenza di consenso informato di entrambi i genitori - in base a richiesta, o su sollecitazione di un avvocato. Basti al riguardo rilevare che, poiché tale richiesta proviene da professionista iscritto ad altro Ordine, non può certo ingenerare in uno Psicologo alcun ragionevole affidamento che lo induca a superare il significato chiaro ed inequivoco della propria norma deontologica. 8. Lo Psicologo che opera in sportelli psicologici attivati presso Istituti Scolastici, anche se l’Istituto ha provveduto ad inviare ai genitori (e ritirare) i moduli per il consenso, è tenuto ad accertarsi che entrambi i genitori del minore abbiano firmato il consenso informato prima di svolgere qualsivoglia attività professionale che riguardi il minore stesso. Possono essere messi a punto sia moduli per consenso informato per prestazioni psicologiche a minorenni da utilizzarsi genericamente negli studi e nelle attività professionali degli Psicologi sia più specifici moduli per consenso informato per prestazioni psicologiche a minorenni da utilizzarsi nelle attività professionali degli Psicologi che operano nelle scuole. Illustriamo sia gli uni sia gli altri, iniziando dai moduli per consenso informato per prestazioni psicologiche a minorenni da utilizzarsi genericamente negli studi e nelle attività professionali degli Psicologi professionisti. Modulo per consenso informato per prestazioni psicologiche a minorenni Carta intestata dello psicologo o dell’AUSL o Struttura presso la quale si svolge il lavoro Io sottoscritto nato a il identificato mediante documento: n° rilasciato da il padre del minore e io sottoscritta nata a il identificata mediante documento: n° rilasciato da il madre del minore in virtù della potestà genitoriale, diamo il consenso a che nostro/a figlio/a usufruisca delle prestazioni professionali (indicare eventualmente quali) dello/a psicologo/a dr. Data Firme Modulo per consenso informato per prestazioni psicologiche a minorenni Carta intestata dello psicologo o dell’AUSL o Struttura presso la quale si svolge il lavoro Io sottoscritto/a nato a il identificato mediante documento: n° rilasciato da il tutore del minore in ragione di (provvedimento, Autorità emanante, data, numero) sottoscrivo il consenso per le prestazioni professionali (indicare eventualmente quali) dello/a psicologo/a dr. rivolte a Data Firme Illustriamo invece ora i possibili moduli per consenso informato per prestazioni psicologiche a minorenni da utilizzarsi specificatamente nelle attività professionali degli Psicologi che operano nelle scuole. Dopo opportuna consultazione con il consulente dell’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna, Avv. Federico Gualandi, in relazione ai problemi emersi ed alle soluzioni ipotizzate, suggeriamo una serie di indicazioni che possono essere di utilità nella eventuale formulazione della modulistica da presentare ai genitori in questi casi specifici. Il legale ha confermato che, stanti le attuali normative dello Stato e del Codice Deontologico, le prestazioni effettuate su minori devono essere subordinate ad esplicita richiesta di consenso firmata da tutti coloro che esercitano la potestà genitoriale. Ciò implica che formule quali il “silenzio assenso” non sono valide né opportune sia dal punto di vista giuridico che deontologico. Le attività qualificabili come “formative” (educazione alla salute, all’affettività, alla sessualità, attività di orientamento scolastico, supporto allo studio ecc.) potrebbero essere inserite nei P.O.F. delle Scuole e, non essendo rivolte a singoli ed avendo una finalità formativa, né prevedendo interventi specifici, potrebbero non essere subordinate ad esplicito consenso. Per tutti gli interventi rivolti al contesto scolastico, ma non diretti a minori, non è ovviamente necessario avere l’autorizzazione ex art.31 del C.D. (Esempi in tal senso sono tutte le attività rivolte al personale scolastico, analisi organizzativa, ecc.). Per tutte le altre attività psicologiche rivolte a minori in forma individuale, o anche di gruppo, il modulo per la raccolta delle firme di consenso potrebbe essere inviato dall’Istituto a tutti i genitori all’inizio dell’anno scolastico. Qui di seguito forniamo alcune indicazioni specifiche. • Il modulo potrebbe essere costituito da due parti, una prima in cui vengono esposte con chiarezza tutte le attività psicologiche ipoteticamente rivolte ai ragazzi (ad esempio, interventi di gruppo, osservazioni in classe, colloqui singoli, somministrazione di test o questionari, ecc.) ed una seconda che è il modulo di consenso vero e proprio. Si consiglia di specificare il più possibile, nella prima parte del modulo, attività e scopi delle stesse. Suggeriamo di elencare tutte le possibili tipologie di intervento, anche quelle non definite fin dall’inizio, ma potenzialmente attuabili, per tutelarsi in caso di variazioni di progetto; per quanto riguarda le finalità consigliamo l’utilizzo di termini non strettamente tecnici per facilitare la comprensione da parte del genitore ed il successivo consenso. • Il modulo deve comunque contenere la firma di entrambi i genitori, se ambedue esercenti la potestà genitoriale. In situazioni eccezionali in cui solo un genitore risulti esercente la potestà genitoriale (da non confondersi con l’attribuzione di affido esclusivo), la sua autorizzazione sarà sufficiente; in tal caso, però, si consiglia di avere un’autocertificazione che attesti tale condizione specificando le motivazioni (ad esempio, non riconoscimento del figlio o provvedimento, autorità emanante, data, numero). • In caso di minore in carico a persone diverse dai genitori, il modulo va compilato con i dati del tutore, specificando i riferimenti (provvedimento, autorità emanante, data, numero). • È utile che il modulo contenga anche un breve riferimento all’obbligo che ha lo Psicologo di attenersi, nella sua pratica professionale, alla normativa sulla privacy. Resta inteso che il collega, prima di iniziare la sua attività su un minore, dovrà accertarsi della presenza del consenso. In caso di situazioni di urgenza e gravità (es.: dubbio su violenza di qualsivoglia natura intra o extra-familiare) è necessario coinvolgere immediatamente, tramite la direzione dell’Istituto, i Servizi Pubblici deputati alla tutela dei minori (Servizio Sociale dei Comuni - o dell’AUSL - che eventualmente richiederà l’intervento di collaborazione dello psicologo), affinché valutino l’esistenza della condizione di pregiudizio del minore ed attuino i necessari interventi a sua tutela. Si rammenta che qualsiasi insegnante è, generalmente, un incaricato di pubblico servizio e quindi tenuto ad adempiere agli specifici obblighi che la Legge ricollega all’assunzione di detta qualifica (ad esempio, l’obbligo di denuncia nei casi previsti) ed a coinvolgere gli organi preposti per situazioni che si configurino come gravemente dannose per il minore. In altri casi che potrebbero configurarsi non tanto come un intervento di urgenza, ma piuttosto come una richiesta da parte del corpo docente di essere aiutati ad intervenire su una situazione contingente ed imprevedibile, si può ipotizzare un intervento sporadico e limitato allo stretto necessario per “sbloccare” la situazione; è ovvio che qualora – a seguito di questo primo intervento – ci sia anche il benché minimo dubbio sulla necessità di ulteriori approfondimenti a tutela del minorenne è necessario coinvolgere i Servizi Pubblici a ciò destinati. Qui di seguito, forniamo alcuni esempi per la seconda parte della modulistica di consenso.: 1) Dichiarazione di consenso informato: a) Io sottoscritto nato a il identificato mediante documento: n° rilasciato da il padre del minore e io sottoscritta nata a il identificata mediante documento: n° rilasciato da il madre del minore esprimiamo il nostro consenso a che nostro/a fi glio/a usufruisca delle prestazioni professionali, elencate nell’allegato, dello psicologo Dr. Data Firme b) Io sottoscritto nato a il identificato mediante documento: n° rilasciato da il padre del minore in ragione di (provvedimento, autorità emanante, data, numero) esprimo il mio consenso a che il minore usufruisca delle prestazioni professionali, elencate nell’allegato, dello psicologo Dr. Data Firma 2) Autocertificazione di genitore unico esercente potestà genitoriale: Io sottoscritto nato a il identificato mediante documento: n° rilasciato da il padre/madre del minore dichiaro di essere l’unico esercente la patria potestà per il seguente motivo (in caso di provvedimento giuridico, mettere i riferimenti al numero del provvedimento, all’autorità emanante e alla data di emissione): In ogni caso, sempre e comunque, anche nelle Scuole lo Psicologo dovrà agire con consapevole professionalità, e porsi come primo obiettivo la tutela psicologica del soggetto destinatario della propria prestazione (come sottolineato, ad esempio, dagli artt. 3, 4 e 25 del vigente Codice Deontologico degli Psicologi Italiani). In ogni contesto, infatti, la “mission” fondamentale di ogni Psicologo è e rimane quella esplicitata dal primo comma (ed ulteriormente chiarita nel secondo comma) dell’Articolo 3 del vigente Codice deontologico degli Psicologi italiani, che testualmente affermano: “Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità. In ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace”. TENIAMOLI SEMPRE BEN PRESENTI. Grazie per l’attenzione