Il modello italiano di politiche sociali:
l’applicazione del principio di
sussidiarietà dopo la legge 328/2000
e la riforma del Titolo V della
Costituzione.
(Prof. Ivo Colozzi, Università degli
studi di Bologna)
Le caratteristiche del sistema assistenziale
pubblico alla fine della seconda guerra
mondiale
• a) verticismo: tutte le decisioni in
materia assistenziale venivano assunte
nelle sedi centrali dell’ente erogatore di
assistenza;
• b) burocratismo: le risposte tenevano
conto in prima istanza delle regole che la
normativa aveva imposto all’ente
erogatore;
Le caratteristiche del sistema assistenziale
pubblico alla fine della seconda guerra
mondiale
• c) categorizzazione: gli interventi erano
•
•
pensati e realizzati per distinte categorie di
bisogno;
d) discrezionalità: non esistevano criteri
oggettivi per quanto riguarda il diritto ad
ottenere una prestazione;
e) custodialismo: prevaleva la tendenza a
segregare, tramite ricovero coatto, quanti
manifestavano problemi di adattamento sociale
per salvaguardare l’ordine pubblico.
Il lungo cammino delle riforme
• Processo di decentramento regionale
(L. 382/75 e Dpr. 616/77)
Si decise di far rientrare l’assistenza nel
Settore “Sanità e servizi sociali” e di
escludere dalla competenza regionale solo
le prestazioni di carattere previdenziale e
le altre prestazioni di carattere generale e
continuativo, come la pensione sociale.
Il lungo cammino delle riforme
• Si configurò in quegli anni lo schema che
assegnava alle Regioni i compiti di
legislazione e programmazione generale e
ai Comuni quelli di programmazione locale
e di gestione operativa dei servizi o
direttamente o, dopo l’approvazione della
L. 833/78 istitutiva del S.S.N., tramite le
USL.
Il lungo cammino delle riforme
• All’inizio degli anni ’90 il Parlamento e il Governo
•
nazionali approvano una serie di provvedimenti
che incideranno molto sul sistema dei servizi.
La L.142/90 su “Ordinamento delle autonomie
locali” contiene disposizioni innovative, intese a
dare compiuta attuazione al dettato
costituzionale con la realizzazione di un
compiuto decentramento amministrativo.
Il lungo cammino delle riforme
• La legge 59/97 completa il trasferimento delle deleghe
dallo Stato alle Regioni ed agli Enti locali in base a criteri
innovativi, il più importante dei quali è il principio di
sussidiarietà verticale. La legge afferma che le
funzioni amministrative dovrebbero condensarsi su
quegli enti che, in ragione della loro struttura e vicinanza
ai luoghi dei cittadini interessati, avvertano per primi i
bisogni apportando la soluzione più idonea ai problemi
della collettività di cui sono il referente. L’assegnazione
delle funzioni viene fatta seguendo un ordine gerarchico
inverso: Comuni, Province, Comunità montane, Regioni
ed infine lo Stato.
Il lungo cammino delle riforme
• L’8 novembre del 2000 il Parlamento ha
approvato una legge-quadro di riforma
dell’assistenza, denominata “Legge quadro
per la realizzazione del sistema integrato
di interventi e servizi sociali.”(L. 328/2000)
I contenuti della L. 382/2000
• L’art. 1 comma 3 sancisce che gli attori,
cioè chi programma e organizza il sistema
dei servizi, sono gli enti pubblici (Comune,
Regione, Stato), secondo il principio della
sussidiarietà verticale affermatosi con la
legge 59/97 e recepito anche nella riforma
ter della sanità.
I contenuti della L. 382/2000
• Spetta a questi enti (comma 4) riconoscere e
agevolare un ruolo di programmazione e
organizzazione degli organismi non lucrativi di
utilità sociale, degli organismi della
cooperazione, delle associazioni e degli enti di
promozione sociale, delle fondazioni e degli enti
di patronato nella programmazione, nella
organizzazione e nella gestione del sistema
integrato di interventi e servizi sociali.
I contenuti della L. 382/2000
• I soggetti di TS hanno invece titolarità, assieme agli enti
pubblici, per la gestione dei servizi(comma 5).
• Un accenno indiretto alla prospettiva della sussidiarietà
orizzontale si può trovare nelle ultime righe del comma
5, dove si dice: “Il sistema integrato di interventi e
servizi sociali ha tra gli scopi anche la promozione della
solidarietà sociale, con la valorizzazione delle iniziative
delle persone, dei nuclei familiari, delle forme di autoaiuto e di reciprocità e della solidarietà organizzata.”
I contenuti della L. 382/2000
• Nell’art. 5 (Ruolo del terzo settore) si
afferma che le istituzioni “per favorire
l’attuazione del principio di sussidiarietà”
devono promuovere azioni per il sostegno
e la qualificazione dei soggetti di TS.
La riforma del Titolo V
• A un anno dall’approvazione della legge-
quadro, il percorso di inserimento del
principio di sussidiarietà nel nostro
ordinamento si è concluso con la riforma
del Titolo V della Costituzione
La riforma del Titolo V
• L’art. 117 attribuisce alle Regioni la
potestà legislativa in materia di servizi
sociali, con l’esclusivo limite del rispetto
della Costituzione, dell’ordinamento
comunitario europeo e degli obblighi
internazionali.
La riforma del Titolo V
• L’ art. 118, afferma: “Stato, Regioni, Città metropolitane,
•
Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei
cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività
di interesse generale, sulla base del principio di
sussidiarietà”.
Come è evidente, questo articolo afferma il concetto
molto importante che l’interesse generale non è
monopolio dei poteri pubblici. Oltre che di questi ultimi,
può essere ‘affare’ dei cittadini, singoli o associati.
La riforma del Titolo V
• Nel dettato dell’articolo manca un aspetto
che era stato largamente presente nelle
discussioni precedenti la revisione. Si
tratta dell’idea che quando la cura
dell’interesse generale può essere affidata
a iniziative autonomamente intraprese dai
cittadini, piuttosto che all’esercizio dei
poteri pubblici, è bene che tale possibilità
vada a effetto.
La riforma del Titolo V
• Si tratta di una omissione di non poca
rilevanza, dal momento che l’idea che
l’ente superiore ( o più grande) non
intervenga quando quello inferiore (o più
piccolo) è in grado di svolgere il compito
costituisce il contenuto essenziale del
principio di sussidiarietà sia nella sua
formulazione tradizionale che in quella
recepita dall’Unione Europea.
Valutazione sul sistema regolativo
• In sintesi, sulla base della ricognizioni che
abbiamo proposto, si può affermare che in Italia
il principio di sussidiarietà è stato recepito ed è
entrato formalmente a far parte dei principi
ispiratori del nostro ordinamento, anche
nell’ambito delle politiche socio-assistenziali, ma
in una versione “anomala” che lascia spazio ad
una pluralità di interpretazioni e, soprattutto, di
modalità di implementazione.
L’attuazione del principio di
sussidiarietà verticale
• L’attuazione della dimensione verticale della
sussidiarietà ha fino ad ora trovato un ostacolo
molto forte, oltre che nella costante riduzione
dei finanziamenti statali, nel metodo della
finanza derivata, cioè nell’assegnazione delle
risorse economiche secondo il modello della
redistribuzione top-down. L’attuazione piena
della sussidiarietà verticale, infatti, esige la
creazione di un sistema di finanziamento basato
sul federalismo fiscale.
Le posizioni sull’attuazione della
sussidiarietà orizzontale
• Il dibattito su come debba essere attuato il principio di
•
sussidiarietà, ha prodotto posizioni e valutazioni molto
diverse.
Secondo alcuni i cittadini singoli e associati non possono
stabilire in che cosa consista “l’interesse generale” della
comunità. Il compito dell’individuazione è proprio della
sfera pubblica, identificata con le relative istituzioni
democratiche (comune, regione, stato). Rispetto a
questa funzione, che rimane inalterata, l’art. 118
sollecita e favorisce la “partecipazione” dei cittadini al
processo decisionale dell’amministrazione.
Le posizioni sull’attuazione della
sussidiarietà orizzontale
• Altri parlano di sussidiarietà “circolare” per
indicare che il modello italiano suggerisce
e sostiene l’intreccio o la piena
collaborazione tra risorse pubbliche e
risorse private. Il termine si deve a
Cotturri, che legge la sussidiarietà come
necessaria e doverosa
integrazione/collaborazione tra Stato e
società civile.
I modelli di attuazione
• Il primo modello intende come attuazione
della sussidiarietà orizzontale da parte
dell’ente pubblico l’esternalizzazione, cioè
l’affidamento di un servizio, prima gestito
direttamente, ad un soggetto privato o di
privato-sociale tramite convenzione o gara
di appalto.
Esternalizzazione
• Ricondotta al concetto di sussidiarietà si
potrebbe dire che questa logica ne
rappresenta una forma di attuazione
invertita o rovesciata, nel senso che è
l’ente pubblico che chiede al privato di
essere sussidiato per la realizzazione e la
gestione dei servizi che lo stesso ente
pubblico giudica non opportuno o
conveniente gestire direttamente.
Esternalizzazione
• Così intesa, la sussidiarietà tende a produrre
effetti perversi di notevole rilevanza che
possiamo sintetizzare nel concetto di
“isomorfismo organizzativo” del TS. Con questa
espressione si intende evidenziare che le OTS,
per ottenere gli appalti dei servizi si assimilano
sempre di più ai modelli organizzativi tipici delle
burocrazie pubbliche perdendo l’elemento che le
differenzia specificamente dallo Stato e dal
mercato, cioè la capacità di produrre beni
relazionali e di creare capitale sociale.
Esternalizzazione
• Nel welfare italiano questa è la forma di
•
sussidiarietà più diffusa e praticata.
Secondo i dati forniti dalla Indagine Auser su
Enti locali e Terzo settore, presentata a Roma
all’inizio del 2008, nel 2006 il 40,3% della spesa
sociale dei medi e grandi comuni (capoluoghi di
Provincia) era già gestita attraverso l’intervento
delle Cooperative sociali e di altri soggetti del
Terzo settore (organismi del volontariato). Una
percentuale che aumenta fino al 44% nelle aree
del Centro, e scende al 33,7% al Sud
2° modello:La sussidiarietà come
innovazione progettuale e
sperimentazione di servizi
• In questo modello viene valorizzata la
capacità di innovazione, che è considerata
da molti una delle caratteristiche più
significative del TS, mentre il pubblico si
riserva il ruolo di valutazione della qualità,
coerenza e sostenibilità economica dei
progetti e il ruolo di controllo della loro
implementazione.
2° modello:La sussidiarietà come
innovazione progettuale e
sperimentazione di servizi
• Questo modello ha avuto un periodo di forte
espansione per quanto riguarda le politiche per
l’infanzia e l’adolescenza, grazie all’approvazione
della l. 285/97. Il mancato rifinanziamento di
quella legge e la mancata estensione della sua
logica ad altri settori ha fatto sì che sia rimasto
abbastanza residuale. E’ presente nella forma
della predisposizione di progetti inseriti nei Piani
di zona e della realizzazione autonoma di alcune
strutture o servizi, successivamente
convenzionati con l’Ente locale.
3° modello:La sussidiarietà come
valorizzazione delle iniziative della società civile
• Corrisponde ai casi in cui l’ente pubblico si
•
impegna a riconoscere e a sostenere a posteriori
iniziative realizzate da soggetti di società civile
che hanno ottenuto il consenso e il sostegno
della comunità e/o dei segmenti di comunità
coinvolti ed interessati a certe aree di disagio.
La metodologia con cui la legge prevede si
debbano costruire i Piani di Zona rende
teoricamente possibile l’attuazione di questo
modello.
3° modello:La sussidiarietà come
valorizzazione delle iniziative della società civile
• Al momento non esistono ricerche che abbiano valutato
a livello nazionale le modalità di costruzione, i contenuti
e l’implementazione dei Piani di Zona. Non è possibile,
quindi, dare dati sicuri. L’impressione che si ricava dalla
lettura e valutazione di parecchi di questi Piani, e,
soprattutto, dei modi in cui sono stati costruiti, mi porta
a pensare che quello della valorizzazione sia il modello
oggi meno diffuso, ma anche quello che potrebbe più
essere rilanciato dal varo di un corretto sistema di
federalismo fiscale.
I percorsi regionali di attuazione della l.
328
• Per quanto riguarda il tema della
sussidiarietà, possiamo fare riferimento ai
dati forniti da una ricerca del Formez che
ha analizzato il processo di evoluzione
della riforma del welfare locale a cinque
anni dall’emanazione della Legge Quadro
n. 328/2000 e dalla successiva modifica
del titolo V della Costituzione (L. Cost. n.
3/2001).
I percorsi regionali di attuazione della l.
328
• I ricercatori del Formez hanno valutato il grado e la
modalità di attuazione dei principi di sussidiarietà
orizzontale e verticale nelle regioni italiane utilizzando i
termini di governance inteistituzionale (per la
sussidiarietà verticale) e governance esterna ( per quella
orizzontale). Riferendosi agli schemi interpretativi forniti
dalla sociologia dell’organizzazione, le regioni sono state
differenziate in base al “meccanismo” di coordinamento
che risulta essere stato preferito tra tre alternative
possibili: i meccanismi di tipo mercato, i meccanismi
orientati alla gerarchia e i meccanismi reticolari o
network.
I percorsi regionali di attuazione della l.
328
• Vorrei sottolineare, prima di accennare ai risultati, i limiti
dell’impostazione della ricerca, specie sul piano
metodologico. Infatti, pur dovendosi apprezzare
l’introduzione delle due variabili relative alla sussidiarietà
come criteri di misurazione del grado di passaggio dal
modello di goverment a quello di governance e come
indicatori del tipo di governance realizzata, le
informazioni richieste nella scheda di rilevazione risultano
molto limitate e insufficienti a caratterizzare in
particolare l’ idea di sussidiarietà orizzontale che ha
influenzato gli atti normativi e programmatori delle
regioni.
I percorsi regionali di attuazione della l.
328
• Ad esempio, vengono assegnate al modello “mercato” le
•
regioni in cui sono diffusamente presenti i voucher,
l’esternalizzazione dei servizi e l’accreditamento, mentre
la reticolarità coincide con la presenza di forme di
“partnership pubblico – pubblico o pubblico – privato
nell’erogazione dei servizi o nel sistema di finanziamenti.”
(Formez 2006, p. 171)
E’ chiaro che tra le informazioni raccolte e questo tipo di
categorizzazione è intervenuto il filtro di un concetto di
sussidiarietà “circolare” che è del tutto legittimo ma che
in questo contesto si pone come opzione normativa e, in
quanto tale, metodologicamente problematica.
I percorsi regionali di attuazione della l.
328: Classifica Formez
Modello tradizionale
mercato
rete
Abruzzo
Veneto
Liguria
Lombardia
Valle
d’Aosta
Bolzano
Trento
Friuli
EmiliaRomagna
Basilicata
Calabria
Molise
Sardegna
Sicilia
In
transizione
Campania
Marche
Umbria
Toscana
Conclusioni
• Mi pare che in Italia sia fino ad ora
prevalsa, con qualche eccezione, una
semantica della sussidiarietà che
potremmo definire neo-socialdemocratica
o istituzionale.
• In questa semantica il problema cruciale
diventa quello della regolazione
Conclusioni
• A questa vorrei contrapporre una semantica
relazionale della sussidiarietà. Entro tale
semantica, il Privato sociale-TS, pur nella sua
complessa articolazione, rappresenta un nuovo
progetto sociale e umano che esprime un modo
nuovo di vivere in società e di fare società, nella
misura in cui mette al primo posto la produzione
di beni relazionali e, tramite questa, la creazione
di capitale sociale.
Conclusioni
• Lo Stato è sussidiario nella misura in cui è
capace di raccogliere e valorizzare i
movimenti della società che stanno
sperimentando forme nuove di solidarietà
e di aiuto per finalizzarle alla costruzione
di una welfare society.
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Il modello italiano di politiche sociali: l`applicazione del principio di