Leggende veneziane
a cura di Myriam Da Rin
Introduzione
Camminando per Venezia
nelle giornate appena velate
di nebbia, seguendo itinerari
non percorsi dal flusso
continuo dei “foresti”, si
possono ascoltare gli echi di
storie misteriose.
Venezia in una giornata di nebbia
Percorrendo calli e campielli
si può entrare in un mondo
inconsueto, in un luogo
magico dove trascorrere
giornate indimenticabili alla
scoperta di storie di fantasmi,
di mostri marini , di sirene
e streghe .
Nelle pagine che seguiranno,
verranno raccontate alcune
delle innumerevoli leggende
veneziane.
La strega che si
trasformò in gatto
Marietta, figlia del pittore
Jacopo Robusti, meglio
conosciuto come
Tintoretto, dopo la prima
comunione, come da
usanza, per 10 giorni
doveva recarsi presso la
cappella del convento di
Madonna dell’Orto per
ricevere l’eucarestia.
Tintoretto
Il primo giorno
comparve una
vecchia che le
assicurò che se
avesse nascosto le
particole e quindi
gliele avesse
consegnate, avrebbe
potuto assumere le
sembianze della
Madonna.
La vecchia
La bimba fece
così come la
donna aveva
detto e nascose
le particole in
giardino dietro
l’ abbeveratoio
dove si
dissetavano un
asino e da alcuni
maiali che il
padre allevava.
I maiali e l’asino
all’abbeveratoio
Dopo alcuni giorni gli
animali diedero segni
di sofferenza ; si
inginocchiarono
davanti
all’abbeveratoio e
non vollero più
alzarsi.
Vista la situazione, la
bimba confessò tutto
al padre il quale,
essendo a
conoscenza di alcune
pratiche di magia,
riportò le particole in
chiesa, si procurò un
grosso bastone e
ritornò a casa. Istruì
quindi la figlia sul da
farsi.
Al decimo giorno,
come suggeritole
dal padre, Marietta
attese la vecchia e
la fece salire in
casa: la vecchia
non fece a tempo
ad entrare, che il
Tintoretto l’aggredì
a legnate:
la vecchia si tramutò in
un gatto nero
e cercò di scappare,
arrampicandosi sulle
tende e le pareti; infine
con l’impeto della
disperazione, si gettò
contro il muro,
sfondandolo: dallo
squarcio uscì e mai più
venne vista.
Il Tintoretto, per
impedire un eventuale
rientro, fece apporre
alla parete un rilievo
rappresentante Ercole
con la clava in mano.
Il rilievo è ancora
visibile in fondamenta
dei mori, all’anagrafico
3399, sestiere di
Cannaregio.
Ercole con la clava
Il pescatore e la
sirena
Alla Bragora
- Sestiere di
Dorsoduro –
c'é uno dei
sottoportici più
bassi di Venezia:
qui un tempo
viveva Orio, un
giovane
pescatore.
Il pescatore Orio
Una notte, gettando le
reti al largo di
Malamocco, Orio sentì
una vocina che diceva
“liberami, ti prego
liberami . . .” e quindi
vide due mani
femminili che si
aggrappavano alla
rete:
dalle oscure
acque emerse
un bellissimo
viso di
fanciulla dai
rossi capelli e
al posto delle
gambe una
lunga coda di
pesce di un
verde brillante.
Orio liberò la
fanciulla dalla rete;
questa gli disse di
essere una sirena e
di chiamarsi
Melusina.
Il giovane se ne
innamorò
immediatamente; per
molte notti si incontrarono
fino a che Orio non la
chiese in sposa: lei
acconsentì dichiarandosi
disposta a rinunciare alla
libertà del mare e
affrontare la durezza della
terra procurandosi un
paio di gambe.
Unica condizione:
fino al giorno delle
nozze non si
potevano vedere
al sabato.
Una notte Orio
non seppe
resistere e
andò al posto
in cui si
incontravano:
dopo un po’
vide guizzare
un serpente e
una voce gli
disse:
Orio e Melusina tramutata
in serpente
”ti avevo
avvertito di non
venire: per un
maleficio,al
sabato devo
tramutarmi in
serpente, ma
dopo le nozze
ciò non accadrà
più”
I due si sposarono,
ebbero tre figli, vivendo
nell’agiatezza. Ma un
giorno Melusina si
ammalò gravemente;
prima di morire chiese
al marito di essere
sepolta nel luogo in cui
si erano incontrati, cosa
che Orio fece.
Nei mesi
successivi alla
morte, Orio si
accorse con
stupore che la
casa era sempre
pulita e i bimbi
curati; pensò ad
una vicina spinta
da compassione.
Un sabato mattina,
rientrato prima del
tempo, trovò un
grosso serpente che
uccise.
Da quel giorno la casa
e figli divennero
trascurati: Orio capì
così di aver ucciso la
sua amata moglie
Melusina
E’ in ricordo di questa
storia d’amore che sulla
volta del sottoportego
dei Preti , a pochi passi
dalla salizada del
Pignater (sestiere di
Dorsoduro) dove
sorgeva la casa di Orio
e Melusina, si può
vedere un cuore in
pietra, portafortuna per
gli innamorati.
Venezia - Sottoportego
dei preti
La musica scritta sull’acqua
Antonio Vivaldi,
musicista, nacque
nel 1678 a Venezia
nel sestiere di
Dorsoduro (
località della
Bragora), e venne
subito battezzato
dalla levatrice
perché in pericolo
di vita.
Due mesi dopo gli
vennero impartiti
esorcismi e oli
sacri in chiesa, ma
in quei sessanta
giorni pare che il
diavolo avesse
allungato le
proprie mani sul
piccolo.
Il diavolo
L’esorcismo ebbe
successo, ma non del
tutto: in Vivaldi rimase
viva una sorta di
doppia natura
angelica e malvagia
che si combattevano
aspramente. Vinse la
natura angelica e
Vivaldi decise di
diventare sacerdote.
Nel 1703 fu infatti
ordinato
sacerdote e fu
subito
soprannominato il
prete rosso per il
colore della sua
capigliatura.
Vivaldi
Il demonio,
constatando la
situazione, giocò
un’ultima carta
impedendo al
compositore di
scrivere l’opera che
avrebbe strabiliato il
mondo, costringendolo
a mantenerla
racchiusa nel cuore.
Nel 1704 ottenne una
dispensa dal
celebrare messa per
” motivi di salute”.
Attorno a questo fatto,
si diffusero leggende:
in particolare il conte
Grégoire Orloff
raccontò il seguente
aneddoto:
"Una volta che Vivaldi diceva la
Messa, gli venne in mente un
tema di fuga. Lascia allora
l'altare sul quale officiava, e
corre in sacrestia per scrivere il
suo tema; poi torna a finire la
Messa. Viene denunciato
all'Inquisizione, che però
fortunatamente lo giudica come
un musicista, cioè come un
pazzo, e si limita a proibirgli di
dire mai più Messa".
Alla morte (1741) Vivaldi
trovò finalmente la pace:
un unico rammarico, quello
di non aver potuto scrivere
ciò che aveva nel cuore.
Ancor oggi, nelle notti in
cui il vento increspa le
onde, lo spirito del “prete
rosso” scrive sull’acqua le
note di una malinconica
melodia che nessuno potrà
mai ascoltare.
Lo scialle della morta
In una gelida notte
di novembre
d’inizio secolo XX,
all’indomani della
Prima guerra,
Antonio Salvatici,
medico personale
del vescovo, stava
facendo ritorno a
casa mentre
infuriava una
tormenta di neve.
All'altezza della riva che
va in calle del
sottoportico Zurlin sente
una voce che chiede
aiuto dalla riva.
Salvatici fece attraccare,
e si accorse che la voce
apparteneva a una
fanciulla stretta in uno
scialle logoro nel
tentativo di ripararsi
dalla neve.
Nevicata notturna
La ragazza
riconobbe il
medico, e lo
pregò di recarsi a
visitare sua
madre
gravemente
ammalata.
Il medico la seguì fino
a una vecchia casa
nei pressi del
sottoportego Zurlin,
sito nella zona del
campo della Ruga
(Castello), dove trovò
una donna - che
subito riconobbe come
una sua ex domestica
- ammalata di
polmonite.
Si diede da fare per
aiutarla, e nel frattempo
si complimentò con lei
per la figlia, così
amorosa e devota da
affrontare il gelo e la
neve pur di trovare un
medico; se la domanda
d'aiuto fosse giunta
anche la mattina
successiva sarebbe
stato troppo tardi.
Sentendo quelle parole ,
la malata disse che sua
figlia era morta un mese
addietro.
Il dottore non voleva
crederci, si girò e non
vide più la ragazza.
A riprova di quanto
detto, la donna mostrò al
medico le scarpe e lo
scialle della defunta.
Salvatici riconobbe
lo scialle con il
quale si riparava la
ragazzina, ma era
asciutto, e
chiaramente
nessuno poteva
averlo indossato
quella notte.
Ogni ricerca nei
giorni successivi
fu vana: della
fanciulla che lo
aveva condotto
dalla donna non
si seppe mai
nulla.
La giovane
scomparsa
La monaca infelice
Chiaretta Loredan,
figlia di un nobile
ricco, si innamorò
di Sauro, povero
falegname
dell’Arsenale, e
decise di sposarlo.
Quando suo padre lo
venne a sapere,
indignato la rinchiuse
tra le mura del
convento di Sant’Anna
– sestiere di Castello dicendole che, se
proprio voleva sposare
un falegname, quello
sarebbe stato solo
Gesù Cristo.
La ragazza però non si
arrese e progettò di
fuggire con il suo
giovane innamorato.
Nel frattempo le
monache, impietosite
dalla evidente sofferenza
di Chiaretta, decisero di
mandare a chiamare il
padre per convincerlo a
riportarla a casa.
Disgraziatamente
l’uomo arrivò al
convento proprio
nella stessa sera in
cui vi si era recato
anche Sauro, e
sorprese la figlia che
scavalcava un muro
di cinta per
raggiungere la barca
dell’amato.
Sauro e Chiaretta
Accecato dalla
collera, Loredan colpì
entrambi con la
spada e gettò sulla
ragazza una terribile
maledizione: avrebbe
continuato a vagare
per il convento fino a
che questo non fosse
stato ridotto in
polvere.
L’indomani le
monache
ritrovarono i due
corpi, e mentre
riuscirono a
salvare il giovane
Sauro, non
poterono far altro
che seppellire
Chiaretta.
Da allora , in alcune
notti oscure, si
vede l’ombra di
Chiaretta vagare
lamentandosi per la
cattiva sorte
toccatale.
Chiaretta
La principessa Hao
Dong
Dei 25 anni
passati in viaggio,
Marco Polo ne
trascorse ben 17
a lavorare per
l'imperatore della
Cina, Qubilay
Khan.
L’imperatore Qubilay
Khan
Durante la sua
permanenza,
il giovane Polo si
innamorò di una delle
figlie più giovani ed
avvenenti di Qubilay,
Hao Dong, tanto da
chiederla in moglie al
Khan.
Marco Polo
Di indole dolce e riservata,
per lunghi anni essa
ricambiò col suo amore
quello del compagno e ne
seguì le gesta o ne attese
il ritorno.
Poi per Polo arrivò il
momento di tornare in
patria.
Hao Dong decise di
seguire le sorti del marito,
ma la sua vita a Venezia
non fu felice.
Invisa alla famiglia e ai
cittadini per gelosia,
invidia e diversità
razziale, la principessa
decise di rimanere
segregata in casa, per
non creare problemi al
suo sposo.
L'unico svago che Hao
Dong si concedeva nei
giorni della sua prigionia
volontaria era il canto.
Non era raro infatti,
nelle serate più belle,
ascoltare il canto
struggente con cui la
donna ricordava il
tempo in cui un intero
impero la onorava e
lei viveva felice nelle
lontane terre del
Kathay.
Per mesi la situazione
si trascinò così, fino
all'imprigionamento di
Marco Polo da parte
dei genovesi.
Una volta giunta a
Venezia la notizia, per
ferirla le fu annunciata
la morte di Marco,
anziché la
carcerazione.
La stessa notte
Hao Dong, morì
per la disperazione,
concludendo così
la sua breve ed
infelice
permanenza nella
città.
Da allora è ancora
possibile, nelle sere
d'estate in cui il sole
indugia al tramonto,
passare nei pressi
dell’ edificio ove viveva la
famiglia Polo , vicino al
Teatro Malibran (sestiere
di S.Marco), e sentire un
canto lieve e triste. E'
Hao Dong che canta il
suo amore per Marco.
Torcello e il ponte del
Diavolo
Durante
l’occupazione
austriaca, una
ragazza
veneziana, che
chiameremo
Giulia, si
innamorò di un
ufficiale
dell’esercito
austriaco.
La famiglia di lei ne fu
fortemente
contrariata; il giovane,
un giorno, fu trovato
pugnalato.
La ragazza non
mangiò più, deperì, si
disperò talmente
tanto da chiedere
aiuto ad una vecchia
maga.
Questa promise a
Giulia di poter vedere
l’amato in un’altra
dimensione e ciò
sarebbe stato
possibile contattando
un diavolo minore:
questi diavoli
custodiscono sotto la
lingua tre chiavi d’oro
che possono aprire le
porte dello spazio, del
tempo . . .
Il demone
contattato promise
di far tornare il
ragazzo dall’aldilà
e farlo incontrare
con l’innamorata.
La maga e il diavoletto minore
Venne stipulato un
contratto: la maga
avrebbe dovuto
consegnare al diavolo le
anime di sette fanciulle.
Venne anche trovato il
luogo adatto
all’incontro: un arco di
pietra sopra un corso
d’acqua, il ponte di
Torcello per l’appunto.
Il diavolo sogna le anime
delle sette fanciulle
Si fissò una data, il 24
dicembre, quando le
forze del bene erano
affaccendate altrove…
Il diavolo
puntualmente si
presenta: la fanciulla
sale sul ponte ed
attende in assoluto
silenzio:
il diavolo estrae dalla
bocca una delle tre
chiavi e la butta in
mare: sull’altra
sponda appare il
giovane:
Giulia e il suo amato
si ricongiungono in un
lungo abbraccio e poi
scompaiono.
La maga avrebbe
dovuto rivedere il
diavolo esattamente
dopo una settimana
per portare il premio
che era stato pattuito;
ma un po’ vecchia e
smemorata, un po’
distratta e forse un po’
imbrogliona, non si
fece vedere.
Si accordò per un
nuovo appuntamento
nei successivi 7 giorni,
ma morì per cause
naturali prima di far
fronte alla promessa.
Da quel giorno ogni
notte, il diavolo appare
sul ponte ad aspettare
le anime pattuite.
Il diavolo si recò per
anni ogni settimana al
ponte e poi, stanco, si
fece sostituire da un
gatto nero, che ancora
oggi va al ponte del
diavolo per attendere
la maga .. .
La leggenda di
S. Marco
Nell’800 - durante il
dogato di Giustiniano
Partecipazio (827-829) la leggenda vuole che
Buono da Malamocco e
Rustico da Torcello,
aiutati dal loro servo
Basilio, fossero riusciti a
trafugare da
Alessandria di Egitto le
spoglie dell’evangelista
Marco.
Le trasportarono sul
fondo di una cesta
ricoperta da una
partita di carne di
maiale: il carico passò
senza ispezione alla
dogana a causa del
non apprezzamento dei
mussulmani - seguaci
del Profeta - per questa
derrata.
A Basilio, quale
premio per la sua
grande
collaborazione nella
trafugazione delle
spoglie del Santo,
fu concesso di
portar via il rosaio
che era cresciuto
sulla tomba
dell’evangelista.
Ritornato a Venezia,
Basilio piantò il
rosaio nel giardino
della sua casa alla
Giudecca. Alla sua
morte i due figli
litigarono per
l’eredità; vi fu una
divisione della casa e
il rosaio segnò il
confine tra le
proprietà.
I litigi continuarono
nelle successive
generazioni: il rosaio
si inaridì e cessò di
fiorire.
Un 25 aprile di molti
anni dopo nacque un
amore a prima vista tra
una fanciulla
discendente da uno dei
due rami e un giovane
dell'altro ramo familiare.
I due giovani si
innamorarono
guardandosi attraverso il
roseto che separava i
due orti.
Il roseto felice dello
sbocciare dell'amore
tra parti nemiche,si
coprì di boccioli rossi,
e il giovane
cogliendone uno lo
donò alla fanciulla.
In ricordo di questo
amore a lieto fine,
che avrebbe restituito
la pace tra le due
famiglie, i veneziani il
25 aprile offrono
ancor oggi il boccolo
rosso alla propria
amata.
La fata che donava la
bellezza
La giovane Dorina
che aveva compiuto i
16 anni da un solo
giorno, tornando a
casa dai Vespri,
incontrò una dama
stupenda, tutta
vestita di bianco.
Ciò accadde per 3
giorni.
Il quarto giorno la
dama si rivolse alla
giovane, chiedendole
“ Dorina, ti piacerebbe
diventare bella come
me?”. La giovane si
spaventò pensando di
trovarsi di fronte ad
una strega ed
espresse il suo
pensiero.
La dama di mise a
ridere e rassicurò
Dorina. Disse di
chiamarsi Laura e di
essersi trasferita da
pochi giorni nel
quartiere e che
avendo visto quanto
era pia, aveva
deciso di svelarle il
segreto della sua
bellezza.
Dorina era attratta
dal segreto e chiese
cosa doveva fare.
Laura le disse
“questa notte,
quando ti sarai
rinchiusa nella tua
stanza, copri tutti i
mobili con lenzuola
bianche.
Poi spogliati e ungi il
tuo corpo con il
contenuto di questa
ampolla, accendi
molte candele e
mettiti a letto dopo
aver indossato una
camicia candida e
lasciato uno spiraglio
della finestra.
Dopo un po’
arriveranno tre
donne vestite in
bianco come me.
Non aver paura, non
invocare Dio o la
Madonna e chiedi
cosa vuoi.
Ricordati di non
lasciare specchi in
vista”.
Dorina eseguì le
indicazioni con
precisione, ma
dimenticò di coprire
uno specchio. Le
dame arrivarono, ma
lo specchio rivelò
che queste erano in
realtà delle streghe.
Strega allo specchio
Dorina fuggì, ma
trovò Laura sulla sua
strada che la fermò:
solo allora Dorina
scoprì che i piedi
della bellissima dama
erano caprini: Laura
sentendosi scoperta,
cercò di aggredire
Dorina che esclamò
“Oh, madonna mia!”.
Un’immensa luce
illuminò la calle e al
dissolversi del bagliore,
la dama era scomparsa.
Ancor oggi, a Santa
Croce, subito dopo il
Campiello dell’oratorio ,
nella calle drio la chiesa,
si può vedere la statua
della vergine che
schiaccia il diavolo sotto
forma di serpente .
Il mostro della punta
della Dogana
Vecchi racconti
popolari parlano
di una grande
cavità proprio
sotto punta della
Dogana dove
dimorerebbe una
spaventosa
creatura .
Questo mostro
assomigliava per
metà a Kraken e
per metà a
Nessie.
Ma chi sono
Kraken e Nessie?
Kraken è un
mostro
leggendario dei
mari del Nord
dalle dimensioni
talmente grandi
da poter essere
scambiato quando dorme in
superficie - per
un'isola .
Viene
generalmente
rappresentato
come una
gigantesca
piovra, con
tentacoli
abbastanza
grandi da
avvolgere
un'intera nave.
Kraken
Nessie - ovverosia il
mostro di Loch Ness
– è una creatura
leggendaria che vive
appunto nel Loch
Ness, lago della
Scozia.
Molte le persone che
narrano di averlo
visto.
Alcuni
sostengono si
tratti di un
dinosauro
misteriosamente
sopravvissuto fino
ai giorni nostri .
Nessie
Il mostro della
Dogana uscirebbe
solo nelle notti
senza luna, quando
il vento increspa le
acque rendendo
indistinguibili le
forme che vi si
muovono.
Nel 1933, due
pescatori a bordo di
una barca con
lampara, videro
emergere a pochi
metri da loro un
mostro marino con
bocca larga che
inghiottiva un
gabbiano, sparendo
subito dopo:
Barca con lampara
la bestia aveva un
corpo scuro, liscio e
spiraliforme, lungo circa
8 metri e la testa a
forma di cavallo con
enormi fauci dotate di
denti bianchi a sega.
Nel muoversi, il corpo
della creatura ondulava
ritmicamente e
sembrava sfiorasse il
pelo d’acqua.
Il mostro della
Dogana
Le tre vecchie sorelle
Tre vecchie
sorelle vivevano
nel sestiere di
Dorsoduro in
una casa con
una crepa sul
terrazzino da cui
spiavano la
gente che
passava.
La casa delle tre sorelle
Un giorno la
maggiore vide
passare un
bellissimo giovane
di famiglia nobiliare;
prese allora un
fazzolettino
ricamato e
profumato e lo
lasciò cadere in
strada ai piedi del
ragazzo.
Fazzoletto ricamato
Questi immaginò che
la proprietaria del
fazzoletto fosse una
giovane bellissima;
raccolse il fazzoletto
e suonò la
campanella della
porta: venne ad
aprire una delle
sorelle.
Il giovane si informò
se vi era nel palazzo
una giovane donna,
proprietaria del
fazzoletto e se
poteva vederla.
L’anziana donna
rispose che non era
possibile: solo dopo il
matrimonio poteva
essere vista.
Il giovane decise di
sposarla
comunque e corse
ad informare la
famiglia. Venne
stabilita la data
delle nozze.
Il giorno del
matrimonio le due
vecchie si
presentarono
tenendo sottobraccio
la sorella coperta da
sette veli. Lo sposo
fece per alzarli, ma
venne bloccato: solo
in camera nuziale era
possibile vedere la
sposa.
La sposa velata
Il matrimonio venne
celebrato. Giunti in
camera, a tarda sera,
lo sposo accese una
candela e quale la
sorpresa! si ritrovò
davanti una vecchia
decrepita e grinzosa:
preso dalla rabbia,
sollevò la vecchia e la
gettò dalla finestra.
La novella sposa
Questa cadde sul
pergolato sottostante:
casualmente
passavano
di lì tre fate
che videro
la vecchia
cui fecero
dono della
giovinezza
e della bellezza.
Il mattino seguente il
giovane si svegliò e
ricordando quanto
era successo, aprì la
finestra e vide,
adagiata sul
pergolato, una
bellissima fanciulla.
La soccorse e le
chiese mille volte
perdono. Le due
vecchie, quando
videro la sorella
così cambiata,
trasecolarono e
per tutta la loro
vita non si diedero
mai pace.
La dama bianca di
corte Lucatello
Vicino al ponte dei
Bareteri, in corte
Lucatello (sestiere di S.
Marco) ancor oggi si
può ammirare un
pozzo.
I pozzi erano una delle
poche risorse idriche di
Venezia. Un anno in cui
le piogge erano state
scarse, vi era stata la
necessità di razionare
l’acqua.
Una vera da pozzo
Una sera un
barcaiolo recandosi
al pozzo di corte
Lucatello
trovò
una dama vestita di
bianco.
Subito si impaurì
pensando si
trattasse di una
strega, ma la
signora disse al
barcaiolo:
"Non temere! Ti
voglio dare un
consiglio;
tornatene a casa
prima dell'alba
altrimenti ti
capiterà un
guaio“.
Il barcaiolo,
ignorando il consiglio,
continuò ad attingere
l'acqua dal pozzo. Ad
un certo punto entrò
nella corte un uomo
che assalì il barcaiolo
con un lungo coltello
colpendolo
gravemente, quindi
scappò lasciando il
barcaiolo a terra.
La dama in bianco
prese il coltello
gettato a terra
dall'assalitore, si
avvicinò al pozzo e
fece cadere dentro
tre gocce di sangue.
In quel momento
l'acqua cominciò a
salire dal pozzo fino
a traboccare.
Le gocce di sangue nel pozzo
Prese allora il suo
fazzoletto, pulì la
ferita del barcaiolo
che si rimarginò
immediatamente.
La dama in bianco
affermò quindi che
da quel momento vi
sarebbe stata acqua
in abbondanza.
Quindi svanì nel
nulla.
La leggenda
continua: si dice
che la dama, dopo
la morte, sia stata
sepolta all'interno
del pozzo e che il
suo spirito aleggi
nella corte nelle
notti di luna
nuova.
Il fantasma della
dama in bianco
Anzoleto, il più bravo
gondoliere di Venezia
Un tempo a Venezia
i gondolieri
remavano come tutti
gli altri rematori, cioè
seduti e con due
remi, e il perché le
cose siano cambiate
ce lo racconta la
storia di Anzoleto, il
gondoliere pigro.
Anzoleto era il più
bravo gondoliere di
tutta Venezia,
conosceva a
memoria tutti i
canali e tutti i rii,
sapeva tutto delle
maree, delle
correnti e dei
movimenti delle
acque.
Quando doveva portare
qualcuno in qualche
luogo, dava un paio di
colpi di remo, sistemava
la gondola in un certo
modo e diceva: “Bon,
desso ne porta la
corente”, poi chiudeva
gli occhi e si
addormentava e la
gondola arrivava
regolarmente a
destinazione.
L’abilità e la fama di
Anzoleto erano tali
che i nobili facevano a
gara per farsi portare
da lui, compensandolo
con borse piene di
ducati anche solo per
brevi tragitti e per
questo Anzoleto
divenne oggetto di
invidia da parte degli
altri gondolieri.
Una sera Anzoleto,
finito il lavoro, stava per
tornare a casa e aveva
dato un paio di colpi di
remo, aveva sistemato
la gondola in un certo
modo e aveva detto
“Bon, desso ne porta la
corente”, e s’era
addormentato mentre la
barca si avviava a
destinazione.
Mentre dormiva,
altre gondole si
avvicinarono alla
sua e, con piccoli
colpi di remo, ne
deviarono la rotta
fino a guidarla fuori
della laguna, verso
il mare aperto.
Trasportata dalle
correnti, con Anzoleto
sempre addormentato,
la gondola navigò per
tutta la notte, finché
all’alba venne catturata
da una nave di pirati
dalmati i quali presero
un remo della barca, lo
usarono per bastonare
lo sventurato Anzoleto.
I gondolieri
invidiosi, saputa la
cosa, si pentirono
e da allora, a
ricordo perenne
della sorte subita
da Anzoleto, tutti i
gondolieri di
Venezia remano in
piedi, con un remo
solo.
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