Organismi Politici
Internazionali e Globalizzazione
e sue alternative
Monica Di Sisto,
vicepresidente [Fairwatch]
Coordinate…
1. “La Chiesa stima degna di lode e di
considerazione l’opera di coloro che,
per servire gli uomini, si dedicano al
bene della cosa pubblica e assumono
il peso delle relative responsabilità.”
(C. Vat. II, Gaudium et spes, n. 75).
2. “La politica è una maniera esigente di
vivere l’impegno cristiano al servizio
degli altri” (Paolo VI, Octogesima
adveniens, 1971, n. 46).
E visioni…
 Scriveva Alexis de
Tocqueville nel
1847, riflettendo
sulla democrazia in
America:
 «il grande campo di
battaglia sarà la
proprietà…».
Ridare un senso alle parole
In quest’ultimo periodo,
ma soprattutto dopo il
Summit sullo sviluppo
sostenibile delle Nazioni
Unite Rio+20, una delle
più potenti campagne di
green marketing degli
ultimi
anni,
tutti
ci
stanno raccontando di
come i mercati ed il
privato green salveranno
il pianeta.
E’ il mantra del momento
Ambiente e clima come asset



l’ambiente e il clima, prima
ancora di essere ambiti da
tutelare per le generazioni che
verranno, sono diventati veri e
propri asset su cui investire.
I mercanti hanno bisogno di
estrarre valore economico
dall’acqua, il clima, la terra
e l’energia.
In un modo a volte talmente
insostenibile, che c’è bisogno
di ingenti risorse per
costruire campagne di
marketing ad hoc, per
convincere le persone che la
scelta green è oramai realtà.
Il sogno delle Nazioni Unite
 Il 10 dicembre 1948, l'Assemblea
Generale delle Nazioni Unite ha
approvato e proclamato la
Dichiarazione Universale dei Diritti
Umani.
 Tutti gli esseri umani nascono con
uguali e inalienabili diritti e libertà
fondamentali.
 Le Nazioni Unite si impegnano a
sostenere, promuovere e proteggere
i diritti umani di ciascun individuo.
Questo impegno deriva dallo Statuto
delle Nazioni Unite, che riafferma la
fede dei popoli del mondo nei diritti
umani fondamentali e nella dignità e
nel valore della persona umana.
La mano invisibile…
(1750 e oggi)
 Sono 842 milioni le
persone - vale a dire
una su otto - che nel
stanno ancora
soffrendo di
malnutrizione cronica,
denuncia l’ultimo
rapporto FAO sulla
fame nel mondo (2013)
Le Nazioni Unite nel 2005 identificano
vincitori e perdenti nella scena globale

L’UNEP (UN Environment program) in un
rapporto con alcuni casi-studio su prodotti
agricoli “sensibili” “è difficile che faccia
fiorire nuovi mercati, in particolare
agricoli, per le nazioni più povere senza
che questo avvenga a spese
dell’ambiente naturale”.

L’UNEP denuncia che i principali
“vincitori” della liberalizzazione dei
mercati sono gli importatori, i
produttori medi e di grande scala,
mentre i “perdenti” sono per lo più i
produttori locali e I piccoli agricoltori, il
cui reddito è sceso in picchiata. L’UNEP
chiarisce anche che i consumatori
possono risultare perdenti anch’essi in
molti casi, perché la riduzione dei
prezzi ai produttori progressiva e
drastica non ha alcun riflesso sui costi
finali di alcuni prodotti, oppure è la
qualità a risentirne.
Rio+20: cambiare o perire?


L’ultimo vertice delle Nazioni Unite su ambiente e
sviluppo, svoltosi a Rio de Janeiro nel giugno del
2012, a vent’anni esatti dal primo Earth Summit,
ha consolidato questo scenario: il privato, e il
mercato, saranno le chiavi di volta della
«rivoluzione verde» prossima ventura.
Occorre rimettere in gioco un «quinto elemento»:
la società civile, la fiducia in un mondo diverso, la
costruzione di un nuovo umanesimo globale, che
sia capace di opporsi alla nuova corsa all’oro e di
dimostrare come alla green economy dei
privilegiati possano opporsi tante piccole buone
economie da mettere in rete: economia ecologica e
solidale, finanza etica, esercizio della sobrietà e
della sovranità alimentare e degli altri diritti in
spazi di dono, di scambio e di mercato
necessariamente locali e solidali, se vogliamo che
siano vitali, organici e a misura umana.
La CoP 19 di Varsavia
Nel Novembre 2013 nel corso della Cop 19
conferenza sul clima dell’Onu organizzata per
affrontare il tema dei cambiamenti climatici a Varsavia, i
rappresentanti di 190 nazioni dovevano votare un
documento programmatico per contrastare in maniera
comune i cambiamenti climatici
Proprio nel giorno dell’apertura, lunedi 11 Novembre
2013, i media di tutto il mondo hanno riportato le
immagini del tifone Haiyan, e il delegato delle Filippine
Naderev ha lanciato uno sciopero della fame per
sensibilizzare gli altri rappresentanti ad assumersi delle
responsabilità concrete.
Ma in quegli stessi giorni giorni a Varsavia si è svolto un
summit internazionale “Carbone e cambiamenti
climatici” , organizzato dalla lobby del carbone World
Coal Association e sostenuto dal ministero polacco
dell’energia
Garrett Hardin:
La tragedia dei “commons”
Era il 1968 quando questo
tranquillo professore di
biologia presso l’Università
della California, a Santa
Barbara, si concentra su:
•La distruzione dell’ambiente
•La crescita demografica
•Le risorse naturali limitate
•La privatizzazione della
terra
Si parte da un’evidenza…
 Il risultato del fallimento del
modello è la costatazione
dell’ipersfruttamento e del
degrado in cui versano i beni
comuni, distrutti al punto da
non essere più in grado di
nutrire il bestiame nei villaggi.
 L’incapacità della proprietà
privata di preservare i beni
comuni genera la tragedia
La crisi non è meteorologica…
sono passati oltre 10 anni da Seattle
Lee Kyung Hae
Giù le mani!
“We can avoid tragedy only by
altering our values.” Hardin, 1968
Darwin ha vinto
 Il sistema capitalistico si è sostituito,
come telaio, alla società stessa,
discriminandola tra chi ha in mano i
mezzi di produzione e le risorse per
poter investire moltiplicando il
proprio capitale, e chi fa da
ingranaggio di un sistema industriale
destinato a crescere indefinitamente,
come i profitti e i privilegi delle élite
che lo controllano.
 Non vince il migliore ma il più adatto,
come insegna Darwin, e se
l’ambiente e il contesto possono
essere modificati a piacimento da chi
ha le risorse economiche, cognitive,
militari per farlo, diventa abbastanza
semplice capire chi riuscirà a imporsi
e chi rischierà di soccombere.
L’impronta dell’uomo pesa



Il clima sta cambiando in modo sempre più
veloce. La comunità scientifica concorda: è
l’impronta dell’uomo a pesare sul clima,
così come sulla perdita di biodiversità,
sull’inquinamento, sulla scarsità di acqua,
d’aria, di cibo, insomma di vita sul pianeta.
I Signori dell’aria, della terra, dell’acqua e
del fuoco si danno alla green economy in
tutte le sue articolazioni: da un
iperconsumismo tinto di sostenibilità a una
proclamata quanto inconsistente
responsabilità sociale ed ambientale, ad
agenzie di rating con cui si
autoattribuiscono patenti di sostenibilità.
Il neocapitalismo verde macina buone
pratiche, linguaggi, ricerche, saperi
tradizionali, la vita stessa, incurante
della condanna certa per le generazioni
che verranno.
Una bella favola: l’International
Trade Organization
John Maynard Keynes e
Harry Dexter White alla
Conferenza di Bretton Woods
 La Banca Mondiale e il Fondo
Monetario Internazionale sono stati
istituiti in un incontro tra i 43
“vincitori” a Bretton Woods, ridente
località balneare del New
Hampshire (USA) nel 1944.
 A fianco ad essi venne prevista la
creazione di un’International Trade
Organisation (ITO).
 Fu ratificata nel 1948 durante la
Conferenza delle Nazioni Unite di
L’Avana.
 Il commercio secondo l’Ito: un
sistema di REGOLE
 Il Congresso USA ne esaminò più
volte il documento istitutivo, ma
non lo approvò mai
Arriva il Gatt



6 Dicembre 1950: il presidente Truman
annuncia che non avrebbe più presentato il
documento istitutivo dell’ITO al Congresso.
Al suo posto venne elaborato il General
Agreement on Trade and Tariffs (GATT) che
fino al 1995 ha ridotto del 40% le barriere non
commerciali e introducendo misure
Pochi sanno che il GATT ancora esiste
 Prima che il GATT compisse 40 anni i suoi
membri decidero che il mondo era
cambiato.
 L’ottavo round di negoziati, l’Uruguay
Round, lanciato nel 1986 a Punta del Este,
in Uruguay, raccolse il mandato più
ambizioso di tutti i tempi: far entrare nello
spazio del mercato globale nuovi
“prodotti” (i servizi e la proprietà
intellettuale) e liberalizzare di più i settori
del tessile e dell’agricoltura.
E poi la World Trade
Organisation

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


-
Cade il muro di Berlino (1989)
Il negoziato doveva chiudersi a fine 1990 ma Stati
Uniti e Europa non si misero d’accordo.
Nel 1991 scoppia la Guerra del Golfo
Nel 1992 con il "the Blair House accord“ firmato
nel 1994, in Marrakesh (Marocco) i think thanks di
Clinton spingono alla creazione della World Trade
Organization, che diventa operativa il 1 gennaio
del 1995
Il sistema in vigore ha sei aree:
l’accordo ombrello istitutivo della WTO
L’accordo su beni e investimenti (GATT 1994 e
TRIMS),
L’accordo sui servizi (GATS),
Quello sulla proprietà intellettuale and
intellectual property (TRIPS);
Il dispute settlement body (DSB);
L’organismo di revisione delle politiche commerciali
dei Governi (TPRM).
Trade not aid: davvero?
 Trade: il commercio globale cresce nel 2011 del
5.0%, nel 2010 era il 13.8%, ed è cresciuto del
2,5% nel 2012.
 Le esportazioni delle economie sviluppate sono
cresciute del 4,7% e quelle in via di sviluppo del
5,4%.
 In Africa le importazioni sono cresciute del 5.0%
 Si prevede per il mondo in via di sviluppo nel suo
complesso che le importazioni crescano del 6.2%
 Gli aiuti, bontà nostra, calano: l’Ocse/Dac
registra un crollo globale del 3,3% negli aiuti
ai Paesi piu' poveri da parte dei Paesi
donatori. Taglio che per i Paesi dell'area
euro arriva al 6,4% rispetto al 2010.
LDCs: Paesi meno sviluppati
 Nel 2013, il cuore del futuro,
le popolazioni di ben 48 Paesi
della Terra, 33 in Africa, 14
in Asia e nel Pacifico e uno in
America Latina e Caraibi,
Haiti, che rappresentano ben
il 13% della popolazione
mondiale, ancora
sopravvivono con meno di 1
dollaro al giorno.
I numeri della recessione



Il FMI sostiene che il mondo è cresciuto appena
del 3,6% nel 2013, e che il rallentamento in
tutte le maggiori economie minacci sia la
ripresa negli Usa, sia in area euro. Per il 2014
dovremmo rimanere intorno al 3.7% e nelle più
rosee previsioni arrivare a un +3.9% nel 2015
La Cina, che cresceva di un 9,3 nel 2011
andrà al 7,7 nel 2012 è andata al 7,5% nel
2013 e si prevede scenderà al 7,5% nel
2014
Aumenta la disoccupazione anche in Cina.
Secondo dati della banca Hsbc, il sub indice
dell’occupazione e’ sceso al 47,7% a luglio 2013
rispetto al 48,8% di giugno, il suo peggior
livello del marzo 2009. L’indice e’ in continua
discesa da cinque mesi.
E' una de-crescita con meno
lavoro…

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Mancano all’appello 200 milioni di posti
di lavoro, ivi compresi i 30 milioni di
nuovi disoccupati dall’inizio della crisi.
74,8 milioni sono giovani.
Il tasso mondiale di disoccupazione non
cambierà da qui al 2016, rimanendo al 6%
della forza lavoro mondiale.
Quasi un miliardo di lavoratori
continuano a vivere, insieme alle loro
famiglie, sotto la soglia di povertà dei 2
dollari al giorno, soprattutto nei paesi
in via di sviluppo e l’80% dei lavoratori
nell’Africa sub sahariana e dell’Asia
meridionale sono “working poor”.
Nella stessa area l’85% delle lavoratrici
sono precarie. Dal 1997 al 2007 mentre i
fatturati globali crescevano del 4,2%
l’anno, l’occupazione aumentava
appena dell’1,6%.
La dimensione europea…


il commissario all’industria
nonché vicepresidente della
Commissione Antonio Tajani
intervistato dice: "Very often I
am told that the European
Commission is too far removed
from the daily reality of small
businesses. We want to address
this gap.
Today, we are giving businesses the
opportunity to identify those areas
and pieces of legislation where we can
make a difference. I am confident
that our enterprises will seize this
opportunity, and I am appealing to
them to make their views known.
Please do not hesitate to let us know
where we could eliminate excessive
burden."
Le aree-fardello…

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



Services: provision of services across borders, recognition of professional
qualifications;
Customs: customs controls and formalities, classification of goods, custom
tariffs;
Employment and Social Affairs: co-ordination and transferability of social rights,
health & safety at work, organisation of working time, social security schemes,
free movement of workers, posting of workers;
Energy: energy supply, energy efficiency, renewable energy;
Product safety: use of standards, demonstrating conformity in the absence of a
harmonised standard, conformity assessment procedures, conformity assessment
involving a conformity assessment body, EU declaration of conformity, CE
marking rules, information/labelling/traceability obligations, controls /
Inspections;
Environment: tackling climate change, air quality/pollutants, biotechnology,
nature and biodiversity, chemicals, industrial environmental audit, eco-labelling,
noise, waste, water;
Business environment: public procurement, company law, intellectual and
industrial property, data protection;
Taxation: VAT, excise duties, other indirect taxes, Direct taxes;
Consumer protection: safe shopping, electronic commerce, legal redress and
settlement of disputes, food safety, animal and plant health;
Transport: transport of goods/ passengers, road transport, maritime / inland
waterway transport, combined/ other transport modes
Europa: un peccato originale





La stessa Commissione Delors (1985-1994) ha
collaborato a stretto contatto con la Tavola rotonda
europea degli industriali (ERT) per la creazione di un
mercato unico, la moneta unica, e varie altre
iniziative politiche di alto profilo.
Per Delors, un federalista convinto, l'alleanza con
l'ERT è stato un modo per ottenere un’accelerazione
nell'unificazione europea, dopo molti anni di
stagnazione.
Le grandi multinazionali che appartenevano alla ERT
avevano il peso politico per convincere gli Stati
membri.
Egli può aver fatto questo nella convinzione che
l'integrazione politica su vasta scala e di un’ 'Europa
sociale' avrebbe seguito automaticamente.
L'alleanza con le grandi imprese ha provocato un
progetto di UE neoliberista, che ha scatenato le forze
di mercato che hanno impedito non solo l'emergere di
un'Europa sociale, ma che ora minacciano di
smantellare lo stato sociale rimasto e le altre
conquiste progressiste in una misura mai vista prima.
TTIP: liberalizzazioni 2.0
 Il Partenariato transatlantico
per il commercio e gli
investimenti (TTIP) è stato
definito come il più grande accordo
commerciale del mondo.
 È un accordo commerciale tra
l’Europa e gli Stati Uniti progettato
per rimuovere le barriere
commerciali in una vasta gamma di
settori economici per facilitare
l'acquisto e la vendita di beni e
servizi tra Europa e Stati Uniti;
I veri guadagni



Secondo le rosee previsioni diffuse dal commissario
del commercio Karel De Gucht infatti saranno creati
2 milioni di posti di lavoro in Europa, 119
miliardi di euro l’anno di Pil per l’Europa e 130
miliardi di dollari per gli Stati Uniti, cioè 545
euro in più l’anno per ogni famiglia di quattro
persone nell’Unione, e 901 dollari negli Stati Uniti.
tutto questo, tuttavia, si otterrebbe solo entro il
2027, nella migliore delle ipotesi, ed al prezzo
di una totale deregulation. Le famiglie europee
potrebbero, ad esempio, risparmiare acquistando
più pollo a buon mercato esportato dagli Usa, ma
non sappiamo quanti dei loro membri perderebbero
il lavoro per la chiusura degli allevamenti europei di
migliore qualità.
Quello pollo poi, se di qualità peggiore rispetto a
quanto previsto attualmente dai regolamenti
europei, potrebbe farli ammalare e pesare di più sui
servizi sanitari pubblici.
Le sue caratteristiche
 I testi negoziali sono segreti
 La Commissione europea negozia senza
condividere i testi con il Parlamento
 I Parlamenti nazionali sono coinvolti nella
semplice ratifica
 La Commissione dialoga con i lobbisti,
non con i cittadini
Non solo dazi, ma diritti



Dalle poche informazioni reperibili sull’accordo si evince che esso
interverrà in favore di una riduzione delle barriere tariffarie (tasse
doganali), ad oggi già basse tra i due continenti (media livello del 4
%).
La maggior parte dei guadagni derivanti dal TTIP
scaturiranno dalla riduzione delle cosiddette barriere non
tariffarie
l’insieme delle regole e degli standard che vengono imposti
sui prodotti in termini di salute, condizioni di lavoro ecc.
che, anche grazie alle grandi battaglie contro la carne agli
ormoni, il pollo lavato col cloro, gli ftalati nei giocattoli, i
residui di pesticidi nel cibo, gli Ogm e così via, tengono
lontani dal nostro mercato prodotti non sicuri, tossici
Le perdite
 Per quanto riguarda il nostro Paese, il
ministero per lo Sviluppo economico ha
commissionato a Prometeia spa una
prima valutazione d’impatto mirata
all’Italia
 I primi benefici delle liberalizzazioni si
manifesterebbero non prima di 3 anni
dall’entrata in vigore dell’accordo nella
misura di un modesto 0,5% di Pil in
uno scenario ottimistico.
 L’accordo rischia di favorire soltanto un
numero ristretto di soggetti, ovvero
quelle imprese italiane che esportano,
molto spesso esternalizzando parti
dell’impresa fuori dal territorio italiano.
La fabbrica globale
La trappola del “trade in task”
 Ci sono due grandi domande aperte nel
commercio globale oggi. La prima è sul “dove si
accumula il valore aggiunto”, e l’altra, che ci
riguarda di più oggi è “chi produce che cosa
per chi”. Sono al centro di una profonda
revisione in corso dei modelli e della contabilità
del commercio internazionale.
 Con la frammentazione della produzione, la
parte di valore aggiunto dai fattori di
produzione dei Paesi di origine dei
componenti è estremamente ridotta.
Il commercio dei beni intermedi
 La percentuale di input importati
sul totale di input usati per
produrre un’unità nell’area Ocse
è cresciuta tra il 1995 e il 2005
dal 24 al 32%.
 Circa il 60% del commercio totale
di beni (fatta eccezione per le
materie prime) è commercio di
beni intermedi. Dato che sale al
70% per i servizi.
 Circa il 20% di tutte le merci
esportate dai Paesi in via di
sviluppo fa capo alle Export
processing zones
I “vivai” delle funzioni
 Gli ambienti più adatti per questo tipo
di produzione sono Export Processing
Zones, (World Bank 2008) che
sarebbero oltre 3mila in 135 Paesi,
darebbero lavoro ad oltre 68
milioni di persone, in gran parte
migranti, per oltre 500 miliardi di
dollari di produzione.
 La sola Cina mette al lavoro nella EPZ
40 milioni di addetti, mentre nel resto
del pianeta le presenze sono
raddoppiate tra il 2002 e il 2006
passando da 13 a 26 millioni di
addetti
 Le EPZs impiegano circa 1/3 della
forza lavoro globale
Il valore aggiunto dove va?



Sfatiamo un mito: anche la Cina si è
fatta fregare dalla fabbrica globale,
nonostante la sua capacità di
programmazione del mercato interno.
Circa 2/3 del commercio di prodotti
industriali realizzati nelle EPZ è
saldamente nelle mani di imprese di
investitori stranieri. E’ sotto questa
spinta che il Paese è diventato
l’esportatore leader a partire dal 2009 e
patisce la crisi degli ordinativi.
La differenza, poi, tra il valore delle
esportazioni manifatturiere e
industriali e il costo delle
importazioni degli input intermedi
riduce il valore aggiunto al 30-35%
dei prodotti esportati.
Chi controlla, chi decide
Al centro le funzioni: e le
persone?
 Il lavoro è assolutamente
sparito dai diagrammi. Non
è nemmeno considerato un
fattore di produzione.
Banalmente non c’è perché
è una variabile dipendente
dai task.
 Con il lavoro, sparisce il
“chi” lavoratore. Il soggetto
è, a seconda delle
prospettive, il prodotto, il
supplier,
l’investitore/azienda.
La crisi aumenta le possibilità di
cambiamento?
“C” factors
per una nuova economia




Comunità
Cooperazione
Conoscenza
Comunicazione
permettono di
generare entrate,
di intensificare i
rapporti sociali e,
soprattutto,
di rispondere ad
obbiettivi che sono
al contempo
economici, sociali e
culturali
C’è rete e rete…
 I termini "rete" e
"network" sono diventati
centrali sia nel mondo
accademico che nel senso
comune della nostra
società e vengono
sempre più usati in campi
anche molto diversi tra
loro.
 Sentiamo sempre più
parlare di società in rete,
rete delle comunicazioni,
rete ferroviaria e
stradale, reti neurali, di
network informatici, ecc…
Pensiamoci su…



L’individuo biologico più le sue estensioni
ed interconnessioni (…)
Non sono l’uomo vitruviano, racchiuso in
un singolo cerchio perfetto, che guarda il
mondo
dalle
coordinate
della
mia
personale prospettiva (…).
Io costruisco e sono costruito, in un
processo mutuamente ricorsivo, che
coinvolge continuamente i miei confini
fluidi e permeabili e i miei network che si
diramano all’infinito (Mitchell 2003: 39)
Dove siamo?
 «Ce lo eravamo immaginato
davvero come un mercato
diverso quello equosolidale.
 Uno spazio a misura dei
piccoli, che fosse efficace,
ecologicamente sostenibile, e
costruisse una relazione più
diretta tra produttori e
consumatori per cambiare
davvero le regole del gioco.
 Non è successo, ed è chiaro
che è nostra responsabilità far
sì che qualcosa si modifichi, e
il più presto possibile”. Franz
van der Hoff
L’economia solidale, per noi
 Il processo verso la realizzazione della
Rete Italiana di Economia Solidale
(RES) è stato inizialmente promosso
dalla Rete di Lilliput (2001) e si è
sviluppato successivamente con il
sostegno delle Botteghe del Mondo,
della Rete dei Gruppi di Acquisto
Solidali, delle organizzazioni della
finanza etica e di microcredito, del
turismo responsabile e reti di
cooperative sociali.
 Tale progetto è aperto a tutte le realtà
che già operano, che si sentono parte,
o che comunque intendono agire
ispirandosi ai valori e ai princìpi
dell'economia solidale.
 SOGNO GLOCALE
Distretto di Economia Solidale (DES):
definizione
DES come
attivazione di
relazioni (rete)
e di flussi
economici di
prodotti e
servizi
all’interno della
rete (Saroldi)
Tre principi e un metodo
 Valorizzazione della dimensione locale I distretti
intendono valorizzare le caratteristiche peculiari dei
luoghi (conoscenze, saperi tradizionali, peculiarità
ambientali, ricchezze sociali e relazionali). Tali
peculiarità sono viste come ricchezze (stock) da
accrescere e valorizzare e non come risorse (flussi) da
sfruttare a fini di profitto, nella convinzione che, nel
lungo periodo, tale strategia si mostrerà conveniente
anche sotto il profilo economico.
 Economia di giustizia (sostenibilità sociale) I
soggetti appartenenti ai DES si impegnano a
mantenere e a favorire condizioni di equità nella
distribuzione dei proventi delle attività economiche,
sia tra i membri dell'organizzazione produttiva, sia fra
le diverse aree del sistema economico (tanto al Nord
quanto al Sud del Mondo).
Tre principi e un metodo/2


• Sostenibilità ecologica I soggetti aderenti ai DES si
impegnano a svolgere le propria attività economica secondo
modalità tali da consentire una riduzione dell'impronta
ecologica del distretto e comunque tali da non
compromettere, anche nel lungo periodo, l'organizzazione
vitale (resilienza) degli ecosistemi. Si ritiene strategico, a
tale fine, favorire la chiusura locale dei cicli bioeconomici.
• La realizzazione pratica dei tre principi fondamentali
enunciati viene perseguita attraverso il metodo della
partecipazione attiva dei soggetti, nell'ambito dei
distretti, alla definizione delle modalità concrete di gestione
dei processi economici propri del distretto stesso. Tale
modalità partecipativa presuppone da parte dei soggetti la
disponibilità a confrontarsi e a condividere con altri idee e
proposte su progetti definiti di volta in volta dai diversi
soggetti, comunque nel rispetto di quei "criteri di
appartenenza" che la RES si riserva di definire in seguito, in
armonia ai principi generali della Carta.
Si può fare!
 A partire dalle nostre scelte quotidiane
 Dalla rivitalizzazione degli spazi agricoli e
industriali
 Dall’autorganizzazione ma anche da istituzioni
in ascolto
 Da veri e propri laboratori locali solidali, per
riattivare partecipazione e responsabilità
Il «quinto elemento» da solo
non basterà



A partire dai movimenti sociali come “quinto elemento” a tutela dei
quattro elementi naturali a rischio mercificazione, pensare che
possano essere i mercati, ed il privato, anche se Green, a rimettere a
posto le cose è pura ideologia.
La transizione, quella vera, parla di una partecipazione diretta delle
comunità e di una responsabilità diffusa, a cominciare dagli stili di
vita di ognuno.
E della consapevolezza che tutto questo non sarà una passeggiata,
che i conflitti con l’attuale modello di sviluppo sono dietro l’angolo e
che non basterà sensibilizzare ed informare, ma bisognerà mettersi
in gioco, a cominciare dai propri territori.
Un diverso quadro legislativo


Elinor Ostrom recentemente
scomparsa, ha vinto il premio Nobel
per l’economia, con il suo lavoro
“Governing the commons. The
evolutions of institutions for
collective actions”, pubblicato nel
1988, dopo diversi anni di studi e
ricerche.
In esso la Ostrom si pone il
problema fondamentale di come un
gruppo di soggetti, nel testo
definiti “principals”,
interdipendenti tra di loro,
possano auto-organizzarsi e
autogovernarsi al fine di
ottenere benefici collettivi di
lungo periodo, superando la
tentazione di comportamenti freeriding e, più in generale, di tipo
opportunistico.
Dopo la tragedia, una terza via




Alcuni articoli accademici sulla cosiddetta
“tragedy of the commons” raccomandano il
controllo statale di queste risorse al fine di
salvaguardarne la sopravvivenza.
Altri propongono, invece, di privatizzare detti
beni in modo da garantirne un uso più
efficiente.
Le rilevazioni empiriche, tuttavia,
suggeriscono che né lo stato, né tanto meno
il mercato sono in grado di assicurare,
sempre e in tutte le circostanze, una
sostenibilità di lungo periodo e un uso
produttivo delle risorse naturali.
La Ostrom prospetta una terza via.
Questa si concreta nella definizione di
istituzioni nuove, appositamente create
e governate direttamente dagli stessi
cittadini, aventi il compito di gestire i
cosiddetti commons.
Le fabbriche recuperate




Esperienze come le fabbriche autogestite in
Argentina hanno creato un cambiamento
anche legale nella relazione tra «padroni» e
«lavoratori», provocando un corto circuito
intorno al lavoro.
Pochi ricordano la legge sui
«provvedimenti per il credito alla
cooperazione e misure urgenti a
salvaguardia dei livelli di occupazione»,
approvata in Italia nell’85, la legge
«Marcora».
Si comincia a studiare e immaginare nuovi
percorsi che possono riguardare il nord come
il sud del mondo, le fabbriche come gli
ospedali, le cave oppure gli alberghi, ma
soprattutto movimenti e singoli lavoratori, se
non altro nutre di speranza l’idea di
cambiamento sociale.
Ma tutto questo è anche un modo, come
suggerisce lo scrittore e giornalista Raúl
Zibechi, per «reinventare la vita dal lavoro».
In Ecuador e Bolivia…
 I beni pubblici e i
diritti della madre
terra sono entrati nei
testi costituzionali
 In Italia la
Commissione Rodotà
ha lavorato per la
riforma della tutela
della proprietà privata
nel Codice civile
La Costituente dei beni comuni
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Il 13 aprile 2013 a Roma al teatro Valle si è costituita un’inedita alleanza
tra pratiche di lotta e mondo degli studiosi: a partire dagli spazi, dalle
lotte, dalle soggettività che costruiscono conflitto, intelligenza politica e
partecipazione
Si sono riaperti così i lavori di una commissione di studio sulla base dei
risultati della Commissione ministeriale per la Riforma del Libro III
“Della Proprietà” del Codice Civile (Commissione Rodotà).
Il lavoro collettivo si svolge su due piani:
a partire dalle innovazioni sperimentate nelle lotte - usi civici, sentenze,
Statuti, .. - indagare quali strumenti giuridici siano da potenziare o da
creare: una produzione giuridico-normativa sui beni comuni che la
Commissione – composta da giuristi e studiosi di alto profilo - possa
ascoltare e tradurre in articolati e proposte legislative.
* la produzione collettiva di una scrittura politica – multitestuale,
partecipata, emendabile e aperta – per potenziare lo spazio pubblico di
discorso e di azione nell'orizzonte condiviso dei beni comuni. Un processo
generativo capace di generalizzare lotte diverse e costruire immaginario.
Collaborazioni, strategie,
alleanze
 Colmare il gap
informativo
 Agire!
E politica!
«Chi cerca di sfuggire alla terra non trova Dio, trova solo un
altro mondo, il suo mondo, più buono, più bello, più tranquillo,
un mondo ai margini, ma non il Regno di Dio, che comincia in
questo mondo» Dietrich Bonhoeffer
Grazie
Per info: [email protected]
Commercio equo, sostenibilità, comunicazione
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prof.ssa M. Di Sisto