LA CULTURA DELLA CANAPA ……UNA TRADIZIONE MOLTO ANTICA PROVENIENZA E DIFFUSIONE DELLA CANNABIS SATIVA La Cannabis Sativa, più comunemente canapa da fibra, è una pianta originaria dell’Asia centrale, in particolare dell’India e dell’Iran. Cresce spontanea nei territori a sud del Mar Caspio e in zone poste a mezzogiorno e ben soleggiate della Catena dell’Himalaya. La canapa si diffuse in Cina in epoche antichissime. Nel VII secolo a. C. alcune popolazioni nomadi la introdussero in Russia meridionale e nelle zone centro-settentrionali dell’Europa. Sempre grazie agli spostamenti di popolazioni nomadi, la canapa giunse in Europa anche per un’altra via, attraversando l’Asia minore e la Grecia e arrivando in Italia.Coltivata in Europa almeno dal IV sec. a.C., essa venne probabilmente introdotta in Piemonte dai Romani, che non solo fondarono città ma riorganizzarono il territorio padano sul piano agricolo, dividendo le terre in centurie e bonificando le campagne spesso coperte di acquitrini. X – XII SECOLO Lo sviluppo della coltura della canapa nel nostro territorio, ricco di acque ma non acquitrinoso, avvenne intorno al X sec.d.C. Secondo la documentazione fornita dal Gruppo Storico dei Cordai di Carmagnola, furono i monaci dell’Abbazia Cistercense di Santa Maria di Casanova, fondata tra il 1127 e il1150, ad estendere e migliorare, insieme ad altre, la coltura della canapa da fibra nei loro molti ettari (1) di terra che comprendevano anche porzioni di territorio carignanese. Grazie ad una cessione, nel 1196, da parte di un monastero torinese, i monaci di Casanova entrarono in possesso di mulini corredati da battitoi per la canapa e di una gualchiera (2) per rassodare e purificare i tessuti, il che testimonierebbe sia attività collegate alla produzione ed estrazione, sia attività di trasformazione e lavorazione della fibra. (1)ettaro = misura di superficie agraria equivalente a diecimila metri quadrati di terreno (2)gualchiera = macchina tessile in cui la stoffa, insaponata e inumidita, viene compressa e frizionata per mezzo di magli, e resa con tale procedimento più soda e resistente XIII –XIV SECOLO Nella prima metà del XIII sec. la coltura della canapa da fibra era già ampiamente diffusa nelle nostre zone. Secondo quanto riportato dalla testimonianza dei rappresentanti del Gruppo Storico dei Cordai di Borgo San Bernardo a Carmagnola, tale presenza sul territorio è documentata da atti d'Archivio risalenti all'anno 1235. Dalla consultazione degli opuscoli dell’Ecomuseo di Borgo San Bernardo, si apprende poi che nel ‘300 la coltivazione e lavorazione della canapa da fibra interessavano una vasta area comprendente il territorio fra Cavour, Moretta, Cercenasco, Racconigi, La Loggia. Fra tutte, fu la vicina Carmagnola ad acquisire particolare importanza, non solo per il mercato della fibra, già altamente qualitativa, ma anche per il seme. Non si parla espressamente di Carignano, tuttavia l'estensione del territorio sopra citato, la vicinanza di Carignano sia a Carmagnola che a La Loggia e documentazioni riguardanti epoche di poco successive portano a supporre altrettante presenze di colture di canapa nel carignanese, territorio in cui, tra l'altro, i monaci cistercensi di Casanova pare avessero delle proprietà. Il primato andò comunque ben presto a Carmagnola, il cui mercato della canapa fu favorito dal principe Tommaso II (1336-1357)marchese di Saluzzo del cui territorio la città faceva parte- attirandovi commercianti liguri e lionesi. XV – XVI SECOLO La presenza di attività legate e conseguenti alla coltura della canapa da fibra in territorio carignanese è testimoniata da specifiche normative che rientrano negli Statuti Carignanesi del 1474. Il testo originale è custodito nell'Archivio Comunale della nostra città, ma alcuni stralci sono riportati negli "Appunti per una storia civile di Carignano" del reverendo teologo G.B Lusso, più facilmente consultabili. Vi viene trascritta la chiara proibizione di mettere la canapa a macerare" ...nei fossati della città o del fortaricio, nè nei fossati verso Piobesi nè verso Castagnole, nè dalla torre che è a destra del fortaricio fino alla Ressia". Negli stessi Statuti - informa il teologo Lusso - si parla anche della presenza in Carignano di una Via dei Cordari (corrispondente all'attuale Via Porta Mercatoria) che collega Via Umberto I con Largo Otto Martiri. Tale Via dei Cordari, dove essi avevano sede e lungo la quale stendevano e torcevano le funi, doveva presentarsi molto diversa dall'attuale Via Porta Mercatoria: la via non era, ovviamente, asfaltata, fiancheggiava un lato del Monastero delle Clarisse, lungo quello stesso lato correva a cielo aperto un tratto dell'Oitana e –aggiunge il teologo Lusso- a limitare la transito vi erano alcuni paracarri voluti dai signori del palazzo Cornaglia che prima appartenne ai conti di Nomaglio e poi alla famiglia suddetta. Tali signori vantavano diritti per una parte della via, dunque avevano fatto inserire elementi fisici che impedissero o almeno limitassero il transito di carri e persone estranee. Anno potenzialmente importante per Carignano fu il 1522, quando, a causa della peste e dell’invasione spagnola, il mercato della canapa venne trasferito nella nostra città. Approfondimenti Teologo Lusso Si trattò tuttavia di un’occasione favorevole che durò soltanto due anni, poiché Carmagnola si riprese quel mercato che per tradizione e per importanza le apparteneva. L’importanza di Carmagnola come centro di scambio aumentò non soltanto nel Marchesato di Saluzzo, ma anche nello Stato Sabaudo, tanto da indurre il duca di Savoia Emanuele Filiberto a proibire ai propri sudditi nel 1559 di frequentare tale mercato, con lo scopo di danneggiare l’economia carmagnolese a favore di quella carignanese. L’obiettivo non fu raggiunto, anzi, l’assenza sul mercato carmagnolese di canapa grezza proveniente dai territori sabaudi, Carignano compresa, fece salire i prezzi a danno dei Savoia stessi, che si videro costretti a rivedere l’editto nel 1561. Carmagnola era allora sotto la dominazione francese. Essa diventò, nella seconda metà del ‘500, centro di scambio per l’intero Piemonte sia per la fibra che per il seme. Conquistata e annessa al lo Stato Sabaudo nel 1588 con Carlo Emanuele I, diventò un’importante città e iniziò in quel periodo la produzione di corde. A Carignano continuarono attività legate alla lavorazione e, più diffusamente, alla coltivazione della pianta. XVIII – XIX SECOLO In Piemonte, le aree trainanti nel settore tessile sono state da sempre il Biellese -che ha esportato a Carignano la propria intraprendenza permettendo l’impianto e la fortuna del Lanificio- ed il Chierese, aree dove le attività di lavorazione delle fibre assunsero ben presto caratteristiche imprenditoriali. Meno diffusa ma non certo assente era l’attività di lavorazione e trasformazione delle fibre, sia per produzione di cordami che tessile, a Carignano. Gli “Appunti per una lettura della Città” forniscono, qua e là, dati interessanti a riguardo. Nel Volume I leggiamo ad esempio che, oltre alle numerosissime famiglie che coltivavano canapa e allevavano bachi da seta, fra le PROFESSIONALITÀ DEI CAPIFAMIGLIA registrate nei ” Conti del sale” (Archivio Storico Comunale) in relazione all’anno 1741 risultano: - 2 “cordari”, - 5 “fillatoieri”, - 3 “pentenojre da canapa”, - 27 tessitori, - 4 tessitrici su un totale di 958 famiglie in Carignano città. A Carignano non mancarono nemmeno STRUTTURE funzionali al trattamento e alla lavorazione delle fibre. Relativamente ad esse, nella cronologia relativa agli architetti, ingegneri e misuratori operanti in Carignano dal secolo XVI al secolo XIX, ricostruita attraverso la consultazione dei documenti dell’Archivio Comunale e riportata dal IV volume degli “Appunti per un Lettura della Città” del Museo Civico Rodolfo troviamo in particolare le seguenti indicazioni: -anno 1739, arch. Castelli , progetto di ripari da farsi alla Bealera dei Molini superiormente al molino proprio della città di Carignano; -anno 1769, misuratore Rambaudo , pianta e tipo regolare del BATTITORE DA CANAPA, CASA E CORTILE DI PROPRIETÀ DEL MARCHESE LUIGI GRANERI DELLA ROCCHIA IN BORGO VECCHIO; -anno1783, architetto Ferroggio , progetto di sistemazione del BATTITORE DA CANAPA PROPRIO DELLE MONACHE DI SANTA CHIARA, in collaborazione con l’architetto Giulio; -anno 1791, architetto Fea, istruzioni per opere di riparazione al MOLINO DEL BORGO E PESTA DA CANAPA, EDIFICIO PUBBLICO, con la casa aggregata; -anno 1822, misuratore Griffa , progetto di nuove opere di restauro al battitore da canapa in Borgo Vecchio; -anno 1822, perito Barone , progetto e collaudo delle poere eseguite al battitore da canapa in Borgo Vecchio dal mastro Pietro Antonio Tappi; -anno 1885, geometra Giovannetti , estimo dei meccanismi del battitore da canapa di proprietà della Città di Carignano in Borgo Vecchio; -anno 1893/94, ingegnere Vottero , relazione, stima e perizia dell’edificio del battitore da canapa pubblico. La ricostruzione attraverso le testimonianze orali prolunga le informazioni relative alla tradizione della canapa sino alla prima metà del ‘900, quando ancora essa costituiva una fonte di guadagno per molte famiglie contadine le quali, affiancando spesso tale attività all’allevamento dei bachi da seta, si occupavano della fase di produzione della fibra e non tanto della trasformazione, se non, nel caso della canapa, in parte e per uso domestico. Fonti : -“Grande Dizionario Enciclopedico”, UTET, Torino, Vol III -“Vita Meravigliosa” Enciclopedia Illistrata, ed. Confalonieri, Milano, Vol. XI - Ecomuseo della Cultura e della Lavorazione della Canapa, “La lunga storia della canapa a Carmagnola”, grafica e stampa di Anselmo Simone, Racconigi (CN), 2002 -Museo Civico Rodolfo , “Appunti per una Lettura della Città”, Volumi I e IV -Teologo G.B.Lusso,…. -“Memorandum”, Bollettino interno del Centro Studi Carmagnolesi, Anno II, Numero 2, Maggio 1996