Non tanto quanto vale il lavoro,
ma
che cosa vale
Quando lavoriamo non
produciamo solo beni
o servizi, ma produciamo
noi stessi!!
La domanda che tutti noi ci poniamo è se il
nuovo mondo del lavoro diventerà sempre
più spietato, con pressioni e apprensioni
implacabili che ci spoglieranno del senso
di sicurezza e cancelleranno, nella nostra
vita, il posto dei piaceri più semplici – o se,
anche in questa nuova realtà, riusciremo a
trovare vie che portino a un lavoro capace
di entusiasmarci, appagarci e arricchirci.
D. Goleman
Un mondo dove non c’è più posto
per l’individuo, per la gioia, per l’ozio
attivo, è un mondo che deve sparire.
A. Camus
Contro la distrazione lavorativa
Distrahere: separare, rompere, dividere, alienare.
Con l’idea di ben essere tentiamo di
combattere la distrazione.
Cerchiamo di riunire il lavoro alla vita, alla
sua bellezza, alla sua dignità, alla sua
complessità.
Nella sua determinazione a vedere solo ciò
che entra in calcoli utilitari la mente
economica è cieca: cieca rispetto alla
ricchezza qualitativa del mondo percepibile;
rispetto alla separatezza delle persone, al
loro mondo interiore, alle loro speranze, alle
loro passioni e ai loro timori; cieca rispetto a
ciò che vuol dire vivere una vita umana e
tentare di conferirle un significato umano.
Martha Nussbaum
La distrazione, la separatezza, la cecità
portano all’entropia,
all’appiattimento, all’immobilità,
all’indifferenza
Lavoro secondo il principio di
prestazione-performanza
L’essere umano che lavora è:
• Homo oeconomicus
• Espressione di una razionalità
strumentale e utilitaristica
• Espressione di Funzione – Ruolo
Logica binaria
Lavoro =
produttività, interesse, efficacia,
efficienza
Non lavoro = altro dalla produttività,
dall’efficacia, dall’efficienza
Principio di separatezza, di frattura
L’uomo che lavora è solamente un essere
produttivo, alla ricerca dell’interesse
monetario.
Si riduce (viene ridotto)
alla sua ragione performativa
Dimensione “disumana”
perché priva l’essere umano
di confusione e di eccedenza
Lavoro secondo il principio di
esistenza
L’essere umano che lavora è:
• “Non solo prestazione”
• “Anche prestazione”
• “Un po’ prestazione e un po’ esistenza”
Ulteriorità e eccedenza
rispetto alla prestazione
Per capire l’essere umano occorre
saper pensare l’ulteriorità,
la compresenza,
l’incertezza dell’”anche”,
del “non solo”
Dimensione davvero “umana”
perché dota l’essere umano
del suo spessore
Obiettivo del ben essere è
ridare eccedenza al lavoro,
ridargli circolarità,
rimetterlo in gioco, riconnetterlo
alla vita
Occorre riportare
non il lavoro nella vita,
ma la vita, gli elementi propri
di una buona vita, nel lavoro!
E’ possibile affiancare
all’homo oeconomicus
un homo reciprocus?
E’ possibile ridare un senso ai legami con il lavoro
senza ingenuità o retorica, ma anche senza il
cinismo che trasforma tutti in prestazioni, oggetti,
merci?
L’uomo moderno si libera dal legame con il lavoro
sostituendolo con un contratto, in modo da essere
meno vincolato.
Fugge il ciclo dare - ricevere - ricambiare per paura
di rimetterci, così sterilizza questo ciclo e lo
trasforma in rapporti oggettivi, meccanici, calcolabili
C’è spazio oltre l’utilitarismo?
L’utilitarismo e la funzionalità sembrano la
sola morale possibile tra uomo e lavoro.
E’ adatta in tutti quei rapporti in cui si auspica
che si resti estranei, stranieri l’uno all’altro.
Ma l’estraneità totale cozza contro il bisogno
umano di tessere legami.
Senso al lavoro
Non cercando più di collegare il lavoro ad un destino
umano, il lavoratore confonde la propria esistenza
con la propria funzione, considera la funzione come
esistenza.
Un lavoro abbandonato a se stesso genera lavoratori
che riconoscono come loro unico valore quello di un
lavoro svuotato, esistenzialmente deprivato.
Occorre sforzarsi di
riportarlo alla sua
dimensione di luogo in cui e attraverso cui si
dipana e prende forma l’esistenza.
Speranza è capacità di vedere la realtà in
tutta la sua complessità: non solo per
qual è, ma anche per ciò che urge dietro
ogni realtà.
Speranza è capacità di vedere che oltre
l’esistente vi sono altre potenziali realtà
che attendono e che spingono per poter
venire alla luce.
Se uno non spera l’insperabile non lo
troverà: senza speranza non c’è
né ricerca né via.
Eraclito, fr. 18
La corrispondenza
tra capacità e possibilità
Esistere significa venire al mondo,
entrare nel mondo, entrare in uno spazio
che è lo spazio delle possibilità offerte
alle nostre capacità.
Il ben essere consiste nel potersi
protendere sul mondo.
E’ trovare nel mondo una possibile presa,
è afferrare un buon numero di possibilità
offerte dal mondo.
Così facendo espandersi, svilupparsi.
Il mal essere è viceversa
un blocco di possibilità.
E’ scarto tra capacità e possibilità.
Il più delle volte determinato da una
realtà deprivata di possibilità, inadatta a
rispondere alle capacità dell’uomo.
Il metodo delle capacità
come misura del ben essere
Le persone si ritengono soddisfatte o meno di
ciò che fanno?
Che cosa, quali risorse sono in grado di
controllare?
Come percepiscono la loro vita?
Che cosa desiderano?
Che cosa davvero la persona è in grado di
fare, di pensare, di essere?
Quali sono le sue relazioni con il lavoro che
svolge e con gli altri?
Che cosa riesce a immaginarsi e di che cosa
riesce a godere?
Come fa – può far uso dei suoi sensi?
Come le condizioni di lavoro promuovono od
ostacolano la sua realizzazione come
essere umano?
In questione non è solo
la generica soddisfazione,
ma che cosa effettivamente
la persona può fare e che cosa fa.
• 1 Esistono alcune funzioni – capacità
umane essenziali per la vita umana.
• 2 Esistono condizioni - situazioni di
impoverimento esistenziale tali
rendere poco o non degna la vita
dell’uomo.
Impoverimento esistenziale
Quando l’essere umano non è più capace di
esercitare in maniera sufficiente le proprie
facoltà – capacità fondamentali, limitandosi
a sopravvivere, e non si manifesta nella sua
molteplicità e per le sue potenzialità.
La persona è lavorativamente nelle
condizioni di agire e di vivere in modo
pienamente umano, può cioè godere
delle opportunità per disporre di tali
funzioni-capacità?
Il ben essere lavorativo promuove una
concezione di lavoro tale per cui chi lavora ha:
• Il diritto alla protezione delle sue molteplici
capacità funzionali fondamentali.
• Il diritto di essere messo nelle condizioni di
poter esercitare sul lavoro e attraverso il lavoro
le capacità funzionali comuni a tutti gli esseri
umani.
La vita buona,
il ben essere esistenziale,
l’eudaimonia.
Il ben essere consiste in una
condizione di vita,
in una vita compiuta,
una vita in cui le capacità proprie di
ciascuna persona possano trovare
espressione e maturazione.
L’eudaimonia, il ben essere,
la felicità esistenziale
sono condizioni oggettive
La realtà lavorativa migliore
(eudaimonica) è quella nella quale
ogni lavoratore è in condizione di
ottenere il meglio da se stesso
vivendo una vita professionale
appagante, piena e realizzata.
Eudaimonica è quell’organizzazione
che crea le condizioni sociali,
economiche, culturali, ambientali
perché chi lavora sia messo in
condizioni di attualizzare
le sue capacità fondamentali.
Capacità fondamentali
e
Capacità lavorative
11 motori del ben essere
1
Capacità di andare in cerca di forme
di saggezza esistenziale
• possibilità di comprendere il senso
profondo di ciò che si fa;
• possibilità di mettere il lavoro in
relazione di senso con i diversi aspetti
dell’esistenza personale.
2
Capacità di provare sentimenti di
mutuo riconoscimento
• possibilità di venire rispettati in quanto
persone;
• possibilità di evitare forme di
mortificazione, estraneità, anonimato
nelle relazioni interpersonali.
3
Capacità di bilanciare la serietà e la
routine con l’ironia e con lo
scostamento dal consueto
• possibilità di innestare sul lavoro logiche
di gioco che prevedano il divertimento,
l’avventura, l’incertezza, l’umorismo.
4
Capacità di valutare, scegliere, seguire
indirizzi di comportamento
eticamente maturati
• possibilità di interrogarsi, individualmente
e collettivamente, circa valori, vision,
mission, indirizzi etici personali
e dell’organizzazione in cui si lavora.
5
Capacità di provare sentimenti
di affiliazione
• possibilità di vivere relazioni
con colleghi e utenti rette non solamente
da un’integrazione funzionale
• poter adottare comportamenti guidati non
solo da logiche strumentali, ma da logiche
di fiducia, cortesia, dono, solidarietà.
6
Capacità di vivere un’esistenza nella
quale vi sia posto per la cura e per la
relazione con altre specie viventi, con
l’ambiente naturale e sociale circostante
• poter collegare l’attività lavorativa a scopi e
iniziative di impegno sociale non finalizzate al
puro profitto;
• poter sperimentare e adottare logiche lavorative
oltreutilitaristiche o non utilitaristiche.
7
Capacità di esprimere il proprio
essere, a sé e agli altri
• poter esprimere la gamma delle proprie
idee, emozioni e sentimenti;
• essere ascoltati, all’interno di una
dimensione comune di dialogo.
8
Capacità di controllare o intervenire
autonomamente sul proprio
ambiente fisico e di organizzare i
propri tempi di esistenza
• possibilità di avere un margine di
autonomia nell’organizzazione dello spazio
fisico di lavoro;
• poter progettare tempi e ritmi lavoro;
• poter fruire di meccanismi di equilibrio tra
esigenze famigliari e richieste lavorative.
9
Capacità di integrità e di espressione
corpo-mente
• possibilità di godere di un armonico rapporto
mente – corpo in tutte le sue declinazioni
ed espressioni (alimentari, motorie, ecc.);
• vivere in ambienti esteticamente curati.
10
Capacità di uso il più completo possibile
delle facoltà
di percezione-pensiero-immaginazione
• poter usare la creatività e la fantasia
• fruire della necessaria formazione
• crescere culturalmente
11
Capacità di allargamento
delle esperienze, innovazione,
generazione del nuovo
• possibilità di allargare le proprie
mansioni, avere nuovi incarichi,
ricoprire nuove posizioni;
• possibilità di proporre innovazioni e
miglioramenti;
• poter innovare e sperimentare.
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Lavoro - Studio Vgf