La celebrazione eucaristica La liturgia eucaristica comincia con la presentazione dei doni e si conclude con la comunione. Essa è strutturata sulle parole di Gesù pronunciate nell’ultima cena: prese il pane (che coincide con la presentazione dei doni), rese grazie (preghiera eucaristica), lo spezzò (frazione del pane prima dell’Agnello di Dio), … Mangiatene tutti (comunione eucaristica). La presentazione dei doni In questa prima fase della liturgia eucaristica vengono portati all’altare i doni per la celebrazione e quelli per i poveri attraverso la processione. Nel passato questo momento veniva chiamato offertorio; oggi si preferisce presentazione dei doni per sottolineare come l’unica offerta è quella di Cristo unita alla nostra, sebbene avvenga attraverso i segni del pane e del vino. Il rito di presentare i doni da parte dei fedeli ha un alto valore spirituale poiché esprime la partecipazione materiale e spirituale, insieme alla solidarietà con i poveri e con le necessità della chiesa. Quindi, quando è possibile, è sempre bene fare la processione con i doni, con una particolare attenzione però a ciò che si porta; è d’obbligo fare riferimento al Messale che suggerisce chiaramente cosa presentare: pane, vino, doni per i poveri, offerte in denaro. Il pane e il vino vanno posti sull’altare, mentre gli altri doni vengono posti in un altro luogo adatto, fuori dalla mensa eucaristica (PNMR 49). Sul pane e sul vino è prevista una doppia preghiera di benedizione detta dal sacerdote; essa si richiama a quelle bibliche utilizzate nella liturgia domestica ebraica, chiaro rimando alle radici della nostra fede. Significativa è anche la preparazione del calice: al vino si aggiungono alcune gocce di acqua; questo gesto, previsto già nella liturgia ebraica per spezzare la densità del vino, in quella cristiana a partire dal III sec. acquista un valore simbolico molto forte: indica l’unione di Cristo alla nostra umanità, grazie alla quale il suo sacrificio diventa salvifico per noi. Anche la lavanda delle mani ha un valore simbolico, a differenza del passato quando il sacerdote aveva bisogno di lavarsi poiché all’altare arrivavano, a volte, doni sporchi di terra. Nella nostra liturgia si tratta, dunque, di un gesto privato del sacerdote che evoca la purificazione interiore; tale gesto è accompagnato dalle parole del Sal 50,4. L’incensazione dei doni, infine, indica visivamente l’offerta della Chiesa che sta per realizzarsi e la preghiera che sale a Dio. Tale offerta è pure del popolo per cui anche l’assemblea viene incensata. Preghiera sui doni Diversamente dalle altre preghiere della Messa non viene introdotta dall’invito Preghiamo, ma Pregate fratelli..; si conclude, così, la preparazione dei doni e si introduce la grande preghiera eucaristica. Questa preghiera è detta anche sulle offerte poiché il pane e il vino sono presentati quali simboli dell’offerta di Cristo che avverrà da lì a poco, dell’offerta di ogni presente e di quella della chiesa intera. Per tale motivo ha un tono sacrificale. Questi richiami dovrebbero ben disporre tutta l’assemblea all’offerta. Il Prefazio Introduce il momento centrale e culminante di tutta la celebrazione eucaristica. Con esso, infatti, inizia il grande rendimento di grazie al Padre. Il prefazio è introdotto da un dialogo tra chi presiede e l’assemblea quasi un risvegliare in essa la consapevolezza della partecipazione attiva soprattutto in una parte dove potrebbe sembrare tutto delegato al sacerdote. Si invita, così, il popolo ad innalzare i cuori con gioia per rendere grazie al Signore. Si prosegue, poi, col proporre i motivi del ringraziamento. Il primo grazie è per Gesù Cristo, il grande dono che il Padre ha fatto all’umanità; sempre, in ogni celebrazione si rende grazie per questo; non sarà mai abbastanza! Poi vengono elencati altri motivi che dipendono dalla natura della celebrazione per cui, ad esempio, se si celebra una festa mariana o un matrimonio, si ringrazia anche per il dono di Maria o per il sacramento nuziale. Infine, poiché ci si rende conto che i doni sono talmente grandi e la forza del grazie è troppo debole, si chiamano a raccolta gli angeli, i santi, tutta la creazione perché si uniscano alla chiesa pellegrina sulla terra per dire grazie convenientemente. Si esplode, così, con il canto del Santo. La Consacrazione Con lo sguardo rivolto al Padre, colui che presiede la celebrazione invoca sul pane e sul vino il dono dello Spirito perché, consacrandoli, diventino il Corpo e il Sangue di Cristo. Tale invocazione sottolinea che non è merito o opera del presbitero ciò che avviene sull’altare, ma è opera di Dio. Inoltre si mette in chiaro che le parole della consacrazione non sono delle formule magiche, ma Parola di Dio che, per la sua forza intrinseca, realizza pienamente quello che dice così come è avvenuto fin dall’inizio della storia della salvezza con la creazione, frutto di una parola efficace di Dio. Il gesto dell’imposizione delle mani sul pane e vino, evoca proprio il dono dello Spirito Santo. Seguono le parole della consacrazione o dell’istituzione attraverso le quali si narra ciò che è avvenuto nell’ultima cena. Il narrare appartiene anche alla celebrazione ebraica; infatti mentre si narravano gli interventi di Dio del passato, ci si rendeva a lui contemporanei beneficiando della stessa benevolenza usata da Lui verso i Padri. Alla stessa maniera mentre si narrano gli eventi dell’ultima cena di Gesù si diventa a lui contemporanei; e le parole “Fate questo in memoria di me” acquistano tutto il significato di una memoria che non è solo ricordo, ma è viva nei suoi effetti. Cristo stesso pronuncia quelle parole per noi e la salvezza diventa attuale per coloro che partecipano all’Eucaristia. Dopo le parole sul calice e il successivo momento di adorazione, si proclama il Mistero della fede. La parola mistero non è da intendersi solo nella sua accezione di qualcosa di incomprensibile poiché già sappiamo che non possiamo capire tutto delle cose di Dio, ma va intesa nel senso biblico neotestamentario che indica il progetto di Dio sconosciuto nel passato e rivelato in Gesù; e tale progetto è quello della salvezza. Così, nella risposta, l’assemblea annuncia una salvezza che ha trovato il momento culminate nella morte e risurrezione di Gesù, che troverà il pieno compimento alla sua venuta finale, ma da cui si è toccati nel presente attraverso l’azione liturgica. La risposta a Mistero della fede ci fa prendere, dunque, coscienza che non stiamo solo vivendo una cerimonia, ma stiamo partecipando a un evento salvifico. Rendimento di grazie Inizia con la parola memoriale il cui senso è quello detto a proposito della parole dell’istituzione. Tutto è centrato sul mistero pasquale che è a fondamento della nostra fede ed è alla radice di ogni Sacramento. Tale memoria viene sviluppata nell’offerta che avviene in questo momento attraverso il pane e il vino consacrati; è, dunque, Cristo che si offre, e noi uniti a lui. Si chiede, infatti, di formare un solo corpo con lui. Intercessioni Dopo aver invocato il dono dello Spirito per l’assemblea che partecipa ai santi misteri, seguono le intercessioni per la Chiesa universale richiamando esplicitamente i nomi dei vari ministri (il papa e il vescovo) quali segni di unità, insieme agli altri e all’intero popolo di Dio. Poi si prega per tutti i defunti; questo mette bene in evidenza che la celebrazione non è mai per un solo defunto per cui non è corretto usare un linguaggio personalistico, come spesso capita, che definisce la Messa come la mia Messa perché questo porta a convinzioni sbagliate e a storture della fede. L’intenzione particolare per un defunto non esclude la preghiera per gli altri, ma diventa un modo per ricordare una persona cara partecipando in maniera più diretta alla celebrazione anche attraverso l’offerta data al ministro. Si continua a pregare, poi, per i vivi affinché raggiungano la salvezza quale compimento del pellegrinaggio terreno. Infine lo sguardo è alla Vergine Maria e ai Santi che celebrano la liturgia del cielo; con tale riferimento l’assemblea si sente in comunione con la chiesa del cielo ed è orientata alla fine dei tempi quando la comunione con Dio, anticipata nella celebrazione, sarà piena e definitiva. Dossologia Con questo termine si indica la gloria e si fa riferimento alla parte finale della Preghiera Eucaristica, precisamente a: Per Cristo, con Cristo e in Cristo… Questo momento è il più significativo di tutta la celebrazione poiché è quello in cui si sigilla, si firma l’alleanza con Dio. Richiamando la liturgia nuziale, alcuni paragonano questa conclusione allo scambio degli anelli tra Dio e la Chiesa, diventando alleati in Cristo. Se è così, l’Amen dell’assemblea non è altro che la conferma di tale disponibilità, ed è l’Amen più importante di tutta la celebrazione. Per questo motivo spesso è cantato in maniera solenne. I riti di Comunione Iniziano con la grande preghiera del Padre nostro e si concludono con la comunione eucaristica; attraverso i riti di comunione viene messa in risalto la dimensione conviviale della celebrazione. Il Padre nostro è la preghiera di coloro che si riconoscono figli dello stesso Padre e perciò capaci di stare attorno alla stessa mensa per condividere lo stesso cibo. Questa preghiera introduce molto bene i riti di comunione poiché chiede il pane quotidiano, che nella tradizione patristica è inteso in senso eucaristico, e il perdono dei peccati. Molti si chiedono il perché non si conclude con l’Amen finale. Il motivo è semplice: la preghiera del Padre nostro vede un prolungamento in quello che si chiama embolismo e che riprende le parole di Gesù con: liberaci, o Signore da tutti i mali, per concludersi con l’acclamazione Tuo è il Regno, tua la Potenza...Per questo si omette l’Amen conclusivo. Il rito della Pace è un rito che invoca innanzitutto la pace dal Signore, mettendo in evidenza come la vera pace è un dono che viene dall’alto e che può essere invocato in quanto promesso da Gesù stesso. Tale dono, poi, si traduce in un gesto che esprime la volontà di condividerlo insieme all’amore vicendevole. Questo momento può essere pure l’occasione per riconciliarsi con qualcuno con il quale si è avuto qualche screzio, richiamandosi ancora alle parole di Gesù: ...lascia lì il tuo dono davanti all'altare e và prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono (Cfr Mt 5,23-24). La frazione del pane è un momento importante e significativo, spesso non seguito poiché tutti intenti allo scambio di pace. La sua importanza è confermata dal fatto che il primo nome dato all’Eucaristia è stato proprio frazione del pane, richiamando questo gesto. Ha un doppio significato: 1. Condivisione: il pane viene spezzato per essere condiviso; si crea, così, l’unità tra coloro che lo mangeranno poiché si tratta dello stesso pane; questo è un risultato che non dipende dalle persone. 2. Dono: è un forte richiamo alla vita di Gesù, corpo spezzato e donato all’umanità. Così, mentre il sacerdote spezza il pane, lo sguardo dei presenti va al corpo spezzato di Cristo sull’altare della croce, insieme all’impegno di spezzarsi per gli altri. L’ Agnello di Dio è un canto, proprio della liturgia, che accompagna la frazione del pane per richiamare Gesù quale Agnello pasquale, e non può essere sostituito dal canto di pace. Poiché non si tratta di un rito penitenziale, non è corretto battersi il petto così come molti sono abituati a fare; tra l’altro questo gesto è previsto dal Messale solo per il Confesso iniziale. La comunione è il momento verso il quale tende tutta la celebrazione: mangiare il pane consacrato per suggellare l’Alleanza con Dio. Anche questo, pur essendo personale, non è un momento intimistico ma comunitario; tale dimensione viene espressa sia dal canto che accomuna i cuori e sia nell’essere inseriti nella stessa fila con gli altri, riconoscendosi popolo di Dio in cammino. Qui dovremmo tener presenti alcune cose: 1. Chi non ha ascoltato tutte le letture non può fare la comunione poiché non sa la proposta di Dio e quindi non conosce le clausole dell’Alleanza. 2. Chi si accosta all’Eucaristia deve esprimere la realtà di un popolo e non di una massa, per cui diventa importante proporre una processione ordinata e raccolta, certamente che canta per dire la gioia dell’incontro con Cristo. 3. Perché sia vera anche nel segno la partecipazione al sacrificio in atto, si raccomanda la comunione con ostie consacrate nella stessa celebrazione evitando di usare frequentemente ostie già consacrate (PNMR 56/h). La preghiera dopo la comunione è detta dal sacerdote ed è ratificata dal popolo attraverso l’Amen. In genere essa rimanda al futuro e cioè alla fine dei tempi. Questo ricorda che la celebrazione è pregustazione della liturgia celeste ed è una tappa di questo cammino verso la pienezza. I Riti di conclusione I riti di conclusione prevedono un saluto, la benedizione e il congedo. Pur nella sua brevità, è un momento importante perché è quello impegnativo, nel quale tutta l’assemblea viene mandata non per sentirsi in pace, ma per costruire fuori dell’edificio-chiesa il regno di Dio, impegnandosi a tradurre nel quotidiano quello che ha celebrato. La Parola ha illuminato la sua vita indicandole la strada, l’eucaristia l’ha rafforzata interiormente; ora ciascuno deve testimoniare con gioia e serietà nella storia e nel mondo la fede celebrata, facendosi riconoscere come alleato di Dio. Solo a queste condizioni la celebrazione è vera; solo a queste condizioni ha senso celebrare. Arrivederci al prossimo incontro su “La celebrazione eucaristica ” -Terza parte-