Cioccolato e Depressione www.luoghidellamente.it "Chiunque abbia troppo accostato alle labbra il calice della voluttà; chiunque abbia occupato nel lavoro gran parte del tempo destinato al sonno; chiunque, essendo uomo intelligente, si sente momentaneamente svanito; chiunque non possa sopportare l’aria umida, il tempo lungo, l’atmosfera pesante; chiunque sia tormentato da un’idea fissa che gli toglie la libertà di pensare: tutti costoro si prendano un buon mezzo litro di cioccolata ambrata..." ... è il consiglio di Anthelme Brillat-Savarin (1755-1826), giurista e magistrato Tommaso Landolfi Scrittore, traduttore e narratore. 1908-1979 Ho imparato a conoscere i due unici rimedi contro il dolore, la tristezza, le paturnie e piaghe simili del cuore umano: essi sono la cioccolata e il tempo….. L’azione del cacao è dolce. Non provoca insonnia nè palpitazioni, ma “sveglia le persone taciturne e gravi, trasformandole in grandissimi ciarlieri”, lamentava nel 1728 il conte Giovan Battista Felici. Storia del cioccolato L’oro, l’argento e le pietre preziose non furono gli unici tesori importati nel Vecchio Continente dai conquistatori spagnoli di Fernando Cortés all’inizio del 1500. Essi scoprirono anche un piccolo chicco marrone che gli Indios usavano per preparare una bevanda amara ma gustosa conosciuta con il nome di ‘xocoatl’ o ‘chocolatl’, da cui derivano i nomi “cacao”, “cocoa” e “cioccolato”. Per l’imperatore azteco Montezuma questa bevanda al cioccolato era riservata ai guerrieri e all’élite e possedeva un carattere sacrale e solenne poiché era considerata ‘gradita dagli dei’. Il botanico svedese Linneo, che era a conoscenza dell’importanza del cacao, assegnò a questa specie di pianta il nome Theobroma, parola greca che significa ‘cibo degli dei’. Il cacao giunse nel Vecchio Continente nel 1544, quando i chicchi furono presentati al futuro re di Spagna, Filippo II. La nobiltà spagnola ne fu così incantata che tenne il segreto gelosamente nascosto agli estranei per un centinaio d’anni. A quei tempi il gusto di questa bevanda si avvicinava certamente a quello di una medicina e veniva consumata per le sue proprietà medicinali e persino afrodisiache! Col passare del tempo, le notizie su questa bevanda, che oggi viene spesso aromatizzata con cannella e vaniglia, si estesero gradualmente in tutto il resto d’Europa. L’arrivo in Francia risale al 1615, quando la principessa spagnola Anna d’Austria, figlia di Filippo III di Spagna, sposò re Luigi XIII di Francia e portò la ricetta del cioccolato come parte della sua dote. La prima persona a gustare la cioccolata in Francia fu il Cardinale Richelieu che la consumava sia come alimento che come digestivo. Gli inglesi dovettero aspettare fin verso il 1657 perché le bevande al cacao fossero vendute a Londra in locali pubblici specializzati chiamati “chocolate-drinking houses”. Il famoso scrittore di diari, Samuel Pepys, frequentava questi luoghi d’incontro alla moda, che sono stati i precursori dei club per gentiluomini, compreso il Garrick Club, che cominciò la propria esistenza come ‘‘The Cocoa Tree Chocolate House”. Nel diciassettesimo secolo, gli spagnoli iniziarono a coltivare il cacao sull’isola Fernando Po, l’attuale Bioko, nella Guinea Equatoriale al largo della costa africana. Tuttavia, il maggior sviluppo del cacao quale prodotto mondiale iniziò intorno al 1880, quando gli inglesi introdussero le piantagioni nell’odierno Ghana. La costa occidentale dell’Africa è oggi la più grande area produttrice di cacao del mondo, ma il cacao è anche una coltivazione redditizia nel Centro America, nelle Antille ed in alcune zone dell’Asia come la Malesia, l’Indonesia e le Filippine, dove rappresenta una parte importante dell’economia nazionale. Col passare del tempo il cacao si è trasformato da bene costoso e di lusso a prodotto di consumo di massa. La grande disponibilità sul mercato ha provocato diverse variazioni nella sua natura e composizione tanto che il cacao è passato dall’essere una sgradevole medicina ad un cibo squisito e ciò è stato possibile grazie all’utilizzo di tecnologie innovative che lo rendono più abbordabile. Le proprietà antidepressive del cioccolato, o meglio del cacao, sono dovute ad alcuni meccanismi specifici. Quale meccanismo? Le sensazioni di benessere che dona il cioccolato non sono una novità: dal punto di vista psicologico è una dolcissima "coccola" oltre che un grande piacere per il palato. Il cacao contiene diverse sostanze simili ai cannabinoidi, quindi euforizzanti, tanto che il cioccolato funziona come un “riequilibratore dell’umore”, dando un immediato effetto di benessere, ma le sostanze in esso contenute sono piuttosto blande, quindi non determinano effetti negativi come accade per le droghe o l’alcool. Ecco allora diffondersi quella che gli specialisti definiscono “self-therapy” a base di cioccolato, ossia ricorrere a questo prodotto quando ci si sente sotto stress o troppo ansiosi. La cioccolata agisce facilitando la produzione di endorfine, un gruppo di oppioidi prodotti naturalmente dal cervello, con un'azione simile a quella della morfina , stimolando le sensazioni di euforia e attenuando il dolore. Studi scientifici hanno dimostrato che il cioccolato contiene alcaloidi attivi a livello del sistema nervoso e, quindi, sostanze stimolanti, come la caffeina e la teobromina, che hanno un effetto positivo sulla concentrazione mentale e sulla prontezza psicofisica. Agendo a livello cardiocircolatorio e muscolare la teobromina aiuta a produrre endorfine, sostanze che a loro volta incrementano l’attività della serotonina, il neurotrasmettitore della serenità e del buonumore. Non solo: il cioccolato fondente contiene preziose sostanze antiossidanti come i flavonoidi, protettori delle arterie coronarie, l’acido fenico e i polifenoli, importanti antiossidanti utili per contrastare l’invecchiamento cutaneo e le malattie degenerative. È, inoltre, molto ricco di ferro, magnesio, potassio e calcio. Il cioccolato è anche un amico per la nostra memoria: infatti, il “cibo degli dei” contiene il doppio del fosforo rispetto al pesce, pari a 0,62 grammi ogni etto. Va aggiunto che la cioccolata contiene una certa quantità di feniletilamina (PEA, 1 mg ogni etto), che fa parte delle sostanze cosiddette simil - lisergiche, cioè simili all'LSD. L'anandamide è una sostanza scoperta dall’italiano Daniele Pomelli del Neuroscience Institute di San Diego, in California, neurotrasmettitore collegato a forti sensazioni di benessere, picchi di euforia e alterazione della cognizione del tempo. Il nome di questa sostanza deriva dal sanscrito “ananda” che significa felicità: infatti, l’anandamide è in grado di stimolare le percezioni sensoriali e indurre euforia. L'anandamide viene metabolizzata molto velocemente e con la sua scomparsa vengono meno anche euforia e benessere. Nella cioccolata sono stati individuati due componenti capaci di ritardare la dissoluzione del neurotrasmettitore, prolungando in tal modo le sensazioni piacevoli che derivano dalla sua produzione naturale nel nostro organismo. L'anandamide ha sulle cellule cerebrali effetti simili a quelli della marijuana, grazie al fatto che essa assomiglia al Tetraidrocannabinolo (Thc). Questa sostanza, senza provocare i sicuri danni del "fumo", favorisce una sensazione di benessere, di appagamento e di serenità. Poiché i cannabinoidi, presenti nell'hashish e nella marijuana, sono noti per stimolare le percezioni sensoriali e indurre euforia, elevati livelli cerebrali di anandamide potrebbero spiegare una maggiore sensibilità alle caratteristiche organolettiche del cioccolato e/o cooperare con le altre molecole psicoattive presenti nell' induzione dello stato di benessere. La cioccolata pertanto non soltanto è in grado di indurre piacere per la presenza dell'anandamide, ma riesce a protrarlo facendo perdurare lo stato di benessere e di soddisfazione. La novità più recente è stata presentata dal Neuroscience Institute di San Diego. Gli acidi grassi del cioccolato sono in grado di indurre la produzione di composti cannabinoidi endogeni (simili cioè alla cannabis ma prodotti dal nostro organismo). Queste ricerche confermerebbero quindi che il piacere che deriva dal mangiare cioccolato ha chiare basi biologiche e non solo psicologiche. Anche in gravidanza la cioccolata è uno straordinario antidepressivo: migliora l’umore della mamma e, di conseguenza, fa bene al bambino. La conferma arriva da uno studio promosso dall’Università di Helsinki e pubblicato dal giornale scientifico britannico New Scientist. La ricerca ha coinvolto oltre 300 donne in gravidanza: durante la gravidanza le volontarie hanno descritto il loro livello di stress e la quantità di cioccolata che consumavano. Sei mesi dopo la nascita dei bambini queste stesse donne hanno poi descritto il comportamento dei loro bambini, soprattutto quanto il loro piccolo fosse pauroso, capace di calmarsi, o pronto a sorrisi e risate. Lo studio ha rivelato che i bambini nati da donne che avevano mangiato cioccolata quotidianamente durante la gravidanza erano ''reagenti positivamente'' ossia sorridevano e ridevano di più rispetto a quelli nati da donne che non avevano ceduto alle tentazioni della gola. Bambini nati da donne stressate che avevano consumato cioccolata regolarmente avevano inoltre meno paura di situazioni nuove rispetto a quelli nati da madri stressate che si erano astenute dalla cioccolata. Sebbene non possa essere esclusa la possibilità che il comportamento dei bambini sia collegato anche con altri fattori, si ipotizza tuttavia che gli effetti osservati possano essere prodotti dalle sostanze chimiche presenti nella cioccolata che migliorano l’umore nella madre con evidenti benefici per il nascituro. EVIDENZA DEI BENEFICI Possibile dipendenza? Molte ricerche hanno dimostrato che le quantità di anandamide presenti nel cacao non sono in grado di provocare nei mammiferi effetti cannabinoide - simili. Infatti le concentrazioni di questa sostanza nella cioccolata sono bassissime: per ottenere un effetto psicotropo sarebbe necessario ingerire l'anandamide in concentrazione 100 mila volte superiore rispetto a quella contenuta nella cioccolata. Il Cioccotossico ne mangia grandi quantità senza controllo per migliorare l’umore, per vincere la depressione e ne consuma una quantità di gran lunga superiore alla media (quattro o cinque volte superiore a quella del resto della popolazione) : l’aroma, il sapore e la consistenza certamente aiutano, ma spesso vive un forte senso di colpa dopo averlo consumato. E’ inoltre oggetto di bramosia soprattutto da parte delle donne e i picchi corrispondenti al periodo premestruale suggeriscono un’implicazione ormonale. Nove persone su dieci amano il cioccolato; la decima mente. John Tullius Come? Lei non ha mai sentito parlare della Sacher Torte? E continuiamo così. Facciamoci del male! Dal Film “Bianca” di Nanni Moretti La Cioccoterapia In tempi recenti sono sorti centri specializzati in Cioccoterapia La Cioccoterapia sfrutta le proprietà riducenti dei polifenoli del cacao. Si tratta di massaggi anticellulite con olio caldo al gianduia, seguiti da bendaggi di ambrosia e impacchi alla mousse fondente. I principi attivi di maggior interesse sono riconducibili sostanzialmente a: frazione lipidica del burro di cacao, sali minerali, polifenoli, teobromina e caffeina. I molti sali minerali concentrati nel cacao consentono interessanti applicazioni con un ottimo rapporto Potassio/Sodio per trattamenti remineralizzanti e drenanti per problemi di squilibrio osmotico e salino. L'elevata concentrazione di magnesio, fosforo e calcio, sali che svolgono un ruolo di primo piano sia nella contrazione muscolare che in molti processi metabolici cellulari, suggerisce anche un proficuo impiego per il trattamento di atonia e rilassamenti tissutali, muscolari e circolatori. CONTROTENDENZA Chi soffre di depressione tende a mangiare grandi quantità di cioccolata ma non ne ricava alcun beneficio per l’umore. I depressi, stando ai risultati di una ricerca, mangiano il 55% in più di cioccolato rispetto a chi non soffre di depressione; il consumo, in altri termini, è direttamente proporzionale allo spleen (malinconia, tedio esistenziale). Nello studio della dottoressa Beatrice Golomb, docente di medicina all’University of California alla San Diego School of Medicine sono state prese in considerazione 900 persone, escludendo quelle che facevano già uso di farmaci antidepressivi: è emerso che coloro che erano considerati depressi mangiavano 8,4 porzioni di cioccolato al mese, rispetto alle 5,4 dei loro colleghi sereni. Chi era più tormentato degli altri arrivava a consumare addirittura 12 porzioni di cioccolato al mese. La Golomb spiega che il consumo di cioccolato può forse rappresentare una forma di auto-terapia per le persone depresse, o magari il cioccolato può essere una sorta di alimento-conforto. Tuttavia, sebbene a breve termine il cioccolato può effettivamente dare conforto, a lungo andare rischia di diventare negativa anche per l’umore. Ancora, secondo lo studioso australiano Gordon Parker“La cioccolata può fornire un piacere emotivo, soddisfacendo un desiderio, ma quando viene consumata per avere un conforto o per vincere il malumore, è più probabile che sia associata a un prolungamento dello stato d’animo negativo, piuttosto che alla sua fine’’. Le ricerche esaminate dallo studioso parlano chiaro. Ad esempio, molti degli ingredienti del cioccolato che hanno un effetto sull’umore sono presenti anche - e a livelli più alti - in alimenti che non causano un desiderio simile a quello ‘da cioccolata’. Non solo, gli appassionati di cioccolato finiscono per preferire quello al latte, che contiene meno sostanze psicoattive rispetto al tipo fondente. E’ possibile contrapporre una risposta plausibile alla teoria di Parker? Crediamo di si: ricordiamo che la condizione di massimo benessere per l’uomo è l’ESTASI. ESTASI: quale definizione? L’ESTASI è trovare un secondo strato di cioccolatini sotto il primo…..