Globalizzazione:che cos’è?
Per Globalizzazione s’intende un’economia senza
frontiere.
Nell’ambito di questa economia globale dobbiamo
vedere inseriti diversi aspetti della vita dei singoli
individui come delle grandi popolazioni.
La Globalizzazione, in tal modo, ci coinvolge anche
senza accorgercene: pensiamo, ad esempio,
all’informazione che ci fa raggiungere istantaneamente
il posto più lontano immaginabile, o ai nostri consumi
di prodotti importati.
1
Globalizzazione:quali campi coinvolge?
La Globalizzazione comprende diversi campi tra cui:
-settore industriale e dei servizi (imprese aventi sedi
decentrate
alla
ricerca
di
sgravi
fiscali);
- settore finanziario (lobby e speculatori in grado di far
passare di mano miliardi di dollari al giorno);
- settore delle risorse e ambiente (alimentari,
energetiche, etc., i cui prezzi seguono il volere dei
grandi gruppi, catastrofi
ecologiche di portata
planetaria);
- settore delle comunicazioni (il mondo come villaggio
globale; internet) .
2
Globalizzazione: quante?
"Non
esiste
solo
una
Globalizzazione: ce ne sono molte,
per esempio quella dell’informazione,
della droga, delle epidemie, dei
problemi ambientali e, ovviamente,
quella delle finanze“
Bouthros Ghali, ex segretario dell’ONU
3
Globalizzazione: fenomeno positivo o negativo?
Non può esistere una risposta univoca.
Dipende dai punti di vista e dall’uso che se
ne può fare.
In sé l’idea di un mondo globale può essere
molto positiva, in quanto può consentire di
sentirsi parte di una realtà che, per quanto
ampia, è per molti versi vicina e
raggiungibile
4
. Globalizzazione: fenomeno positivo o negativo?
Esempio:
settore comunicazioni (internet)
La parte positiva:
-possibilità di collegamenti;
-possibilità di scambi culturali;
-possibilità di espressione per chi
apparentemente non conta (cfr.
Marcos e l’EZLN).
La parte negativa concerne il rischio di:
- uniformità di vedute;
- appiattimento culturale;
- annientamento culturale;
- ampliamento di business illeciti (pedofilia).
5
Cos’è un’economia globalizzata?
È l’insieme dei processi che spingono
a produrre beni e servizi al minimo
dei
costi
-in
aree
geografiche
convenienti- per poi rivenderli in
altre aree, ottimizzando i profitti.
6
Verso cosa tende ?
Quello verso cui si tende è un nuovo tipo di società:
"la società 20:80" .
•un quinto della popolazione mondiale basta per far
funzionare l’economia mondiale
•dal punto di vista economico i confini dei singoli
stati sono puramente formali;
•una società a dimensione planetaria, con una
disoccupazione inimmaginabile;
•Che ne sarà degli altri 4/5? Riusciranno a tenere
dietro agli eventi che seguiranno?
7
Chi ne trae beneficio?
Grazie
ad
essa,
le
persone
privilegiate del Nord del mondo e
anche del Sud - soprattutto i
proprietari di capitali - si aggiudicano
una parte sempre più grande della
ricchezza che viene prodotta in tutto
il mondo. Ciò, ovviamente, a scapito
del resto della popolazione.
8
Società 20:80: gli effetti
Se non ci sarà più lavoro per 4/5
dell’umanità, se tali persone non troveranno
un proprio spazio e una propria dignità,
sarà sempre più prevedibile il verificarsi di
sollevazione popolari (cfr. la rivolta a Los
Angeles del ‘94) o il succedersi di fenomeni
migratori su vasta scala (cfr. i continui
sbarchi di disperati sulle coste e gli arrivi
alle frontiere dell’Europa o degli Usa).
9
Società globalizzata: le attuali risposte
(1)
Di fronte allo scenario descritto, i
fautori della società globalizzata e i
fruitori del benessere che ne
consegue
prevedono
di
poter
limitare i fenomeni, intensificando le
spese per la propria protezione.
10
Società globalizzata: le attuali risposte
(2)
Si aumentano le spese per la
sorveglianza ai confini per impedire
gli sbarchi o gli sconfinamenti;
si edificano mura di recinzione
(come quello tra il Messico e degli
U.S.A.).
11
Società globalizzata: le attuali risposte
(3)
Si costruiscono fortificazioni attorno
alle proprie residenze con guardie
armate (si moltiplicano le cosiddette
città
fortezza),
si
istituiscono
squadroni della morte per "pulire" le
strade delle grandi metropoli dai
"bambini di strada" e dai "senza fissa
dimora".
12
Globalizzazione: il modello americano
L’arrivo della concorrenza giapponese ed europea sui
mercati
americani,
soprattutto
di
automobili
e
videogame,
ha
sconvolto
l’economia
degli
Usa.
Per incrementare la produttività e ridurre i costi, le
imprese hanno scelto la via più comoda: tagliare salari e
stipendi.
•La ristrutturazione attraverso tre parole d’ordine:
- downsizing (rimpicciolire)
- outsourcing (trasferire)
- re-engineering (riorganizzare)
•Da cui emergono nuove figure "professionali":
- lavoratori sotto-pagati
- part-time
-just-in-time worker (lavoratori su richiesta)
13
Globalizzazione: il modello americano
Certo l’economia americana gode di buona salute e
vanti una disoccupazione minima. Ma a quale prezzo?
Il paese più ricco e produttivo del mondo è diventato
quello con i più bassi salari dell’economia mondiale.
Grazie alla competizione forzata, l’80% dei lavoratori
americani ha guadagnato per ogni ora lavorativa l’11%
in meno rispetto al 1973 e per alcune fasce salariali si
arriva a meno 25%.
Nel complesso, la società americana non è certo più
povera: solo che l’aumento va nelle tasche solo del
quinto più ricco della popolazione.
14
GLOBALIZZAZIONE E WELFARE STATE
Altro
aspetto
della
ristrutturazione
globale
concerne il Welfare State (lo stato sociale: sanità,
pensioni, etc,).
Con la globalizzazione dei mercati le singole
economie nazionali devono cercare di essere
competitive perché dipendono sempre più dagli
andamenti economico-finanziari mondiali ai quali
sono legati. Il loro risanamento dipende dalla
capacità di attrarre investimenti e ridimensionare
la spesa pubblica.
15
GLOBALIZZAZIONE E WELFARE STATE
Per questi motivi la tendenza attuale dei singoli governi
occidentali è quella di ridurre progressivamente la spesa
pubblica visto, tra l’altro, che non si è capaci di agire su altri
fronti come quello dell’evasione fiscale.
Altro aspetto che penalizza i bilanci statali concerne la
consuetudine sempre più frequente delle imprese di
trasferire la propria sede fiscale nei cosiddetti "paradisi
fiscali" (generalmente paesi dell’estremo oriente), dove
l’ammontare delle tasse è decisamente irrisoria rispetto ai
paesi occidentali.
Es.: nel ‘88 la Bmw versò nelle casse dello stato tedesco
545 milioni di marchi; nel ‘92 la cifra divenne di 31 milioni;
nel ‘93 la casa automobilistica andò addirittura in perdita, la
qual cosa richiese un rimborso pari a 32 milioni di marchi.
16
Globalizzazione: i nuovi termini (1)
DELOCALIZZAZIONE
Trasferimento di intere produzioni in paesi con
costi più bassi.
È dettata dall’esigenza di abbattere i costi di
produzione, e in particolare il costo del lavoro; la
delocalizzazione avviene verso i paesi in via di
sviluppo e, da ultimo, anche verso i paesi dell’est.
Paesi, questi, caratterizzati da una "blanda"
presenza di vincoli contrattuali, sindacali, di tutela
del lavoro.
17
Globalizzazione: i nuovi termini (2)
OUTSOURCING
Trasferimento di fasi della produzione all’esterno
dell’impresa.
Esempio:
se
prima
un’automobile
veniva
interamente prodotta nello stesso stabilimento, ora
in quello stabilimento viene prodotto il telaio,
mentre motore, accessori, etc. vengono realizzati
in
altre
aziende
sub-fornitrici.
Conseguenze:
flessibilità,
riduzione
(o
eliminazione) del magazzino, trasferimento a terzi
della gestione del personale e della qualità,
vantaggi in termini di prezzi legati ai rapporti "di
mercato" con le imprese sub-fornitrici.
18
Globalizzazione: i nuovi termini (3)
Complessivamente, se l’outsourcing può comunque
garantire occupazione al Nord, magari al prezzo di
orari di lavoro massacranti e basse retribuzioni, la
delocalizzazione al contrario tende a creare
disoccupazione.
A ciò si aggiunge il fenomeno Re-engineering,
vale a dire della riprogettazione dell’attività
produttiva sulla base delle nuove tecnologie
informatiche che tende di per sè a creare ulteriore
disoccupazione.
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Ricadute per Nord e Sud
Per il NORD ciò comporta:
-incremento dell’automazione
- costi di trasporto ridotti
- sviluppo del just-in-time
(produzione su ordinazione per eliminare i costosi
magazzini)
- attenzione al mercato dei
cambi
Per il SUD si traduce in:
-manodopera sempre più a
basso costo.
- leggi anti-sindacali
- lavoro minorile
- sgravi fiscali da offrire alle
imprese
- esenzioni doganali
- leggi ambientali permissive
- speculazioni finanziarie con gli
utili ottenuti
20
Ricadute per il sud del mondo
La globalizzazione ha per il Sud un impatto
devastante: sfruttamento del lavoro (con
pratiche schiavistiche che coinvolgono
anche i bambini), bassissime retribuzioni,
scarsissime tutele sindacali. Il numero delle
persone
potenzialmente
coinvolte
è
impressionante:
circa
3
miliardi.
21
Ricadute per il sud del mondo
Si verifica sempre più una "corsa verso il fondo": i paesi del
Sud si sfidano in una "gara al ribasso" per offrire al capitale
internazionale (imprese transnazionali) le condizioni più
vantaggiose.
I risultati immediati di questa situazione sono la creazione
di "isole di elevata capacità tecnologica" (vedi Corea) e di
"zone di libero commercio", dove non esistono restrizioni al
capitale
internazionale,
che
può
declinare
ogni
responsabilità sociale verso i lavoratori grazie alla
complicità
dei
governi
e
della
malavita
locale.
La Corea del Sud, e non solo, diventa un avamposto del
capitalismo internazionale, dispensatore di tecnologia e
ricercatore di lavoro a basso costo.
22
Ricadute per il sud del mondo
Ecco allora l’esplosione delle cosiddette "tigri"
(Hong Kong, Taiwan, Singapore e Corea del Sud)
intorno agli anni ‘80, seguita dallo sviluppo negli
anni ‘90 dei "draghi" (Brunei, Indonesia,
Malaysia, Filippine, Thailandia, Vietnam, Cina):
tutti caratterizzati da una crescita economica
notevole, non supportata però da giustizia e pace
sociale.
Analogo discorso può essere fatto per alcuni paesi
dell’America Latina, come il Cile e il Messico,
denominati "giaguari".
23
Gli effetti della globalizzazione
Il Caso Messico
Enedino Jimenez
24
Gli effetti della globalizzazione
Il Caso Messico
Geografia del Messico
•Superficie: 1,96 milioni di Km2 (sette volte l’Italia)
•Popolazione: 95 milioni di abitanti
•Tasso di crescita: 2,6% annuo
•Principali Città: Città del Messico, Guadalajara, Monterrey
•Città del Messico: ab. 19 milioni (fino a 26 milioni se si
considerano le baraccopoli)
•Popolazione coperta dall’assistenza sanitaria pubblica:
52,5%
•60% di messicani che vive sotto la soglia della povertà
(20% in estrema miseria)
•10% senza alcun sistema previdenziale
•Potere d’acquisto dei salari diminuito dell’80% tra l’80 e il
‘96
25
Gli effetti della globalizzazione
Il Caso Messico
Gli antefatti
Nel decennio 80/90 il governo messicano si libera di tutte le
imprese-zavorra del settore pubblico e comincia a vendere o
meglio a svendere le stesse imprese pubbliche redditizie.
Tutto per entrare a far parte del NAFTA (Accordo di Libero
Scambio) fra gli stati Nord-americani, in competizione ai
mercati europeo e asiatico.
Tra gli americani e i canadesi il Messico rappresenta l’anello
più debole del NAFTA, costretto ad adattarsi alle politiche
decise a Washington.
A questo si aggiungono le riforme della Carta Costituzionale,
soprattutto in merito alla proprietà della terra, che
permettono privatizzazioni e concentrazioni monopolistiche
generalizzate
26
Gli effetti della globalizzazione
Il Caso Messico
Le cause
Dicembre‘94: Citta del Messico
Le scelte iperliberiste seguite negli ultimi anni dai
dirigenti messicani, condizionate dai grandi investitori soprattutto americani - portano nel giro di pochi giorni al
collasso dell’economia (inflazione alle stelle, necessità di
svalutazione
del
peso,
riserve
federali
sull’orlo
dell’esaurimento).
A quanto detto, vanno aggiunte le speculazioni tentate,
volute e cercate dagli agenti del mercato finanziario
internazionale, che contribuiscono ad affossare in
maniera
decisiva
l’impero
economico
messicano.
Si prospetta una fuga di capitali di massa.
27
Gli effetti della globalizzazione
Il Caso Messico
Gli effetti
Tra il dicembre ‘94 e il dicembre ‘95 falliscono più di
45.000 piccole e medie imprese. Più di 1.000.000 di
persone restano senza lavoro.
Nei principali centri urbani del paese la violenza nelle
strade provoca una media di 1.000 crimini al giorno.
Nel Chiapas ha inizio la sollevazione delle popolazioni
maya organizzate nell’EZLN.
Ripercussioni sui mercati finanziari di tutto il mondo:
gli investitori ritirano i propri capitali soprattutto da
paesi come Cile, Argentina e Brasile.
28
Gli effetti della globalizzazione
Il Caso Messico
I rimedi
Per salvare gli investitori stranieri dal tracollo e per
garantire gli interessi statunitensi, il F.M.I. (fondo
monetario internazionale) con l’assenso dei principali
governi promuove un ingente prestito destinato a risanare
i bilanci del Messico.
Al Messico vengono concessi 48 miliardi di dollari dal F.M.I.
e dalla Banca dei Regolamenti Internazionali e dal governo
canadese.
Si tratta del prestito in assoluto più ingente, inferiore
soltanto a quello del piano Marshall, del secondo
dopoguerra.
In pratica la classe dei contribuenti dei paesi paganti che
sostengono il F.M.I. (cioè noi) deve salvare gli speculatori
(già ricchi), oggi più che mai padroni del mondo
29
globalizzato.
Gli effetti della globalizzazione
Il Caso Messico
Il ricatto
Per ricevere questi aiuti il Messico deve sottostare
a condizioni incredibili:
- depositare in un tribunale di New York le fatture
ancora pendenti che, in caso di inottemperanza,
sarebbero state saldate con cessioni petrolifere;
- 12% di interesse;
- privatizzazione di varie strutture come porti,
aeroporti, ferrovie, aziende petrolchimiche,
centrali elettriche.
Inoltre gli USA pretendono la militarizzazione di
alcuni stati messicani, tra cui il Chiapas.
30
Gli effetti della globalizzazione
Il Caso Messico
Chi ci guadagna (1)
Non sono certo i poveri, i senza-lavoro o i
senzatetto a trarne vantaggi; piuttosto gli
investitori
stranieri,
che
vedono
salvaguardati i propri interessi, e gli
speculatori finanziari internazionali, che qui
- più che in ogni altra crisi - si ergono a
protagonisti del nuovo ordine economico.
Questi ultimi sono riusciti a piegare al
proprio
volere
gli
stessi
organismi
economici mondiali.
31
Gli effetti della globalizzazione
Il Caso Messico
Chi ci guadagna (2)
Gli speculatori sono coloro che gestiscono miliardi di risparmi
e hanno come obiettivo unico il far guadagnare i propri
clienti. Vivono, in pratica, sulle transazioni finanziarie - vale a
dire dei soldi che passano di mano di giorno in giorno - e che
si verificano per puri scopi speculativi e sopra la testa dei
governi e delle società civili.
Tali spostamenti di capitale non sono destinati a creare
ricchezza, beni e servizi a beneficio dei paesi cui sono
destinati, ma soltanto a produrre altro denaro per i propri
utili.
Quando gli speculatori decidono di "rovinare" uno stato non
fanno altro che ritirare o far ritirare i propri capitali,
costringendo i governi a bruciare miliardi di riserve valutarie
per evitare la bancarotta e a mutare il proprio indirizzo
economico.
32
Gli effetti della globalizzazione
Il Caso Messico
Chi ci guadagna (3)
Con
la
globalizzazione
delle
attività
economiche
(mobilità
di
capitali,
segmentazione dei processi produttivi), si
sottrae sempre più ai governi e alle società,
soprattutto per quanto riguarda le zone
povere, il controllo dell’economia e lo si
consegna nelle mani delle agenzie e delle
società internazionali.
D’ora in poi i paesi del Sud - come il Messico
- sono sempre più destinati a diventare
33
"globalmente dipendenti".
Gli effetti della globalizzazione
Il Caso Messico
Crisi finanziaria: chi ci perde
Le vittime sono i paesi poveri destinati ad un ruolo
subordinato soprattutto per via di aspetti particolari
che li coinvolgono:
- manodopera a basso costo che li trasforma in paesi
fondati
sull’industria
del
montaggio;
- manodopera il più delle volte minorile e femminile;
- produttori di colture per l’esportazione che ne
distruggono
le
risorse
ambientali;
importatori di prodotti alimentari, per sopperire alla
mancanza di colture relative
34
Organismi del credito
internazionale
Fondi pubblici:
Governi: erogano crediti all’esportazione, donazioni e prestiti
a tassi agevolati;
F.M.I.: eroga prestiti a tasso di mercato;
Banca Mondiale: eroga prestiti a tasso di mercato e agevolati.
Fondi privati:
Banche private: elargiscono prestiti a tasso di mercato, crediti
alle esportazioni e prestiti obbligazionari;
Imprese: intervengono con investimenti diretti.
35
Organismi del credito internazionale
F.M.I. (Fondo Monetario Internazionale)
Tutte le volte che un governo cerca aiuto presso i
Ministri delle Finanze o presso le banche di altri
Stati perché non sa come pagare i debiti o non è in
grado di superare la crisi del suo paese, viene
indirizzato al F.M.I., diretto da un certo signor
Camdessus, il quale può gestire ed erogare i
finanziamenti dopo aver consultato i rappresentanti
dei ricchi paesi donatori (U.S.A., Giappone, e
Germania innanzitutto)
36
Organismi del credito internazionale
F.M.I. (Fondo Monetario Internazionale
Chi aderisce, chi conta, chi comanda
Vi aderiscono 173 paesi (dato del 1992) ma
il loro peso è proporzionale alle quote
versate.
Le cinque nazioni più industrializzate (Usa,
Giappone, Germania, Inghilterra, Francia)
controllano il 41% dei voti e ne condizionano
chiaramente le scelte.
37
Organismi del credito internazionale
F.M.I. (Fondo Monetario Internazionale
Le condizioni
Il paese che accede al prestito deve sottostare alle
scelte imposte dai paesi "forti"; si tratta delle
cosiddette "politiche di aggiustamento strutturale".
In pratica, chi deve saldare un debito deve lavorare
molto, non importa in quali condizioni o secondo
quale compenso, deve cercare di vendere il più
possibile i propri prodotti e, inoltre, deve consumare
il meno possibile; facendo così può ottenere un
avanzo di cassa che gli permette di ripagare il debito
contratto.
38
Organismi del credito internazionale
F.M.I. (Fondo Monetario Internazionale
Queste alcune regole per spendere meno
Innanzitutto non aumentare i salari.
Poi svalutare la moneta e aumentare i tassi
d’interesse, per favorire l’afflusso di capitali.
Quindi aumentare le tasse di chi già le paga
(non certo quelle dei grandi investitori).
Ridurre la spesa sociale.
39
Organismi del credito internazionale
F.M.I. (Fondo Monetario Internazionale
Queste invece i suggerimenti per vendere di più
Cercare di contrarre i salari.
Tagliare i bilanci, per non spendere più di
quanto si incassa.
Svalutare la moneta per rendere le proprie
merci meno costose delle altre.
Sfruttare in maniera intensiva le risorse
naturali senza cura per l’ambiente.
Utilizzare le terre migliori per l’esportazione.
40
Organismi del credito internazionale
La Banca Mondiale (B.M.)
È l’organismo che dovrebbe trovare soluzioni per lenire
le sofferenze della maggior parte dell’umanità. In realtà
condiziona i suoi aiuti a precise scelte economiche come
grandi investimenti e opere faraoniche.
"Il rilancio di un’economia dello sviluppo che
promuova la giustizia sociale ci obbliga a cercare
con urgenza un’altra istituzione".
(Pierre Galant, segretario dimissionario dell’ Oxfam,
uno dei gruppi di lavoro degli O.n.g. della Banca
Mondiale).
41
Organismi del credito internazionale
La Banca Mondiale (B.M.)
Origine e scopo
Nasce come il F.M.I. a Bretton Woods nel 1944
per finanziare strade, dighe, centrali elettriche e
tutto quello che si ritiene utile per la crescita
industriale.
Nel dopoguerra finanziò la ricostruzione
dell’Europa, oggi interviene prevalentemente
nel Sud del mondo.
42
Organismi del credito internazionale
La Banca Mondiale (B.M.)
Struttura
La B.M. opera attraverso due agenzie :
IBRD (Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo
Sviluppo) che raccoglie fondi, vendendo titoli pubblici
garantiti e prestandoli ai governi del Sud a condizioni
normali di mercato.
I.D.A. (Agenzia Internazionale per lo Sviluppo),
finanziata attraverso le donazioni dei governi dei paesi
ricchi, che presta ai paesi più poveri a tassi agevolati e
lunghi tempi di restituzione (oltre trent’anni).
Dai vari prestiti la B.M. ottiene utili di svariati miliardi.
43
Organismi del credito internazionale
La Banca Mondiale (B.M.)
Chi aderisce, chi conta, chi comanda
Alla B.M. vi aderiscono oltre 150 paesi, ciascuno
dei quali partecipa con una quota proporzionale
alla propria forza economica.
In pratica ha più potere chi versa di più.
Il Nord del mondo possiede così oltre il 60%
delle quote di partecipazione.
44
Organismi del credito internazionale
La Banca Mondiale (B.M.)
Quale sviluppo ?
Lo sviluppo secondo la B.M. è visto
maggiormente in relazione alla produzione
nazionale, senza tenere in debito conto le
condizioni in cui è stata ottenuta, se e come è
stata divisa nella società civile ed dall’uso che
se ne intende fare.
45
Organismi del credito internazionale
La Banca Mondiale (B.M.)
Progetti inutili
Ecco allora i finanziamenti per progetti disastrosi dal
punto di vista ambientale e inconcepibili da quello
sociale, come la costruzione di dighe e miniere che
oltre a distruggere migliaia di ettari di foreste,
gettano nella disperazione migliaia di persone che
abitavano la zona, fra cui molte popolazioni indigene
a rischio di estinzione.
Oppure i finanziamenti per progetti inutili e costosi, in
grado di procurare utili alle imprese costruttrici del
Nord e sempre più debiti ai paesi poveri.
46
Quali possibili rimedi?
•eliminazione dei cosiddetti paradisi fiscali
•tassazione dei redditi da capitale
•tassazione delle transazioni finanziarie
•sostegno iniziative pro tutela del lavoro (a
livello nazionale e internazionale)
•sostegno iniziative contro violazione dei diritti
umani (lavoro minorile e sfruttamento in
generale, sostegno conversione industrie
belliche)
•sostegno iniziative pro tutela ambiente
47
Organismi di credito alternativo
Sostegno Banca Etica
BANCA ETICA: nata nel ‘93 è ancora in corso di
allestimento per raggiungere i 12,5 miliardi di
capitale sociale richiesto per essere riconosciuta
come Banca. Tra gli scopi che si prefigge:
-finanziare
imprese
senza
scopo
di
lucro;
-finanziare attività nel rispetto dell’ambiente;
-raccogliere e gestire i risparmi in modo trasparente.
Il tutto per rompere il circolo vizioso delle
speculazioni che produce altro denaro, degli
investimenti destinati alla produzione e al traffico di
armi e droga, per contenere il problema dell’usura.
48
Organismi di impresa alternativi
Imprese No-Profit (1)
Si tratta di cooperative, associazioni, enti
morali operanti nel Terzo Settore, che non
perseguono cioè fini di lucro (imprese private
- Primo Settore) nè dipendono dallo Stato
(Secondo Settore), ma creano beni e servizi
di utilità sociale senza chiudere i bilanci in
passivo: eventuali attivi di cassa vengono
reinvestiti.
49
Organismi di impresa alternativi
Imprese No-Profit (2)
In Italia esse sono circa 52.000, con quasi mezzo
milioni di occupati, e un fatturato intorno alla trentina
di miliardi di lire.
MAG (MUTUA AUTO GESTIONE): è un’associazione
che reperisce capitali fra i soci e li impiega,
sostenendo attività di altre piccole cooperative e
imprese no-profit che non riescono ad ottenere
prestiti dalle banche.
La prima MAG è nata nel 1978 a Verona, altre sono
sorte in varie città e hanno finanziato circa un
migliaio di iniziative, dando oltre duemila posti di
lavoro.
50
Organismi di impresa alternativi
Commercio equo e solidale
Commercio di prodotti, alimentari ed artigianali,
secondo i seguenti principi:
- acquisto direttamente da produttori, senza
intermediari;
- pagamento di prezzi equi, spesso anticipato;
- promozione di produttori penalizzati ma che si
attengono a norme di solidarietà e rispetto
dell’ambiente.
In Italia sono numerose le associazioni e le botteghe
del Mondo che fanno riferimento a tre grandi centri
d’importazione: CTM (Cooperazione Terzo Mondo),
CA (Commercio Alternativo) e RAM (Robe dell’Altro
51
Mondo).
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3) gli usurai della terra