Globalizzazione:che cos’è? Per Globalizzazione s’intende un’economia senza frontiere. Nell’ambito di questa economia globale dobbiamo vedere inseriti diversi aspetti della vita dei singoli individui come delle grandi popolazioni. La Globalizzazione, in tal modo, ci coinvolge anche senza accorgercene: pensiamo, ad esempio, all’informazione che ci fa raggiungere istantaneamente il posto più lontano immaginabile, o ai nostri consumi di prodotti importati. 1 Globalizzazione:quali campi coinvolge? La Globalizzazione comprende diversi campi tra cui: -settore industriale e dei servizi (imprese aventi sedi decentrate alla ricerca di sgravi fiscali); - settore finanziario (lobby e speculatori in grado di far passare di mano miliardi di dollari al giorno); - settore delle risorse e ambiente (alimentari, energetiche, etc., i cui prezzi seguono il volere dei grandi gruppi, catastrofi ecologiche di portata planetaria); - settore delle comunicazioni (il mondo come villaggio globale; internet) . 2 Globalizzazione: quante? "Non esiste solo una Globalizzazione: ce ne sono molte, per esempio quella dell’informazione, della droga, delle epidemie, dei problemi ambientali e, ovviamente, quella delle finanze“ Bouthros Ghali, ex segretario dell’ONU 3 Globalizzazione: fenomeno positivo o negativo? Non può esistere una risposta univoca. Dipende dai punti di vista e dall’uso che se ne può fare. In sé l’idea di un mondo globale può essere molto positiva, in quanto può consentire di sentirsi parte di una realtà che, per quanto ampia, è per molti versi vicina e raggiungibile 4 . Globalizzazione: fenomeno positivo o negativo? Esempio: settore comunicazioni (internet) La parte positiva: -possibilità di collegamenti; -possibilità di scambi culturali; -possibilità di espressione per chi apparentemente non conta (cfr. Marcos e l’EZLN). La parte negativa concerne il rischio di: - uniformità di vedute; - appiattimento culturale; - annientamento culturale; - ampliamento di business illeciti (pedofilia). 5 Cos’è un’economia globalizzata? È l’insieme dei processi che spingono a produrre beni e servizi al minimo dei costi -in aree geografiche convenienti- per poi rivenderli in altre aree, ottimizzando i profitti. 6 Verso cosa tende ? Quello verso cui si tende è un nuovo tipo di società: "la società 20:80" . •un quinto della popolazione mondiale basta per far funzionare l’economia mondiale •dal punto di vista economico i confini dei singoli stati sono puramente formali; •una società a dimensione planetaria, con una disoccupazione inimmaginabile; •Che ne sarà degli altri 4/5? Riusciranno a tenere dietro agli eventi che seguiranno? 7 Chi ne trae beneficio? Grazie ad essa, le persone privilegiate del Nord del mondo e anche del Sud - soprattutto i proprietari di capitali - si aggiudicano una parte sempre più grande della ricchezza che viene prodotta in tutto il mondo. Ciò, ovviamente, a scapito del resto della popolazione. 8 Società 20:80: gli effetti Se non ci sarà più lavoro per 4/5 dell’umanità, se tali persone non troveranno un proprio spazio e una propria dignità, sarà sempre più prevedibile il verificarsi di sollevazione popolari (cfr. la rivolta a Los Angeles del ‘94) o il succedersi di fenomeni migratori su vasta scala (cfr. i continui sbarchi di disperati sulle coste e gli arrivi alle frontiere dell’Europa o degli Usa). 9 Società globalizzata: le attuali risposte (1) Di fronte allo scenario descritto, i fautori della società globalizzata e i fruitori del benessere che ne consegue prevedono di poter limitare i fenomeni, intensificando le spese per la propria protezione. 10 Società globalizzata: le attuali risposte (2) Si aumentano le spese per la sorveglianza ai confini per impedire gli sbarchi o gli sconfinamenti; si edificano mura di recinzione (come quello tra il Messico e degli U.S.A.). 11 Società globalizzata: le attuali risposte (3) Si costruiscono fortificazioni attorno alle proprie residenze con guardie armate (si moltiplicano le cosiddette città fortezza), si istituiscono squadroni della morte per "pulire" le strade delle grandi metropoli dai "bambini di strada" e dai "senza fissa dimora". 12 Globalizzazione: il modello americano L’arrivo della concorrenza giapponese ed europea sui mercati americani, soprattutto di automobili e videogame, ha sconvolto l’economia degli Usa. Per incrementare la produttività e ridurre i costi, le imprese hanno scelto la via più comoda: tagliare salari e stipendi. •La ristrutturazione attraverso tre parole d’ordine: - downsizing (rimpicciolire) - outsourcing (trasferire) - re-engineering (riorganizzare) •Da cui emergono nuove figure "professionali": - lavoratori sotto-pagati - part-time -just-in-time worker (lavoratori su richiesta) 13 Globalizzazione: il modello americano Certo l’economia americana gode di buona salute e vanti una disoccupazione minima. Ma a quale prezzo? Il paese più ricco e produttivo del mondo è diventato quello con i più bassi salari dell’economia mondiale. Grazie alla competizione forzata, l’80% dei lavoratori americani ha guadagnato per ogni ora lavorativa l’11% in meno rispetto al 1973 e per alcune fasce salariali si arriva a meno 25%. Nel complesso, la società americana non è certo più povera: solo che l’aumento va nelle tasche solo del quinto più ricco della popolazione. 14 GLOBALIZZAZIONE E WELFARE STATE Altro aspetto della ristrutturazione globale concerne il Welfare State (lo stato sociale: sanità, pensioni, etc,). Con la globalizzazione dei mercati le singole economie nazionali devono cercare di essere competitive perché dipendono sempre più dagli andamenti economico-finanziari mondiali ai quali sono legati. Il loro risanamento dipende dalla capacità di attrarre investimenti e ridimensionare la spesa pubblica. 15 GLOBALIZZAZIONE E WELFARE STATE Per questi motivi la tendenza attuale dei singoli governi occidentali è quella di ridurre progressivamente la spesa pubblica visto, tra l’altro, che non si è capaci di agire su altri fronti come quello dell’evasione fiscale. Altro aspetto che penalizza i bilanci statali concerne la consuetudine sempre più frequente delle imprese di trasferire la propria sede fiscale nei cosiddetti "paradisi fiscali" (generalmente paesi dell’estremo oriente), dove l’ammontare delle tasse è decisamente irrisoria rispetto ai paesi occidentali. Es.: nel ‘88 la Bmw versò nelle casse dello stato tedesco 545 milioni di marchi; nel ‘92 la cifra divenne di 31 milioni; nel ‘93 la casa automobilistica andò addirittura in perdita, la qual cosa richiese un rimborso pari a 32 milioni di marchi. 16 Globalizzazione: i nuovi termini (1) DELOCALIZZAZIONE Trasferimento di intere produzioni in paesi con costi più bassi. È dettata dall’esigenza di abbattere i costi di produzione, e in particolare il costo del lavoro; la delocalizzazione avviene verso i paesi in via di sviluppo e, da ultimo, anche verso i paesi dell’est. Paesi, questi, caratterizzati da una "blanda" presenza di vincoli contrattuali, sindacali, di tutela del lavoro. 17 Globalizzazione: i nuovi termini (2) OUTSOURCING Trasferimento di fasi della produzione all’esterno dell’impresa. Esempio: se prima un’automobile veniva interamente prodotta nello stesso stabilimento, ora in quello stabilimento viene prodotto il telaio, mentre motore, accessori, etc. vengono realizzati in altre aziende sub-fornitrici. Conseguenze: flessibilità, riduzione (o eliminazione) del magazzino, trasferimento a terzi della gestione del personale e della qualità, vantaggi in termini di prezzi legati ai rapporti "di mercato" con le imprese sub-fornitrici. 18 Globalizzazione: i nuovi termini (3) Complessivamente, se l’outsourcing può comunque garantire occupazione al Nord, magari al prezzo di orari di lavoro massacranti e basse retribuzioni, la delocalizzazione al contrario tende a creare disoccupazione. A ciò si aggiunge il fenomeno Re-engineering, vale a dire della riprogettazione dell’attività produttiva sulla base delle nuove tecnologie informatiche che tende di per sè a creare ulteriore disoccupazione. 19 Ricadute per Nord e Sud Per il NORD ciò comporta: -incremento dell’automazione - costi di trasporto ridotti - sviluppo del just-in-time (produzione su ordinazione per eliminare i costosi magazzini) - attenzione al mercato dei cambi Per il SUD si traduce in: -manodopera sempre più a basso costo. - leggi anti-sindacali - lavoro minorile - sgravi fiscali da offrire alle imprese - esenzioni doganali - leggi ambientali permissive - speculazioni finanziarie con gli utili ottenuti 20 Ricadute per il sud del mondo La globalizzazione ha per il Sud un impatto devastante: sfruttamento del lavoro (con pratiche schiavistiche che coinvolgono anche i bambini), bassissime retribuzioni, scarsissime tutele sindacali. Il numero delle persone potenzialmente coinvolte è impressionante: circa 3 miliardi. 21 Ricadute per il sud del mondo Si verifica sempre più una "corsa verso il fondo": i paesi del Sud si sfidano in una "gara al ribasso" per offrire al capitale internazionale (imprese transnazionali) le condizioni più vantaggiose. I risultati immediati di questa situazione sono la creazione di "isole di elevata capacità tecnologica" (vedi Corea) e di "zone di libero commercio", dove non esistono restrizioni al capitale internazionale, che può declinare ogni responsabilità sociale verso i lavoratori grazie alla complicità dei governi e della malavita locale. La Corea del Sud, e non solo, diventa un avamposto del capitalismo internazionale, dispensatore di tecnologia e ricercatore di lavoro a basso costo. 22 Ricadute per il sud del mondo Ecco allora l’esplosione delle cosiddette "tigri" (Hong Kong, Taiwan, Singapore e Corea del Sud) intorno agli anni ‘80, seguita dallo sviluppo negli anni ‘90 dei "draghi" (Brunei, Indonesia, Malaysia, Filippine, Thailandia, Vietnam, Cina): tutti caratterizzati da una crescita economica notevole, non supportata però da giustizia e pace sociale. Analogo discorso può essere fatto per alcuni paesi dell’America Latina, come il Cile e il Messico, denominati "giaguari". 23 Gli effetti della globalizzazione Il Caso Messico Enedino Jimenez 24 Gli effetti della globalizzazione Il Caso Messico Geografia del Messico •Superficie: 1,96 milioni di Km2 (sette volte l’Italia) •Popolazione: 95 milioni di abitanti •Tasso di crescita: 2,6% annuo •Principali Città: Città del Messico, Guadalajara, Monterrey •Città del Messico: ab. 19 milioni (fino a 26 milioni se si considerano le baraccopoli) •Popolazione coperta dall’assistenza sanitaria pubblica: 52,5% •60% di messicani che vive sotto la soglia della povertà (20% in estrema miseria) •10% senza alcun sistema previdenziale •Potere d’acquisto dei salari diminuito dell’80% tra l’80 e il ‘96 25 Gli effetti della globalizzazione Il Caso Messico Gli antefatti Nel decennio 80/90 il governo messicano si libera di tutte le imprese-zavorra del settore pubblico e comincia a vendere o meglio a svendere le stesse imprese pubbliche redditizie. Tutto per entrare a far parte del NAFTA (Accordo di Libero Scambio) fra gli stati Nord-americani, in competizione ai mercati europeo e asiatico. Tra gli americani e i canadesi il Messico rappresenta l’anello più debole del NAFTA, costretto ad adattarsi alle politiche decise a Washington. A questo si aggiungono le riforme della Carta Costituzionale, soprattutto in merito alla proprietà della terra, che permettono privatizzazioni e concentrazioni monopolistiche generalizzate 26 Gli effetti della globalizzazione Il Caso Messico Le cause Dicembre‘94: Citta del Messico Le scelte iperliberiste seguite negli ultimi anni dai dirigenti messicani, condizionate dai grandi investitori soprattutto americani - portano nel giro di pochi giorni al collasso dell’economia (inflazione alle stelle, necessità di svalutazione del peso, riserve federali sull’orlo dell’esaurimento). A quanto detto, vanno aggiunte le speculazioni tentate, volute e cercate dagli agenti del mercato finanziario internazionale, che contribuiscono ad affossare in maniera decisiva l’impero economico messicano. Si prospetta una fuga di capitali di massa. 27 Gli effetti della globalizzazione Il Caso Messico Gli effetti Tra il dicembre ‘94 e il dicembre ‘95 falliscono più di 45.000 piccole e medie imprese. Più di 1.000.000 di persone restano senza lavoro. Nei principali centri urbani del paese la violenza nelle strade provoca una media di 1.000 crimini al giorno. Nel Chiapas ha inizio la sollevazione delle popolazioni maya organizzate nell’EZLN. Ripercussioni sui mercati finanziari di tutto il mondo: gli investitori ritirano i propri capitali soprattutto da paesi come Cile, Argentina e Brasile. 28 Gli effetti della globalizzazione Il Caso Messico I rimedi Per salvare gli investitori stranieri dal tracollo e per garantire gli interessi statunitensi, il F.M.I. (fondo monetario internazionale) con l’assenso dei principali governi promuove un ingente prestito destinato a risanare i bilanci del Messico. Al Messico vengono concessi 48 miliardi di dollari dal F.M.I. e dalla Banca dei Regolamenti Internazionali e dal governo canadese. Si tratta del prestito in assoluto più ingente, inferiore soltanto a quello del piano Marshall, del secondo dopoguerra. In pratica la classe dei contribuenti dei paesi paganti che sostengono il F.M.I. (cioè noi) deve salvare gli speculatori (già ricchi), oggi più che mai padroni del mondo 29 globalizzato. Gli effetti della globalizzazione Il Caso Messico Il ricatto Per ricevere questi aiuti il Messico deve sottostare a condizioni incredibili: - depositare in un tribunale di New York le fatture ancora pendenti che, in caso di inottemperanza, sarebbero state saldate con cessioni petrolifere; - 12% di interesse; - privatizzazione di varie strutture come porti, aeroporti, ferrovie, aziende petrolchimiche, centrali elettriche. Inoltre gli USA pretendono la militarizzazione di alcuni stati messicani, tra cui il Chiapas. 30 Gli effetti della globalizzazione Il Caso Messico Chi ci guadagna (1) Non sono certo i poveri, i senza-lavoro o i senzatetto a trarne vantaggi; piuttosto gli investitori stranieri, che vedono salvaguardati i propri interessi, e gli speculatori finanziari internazionali, che qui - più che in ogni altra crisi - si ergono a protagonisti del nuovo ordine economico. Questi ultimi sono riusciti a piegare al proprio volere gli stessi organismi economici mondiali. 31 Gli effetti della globalizzazione Il Caso Messico Chi ci guadagna (2) Gli speculatori sono coloro che gestiscono miliardi di risparmi e hanno come obiettivo unico il far guadagnare i propri clienti. Vivono, in pratica, sulle transazioni finanziarie - vale a dire dei soldi che passano di mano di giorno in giorno - e che si verificano per puri scopi speculativi e sopra la testa dei governi e delle società civili. Tali spostamenti di capitale non sono destinati a creare ricchezza, beni e servizi a beneficio dei paesi cui sono destinati, ma soltanto a produrre altro denaro per i propri utili. Quando gli speculatori decidono di "rovinare" uno stato non fanno altro che ritirare o far ritirare i propri capitali, costringendo i governi a bruciare miliardi di riserve valutarie per evitare la bancarotta e a mutare il proprio indirizzo economico. 32 Gli effetti della globalizzazione Il Caso Messico Chi ci guadagna (3) Con la globalizzazione delle attività economiche (mobilità di capitali, segmentazione dei processi produttivi), si sottrae sempre più ai governi e alle società, soprattutto per quanto riguarda le zone povere, il controllo dell’economia e lo si consegna nelle mani delle agenzie e delle società internazionali. D’ora in poi i paesi del Sud - come il Messico - sono sempre più destinati a diventare 33 "globalmente dipendenti". Gli effetti della globalizzazione Il Caso Messico Crisi finanziaria: chi ci perde Le vittime sono i paesi poveri destinati ad un ruolo subordinato soprattutto per via di aspetti particolari che li coinvolgono: - manodopera a basso costo che li trasforma in paesi fondati sull’industria del montaggio; - manodopera il più delle volte minorile e femminile; - produttori di colture per l’esportazione che ne distruggono le risorse ambientali; importatori di prodotti alimentari, per sopperire alla mancanza di colture relative 34 Organismi del credito internazionale Fondi pubblici: Governi: erogano crediti all’esportazione, donazioni e prestiti a tassi agevolati; F.M.I.: eroga prestiti a tasso di mercato; Banca Mondiale: eroga prestiti a tasso di mercato e agevolati. Fondi privati: Banche private: elargiscono prestiti a tasso di mercato, crediti alle esportazioni e prestiti obbligazionari; Imprese: intervengono con investimenti diretti. 35 Organismi del credito internazionale F.M.I. (Fondo Monetario Internazionale) Tutte le volte che un governo cerca aiuto presso i Ministri delle Finanze o presso le banche di altri Stati perché non sa come pagare i debiti o non è in grado di superare la crisi del suo paese, viene indirizzato al F.M.I., diretto da un certo signor Camdessus, il quale può gestire ed erogare i finanziamenti dopo aver consultato i rappresentanti dei ricchi paesi donatori (U.S.A., Giappone, e Germania innanzitutto) 36 Organismi del credito internazionale F.M.I. (Fondo Monetario Internazionale Chi aderisce, chi conta, chi comanda Vi aderiscono 173 paesi (dato del 1992) ma il loro peso è proporzionale alle quote versate. Le cinque nazioni più industrializzate (Usa, Giappone, Germania, Inghilterra, Francia) controllano il 41% dei voti e ne condizionano chiaramente le scelte. 37 Organismi del credito internazionale F.M.I. (Fondo Monetario Internazionale Le condizioni Il paese che accede al prestito deve sottostare alle scelte imposte dai paesi "forti"; si tratta delle cosiddette "politiche di aggiustamento strutturale". In pratica, chi deve saldare un debito deve lavorare molto, non importa in quali condizioni o secondo quale compenso, deve cercare di vendere il più possibile i propri prodotti e, inoltre, deve consumare il meno possibile; facendo così può ottenere un avanzo di cassa che gli permette di ripagare il debito contratto. 38 Organismi del credito internazionale F.M.I. (Fondo Monetario Internazionale Queste alcune regole per spendere meno Innanzitutto non aumentare i salari. Poi svalutare la moneta e aumentare i tassi d’interesse, per favorire l’afflusso di capitali. Quindi aumentare le tasse di chi già le paga (non certo quelle dei grandi investitori). Ridurre la spesa sociale. 39 Organismi del credito internazionale F.M.I. (Fondo Monetario Internazionale Queste invece i suggerimenti per vendere di più Cercare di contrarre i salari. Tagliare i bilanci, per non spendere più di quanto si incassa. Svalutare la moneta per rendere le proprie merci meno costose delle altre. Sfruttare in maniera intensiva le risorse naturali senza cura per l’ambiente. Utilizzare le terre migliori per l’esportazione. 40 Organismi del credito internazionale La Banca Mondiale (B.M.) È l’organismo che dovrebbe trovare soluzioni per lenire le sofferenze della maggior parte dell’umanità. In realtà condiziona i suoi aiuti a precise scelte economiche come grandi investimenti e opere faraoniche. "Il rilancio di un’economia dello sviluppo che promuova la giustizia sociale ci obbliga a cercare con urgenza un’altra istituzione". (Pierre Galant, segretario dimissionario dell’ Oxfam, uno dei gruppi di lavoro degli O.n.g. della Banca Mondiale). 41 Organismi del credito internazionale La Banca Mondiale (B.M.) Origine e scopo Nasce come il F.M.I. a Bretton Woods nel 1944 per finanziare strade, dighe, centrali elettriche e tutto quello che si ritiene utile per la crescita industriale. Nel dopoguerra finanziò la ricostruzione dell’Europa, oggi interviene prevalentemente nel Sud del mondo. 42 Organismi del credito internazionale La Banca Mondiale (B.M.) Struttura La B.M. opera attraverso due agenzie : IBRD (Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo) che raccoglie fondi, vendendo titoli pubblici garantiti e prestandoli ai governi del Sud a condizioni normali di mercato. I.D.A. (Agenzia Internazionale per lo Sviluppo), finanziata attraverso le donazioni dei governi dei paesi ricchi, che presta ai paesi più poveri a tassi agevolati e lunghi tempi di restituzione (oltre trent’anni). Dai vari prestiti la B.M. ottiene utili di svariati miliardi. 43 Organismi del credito internazionale La Banca Mondiale (B.M.) Chi aderisce, chi conta, chi comanda Alla B.M. vi aderiscono oltre 150 paesi, ciascuno dei quali partecipa con una quota proporzionale alla propria forza economica. In pratica ha più potere chi versa di più. Il Nord del mondo possiede così oltre il 60% delle quote di partecipazione. 44 Organismi del credito internazionale La Banca Mondiale (B.M.) Quale sviluppo ? Lo sviluppo secondo la B.M. è visto maggiormente in relazione alla produzione nazionale, senza tenere in debito conto le condizioni in cui è stata ottenuta, se e come è stata divisa nella società civile ed dall’uso che se ne intende fare. 45 Organismi del credito internazionale La Banca Mondiale (B.M.) Progetti inutili Ecco allora i finanziamenti per progetti disastrosi dal punto di vista ambientale e inconcepibili da quello sociale, come la costruzione di dighe e miniere che oltre a distruggere migliaia di ettari di foreste, gettano nella disperazione migliaia di persone che abitavano la zona, fra cui molte popolazioni indigene a rischio di estinzione. Oppure i finanziamenti per progetti inutili e costosi, in grado di procurare utili alle imprese costruttrici del Nord e sempre più debiti ai paesi poveri. 46 Quali possibili rimedi? •eliminazione dei cosiddetti paradisi fiscali •tassazione dei redditi da capitale •tassazione delle transazioni finanziarie •sostegno iniziative pro tutela del lavoro (a livello nazionale e internazionale) •sostegno iniziative contro violazione dei diritti umani (lavoro minorile e sfruttamento in generale, sostegno conversione industrie belliche) •sostegno iniziative pro tutela ambiente 47 Organismi di credito alternativo Sostegno Banca Etica BANCA ETICA: nata nel ‘93 è ancora in corso di allestimento per raggiungere i 12,5 miliardi di capitale sociale richiesto per essere riconosciuta come Banca. Tra gli scopi che si prefigge: -finanziare imprese senza scopo di lucro; -finanziare attività nel rispetto dell’ambiente; -raccogliere e gestire i risparmi in modo trasparente. Il tutto per rompere il circolo vizioso delle speculazioni che produce altro denaro, degli investimenti destinati alla produzione e al traffico di armi e droga, per contenere il problema dell’usura. 48 Organismi di impresa alternativi Imprese No-Profit (1) Si tratta di cooperative, associazioni, enti morali operanti nel Terzo Settore, che non perseguono cioè fini di lucro (imprese private - Primo Settore) nè dipendono dallo Stato (Secondo Settore), ma creano beni e servizi di utilità sociale senza chiudere i bilanci in passivo: eventuali attivi di cassa vengono reinvestiti. 49 Organismi di impresa alternativi Imprese No-Profit (2) In Italia esse sono circa 52.000, con quasi mezzo milioni di occupati, e un fatturato intorno alla trentina di miliardi di lire. MAG (MUTUA AUTO GESTIONE): è un’associazione che reperisce capitali fra i soci e li impiega, sostenendo attività di altre piccole cooperative e imprese no-profit che non riescono ad ottenere prestiti dalle banche. La prima MAG è nata nel 1978 a Verona, altre sono sorte in varie città e hanno finanziato circa un migliaio di iniziative, dando oltre duemila posti di lavoro. 50 Organismi di impresa alternativi Commercio equo e solidale Commercio di prodotti, alimentari ed artigianali, secondo i seguenti principi: - acquisto direttamente da produttori, senza intermediari; - pagamento di prezzi equi, spesso anticipato; - promozione di produttori penalizzati ma che si attengono a norme di solidarietà e rispetto dell’ambiente. In Italia sono numerose le associazioni e le botteghe del Mondo che fanno riferimento a tre grandi centri d’importazione: CTM (Cooperazione Terzo Mondo), CA (Commercio Alternativo) e RAM (Robe dell’Altro 51 Mondo).