Anno scolastico 2005/2006 Scuola Primaria “XXV Aprile” Giocosport: favole in palestra Click del mouse per transizione diapositiva Il ritardo del cuculo Nell’osteria di Beppe lo scoiattolo c’era una certa agitazione: l’orso Bazzi non giocava a bocce sfumacchiando come sempre la sua pipa, ma se ne stava seduto a un tavolo all’ingresso da cui ogni tanto si alzava solo per andare alla finestra, scuotere la testa e tornarsene seduto. Tutte le mattine Sissi passava mentre si dirigeva verso la scuola, metteva il musetto dentro l’osteria e chiedeva: “Allora, è arrivato?” oppure: “Notizie?”, ma no. La risposta era sempre no. Era già molto tardi: la neve aveva già cominciato a sciogliersi da un pezzo e spuntavano già le prime gemme, anche se il sole era ancora piuttosto pallido. Tra poco sarebbero arrivate anche le prime rondini e gli altri uccelli di ritorno dai paesi caldi, ma del cuculo ancora nessuna traccia. Anche i bambini ne discutevano animatamente: “Avete letto su giornale?” disse Lillo “Già, ancora niente! Tutti gli animali sono in agitazione, ma del cuculo Matteo nemmeno l’ombra…” rispose Alberto la talpa “Non gli sarà capitato qualcosa? Qualcuno è andato dal castoro Paolo? Lui è un medico, potrebbe sentire gli ospedali lungo la strada di Matteo, magari…” disse Olga “Dai, non pensiamo al peggio, vedrai che sarà solo un po’ in ritardo!” concluse Sara la volpe. Era suonata la campanella e tutti entrarono nelle proprie aule. Sara aveva come sempre ragione e il giorno dopo arrivò Rappo, il piccione viaggiatore, a portare notizie. Era molto stanco per la traversata che aveva fatto ad ali spiegate e così, tra un sorso di cioccolata di Beppe e una pacca di Bazzi raccontò: “L’ho visto…stava sorvolando il mar Ligure, tra poco dovrebbe essere qui…anf, anf…ora lasciatemi riposare un po’, non capisco perché tanta agitazione!” Rappo era sempre un po’ confuso, alcuni dicevano che fosse per i fusi orari che non riusciva mai bene a smaltire, volando di corsa da un angolo all’altro del pianeta! Il problema era che senza cuculo non si poteva iniziare il Carnevale e questo ritardava l’inizio della Primavera, il risveglio dell’orso…insomma, un sacco di problemi. Comunque Matteo arrivò: le sue belle ali erano tutte rovinate, il suo becco un po’ ammaccato ed era terribilmente triste. Fu subito chiamato il dottor castoro Paolo: “Allora, cuculo Matteo, cos’è capitato?” “Ecco, io…mi vergogno un po’...- poi aggiunse sottovoce – ne potremmo parlare da soli?” “Ma certo! – poi aggiunse rivolto a tutti i curiosi che li avevano raggiunti all’osteria – Uscite tutti, tranne Beppe, ovviamente” Beppe fece uscire tutti, chiuse bene la porta e portò ai due unici clienti una bella torta ai mirtilli e una tisana alle erbe, poi si mise dietro al suo bancone. Matteo iniziò il suo racconto: “Stavo volando ormai da diversi giorni ed ero molto stanco, così sono sceso un po’ sotto le nuvole e ho visto di essere proprio sopra a Roma…la romantica Roma. Ero in anticipo, così ho deciso di fare una sosta; ho svolazzato ancora un po’ per cercare un posticino dove atterrare, poi mi sono lanciato in picchiata e mi sono posato su un marciapiede. Ho iniziato a camminare per cercare un posto dove passare la notte, visto che il sole era appena tramontato, ma niente: tutti gli alberghi erano pieni, essendo periodo di migrazioni…le famiglie avevano prenotato già da molto tempo! Così vagavo senza meta quando una bellissima oca romana mi si avvicina: “Ciao! non sei di queste parti. Vero?” “No, sono solo di passaggio…” “…e non hai trovato nemmeno una camera, immagino” “Infatti” ero senza parole: era l’oca più bella che avessi mai visto, con certi occhi…ma andiamo avanti. L’oca si chiamava Michela, mi disse che poteva ospitarmi lei per quella notte e mi fece strada. Io le camminavo a fianco, mi fermai a comprarle una rosa, le offrii la cena e un gelato; camminavamo da molto quando Michela iniziò a correre ridendo, io la seguii finchè non svoltò in un vicolo buio; pensai a uno scherzo e infatti era un gran bello scherzo: ad aspettarmi c’erano venti pulciosi toponi di fogna e cinque gatti spelacchiati con denti aguzzi e dietro lei, ancora così bella, pensai che l’avvessero rapita, così non fuggii e tentai di salvarla, ma quell’esercito malfamato mi si gettò addosso e mi rubò tutto ciò che avevo, lasciandomi in mutande in mezzo al vicolo, pieno di graffi e lividi. Mi trascinai alla polizia che mi portò in ospedale, mentre cercavano di catturare i malfattori. Tre giorni dopo fui dimesso e mi recai alla centrale: “Buongiorno signor Matteo! Abbiamo catturato la banda al completo, era mesi che davamo loro la caccia, eccoli in cella!” Michela era bruttissima senza trucco e senza abiti alla moda, aveva degli occhietti inespressivi e stupidi, penne piccole e per nulla vaporose, anzi, qualcuna mancava anche. Mi sono rimesso in viaggio appena ho recuperato ciò che mi avevano rubato, ma era molto tardi…mi dispiace, sono stato uno stupido…” “Sono cose che capitano, su, l’importante è che tu sia arrivato sano e salvo” disse Paolo il castoro. Fuori aspettavano tutti, ma sapevano già cos’era capitato perché Olga era riuscita a intrufolarsi e dalla spalla di Beppe aveva ascoltato tutto per poi riferirlo subito agli amici. Comunque tutti fecero finta di non sapere per non ferire i sentimenti di Matteo. Fu un bellissimo Carnevale e il cuculo Matteo scordò ben presto la brutta avventura. Conclusione al maneggio Cenere di pipa L’estate era ormai alle porte; per fortuna la gatta Sissi aveva smesso di spiegare argomenti nuovi lasciando ai bambini più tempo per giocare, intanto, ormai, quel che era fatto era fatto e aveva già deciso chi promuovere e chi no. I bambini erano tutti in cortile dopo pranzo; era una giornata molto calda, ma nulla poteva scoraggiare i giovani calciatori che rincorrevano senza sosta il pallone, sudatissimi e accaldati, ma ben decisi a vincere la partita. Intanto le bambine se ne stavano sotto agli alberi a fare il girotondo e a giocare a palla quando arrivò di corsa Lillo urlando: “Venite, venite, presto! È successa una cosa tremenda…”, ma Sara gli rispose: “Senti un po’, prima cosa sei tutto sudato quindi va’ un po’ più in là; secondo ormai conosciamo i tuoi stupidi scherzi, vorrai spaventarci con Bauda la mirauda o farci cadere in qualche buca scavata dal tuo amico la talpa Alberto…” “Senti tu, sciocca femminuccia, ti pare che smetterei un’importantissima partita contro i bambini di terza se non fosse per una cosa importante?” Anche Mea, Tea e Rea a quel punto capirono che si trattava di una cosa seria. “Seguitemi!” disse Lillo. Lillo seguito dalle tre ochette, da Sara e da Olga iniziò a correre a perdifiato attraversando il cortile, poi, con aria circospetta, s’intrufolò dietro agli alberi, strisciò abilmente sotto la siepe, salì su un grosso sasso e si arrampicò sull’albero. A quel punto si accorse di aver perso per la strada le tre ochette “Quelle sciocche…saranno andate di sicura a fare la spia alla maestra!” brontolò Lillo “Ma no – lo rassicurò Olga guardando fra le foglie – stanno arrivando, sono solo un po’ lente e fanno fatica ad arrampicarsi sugli alberi! Era proprio necessario venire fin quassù?” “No – rispose Lillo – era solo per vedere se Sara sarebbe stata capace!”. Sara di offese un po’, ma poi decise di aspettare, magari c’era davvero qualcosa di interessante da vedere; così Lillo e Sara scesero dall’albero , mentre Olga svolazzava intorno e sopraggiungevano con tutta calma le tre ochette. Allora Lillo fece segno di stare in silenzio, scostò le fronde e dietro al salice piangente c’era la talpa Alberto che singhiozzava disperato, Sara si avvicinò dolcemente: “Cos’è successo?” “Niente, andate via” C’è da dire che Alberto era tanto tenero e dolce, ma voleva sempre fare il duro e di certo, non voleva che nessuno lo vedesse mentre piangeva! Dopo tanto insistere Alberto confessò: “La maestra Sissi ha deciso di bocciarmi, non mi vuole più, come faccio a dirlo alla mia mamma?” erano tutti sconvolti, solo Lillo parlò: “Dai, è impossibile, hai sempre preso bei voti…e poi come fai a saperlo?” “E’ stato Mariano il tafano! Dice che stava volando verso scuola quando ha visto che la maestra Sissi che camminava proprio davanti a lui ha perso questo foglio: ecco, guardate, è la mia pagella, leggete: c’è scritto NON AMMESSO!” Era vero, Alberto esibiva quella prova spaventosa portata da Mariano. Finita la scuola fu dura tornare a casa, soprattutto perché Alberto non sapeva dire bugie; mentre scavava una galleria per entrare in casa s’imbattè in una carota e, invece di passare a fianco come di solito faceva, la distrusse tutta, spargendone pezzetti in giro, poi proseguì e incontrò una patata a cui riservò lo stesso trattamento; arrivato all’uscio di casa aveva preso a calci 15 carote, a pugni 12 patate, annodato 4 radici di melanzane e 8 di pomodori. La mamma capì subito che qualcosa non andava e, quando seppe la verità mise Alberto in castigo: non sarebbe uscito di casa per l’intera estate, a partire da subito. Ma il giorno dopo Alberto decise di prendere un po’ d’aria mentre la mamma sonnecchiava, scavò fino al parco giochi, andò sullo scivolo, poi sull’altalena, le giostre erano tutte per lui, gli altri erano a scuola…ad un tratto, mentre correva tra i dondolo e lo scivolo inciampò in una radice e cadde per terra ferendosi le ginocchia…o no! Ora la mamma si sarebbe accorta che era uscito…cosa fare? Decise di andare di corsa a cercare i suoi amici fuori da scuola. Sara capì al volo la situazione: “Cenere di pipa!” urlò…nessuno capì , ma tutti la seguirono. Mentre correvano lungo le strade del paese, prima in salita, poi in discesa, su per una scala, giù da un’altra, un salto per evitare una pozzanghera, due per attraversare il ruscello, una capriola sul prato perché è divertente…insomma, insieme a tutto questo moto Sara spiegò che l’unico modo per fare guarire in fretta le ferite era strofinare sopra la cenere della pipa. “E chi fuma la pipa qui a Chiavazza?” “L’orso Bazzi - risposero in coro gli amici - che gioca sempre a bocce dietro l’osteria dello scoiattolo Beppe!”. “Ciao Beppe! Dov’è l’orso Bazzi?” “Ciao ragazzi! È sul retro che gioca, ma attenti perché oggi è un po’ di malumore, ogni tanto capita e nessuno sa mai cosa gli succede e…” Beppe era un gran chiacchierone, ma era anche lo scoiattolo – oste più bravo per chilometri e chilometri e faceva certe torte di mirtilli… Sul retro Bazzi giocava brontolando ad ogni lancio: “E adesso cosa c’è? Cosa volete?” “Scusaci tanto orso Bazzi – esordì l’ape Olga che era sempre la più coraggiosa – abbiamo bisogno di un po’ di cenere della tua preziosissima e bellissima pipa…” “Sì, sì, prendete pure basta che facciate in fretta e ve ne andiate, oggi non ho voglia di giocare con voi.” Bazzi era così, un po’ lunatico… La ferita guarì in fretta, Alberto poteva ancora sperare che la mamma non si fosse accorta di nulla, restava il problema della bocciatura quando ecco arrivare la maestra Sissi: “Salve, ragazzi! Ciao Alberto, ti ho cercato ovunque quando oggi non ti ho visto a scuola…di certo Mariano ti ha detto di quella pagella sbagliata che gli avevo chiesto di buttare!” “SBAGLIATA?” “Sì, certo…avevo fatto un errore! Immagino lo spavento che ti sarai preso…e la tua povera mamma! Ma le ho già parlato io, ora vai a casa, ti sta cercando!”. Alberto corse a casa felice come non mai, l’unica cosa che gli restava da spiegare era quello sfacelo sotto l’orto, ma era troppo contento per pensarci. Conclusione al tennis Le sorelle Torta “Ho una notizia da darvi” esordì la maestra Sissi entrando in classe una mattina “Mercoledì prossimo le due sorelle Torta verranno a tenere una lezione…” “Ma quelle due non fanno che rammendare e spettegolare tutto il giorno – disse Lillo – non vedo proprio cosa dovrebbero insegnarci!”; Sara, un po’ risentita, si girò di scatto verso l’amico: “Per la cronaca il rammendo e il cucito sono arti molto antiche in cui è necessaria molta abilità e infinita pazienza. E poi non spettegolano, raccontano storie favolose e…” “Ti annoiano a morte!” concluse Lucio. La maestra mise fine al battibecco: “Ora basta, avrete tutti molto da imparare, non voglio più sentire una sola parola sull’argomento, chiaro?”. Il mercoledì tanto atteso giunse tra discussioni infinite e finalmente le due sorelle topine bussarono timidamente alla porta. La maestra le fece entrare, mentre i bambini le salutavano cordialmente, tranne Lillo e Lucio ancora convinti che sarebbe stata la lezione più noiosa della loro vita e pensavano già di inventarsi un mal di pancia improvviso… “Buongiorno a tutti, bambini! Io mi chiamo Fragola e questa è mia sorella Panna, sapete, i nostri genitori avevano una pasticceria e così…” i bambini risero divertiti da quei buffi nomi e le due topine arrossirono un po’. Poi Panna prese la parola: “La vostra maestra ci ha chiesto di venire a raccontarvi la storia di nostro fratello Zucchero, chiamato da tutti Matterello, sia perché da giovane era alto e magro, sia perché in effetti era un po’ matto…” “Non dire così Panna – aggiunse Fragola – diciamo che era molto originale, era una artista!” “Già! E lavorava per il duca e la duchessa che vivevano in un palazzo di Biella: dipingeva quadri stupendi e sapeva scolpire statue che parevano vere. Così mentre Matterello si occupava dell’arte noi ci davamo da fare per confezionare gli abiti più belli per il duca, la duchessa e la loro figlioletta che viveva in un collegio inglese e non avevamo mai visto…” “Però si diceva fosse così brutta che i genitori non la volevano nemmeno per casa anche se le volevano un bene dell’anima” aggiunse Fragola e proseguì “Finiti gli studi la duchessina Amaranta tornò a casa, ma i genitori non ne fecero parola con nessuno. Matterello era andato a pescare al torrente quando una carrozza si fermò e scese una bellissima topolina bianca che gli chiese la strada per Chiavazza; Matterello, affascinato da tanta bellezza le disse che glielo avrebbe indicato solo se avesse accettato di incontrarlo l’indomani in quello stesso punto; la topina accettò evidentemente attratta da quel giovane. Matterello per la felicità, quando la carrozza fu ripartita fece due capriole avanti e due indietro, corse fino in cima alla collina, tornò giù, si tuffò nel torrente e nuotò quasi fino a casa, poi dormì per un giorno intero e l’indomani non andò a dipingere al palazzo”. “Fragola ed io tornate a casa volevamo tanto raccontargli che era arrivata la duchessina Amaranta e che era di una bellezza sfolgorante, ma lui non ci diede retta, era tutto impegnato a prepararsi per l’appuntamento: aveva fatto un po’ di ginnastica, addominali a volontà, flessioni su braccia e gambe ed ora si stava lavando così energicamente che rischiava di rovinarsi la sua folta pelliccia nera! E intanto cantava – Braccia, gambe, ascelle, piedi, il pancino e tutto il resto, se profumato e bello sarò certo la conquisterò…e intanto saltellava per casa sui letti, sul tavolo della cucina, in cima alla dispensa…Quando uscì di casa era davvero elegante e profumato, te lo ricordi Fragola?” “Oh, era meraviglioso…correva per la strada con una mazzo di margherite in mano e con l’altra si sistemava la giacchetta bianca di panno. Era arrivato con un po’ di anticipo e vide arrivare una carrozza che gli sembrava di conoscere, ma si ripeteva che non poteva essere finchè non vide scendere il duca e a quel punto svenne.” I bambini risero forte immaginandosi la scena “Si risvegliò sulla carrozza con Amaranta che gli accarezzava la fronte e il duca che lo guardava stupito – E così saresti tu il famoso topino galante, eh? Bene, so che sei una bravo ragazzo, un grande lavoratore, anche se non nobile e ti concederò di conoscere Amaranta, mia figlia!- ” “Alla fine Amaranta e Matterello si fidanzarono e poi si sposarono, ma Matterello decise che voleva continuare a fare l’artista così si trasferirono tutti a Parigi con grande soddisfazione del duca e della duchessa”. I bambini erano incantati, anche Lucio e Lillo che disse: “Mi ero sbagliato, è stato davvero una lezione molto interessante! Mi piacerebbe molto conoscere il signor Matterello…” “Anche a noi! Anche a noi!” urlarono in coro i bambini. Intervenne la maestra: “Ed è proprio per questo che ho invitato le sorelle Torta: la prossima settimana il famoso artista Matterello Torta farà una mostra proprio qui a Chiavazza e siamo tutti invitati! Volevo solo ricordarvi che non importa se siamo ricchi o poveri, ma solo che chi ha grandi sogni e ci crede veramente vedrà quei sogni realizzarsi!”. Lillo e i suoi amici uscirono da scuola soddisfatti e pieni di buoni propositi per il futuro… Conclusione in piscina L’orso L’inverno ormai stava finendo, la neve si era sciolta da un pezzo, solo guardando le montagne si poteva ancora vedere un po’ di bianco; i bambini erano felicissimi perché ogni tanto, coprendosi bene, le mamme li lasciavano andare a giocare nei prati e, siccome le giornate si stavano allungando, si poteva stare fuori un po’ più a lungo senza rischiare certe punizioni! Una mattina la maestra, una giovane gatta di nome Sissi, raccontò ai bambini che nel giorno della festa della Candelora si poteva decidere se l’inverno fosse o no finito, quindi fino ad allora non li avrebbe lasciati uscire durante l’intervallo. I bambini sbuffarono, poi Lillo, un cagnolino dispettoso, alzò la mano e disse: “Ma maestra Sissi, perché proprio il giorno della Candelora?” La maestra rispose: “Perché all’alba di quel giorno l’orso che vive in collina si affaccia per vedere com’è il tempo: se c’è il sole decide di dormire ancora un po’, diciamo ancora per un mesetto, se invece c’è qualche nuvola, allora, decide che l’inverno è finito, apre le porte della sua tana e fa prendere aria al suo pagliericcio”. Le tre sorelle ochette, Mea, Tea e Rea, allora iniziarono a starnazzare qualcosa, come al solito tutte insieme, facendo talmente tanto baccano che non si riusciva a capire nulla, ma la maestra miagolò così forte che le tre sorelle si zittirono e parlò solo Rea: “Stavamo solo dicendo che la festa della Candelora sarà domani…” “Certo! – rispose la maestra – E domani deciderò se potrete uscire o no. Anzi sarà l’orso a deciderlo!”. A quel punto suonò la campanella e tutti i bambini uscirono da scuola. Lillo e i suoi amici s’incamminarono verso casa, stretti nelle loro sciarpe; “Io non capisco perché quello stupido orso se ne sta a dormire se c’è il sole ed esce se non c’è!” brontolò Cecco, un coniglietto tutto bianco, con un orecchio nero; “Sì, avrebbe bisogno di una bella lezione…” replicò Lillo “Io ho un’idea – disse Sara, una piccola volpe – dobbiamo trovare il modo di convincere quel pigrone a svegliarsi ad ogni costo e di cosa sono ghiotti gli orsi?” “…di miele! - strillò Lucio la lucciola – Sì, Sara ha ragione: andiamo dall’ape Olga a cercare il miele e poi domattina all'alba lo portiamo davanti alla tana dell’orso…ci state?”. Ovviamente erano tutti d’accordo. L’alveare dell’ape Olga era dietro alla chiesa; l’ape Olga frequentava la quarta elementare, insieme alle sue numerosissime sorelle. Lillo, Cecco, Sara e Lucio corsero veloci attraverso la piazza, saltarono la staccionata del cortile della chiesa, si arrampicarono su alcuni alberi finchè non trovarono quello giusto e bussarono alla porticina dell’alveare, uscì un fuco un po’ scortese: “Chi siete e cosa volete?” “Dobbiamo parlare con l’ape Olga” “Ve la chiamo, ma sta mangiando…”. Nell’attesa i tre amici tentavano di stare in equilibrio sul ramo dell’albero, divertendosi a dondolarsi e a saltare da un ramo all’altro, quando uscì Olga: “Ciao! Avevate bisogno?” “Ciao Olga, senti, avremmo un piano…” e le spiegarono tutto “Mi piace – rispose entusiasta l’apina – vediamoci mezz’ora prima dell’alba in piazza! A domani!” “A domani!” Mentre Lucio svolazzava verso la piazza, incontrò il porcellino Arturo: “Ciao Arturo, che ci fai già sveglio?” “Solo all’alba trovo la ghiande migliori, ma tu?”. Dopo avergli raccontato tutto Arturo insistette così tanto per andare con loro che Lucio non seppe dirgli di no. Più o meno lo stesso accadde a Sara che si portò dietro le tre ochette (purchè non strarnazzassero) e ad Olga che si scusò dicendo che le sue sorelle avrebbero aiutato a portare più miele. Così l’allegra combriccola s’incamminò verso la salita che portava alla tana dell’orso: bisognava fare attenzione perché il sole non era ancora sorto e la strada era piena di buche, di massi, di arbusti. Era come camminare con gli occhi chiusi perché non si vedeva niente anche se Lucio faceva del suo meglio per rischiarare il cammino. Erano quasi arrivati alla tana quando Arturo disse: “Sentite, io ho paura…non è che poi quel bestione si arrabbia e ci mangia per colazione?” “Sei sempre il solito fifone – disse Lillo – potevi restare a cercare le ghiande, nessuno ti ha obbligato. Io non ho paura…” ma appena sentì un fruscio in mezzo ai cespugli strillò e iniziò a correre a gambe levate, insieme a tutti gli altri. Era solo Bauda la mirauda che li salutò un po’ offesa! Comunque dopo quest’ultima corsa erano arrivati in cima, davanti alla tana: le sorelle di Olga lasciarono il miele davanti all’ingresso, poi tutti si nascosero in un cespuglio e aspettarono. Il sole iniziò a sorgere, rivelando una bellissima giornata, senza una sola nuvola in cielo: se il miele non avesse funzionato… L’orso si svegliò, mise il muso fuori dalla sua tana: “Sole! – brontolò – niente da fare, io me ne torno a dormire” e fece per girarsi quando sentì quel profumino inconfondibile ed esclamò: “Ehi, ma questo è…è…è un ottimo motivo per alzarsi: miele, slurp!” I bambini iniziarono a saltare felici, mentre l’orso, per la prima volta, aveva fatto uno strappo alla regola. Quella sera ci furono canti, balli e banchetti stupendi in onore del risveglio dell’orso che non disse a nessuno il motivo del suo risveglio anticipato, ma ringraziò di nascosto i piccoli amici che gli avevano portato la colazione! Rossi Un grazie speciale a tutti coloro che ci hanno regalato questo divertimento e alla maestra Susy Rolando per aver inventato le storie gli alunni delle classi I e II della Scuola Primaria XXV Aprile/Chiavazza