La creazione Il tema della creazione è affrontato con due brani diversi posti all’inizio del libro della Genesi. Il primo – Gen 1,1-2,4a – è cronologicamente posteriore al secondo – Gen 2,4b ss - ma tra i due non si dà alcuna continuità. La Bibbia è l’ eco della storia di Dio con il suo popolo, non è un romanzo o un manuale; essa presenta semmai una relazione in cui si mostra Dio che incontra il suo popolo e le difficoltà con cui il popolo conosce, comprende e segue Dio. Il tema di “Dio creatore” viene incontrato nella Bibbia più di una volta , con esso si attraversa tutta la storia della relazione con Dio. Ogni testo biblico va interpretato nella scia del cammino che il tema ha fatto nella Bibbia. Il tema di Dio creatore non fu mai del tutto assente, ma non fu sempre importante per Israele allo stesso modo. Durante l’esilio babilonese esso divenne centrale: nel momento in cui la storia mostrava un Dio debole e vinto dagli dèi babilonesi Egli si rivela per mezzo dei profeti il Dio che permette la dispersione del suo popolo perché vuole farsi conoscere dagli altri popoli e questo lo fa perché è il Dio della storia che ha nelle sue mani i popoli, il mondo, il suo destino e dunque la sua origine. Dio è il Creatore, colui che ha il potere su tutto. La creazione Il racconto biblico non è una "teoria religiosa sull'origine del mondo"; è invece una riflessione su Dio e la sua azione continua nella storia di Israele. Israele ha riflettuto sulla rivelazione divina, sulla storia di un rapporto in cui Dio e l’uomo si sono detti e si sono lasciati dire da un altro. Così possiamo affermare che la Scrittura è il luogo in cui Dio ha creato il suo popolo per mezzo del darsi e del dirsi a lui; e l’uomo rilegge questa stessa storia come una storia in cui Dio, agendo continuamente nella storia, per vivere insieme all’uomo si fa garante della sua identità, lo salva dal perdere la propria identità al di fuori quella relazione. Così Israele, guardando alla sua storia, vede un Dio che per il suo popolo ha agito in ogni dove e gli ha così dimostrato di essere per Lui, di più: che ogni cosa è per il loro rapporto. Da qui: Dio è il padrone, il Signore , del cosmo e della storia. Il racconto biblico della creazione del mondo non parla della origine del mondo , come è nato il mondo, ma dice del rapporto che Dio ha con il mondo e la storia, del significato del mondo, perché esiste. Il tema della creazione è affrontato con due brani diversi. Il primo – Gen 1,1-2,4a – è cronologicamente posteriore al secondo – Gen 2,4b ss. Andiamo al primo di questi due racconti. La creazione in Gen 1,1-2,4a In questo scenario di desolazione appare come un inizio promettente la vita: lo spirito di Dio. Il termine rûwach ( ַ )רּוחnel contesto biblico ha un ampio diagramma semantico: possiede il significato di vento, alito, soffio, spirito, vapore, fumo, respiro, esalazione. Anche nel dire la parola siamo invitatiad emettere il respiro che sta nel profondo. Rûwach designa il vento che, misterioso com’è, appare come effetto immediato dell’azione di Dio. Nessuno vede il vento, però i suoi effetti sono impressionanti. Il vento spinge le nuvole, agita gli alberi. Quando è violento, è uragano (cfr. Ez 13,13s.); ma può essere anche leggero (cfr. Gen 1,2) e lo stesso potente (cfr. Is 33,15-16). Con il suo soffio Dio rende possibile il passaggio del Mar Rosso (cfr. Es 14,21-22). Così è possibile vederlo all’opera nella storia perché spinge alla vita: “al soffio delle tue narici si accumularono le acque . . . Soffiasti con il tuo soffio e il mare coprì i nemici” (Es 15, 8. 10). 1 In principio Dio creò il cielo e la terra. אשית בָּ ָּרא אֱֹלהִׁ ים אֵ ת הַ שָּ מַ יִׁ ם וְּ אֵ ת הָּ אָּ ֶרץ ִׁ בְּ ֵר bərē’šîṯ bārā’ ’ĕlōhîm ’ēṯ haššāmayim wə’ēṯ hā’āreṣ 2 La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Basilica di San Marco a Venezia Cupoletta, chiamata della Genesi La creazione in Gen 1,1-2,4a La sapienza ebraica per esprimere il processo con cui Dio ha dato vita alle cose utilizza una analogia umana: il verbo bârâ˒ ()בָּ ָּרא, che è il verbo del vasaio che plasma. Per l'uomo biblico, che vive con la percezione lineare del tempo, che ha una storia che lo ha fatto, che sono gli eventi che lo hanno preceduto ad averlo plasmato, quest’uomo quando dice come il mondo riceva vita da Dio lo pensa nella forma dell’essere che è ricevuto per mano di un altro. Vivente significa concepire un inizio del tempo in cui il Vivente ha dato vita, esistenza a tutte le cose. Questo inizio sta in un antefatto : attorno a questo inizio vi è solo il deserto, la non-vita. In questo scenario di desolazione appare come un inizio promettente la vita: lo spirito di Dio. 1 In principio Dio creò il cielo e la terra. אשית בָּ ָּרא אֱֹלהִׁ ים אֵ ת הַ שָּ מַ יִׁ ם וְּ אֵ ת הָּ אָּ ֶרץ ִׁ בְּ ֵר bərē’šîṯ bārā’ ’ĕlōhîm ’ēṯ haššāmayim wə’ēṯ hā’āreṣ 2 La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Basilica di San Marco a Venezia Cupoletta, chiamata della Genesi La creazione in Gen 1,1-2,4a Dio crea per mezzo della parola. È la parola di Dio che crea: il suo parlare fa essere. La storia di Israele è la meditazione del rapporto che intercorre tra un evento e la sua interpretazione. La parola che spiega ha il potere di essere generatrice di significato. Dio crea perché genera Israele: la storia di Israele da un accadere di eventi si fa storia di una relazione, in cui gli avvenimenti sono preordinati e la loro narrazione genera senso. Per questo la narrazione avviene ritmata dal tempo, dai giorni. La creazione di Dio è anche un separare le tenebre dalla luce. L’azione di Dio va sviluppandosi come un ordinare a coppie, un dare un ordine. Dio ha creato mettendo ordine. Il caos originario, l’indistinguibile, il non senso, va via via scomparendo lasciando il posto ad un uni-verso. 3 Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. 4 Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre 5 e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno. W. Blake, Dio creatore, Grande Architetto dell'Universo 6 La creazione in Gen 1,1-2,4a Ogni coppia creata porta la creazione stessa alla sua perfezione: «e vide che era cosa buona». Il termine qui usato per dire questa bontà è il termine ebraico towb ( )טֹ ובche può essere tradotto con bello in senso di ordinato, preciso, al posto giusto. La creazione è quindi una sorta di sistemazione ordinata in cui ogni cosa trova il suo ordine. Ancora una volta Israele pensa alla sua storia come ad un tutto ordinato, in cui gli eventi non sono stati frutto di un caso, ma posti a comporre un ordine , un senso che è da leggersi tra le righe. Dio disse: «Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque». 7 Dio fece il firmamento e separò le acque, che sono sotto il firmamento, dalle acque, che son sopra il firmamento. E così avvenne. 8 Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno. 9 Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo, si raccolgano in un solo luogo e appaia l'asciutto». E così avvenne. 10 Dio chiamò l'asciutto terra e la massa delle acque mare. E Dio vide che era cosa buona. 11 E Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie». E così avvenne: 12 la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. 13 E fu sera e fu mattina: terzo giorno. 14 Dio disse: «Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte; servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni 15 e servano da luci nel firmamento del cielo per illuminare la terra». E così avvenne: 16 Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte, e le stelle. 17 Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra 18 e per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che era cosa buona. 19 E fu sera e fu mattina: quarto giorno. 20 Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo». 21 Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona. 22 Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra». 23 E fu sera e fu mattina: quinto giorno. 24 Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e bestie selvatiche secondo la loro specie». E così avvenne: 25 Dio fece le bestie selvatiche secondo la loro specie e il bestiame secondo la propria specie e tutti i rettili del suolo secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona. La creazione in Gen 1,1-2,4a Facciamo (˓âsâh - )עֲשֶ ה Chi è il soggetto? Perché un plurale? Le possibili cause del plurale: 1. Una forma di plurale majestatis è da escludere perché non si dà nella lingua ebraica, mentre sarebbe possibile un plurale deliberativo in cui, come se ci fosse un consultare se stesse si prendesse alla fine la decisione; 2. Dio si consulta con la schiera degli angeli, immagine presente anche nel Libro di Giobbe; 3. Dio, alla fine dei giorni in cui ha creato a coppie ogni cosa, in cui ha messo in ordine, si rivolge all’intero creato perché collabori nella sua più alta creatura: l’uomo e la donna. 26 E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». 27 Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. La creazione in Gen 1,1-2,4a Immagine e somiglianza Il termine immagine (tselem - )צֶ לֶםsottolinea la prossimità al soggetto da rappresentare, quasi la sua riproduzione. Nell’antichità chi portava l’immagina dell’imperatore era colui che regnava al suo posto: egli stesso lo aveva reso così vicino a sé da dargli la sua immagine ed ora lo mandava altrove con la sua immagine perché chi lo accogliesse avrebbe accolto il mandante stesso. Il termine somiglianza (dėmûwth - ) ְּדמּות indica la sola similitudine e quindi la distanza e la non identità con il soggetto rappresentato. Il rapporto tra questi due termini è capace di illustrare l’espressione usata dall’autore sacro: l’uomo ha una connessione con Dio ‘simbolica’: realmente è posto da Dio per una sua prossimità, ma non coincide mai con esso perché non ha un rapporto di identità con il suo archetipo. 26 E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». 27 Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. La creazione in Gen 1,1-2,4a Immagine e somiglianza Vi sono quindi dei limiti che risiedono nella relazione che l’immagine deve mantenere con il suo originale. Se l’uomo perde contatto con Dio, smarrisce sé stesso e perde anche la sua funzione nel mondo. L’immagine è costantemente determinata dalla sua fonte originaria e non può assurgere a livello di assoluto. Inoltre “ogni uomo” e non solo particolari uomini godono di questa qualità. Ciò determina l’uguaglianza radicale di tutti gli esseri umani di fronte a Dio e dunque il superamento di ogni forma di razzismo e discriminazione. 26 E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». 27 Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. La creazione in Gen 1,1-2,4a Domini (râdâh - ) ָּרדָּ ה La posizione preminente dell’uomo nel creato lo autorizza ad agire in esso al posto di Dio. Questo riconoscimento rischia d’essere frainteso sottolineando l’immagine a scapito della somiglianza: occorre invece mantenere il carattere della delega, per cui l’uomo non è padrone assoluto: «La terra è mia – di Dio – e voi siete presso di me come forestieri e inquilini» (Lv 25,23). Nel governo della terra l’uomo dovrà sempre ricordare di essere un ospite. «Il dominio accordato dal Creatore all’uomo non è un potere assoluto, né si può parlare di libertà di usare e abusare, o di disporre delle cose come meglio aggrada. Nei confronti della natura visibile siamo sottomessi a leggi non solo biologiche, ma anche morali, che non si possono impunemente trasgredire» (Evangelium vitae, n. 42). 26 E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». 27 Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. La creazione in Gen 1,1-2,4a Maschio (zâkâr - ) ָּזכָּרe femmina (nėqêbâh - )נְּ קֵ בָּ ה Il testo presenta un’ultima coppia, quella formata dall’uomo e dalla donna. Tutto il testo di Gen 1,1-2,4a porta un segno indelebile di un procedere per coppie; dall’inizio – luce e tenebre – alla fine – maschio e femmina – è rilevabile una scansione dell’azione di Dio che ordina mettendo due a due, prima, le potenze dell’universo, poi, coloro che in questo universo sono chiamati a governare per mandato divino. Si potrebbe affermare anche che l’immagine di Dio-signore-nel-mondo sarebbe proprio la coppia uomo-donna da intendersi proprio come immagine composta. Così l’immagine connessa alla somiglianza diventa il dominare come domina Dio nella fecondità della coppia che rimanda alla fecondità di Dio-creatore. 26 E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». 27 Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. La creazione in Gen 1,1-2,4a Con questo ultime parole di benedizione Dio completa l’immagine-somiglianza dell’uomo: questi sarà fecondo e potente della fecondità e potenza che derivano da Dio stesso. Alla fine della creazione dell’uomo il testo afferma che Dio vide che tutto ciò questa volta era molto buono (ṭowb mė˓ôd - )טֹ וב ְּמאֹ ד. L’ordine è quindi completato e terminato. Ogni cosa ora è ordinata a Dio. 28 Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra”. 29 Poi Dio disse: “Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. 30 A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. 31 Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno. La creazione in Gen 1,1-2,4a Con questi ultimi versetti del capitolo 2° si conclude la creazione. L’immagine finale è il riposo di Dio. Dio ha ordinato tutto, ha posto l’uomo come suo luogotenente e ora spetta a lui – maschio e femmina – continuare la sua opera. Questa sua opera è dunque chiamata a riflettere anche sulla nozione del tempo; questo infatti non è più solo il momento dell’agire convulso e senza posa, bensì è anch’esso ordinato all’ultimo giorno, alla quiete. L’agire non è il fine, è solo lo strumento con cui avviene la creazione. Il fine è la quiete, la lentezza che si accompagna al guardare indietro, a benedire la storia – il tempo orientato – e a rintracciarvi l’azione di Dio in vista dell’ultimo e non della fine. 1 Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. 2 Allora Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro. 3 Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto. 4 Queste le origini del cielo e della terra, quando vennero creati. La creazione in Gen 2,4b ss L’immagine con cui si apre il secondo racconto è totalmente diversa. Qui Dio è colui che fa la terra e il cielo; è presentato un luogo a cui nessuno ha pensato: nessuno si è messo ad irrigare e non c’è erba perché non vi è acqua. Nessuno ha lavorata prima prima che Dio giungesse. È però possibile rinvenire, anche in questo secondo brano, una riflessione sull’agire di Dio in favore dell’uomo: se non si occupa di Dio dell’uomo e della terra, nessuno lo fa e l’uomo è quindi abbandonato. Dio viene ed inizia una storia, quella in cui Dio si fa prossimo, irriga, fa piovere, si occupa dell’uomo. 4aQuando il Signore Dio fece la terra e il cielo, 5 nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata - perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo 6 e faceva salire dalla terra l'acqua dei canali per irrigare tutto il suolo La creazione in Gen 2,4b ss Il Signore Dio Qual è il nome di Dio? Nel primo testo avevamo incontrato il termine ĕlōhîm ( ;) ֱאֹלהִׁ יםnel secondo testo compare invece il tetragramma sacro JHWH ()יהוה. Il termine è impronunciabile, quando lo si incontra l’ebreo legge adonai - Signore. Il primo è un plurale della parola divinità: Eloah ()אלוה, formato dal verbo radicale Alah - aver timore - e da ĕl-colui, per cui: colui/coloro del quale si ha timore (da qui anche l’idea del plurale in Gen 1,24). Il secondo è una forma verbale (causativo imperfetto) di הוהhawàh –divenire, per cui: Egli fa divenire/ fa essere. Il testo di Es 3,14 lo interpreta come ֶאהְּ יֶ ה אֲ ֶשר ֶאהְּ יֶ ה, ossia "’eh·yeh ’ă·šer ’eh·yeh” - "Io sono colui che diviene ed è”. Il senso è spiegato dai versetti precedenti; Dio dice a Mosé d’essere lo stesso della promessa fatta ad Abramo, cosicché rispetto al divenire io sono sempre lo stesso, non cambio, sono fedele. 7 allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente. La creazione in Gen 2,4b ss Plasmò l’ uomo con polvere del suolo È questo un versetto in cui i termini si illuminano a vicenda. Anzitutto abbiamo il termine plasmare, proprio dell’agire del vasaio. Dio plasma come il vasaio plasma la creta. L’uomo infatti è tratto dalla terra, dalla polvere del suolo, dalla ˒ădâmâh ()אֲ דָּ מָּ ה, pertanto è chiamato ˒ădâm ()אָּ דָּ ם, il terroso, colui che è fatto di polvere. La sua entità è quindi prossima al nulla: basta un soffio e la polvere si stocca dal suolo. Così è l’uomo, tenuto in essere solo dalla forza di Dio. 7 allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente. La creazione in Gen 2,4b ss Soffiò nelle sue narici un alito alito di vita e divenne un essere vivente. Il termine nephesh ( ) ֶנפֶשindica in ebraico vita, respiro vitale; si tratta del termine più prossimo a noi con cui dire il concetto di anima, anche se esistono differenze significative. È ricevendo l’alito (nėshâmâh - )נְּשָּ מָּ הdi Dio che l’uomo diventa un essere vivente. In ebraico non si hanno termini astratti, per dire l’essere vivente che respira e che è mosso, animato nel profondo si usa nephesh. Per l'antico Israele, dunque, l'uomo è una persona vivente (nephesh) che trova la sua visibilità attraverso la carne (basâr), così egli è ‘carne vivente’. Ma in ebraico, per indicare la persona nella sua interezza, con la sua capacità di sentire e di decidere, si può ricorrere anche a solo un termine. Nefesh e basâr sono elementi inscindibili, nell’uno c’è l’altro tanto che non si pensa né si dà l’uno senza l’altro, con l’ovvia conseguenza che con la morte tutto finisce perché la persona non c'è più. 7 allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente. La creazione in Gen 2,4b ss Dio pone l’uomo nel gan eden, nel giardino delle primizie perché lo coltivasse e custodisse. Ricorre il tema del primo brano: ancora una volta Dio dona all’uomo la sua creazione perché ne sia custode. Come e più di prima tutto è fatto per l’uomo. La vita sgorga dal centro e l’uomo vi sta attorno. L’immagine di delizia è conservata nell’immagine della terra ubertosa della Mesopotamia, così ricca rispetto a quella che Israele doveva abitare. Albero della vita - Cattedrale di San Martino (LU) Parte inferiore di una colonna centrale del porticato 8 Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato. 9 Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male. 10 Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. 11 Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre intorno a tutto il paese di Avìla, dove c'è l'oro 12 e l'oro di quella terra è fine; qui c'è anche la resina odorosa e la pietra d'ònice. 13 Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre intorno a tutto il paese d'Etiopia. 14 Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre ad oriente di Assur. Il quarto fiume è l'Eufrate. 15 Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. 16 Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, 17 ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti». La creazione in Gen 2,4b ss Non è bene che l’uomo sia solo. Tutta la creazione viene porta all’uomo perché la nomini. Dare un nome, nel linguaggio semitico, significa possedere, dominare perché appunto si ha il nome con cui chiamarlo, renderlo presente. La cosa nominata non è più a sé, ma entra in una relazione con me dove io la nomino e domino. L’uomo impone il nome ad ogni cosa creata. Domina tutto eppure non trova nulla di simile a sé. Sottomettendo tutto non trova nulla che gli sia pari, nulla ha la stessa sua dignità. 18 Poi il Signore Dio disse: «Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile». 19 Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. 20 Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l'uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile. La creazione in Gen 2,4b ss La creazione della donna. Dio fa scendere un torpore e dal fianco addormentato di ‘adam fa sorgere la donna, la vita. Qui l’autore sacro usa un’immagine legata alla natura: ‘Adam è tratto dalla terra, addormentato riposa come la terra in inverno, ma a primavera ecco sorgere ancora la vita dalla terra che sembrava addormentata. Eva è la vita che riprende; così ‘Adam la riconosce come sua pari, la sua fecondità lo fa fecondo. “Sarà chiamata donna perché è stata tratta dall'uomo’” (Gn 2:23). Con questo versetto compare una nuovo termine per dire “uomo”, (אישysh) ִׁ a cui corrisponde il nome “donna” è ( ִׁאשָּ הishà). Ysh e ishà: “uomo” e (se ci è consentita la licenza) “uoma”, l’essere uomo/terroso maschio e l’essere uomo/terroso femmina. 21 Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. 22 Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo. 23 Allora l'uomo disse: «Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall'uomo è stata tolta». 24 Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne. 25 Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna. La creazione I due racconti ci appaiono quindi differenti, distinti, eppure anche molto simili. Per questo, sebbene diversi, il redattore ha raccolto e tenuto assieme i due brani. Il senso che li accomunava era comunque di più della differenza con cui lo esprimevano. Così Israele riflette sulla storia andando all’origine di questa: Dio ne è l’inizio. Questo inizio è posto in una fragilità: l’uomo rivece il mandato, da una parte, di dominare ricordandosi del sabato-il riposo e, dall’altra, di essere fecondo nel restare vicino al centro senza esserlo. Il monito è quindi anche un insegnamento con cui comprendersi nella storia: si resta incomprensibili, polvere in balia del soffio dei venti, se ci si dimentica che la fonte è il centro e si rimane senza fine se non si riconosce la propria origine.