Percorso di Storia dell’Arte. Dall’inizio della civiltà occidentale all’arte nella crisi della polis Le origini della civiltà greca sono remote e incerte, tanto che nemmeno gli storici dell’età classica dispongono di notizie attendibili. Le origini, posso comunque collocarsi intorno al II millennio, quando in Europa e nel vicino Oriente ci furono delle secolo a.C. migrazioni. Intorno alla fine del XII, la penisola balcanica venne attraversata dai Dori, una popolazione seminomade proveniente dalla Macedonia e dall’Illiria. In poco tempo questa popolazione riusci a conquistare tutto il territorio del Peloponneso e si allargò fino alle Cicladi meridionali, alle isole di Creta e Rodi fino alle coste dell’Asia minore. Questo comportò dunque fra il XII e l’VIII secolo un periodo di crisi profonda in Grecia, comunemente nota come Medioevo ellenico e che successivamente sarà seguito dalla nascita della civiltà greca, rinnovata dal punto di vista sociale. Tuttavia, nel corso del Medioevo ellenico, la vita e l’economia della Grecia regrediscono particolarmente, arrivando a livelli primitivi. Le nuove popolazioni doriche, nel frattempo, iniziarono a mescolarsi con i discendenti delle vecchie stirpi greche e micenee (da questo ha origine la civiltà ellenica). Il termine “ellenico” deriva da Elleno, il nome dell’eroe mitologico del quale i greci si vantano di essere discendenti. • • • • • Il rapporto fra l’arte e la Grecia è dato dalla libera espressione dell’intelletto umano e razionale e cerca ideali assoluti di bellezza, perfezione ed equilibrio. La storia dell’arte greca, viene solitamente divisa in quattro grandi periodi. PERIODO DELLA FORMAZIONE: va dall’XII all’VIII secolo e coincide con il medioevo ellenico, con la calata dei Dori e con la fondazione delle prime città; PERIODO ARCAICO: va dal VII al 490 a.C.. In questo periodo la civiltà greca inizia a maturare le caratteristiche che più la distinguono dalle altre civiltà, soprattutto per l’architettura dei templi e, per quanto riguarda la scultura, la figura umana. Il periodo arcaico si divide in: Primo Arcaico, Arcaico Maturo e Arcaico Tardo; PERIODO CLASSICO: detto anche età dell’oro, va dalle guerre persiane(490) alla conquista della Grecia da parte di Filippo di Macedonia (338). E’ per la Grecia il periodo di massimo splendore e si suddivide in:Classico iniziale o dello Stile Severo, Classico Maturo, Stile Ricco, Classico Tardo; PERIODO ELLENISTICO: convenzionalmente, si estende fra il 323 (anno di morte di Alessandro Magno) e il 31 a.C. (battaglia di Azio). In questo periodo inizia il declino dell’arte greca, ma allo stesso tempo anche la sua diffusione, che non verranno superate nemmeno dalle opere romane. Il periodo ellenistico si divide in: Primo Ellenismo; Medio Ellenismo; Tardo Ellenismo. Grazie ai commerci con l’Asia Minore e il vicino Oriente, le polis divennero dei centri autonomi con un grande incremento demografico e un maggior benessere. Tutto ciò comporta un continuo aumento della richiesta di beni di consumo, la cui produzione è pero in parte legata al territorio di ciascuna città. Nelle polis, quindi, ci si inizia a rendere conto che l’incremento della popolazione avrebbe compromesso gli equilibri non solo politici, ma anche economici e sociali. Per ovviare a questo problema, le polis giunte a un determinato livello di crescita, promuovevano la fondazione di nuove città. Questo comportò la nascita delle colonie, che avevano le stesse caratteristiche della città-madre. La nascita delle colonie, portò fra l’VIII e il VII secolo, a spingersi verso il Mediterraneo, soprattutto sulle coste della Spagna, della Francia e in particolar modo sulle coste delle città meridionali della penisola italiana, che porteranno alla nascita della Magna Grecia, in Oriente invece, la colonizzazione riguardava soprattutto le coste del Mar Nero e dell’Asia Minore. In questo periodo, nelle ricche e potenti polis, sorgono le prime grandi costruzioni architettoniche e anche la scultura, come la pittura vascolare, inizia ad attirare l’attenzione. Il tempio costituisce la dimora terrena degli dei e i greci dedicarono cura e ingegno a queste imponenti opere architettoniche fin dall’VII secolo. La religione greca è politeista e le divinità a cui credono hanno caratteristiche fisiche umane e sono soggette, proprio come gli uomini, al destino che è inevitabile e superiore. Le proporzioni dei templi sono armoniose e le forme sono semplici e razionali, proprio per stare a sottolineare il rapporto quasi umano fra gli uomini e le divinità. Il tempio greco, nasce e si sviluppa parallelamente alla casa e di conseguenza ne assume forme e caratteristiche. La similitudine fra gli uomini e il tempio appare molto evidente fra il 725 e il 700 a.C. con l’Heràion di Argo, il santuario delle dea Era, costituito da un unico ambiente rettangolare sorretto da due colonne che inizialmente sono lignee e successivamente verranno realizzate in pietra. Il tetto invece, è decorato con motivi geometrici che probabilmente alludono alla presenza di alcuni elementi come il legno dipinto o la terracotta. La disposizione degli spazi nei vari templi cambia, ma in linea di massima si possono distinguere tre elementi caratteristici: il naos(cella) , nel quale è custodita la statua del dio. Presenta una pianta rettangolare e a essa si accede tramite una porta che si apre sul lato minore verso oriente. L’interno è oscuro ed è formato da bracieri e lampade votive a olio; il pronao, che ha la funzione di filtro simbolico tra l’esterno e il naos; le colonne, il quale numero varia in base alle dimensioni del tempio. Se sul lato frontale sono quattro, allora diremmo che il tempio si definisce tetràstilo. In base al numero e alla disposizione delle colonne, troviamo vari tipi di tempio. TEMPIO IN ANTIS: prende il nome dai due pilastri quadrangolari, costruiti alla fine del naos, le ante sono erette fra due colonne; TEMPIO DOPPIAMENTE IN ANTIS: presenta sul retro della cella un secondo pronao, uguale per forma e grandezza a quello anteriore ed è chiamato opistòdomo. Questa aggiunta aveva solo caratteristiche estetiche, perché conferiva al tempio un aspetto più equilibrato e simmetrico; TEMPIO PROSTILO: ha la stessa pianta di quello in antis, solo che le colonne davanti al naos sono almeno quattro. Tra colonne e ante si crea una specie di porticato, questo, anteponendosi al pronao, amplifica la funzione di filtro simbolico tra esterno e interno; TEMPIO ANFIPROSTILO: consiste nel raddoppiamento di quello prostilo: ci sono due colonnati, uno anteriore di fronte al pronao e uno posto sul retro di fronte all’opistodomo. Il doppio colonnato rende l’edificio più simmetrico; TEMPIO PERIPTERO: è circondato da colonne lungo tutto il perimetro e forma un portico continuo chiamato peristàsi; TEMPIO PSEUDOPERIPTERO: in esso il colonnato sembra circolare su tutta la cella ma in realtà manca la peristasi; TEMPIO DIPTERO: consiste in un doppio colonnato che circonda l’intero perimetro in modo che la colonna interna sia allineata alla colonna esterna; TEMPIO PSEUDODIPETRO: consiste in un edificio diptero più semplificato. In esso l’unico colonnato che circonda la cella è posta a una distanza tale che la peristasi ha l’ampiezza di due intercolunni( distanza fra colonne base); TEMPIO MONOPTERO: è a pianta circolare ed è circondato da una sola circonferenza di colonne. Il naos è in muratura e la statua è posta all’aperto al centro del colonnato; TEMPIO PERIPTERO CIRCOLARE: detto anche tholos, perché simile ai templi micenei. Il naos assume forma cilindrica e la peristasi si trasforma in un porticato circolare; TEMPIO IPETRO: è una variante del diptero, a differenza che il noas ha due accessi ed è privo di copertura. ORDINE DORICO: è il più antico e maestoso dei tre; viene impiegato esclusivamente per la costruzione dei templi e i primi esempi risalgono all’epoca arcaica. Si diffuse soprattutto nel Peloponneso, in Magna Grecia e in Sicilia. Esso non poggia direttamente sul terreno, ma su un crepidòma in pietra, un massiccio basamento costituito da tre o più gradini con la funzione di sopraelevare l’edificio, che simbolicamente separa la residenza degli dei da quella degli uomini. La parte superiore del crepidoma si chiama stilobate e costituisce il piano orizzontale sul quale poggiano le colonne del tempio. La colonna ha due elementi distinti: uno verticale di forma quasi cilindrica chiamato fusto e uno di coronamento chiamato capitello. Fusto e capitello sono uniti fra di loro mediante un elemento anulare chiamato collarino. Inizialmente le colonne sono lignee e i fusti vengono ricavati da un unico tronco ma nel VII secolo venne sostituito dalla pietra e dal marmo. I vari elementi che lo compongono si chiamano rocchi e vengono sovrapposti a secco, cioè senza leganti e fissati con un perno in bronzo. Il fusto della colonna dorica è rastremato verso l’alto, quindi il diametro di base è maggiore rispetto al collarino. La rastremazione non è uniforme. infatti, il fusto presenta un rigonfiamento chiamato èntasi che ha la funzione di correggere la percezione ottica della colonna che altrimenti apparirebbe sottile. Il fusto dorico è scanalato. Il capitello costituisce il vero e proprio coronamento della colonna ed è formato da due elementi sovrapposti, èchino e àbaco. L’echino ha la forma di un catino circolare dal profilo convesso, lìabaco ha la forma di un parallelepipedo molto schiacciato. L’insieme degli elementi strutturali e decorativi che si appoggia ai capitelli si chiama traberazione e si divide a sua volta in architrave, fregio e cornice. L’architrave collega orizzontalmente le varie colonne del tempio a serve da sostegno all’intera trabeazione. I vari blocchi monolitici che compongono sono lunghi quanto l’interasse(distanza fra gli assi). L’architrave è sormontato da un fregio, diviso da un listello chiamato tenia. Il fregio si divide in metope e triglifi.la metope sono lastre di pietra e avevano il compito di sorreggere il tetto, mentre i triglifi sostituiscono le tavolette di terracotta. ORDINE IONICO:la sua origine è orientale. Gli Ioni infatti, dopo essere emigrati in Asia fondarono diverse colonie nel quale si sviluppò appunto l’ordine ionico, che a partire dal VI secolo viene esteso alle principali isole egee, all’Attica e alla Magna Grecia. Nell’ordine ionico la colonna si compone di tre elementi: la base, il fusto, il capitello. Mentre il fusto e il capitello compaiono già nella colonna dorica, la base è un nuovo elemento. Infatti il fusto non poggia più sullo stilobate, ma sulla base, che conferisce alla colonna la grazia. Questa base può assumere diverse forme, la più diffusa è la base attica, composta da una pianta circolare, chiamata toro inferiore, di una scozia e di un toro superiore. Il toro è una modanatura(elemento decorativo in un’architettura) convessa di forma semicircolare. La scozia invece è una modanatura concava a forma di canale e viene chiamata anche trochilo. È posta fra i due tori e serve a raccordare quello inferiore con quello superiore che può essere anche decorato. Il fusto, è meno rastremato di quello dorico, è solcato da almeno 24 scalanature che si succedono con spigoli arrotondati. L’elemento che si distingue di più è il capitello, composto da un echino convesso decorato da ovoli e dardi (decorazioni formate da elementi tondeggianti e lanceolati), da due morbide volùte e da un abaco, di dimensioni modeste rispetto all’ordine dorico. Il suo profilo è curvilineo. ORDINE CORINZIO: L’ordine corinzio si diffuse un secolo dopo quello dorico e ionico, raggiungendo il periodo di massima diffusione durante l’età ellenistica. L’ordine corinzio prende il nome dalla città in cui è nato, Corinto. La base della colonna corinzia riprende quella ionica, ma a volte viene rialzata da un plinto (mattone). Il fusto verticalmente è percorso da 24 scalanature a spigolo smussato. Il capitello è composto da un nucleo a forma di tronco di cono chiamato càlato . Intorno si dispongono foglie stilizzate di àcanto organizzate su due diversi livelli di altezza: quelle più basse formano la prima corona, quelle più alte la seconda. Tra le foglie della prima e seconda colonna ci sono i caulìcoli, che terminano con otto paia di volute, di cui le più piccole sono dette èlici. Dalle foglie, si erge uno stelo dritto che rivolge la corolla verso l’esterno e che prende il nome di fiore d’abaco. L’abaco presenta una forma assimilabile a quella di un quadrato. La trabeazione, le cornici e i timpani sono uguali a quelli ionici. L’ordine corinzio risulta essere il più raffinato e veniva definito dai greci stravagante e inadatto alla costruzione di templi. I soggetti sono il kouros e la kore. Il kouros è un giovane uomo nudo in posizione stante. La nudità fa risaltare il corpo attraverso cui si possono notare le qualità fisiche e intellettive. È raffigurato con la testa eretta, le braccia stese lungo i fianchi,i pugni serrati,la gamba sinistra leggermente avanzata. La kore è una giovane donna vestita con un chitone, in posizione stante. È raffigurata con la testa eretta, i piedi uniti e un braccio steso lungo il fianco a reggere la veste e l’altro sul petto in atto di recare un vaso. Essi possono raffigurare divinità, eroi o essere umani. Kouros identifica un giovane nel pieno splendore fisico e nell’armoniosa completezza dal punto di vista interiore; mentre la kore possiede la matura consapevolezza di donna e madre. Las cultura arcaica si evidenzia notevolmente. La scultura dorica si sviluppa fra il VII e il VI secolo nel Peloponneso. Gli elementi più ricorrenti della scultura dorica sono: la predilezione per la figura nuda, la creazione di forme semplici e squadrate e l’adozione di proporzioni massicce. Uno degli esempi più significativi è data da una scultura che rappresenta due kouroi fra il 610 e il 590 da polimède. Essi rappresentano i fratelli Kleobi e Bitone, in posizione stante. Le braccia muscolose sono leggermente flesse e polpacci appaiono molto evidenziati. La testa è sovradimensionata, quasi squadrata. Sotto la bassa fronte, ci sono occhi a mandorla di derivazione egizia e hanno il cosidetto sorriso arcaico. Anche il modellato delle ginocchia e dell’addome è irreale. Viste di lato, le teste appaiono cubiche. Si sviluppa fra la prima e la seconda metà del VI secolo ad Atene e territori limitrofi. Nella scultura attica prevale l’armonizzazione delle membra. Un esempio è il moschophoros, risalente al 570-560 e raffigura un kouroi he porta un vitellino sulle spalle reggendolo dalle zampe. Le braccia dell’uomo e le zampe dell’animale si incrociano a formare una x che conferisce la simmetria all’immagine. Indossa il chlàina, il tipico mantello che i greci portavano sopra la tunica. La chlaina, aderendo al corpo, evidenzia la muscolatura; inoltre la testa del kuoroi e del vitello ribadiscono la frontalità della composizione. La testa del kouroi, di forma ovoidale, è incorniciata di capelli ondulati che si raccolgono in trecce. Una barba liscia a frangia priva di baffi, conferisce la moda arcaica. La statua è stata realizzata in marmo dell’Imetto, un materiale scultoreo assai pregiato con striature azzurrine. Si attinge alla tradizione orientale ed è caratterizzata da una maggiore raffinatezza nel modellato, uso di proporzioni più dolci e slanciate, un’ampia libertà compositiva. Un esempio è il Kouros di Milo, scultura fra il 550 e il 540. la statua è fatta di marmo di Nasso, è nudo, in posizione stante. La testa è gracile e le membra mostrano un modellato più morbido. Questi accorgimenti, conferiscono alla statua una grazie e un’armonia snella e aggraziata. Il volto è privo di barba e capelli. Le labbra appaiono dischiuse nel sorriso arcaico. Del popolo greco non è rimasta quasi nessuna testimonianza di arte pittorica, ma grazie a fonti storiche conosciamo il nome di alcuni pittori, come Nicia di Atene. Di questi artisti ci sono pervenuti documenti riguardo la loro vita e la loro fama nel dipingere il vero. Le opere venivano dipinte su tavole, di cui ci pervengono delle copie, modificate nella composizione. Per farci un’idea della grande pittura greca bisogna parlare di manufatti in terracotta, come anfore, vasi, coppe, piatti e crateri, possiamo individuare due stili principali di pittura: a figure nere e a figure rosse. La pittura a figure nere, utilizzata dal VI secolo, è realizzata impiegando una particolare vernice nera che una volta cotta diventa lucida. La pittura a figure rosse invece è utilizzata dagli ultimi decenni del VI secolo in poi e consiste nel procedimento inverso rispetto alle figure nere. Nel 1972 nel Mari Ionio, al largo della località di Riace, vennero trovate due sculture bronzee. Il primo bronzo raffigura un giovane uomo con la barba arricciata e la capigliatura lunga, sicuramente un guerriero; mentre il secondo bronzo è nella stessa posizione del primo ma la linea è flessuosa e arcuata. Plinio scrive che Policleto era ritenuto l’unico artista: infatti il suo nome significa portatore di lancia.quest’opera venne creata intorno al 445 a.C. l’atleta, colto durante un movimento,è rappresentato gravitante sulla gamba destra (gamba portante). L’altra gamba è flessa e spinta molto indietro. Il busto si declina leggermente di lato; il braccio destro scivola, mentre quello sinistro si flette per sorreggere la lancia. La testa si volge verso il lato della gamba portante e si declina leggermente. Le parti in tensione sono in contrapposizione fra loro. Questa corrispondenza incrociata viene detta chiasmo. Le sue membra esprimono forza e potenza virile, nonostante si pensa che fosse un adolescente. Venne creata intorno al 420 a.C. il giovane, è colto nel momento in cui si cinge il capo con la benda della vittoria che gli gonfia la chioma ricciuta. Le sue braccia sono sollevate. La posa è come quella di Doriforo, ma le membra sono più rilassate. L’appoggio sulla gamba destra ha come conseguenza un maggiore spostamento dell’anca verso l’esterno e una forte compressione del lato destro del busto. A Policleto si deve il corrispettivo di Doriforo, un’amazzone di cui ci sono pervenute varie copie. La più famosa esecuzione è quella Capitolina, di Sosikles. La tradizione tramanda che questa statua risale al 440-430 a.C. nell’amazzone è chiara la ponderazione (peso) e il rapporto chiastico tipico di Policleto, perché in questo caso è la sinistra la gamba portante. Nel 447 a.C. all’interno del programma di rinnovamento proposto da Pericle, gli architetti Ictìnio e Callicrate iniziano la costruzione del Partenone, il più importante tempio di Atene, terminato nel 432 a.C. il tempio venne dedicato alla dea Athena Vergine ed è di ordine dorico, periptero e octastilo. La cella è divisa in tre vallate intervallate dalle colonne doriche. Sul lato ovest un ulteriore doppio ordine di colonne legava la fila destra con quella sinistra, che terminava con Athena all’interno del naos. La cella è dotata di un fregio ionico continuo. Sul lato tergale della cella troviamo il pathenon, al quale era permesso entrare solo all’opistodomo. Al suo interno, le vergini ateniesi tessevano il peplo da offrire ad Athena. I due frontoni erano ornati da raffigurazioni mitologiche e c’erano 92 metope che trattavano diversi temi, come la centauromachia o l’amazzonomachia. Il fregio ionico, rappresenta sia la solenne processione Panatenee, sia le gare con i cavalli; nel frontone occidentale era rappresentata la mitica gara fra Athena e Poseidon per il possesso dell’Attica; nel frontone orientale invece era rappresentata la nascita di Athena dalla testa di Zeus, già completamente armata. La potenza e la civiltà florida che si creò ad Atene, riportarono a galla conflitti con Sparta, che portarono alla guerra del Peloponneso (431-404). La guerra si concluse con la vittoria di Sparta, che non fu capace di mantenere l’egemonia ereditata da Atene. Questo portò a un indebolimento delle polis e la sconfitta di Atene pose anche fine alla libertà delle città stato. Venne realizzato intorno al IV secolo da Prassitele, che raffigura un momento del mito della nascita di Dioniso. Mostra Hermes mentre in un momento di pausa gioca con Dioniso, probabilmente con un grappolo d’uva. Le due divinità sono rappresentate in un atteggiamento molto dolce e confidenziale. Per quest’opera si parla di effetto pittorico, proprio per la relazione creatasi fra il marmo e la trattazione dei particolari anatomici. Il nome, significa “colui che si deterge” e risale al 320 a.C. l’atteggiamento in cui viene colto il protagonista è del tutto originale perché non sta effettuando nessuna gara e non è neppure un vincitore. È un atleta he si toglie l’olio e il sudore con lo strigile. La gamba destra è flessa, il bacino è ruotato, i fianchi stretti e il torace allungato e sinuoso, mentre la testa è ruotata verso destra. In quest’opera è evidente come al lato sinistro si opponga quello destro. Le sculture di Lisippo introducono infatti un nuovo tipo di connessione chiamato antitetico. Entrambe le opere vennero fatte da Epìgono. Il galata morente, che indossa un collare ritorto, giace sul proprio scudo ed è pensato per una veduta frontale, nonostante la complessità degli atteggiamenti: infatti la gamba destra è piegata e portata sotto quella sinistra distesa; il braccio destro è tirato indietro; la mano sinistra è un puntello per il busto che appare ruotato. Più ricco di movimento è il galata suicida. Le gambe divaricate del giovane e muscoloso guerriero consentono un equilibrio sicuro al corpo, con busto e gambe rivolti verso destra e la testa verso sinistra. Mentre con il braccio destro si immerge la corta spada tra le clavicole, con il sinistro sorregge il corpo della compagna già piegata sulle ginocchia e in procinto di morire. Da un originale dipinto su tavola tra la fine del IV e l’inizio del III secolo a.C. deriva il mosaico pavimentale pompeiano, composto fra il III e il II secolo, che raffigura la battaglia di Alessandro, fatto da Apelle. I personaggi della battaglia di Isso nel 333 a.C. o quella di Gaugamèla nel 331 a.C. sono Alessandro e Dario III, il re persiano. Lo spazio di cui si è servito l’artista sono il nudo tronco a sinistra, le ombre sul terreno,le poche armi abbandonate a terra e le lance che i combattenti tengono inclinate. Sullo sfondo si muovono i personaggi principali. Alessandro trafigge un nemico; il nemico si aggrappa con la destra dell’arma che gli dà la morte. Verso di lui si volge Dario, dal suo carro da guerra. Venne scolpita a Rodi in età ellenistica e viene attribuita a Pitocrito. Rappresenta la giovane dea alata, che porta l’annuncio delle vittorie militari, mentre si posa sulla prua di una nave. Venne realizzata in marmo di Paro. È una scultura in marmo databile intorno al 300280 a.C. il soggetto è un’anziana donna ubriaca, che tiene tra le braccia un otre di vino, distesa a terra con il busto alzato e la testa riversa verso l’indietro. Il volto rugoso e disperato, è caratterizzato dalla bocca aperta e dallo sguardo perso nel vuoto. La statua bronzea del pugile a riposo è risalente al IV secolo per opera di un artista di Lisippo e risale al periodo tardo ellenistico. Il soggetto è un pugile seduto,che probabilmente si riposa dopo un incontro, dato che ha i grossi guantoni tra le mani. La statua è basata sul contrasto tra la quiete (espressa dalle braccia appoggiate sulle gambe) e l’improvviso scatto della testa verso destra. Il corpo è muscoloso e la testa è quella di un uomo maturo. Si tratta di una scultura in marmo pario, priva delle braccia e del basamento originale. Pare che lo sculture sia Alessandro di Antiochia. Risale al 130 a.C. rappresenta Afrodite in posizione stante, col busto nudo fino all’addome e le gambe velate da un fitto panneggio. Anche in questa opera abbiamo la forma tipica di Policleto, il chiasmo. Dall’isola di rodi, proviene il gruppo del Laoconte, che illustra uno dei capitoli della guerra di Troia. Laoconte, sacerdote del dio Apollo,aveva cercato invano di impedire l’ingresso del cavallo a Troia. Athena, per punire Laoconte, fece uscire dai flutti del mare due serpenti che stritolarono Laoconte e i suoi figli. Laoconte è colto nel momento di maggior tensione muscolare, con il volto sofferente e angosciato,mentre cerca di liberare se stesso e i suoi figli. La scultura venne fatta da tre artisti diversi: Agèsandros, Athenodoros, Polydoros. Abbiamo una copia dell’opera in bronzo.