Psicologia della superstizione Psycho Pizza – X Edizione Candida, 05 Dicembre 2006 Premessa Ciascuno di noi ha un lato superstizioso perché in ognuno di noi sopravvive quello strato più arcaico e meno difeso dalle razionalizzazioni della cultura avanti al mistero della vita che ci vive dentro. Definizione • Superstizione è un termine che ci porta immediatamente a contatto con il passato. • La parola infatti nasce dal latino composto di “super”(sopra) e “stare”(stare), quindi stare sopra. Donde “superstes” inteso come ciò che ancora sopravvive del passato. Ma che cosa è esattamente una superstizione? • In generale ogni atto al quale si attribuisce il potere, misterioso e irrazionale, di favorire un evento positivo o di scongiurarne uno negativo.Tuttavia, dato che adottare comportamenti superstiziosi non è sempre efficace, si tende a pensare che ci sia una qualche forza occulta che governa gli eventi. (1/4) • Osservando i fatti però si comprende che il gesto superstizioso non è la causa di ciò che accade ed il buon senso dovrebbe suggerirci di smettere di praticarlo. Al contrario, si preferisce insistere, nella speranza di propiziarci le forze occulte. (2/4) • Questa caratteristica umana ha incuriosito non pochi studiosi del comportamento, i quali vedono una contraddizione insita in un atteggiamento che l’uomo tende a mantenere ma che risulta, secondo la ragione, del tutto inutile. (3/4) • Quando adottiamo un comportamento superstizioso ci aspettiamo che il nostro atto influenzi gli eventi futuri. In realtà, questo accade di rado e la statistica ce lo dimostra. Di conseguenza, la relazione tra superstizione ed evento atteso è del tutto casuale. (4/4) Il contesto della superstizione è quindi composto da due elementi indipendenti Persona che ripete lo stesso atto L’evento atteso il quale si verifica un certo numero di volte, alcune delle quali saranno coincidenti con il gesto superstizioso Queste poche volte saranno scambiate come prova dell’esistenza di una relazione causaeffetto • Sembra quindi esserci un errore di valutazione, anzi un errore in quel processo di apprendimento che normalmente ci fa trovare le vere relazioni di causa-effetto nella realtà che ci circonda. Come mai si verifica questo fenomeno? • Una prima domanda a cui gli studiosi del comportamento hanno cercato di rispondere è stata quella di capire se la superstizione avesse radici profonde nell’evoluzione delle specie animali. In pratica si sono chiesti se anche gli animali potessero essere superstiziosi. Studiosi del comportamento Skinner Devenport e Holloway Orsetti Brugger Ono B.F. Skinner ed il condizionamento operante • In base a questa forma di apprendimento, un animale si deve rendere conto che una sua particolare azione viene seguita da un evento. Se questo evento è gratificante per l’animale, esso tenderà a ripetere il comportamento che lo ha provocato. (1/6) Le gabbie di Skinner • Skinner progettò delle gabbie all’interno delle quali posizionò una leva che, se premuta, faceva scattare un dispensatore di cibo. Essendo il cibo una ricompensa ben gradita, gli animali imparavano velocemente il trucco e passavano molto del loro tempo a premere la leva. (2/6) “Superstizione nel piccione” • Nel 1948 Skinner fece un particolare esperimento i cui risultati furono pubblicati sul Journal of Experimental Psychology. Questo articolo era destinato a divenire un classico nella letteratura psicologica ed etologica e meritò la ripubblicazione sulla stessa rivista nel 1992, per celebrare i cento anni dell’American psychological Association. Il titolo tradotto in italiano è: “Superstizione nel piccione”. (3/6) Esperimento • Skinner mise un piccione all’interno di una delle sue gabbie. Questa volta però il dispensatore non era più collegato alla leva ma solo ad un meccanismo a tempo. Il cibo veniva quindi somministrato ad ntervalli prestabiliti indipendentemente da quello che faceva il piccione. Di conseguenza l’uccello avrebbe potuto restare tranquillo ed aspettare l’arrivo del cibo. • L’uccello cominciò a ripetere il comportamento che, in maniera del tutto casuale, stava facendo un attimo prima che arrivasse il cibo. (4/6) • Continuò l’esperimento con altri piccioni • Alcuni giravano su se stessi, uno allungava il collo verso un angolo della gabbia, un altro tirava su la testa con uno scatto, uno sembrava spazzolare con il becco l’aria sopra il fondo della gabbia, altri due dondolavano la testa. (5/6) Cosa concluse Skinner ? • Skinner sapeva che l’arrivo del cibo dipendeva • solo dal tempo, ma il piccione non lo sapeva ed aveva associato (il piccione) erroneamente l’arrivo del cibo ad un qualche suo movimento. In definitiva, questo comportamento non era evidentemente la vera causa dell’evento voluto ed infatti non era efficace nella maggior parte delle occasioni. Tuttavia l’animale insisteva nel ripeterlo. Si trattava di un comportamento superstizioso a tutti gli effetti. Con questo esperimento Skinner dimostrò che anche tra gli animali potevano svilupparsi comportamenti superstiziosi. (6/6) L.D.Devenport e F. Holloway • Questi due ricercatori fecero i loro esperimenti utilizzando i ratti. Essi notarono che nella maggioranza dei ratti non emersero comportamenti apparentemente legati alla somministrazione di cibo. • Questo esperimento indicava che i ratti non si autoingannavano imparando una falsa associazione tra un loro comportamento e l’arrivo del cibo. (1/6) “Ippocampo” • I due ricercatori dell’Università dell’Oklahoma si chiesero che cosa potesse avere di particolare il cervello di un mammifero tale da rendere i ratti immuni dalle “superstizioni”. La loro attenzione cadde su un’area cerebrale particolare che viene chiamata “Ippocampo” per la sua somiglianza ad un cavalluccio marino. (2/6) Apprendimento e Memoria • Secondo molte ricerche, questa struttura risulta coinvolta nei processi di apprendimento e memoria e potrebbe essere determinante nel cogliere le vere relazioni di causa-effetto. (3/6) Verifica sperimentale • I due ricercatori inattivarono l’ippocampo in alcuni ratti e li sottoposero all’esperimento di Skinner. • Tutti gli animali così trattati iniziarono a ripetere dei comportamenti che erano associati solo temporalmente alla somministrazione di cibo. (4/6) • Che questi comportamenti fossero definibili come superstiziosi e non dovuti ad un qualche deficit psicomotorio causato dalla lesione all’ippocampo era dimostrato da un altro esperimento. • Se gli stessi animali venivano testati per il condizionamento operante, imparavano con facilità l’associazione indicando che la lesione non aveva compromesso le capacità di apprendere. (5/6) Cosa conclusero Devenport ed Holloway ? • Suggerirono che l’evoluzione poteva aver fornito il cervello dei mammiferi di una sorte di protezione dalla propensione ad attribuire troppo facilmente relazioni causali. Questa protezione verrebbe effettuata dall’ippocampo. (6/6) La ricerca Italiana • M. Orsetti con una particolare tecnica chiamata microdialisi cerebrale ha dimostrato un aumento dei livelli di acetilcolina nell’ippocampo nel momento in cui gli animali comprendono la relazione tra l’azione sulla leva e l’arrivo del cibo. • Ciò non accadeva più nelle successive sessioni sperimentali, quando gli animali dovevano solo ricordare un fenomeno ormai appreso. (1/2) Ippocampo e superstizione • Molte persone che soffrono di crisi epilettiche nel sistema limbico hanno mostrato un eccessivo sviluppo del credere nelle superstizioni e nei fenomeni paranormali così come uno smisurato interesse per gli argomenti mistici. • Quando si parla di epilessia non bisogna pensare subito alle crisi epilettiche così come noi le conosciamo. (2/2) Ipotesi di Brugger • In alcuni casi il comportamento anomalo dei neuroni resta confinato ad un’area ristretta provocando una modificazione delle funzioni di quell’area, come nel caso dell’epilessia dell’ippocampo. • Brugger e Coll. hanno proposto che lievi attività neuronali anormali potrebbero capitare occasionalmente ad alcune persone altrimenti normali, causando quell’eccesso di credenza nell’irrazionale. (1/2) • Un malfunzionamento dell’ippocampo è stato dimostrato da Brugger in persone che affermavano di possedere capacità paranormali i quali, pur non avendo evidenti problemi neurologici o psichiatrici, presentavano delle anomalie nell’elettroencefalogramma del lobo temporale (area connessa all’ippocampo). • Queste persone avevano una scarsa prestazione in test neuropsicologici che valutano la funzionalità di quest’area. (2/2) L’uomo e la gabbia di Skinner • Koichi Ono dell’Università Konazawa di Tokio preparò una stanza con un tavolo sul quale erano fissate tre leve. Sulla parete di fronte al tavolo c’era un contatore collegato ad un computer programmato per farlo scattare ad intervalli prestabiliti. Furono reclutati degli studenti volontari, l’esperimento durava quaranta minuti. (1/4) • Il ricercatore informò gli studenti che dovevano cercare di guadagnare più punti possibile, senza dirgli come. Nessuna azione degli studenti poteva in alcun modo attivare il contatore, ma essi non lo sapevano. Ben presto in molti studenti emersero diversi comportamenti superstiziosi. (2/4) • La maggioranza di queste azioni coinvolgevano le leve, le quali venivano tirate in modi e sequenze diverse. Ogni sequenza veniva riprovata solo se il contatore scattava alla fine di essa. Alcuni studenti pensarono che le leve non avevano niente a che fare con i punti (e infatti così era) e cominciarono ad effettuare i più strani comportamenti come arrampicarsi sul tavolo, picchiare sul muro, sul contatore o saltare ripetutamente fino a toccare il soffitto. (3/4) CONCLUSIONI • L’esperimento di Ono ha mostrato chiaramente che l’uomo può sviluppare comportamenti superstiziosi così come fanno gli animali. Nonostante la presunta protezione dell’ippocampo, è un dato di fatto che molte persone continuano a credere in qualcosa di irrazionale. (4/4) Un’ipotesi interessante • Secondo l’etologo Danilo Mainardi, la capacità di credere nell’irrazionale è stata, e lo è tuttora, un vantaggio per la sopravvivenza della specie umana. Il pensiero razionale ha portato l’uomo ad indagare e svelare cose incredibili sull’universo intero, ma allo stesso tempo lo ha anche messo di fronte alla caducità delle cose umane, contro la quale non c’è razionalità che possa aiutare. • Per Mainardi essere irrazionali, nella giusta misura, può essere un modo efficiente per affrontare meglio una vita preoccupantemente transitoria. Grazie per l’attenzione.