uesto lavoro vuol rappresentare uno spaccato dell’identità regionale molisana attraverso l’abbinamento di ogni lettera dell’alfabeto a manifestazioni del nostro folklore e della nostra cultura di origini essenzialmente contadine. Ingredienti: 2 cucchiai di noci – 2 cucchiai di mandorle – 2 cucchiai di nocciole – 2 cucchiai di uvetta e pinoli – un’arancia – 4 cucchiai di zucchero – un bicchiere di caffè – 2 bicchieri di mostocotto – una spruzzata di aceto di vino bianca – una spolverata di cannella Di questa ricetta, che circola a Riccia, si conosce una versione radicalmente semplificata, a base solo di miele (2 cucchiai), mostocotto (un litro) e mandorle (500 grammi), che prende il nome di “Agrodolce di San Giuseppe” perché è diventata una delle 13 portate del pranzo di San Giuseppe. Come ogni anno a Sepino, nella notte tra il 31 dicembre e il 1 gennaio, per poi proseguire sino a giorno inoltrato, si rinnoverà una tradizione antichissima molto sentita dai sepinesi. La manifestazione consiste nel portare una serenata augurale a tutto il paese da parte di svariati gruppi di suonatori, detti "bande di bufù". Queste utilizzano rudimentali strumenti musicali, costruiti artigianalmente: si tratta dei cosiddetti bufù, grosse botti di legno, ricoperte sulla sommità con pelli di animali essiccate al sole. I "bufù" attraversano le strade del paese durante l'intera notte di fine anno. Durante la mattinata di capodanno, in piazza, si svolge una simpatica gara tra le bande che culmina nell'assegnazione di un trofeo alla vincitrice. Si svolge a San Martino in Pensilis (CB) ogni anno il 30 Aprile in concomitanza con i festeggiamenti del patrono del paese, San Leo (2 maggio). I Carri si distinguono per i colori: bianco e celeste quello dei Giovani, giallo e rosso dei Giovanotti e giallo e verde quello dei Giovanissimi. A trainare i carri sono una coppia di buoi, mentre i cavalli affiancano i carri nella corsa con i cavalieri che hanno il compito di guidare, spingere i carri e stimolare i buoi. Al partito vincitore spetta l’onore di portare in processione il busto argenteo di San Leo. La settimana di carnevale, a Tufara, i protagonisti sono i diavoli che, trattenuti dai frati e preceduti dalla Morte, o meglio da due Morti, attraversano tutto il paese in una processione. Arrivati nella piazza, una giuria mette sotto processo il carnevale, il quale viene condannato a morte. Un fantoccio viene quindi gettato giù per la rupe su cui sorge il paese. Dal Molise sono andati via nel corso di un secolo e mezzo centinaia di migliaia di persone, dissanguando la demografia dei singoli paesi e dell’intera Regione. Basti pensare che oggi, si calcolano oltre un milione di persone di origine molisana sparse per il mondo rispetto alle 300 mila residenti in regione. I molisani emigrati mantengono un legame particolarmente forte con il proprio paese d’origine. I paesi che hanno accolto il maggior numero di emigranti molisani sono: l’Argentina, il Belgio, l’Australia, il Brasile, il Canada ed il Venezuela. Il 21 gennaio, la sera precedente la festa del santo patrono Sant‘Anastasio, ad Acquaviva d’IsernIa si tiene la "Focata d'Inverno". Si tratta di una vera e propria festa del fuoco, in cui al centro della piazza del paese viene fatto ardere un grande falò a cui seguono fuochi pirotecnici. Il giorno successivo per le strade del paese la statua del santo viene portata in processione. La Festa del Grano nasce a Jelsi come ringraziamento a S. Anna per i lievi danni subiti in seguito al rovinoso terremoto del 26 luglio 1805. La scelta del grano come offerta ed elemento da plasmare per le decorazioni e' chiaramente simbolica: e' il ringraziamento offerto alla "Grande Madre", S. Anna, del frutto della nostra terra. I vari tipi di carri che prendono parte alla sfilata del 26 luglio possono essere schematizzati come segue: a) Il carro della Santa. b) Le traglie. Sono tregge tirate da buoi. Il legno usato per la realizzazione della traglia e' quello di quercia. La sua decorazione viene effettuata con: - trecce di grano. - pelomme. c) Le trasportatrici giovani in costume tradizionale che trasportano covoni di grano. d) I carri in miniatura. E' il contributo dei più piccoli e il carico viene fatto tirare da cani o da ovini. e) Gli asini. Ingredienti: Per la pasta: 200 g di farina, 2 uova Per la farcitura: 1 kg di formaggio, 6 uova, sale Preparazione: Questo dolce di Ripalimosani si prepara versando il formaggio in una capiente terrina, poi incorporate le uova uno alla volta perché la farcitura deve risultare morbida e consistente. Impastate la farina e le uova sulla spianatoia. Fatene un panetto e stendetelo con il matterello fino ad ottenere una sfoglia non molto sottile di forma circolare. Mettete al centro l'impasto piegate in modo da formare una mezzaluna e schiacciate bene i bordi con un ditale. Battete in una ciotola un uovo, pennellate la superficie del fiadone e poi con le forbici praticate dei taglietti per permettere al vapore di fuoriuscire durante la cottura. Infine infornate a fuoco alto o cuocete sotto la "coppa" per circa 45 minuti. La sera del 1° Luglio, a Vastogirardi, alle 21 circa, l’Angelo, con ali bianche e vestito del medesimo colore, compie 3 voli. Al primo, giunto dinanzi al simulacro, recita una preghiera di ringraziamento alla Vergine. Al secondo sparge incenso verso la statua. Al terzo, lancia petali di fiori verso la Madonna e poi, lungo il tragitto di ritorno, anche al pubblico. Il percorso del Volo è lungo circa 40 metri e viene compiuto più volte ad un’altezza di pochi metri dal suolo. L’Angelo “vola” dal balcone di una casa fino alla statua della Madonna che, in tale occasione, viene esposta davanti alla facciata della chiesa. La sera del 16 aprile, in più punti del paese di Mirabello Sannitico e nell’agro, si accendono numerosi falò, detti Laure creando uno spettacolo di incredibile suggestione sulle pendici dei colli e nella vallata. I fuochi vengono accesi di sera, poco dopo l’imbrunire e si protraggono a lungo nelle strade del paese e nei pressi di tutti i casolari disseminati nelle campagne. Le pire sono composte di fascine di rametti d’ulivo, di arbusti secchi e di ogni altro legno utile al caso, spontaneamente preparate dai mirabellesi. L’accensione dei falò si ripete il 22 aprile, quando soprattutto l’area di colle San Giorgio, è interessata dai fuochi. Nel giorno del Corpus Domini, a giugno, a Campobasso, tredici quadri viventi girano per le vie della città portati a spalla da un minimo di tredici persone al suono di bande musicali. I figuranti, fissati alle "macchine" ideate da un artista del '700, Di Zinno, sono tutti giovanissimi ed i quadri rappresentano: Sant'Isidoro, il santo contadino; San Crispino, il santo calzolaio; San Gennaro; Abramo; Maria Maddalena; Sant'Antonio Abate; l'Immacolata; San Leonardo; San Rocco; l'Assunta; San Michele; San Nicola e il SS. Cuore di Gesù. La festa di Agnone, rimasta sostanzialmente invariata nei secoli, oltre ad essere molto spettacolare è piena di profonda religiosità popolare. All'imbrunire del giorno della Vigilia, quando il campanile di S.Antonio suona la campana maggiore, si accendono le 'ndocce e i gruppi di portatori si incamminano per il corso che diventa un immenso fiume di fuoco. Ogni contrada di Agnone (S.Onofrio, Mastrostefano, Capammonde e Capabballe, Barducce, S.Quirico, Villacanale, e Montagna) ha un gruppo di portatori, che sfilano portando una o più torce sulle spalle. La sfilata viene poi completata da pastori, pecore e scene di vita contadina, che fanno da cornice all'unico vero protagonista: il fuoco. Dopo la sfilata le 'ndocce sono ammassate in un unico grande falò detto "della fratellanza", e alcune di esse faranno invece da contorno ad un presepe vivente. L'Uomo-Orso o "U' Ball dell'Urz", il Ballo dell'Orso, è una tradizione di Jelsi. Tenuto a catena da un domatore e un aiutante che gli impongono di danzare sotto la minaccia di percosse con un bastone, tra accenni di ribellione e passi di danza, fra i vicoli del borgo si espandono le note di improvvisati musicisti. Di tanto in tanto, il gruppo bussa alle porte delle case e al comando: "Orso a posto! Orso olè! Balla orso!" la famiglia ospitante offre da bere e da mangiare. Anticamente l'orso girava per i vicoli trascinato a catena dal suo domatore;entrando all'interno di alcune case seminava il panico programmato e controllato, utile alla costruzione del forte carico di tensione destinato a concludersi con la liberazione finale e collettiva dal tormento. A distanza di oltre mezzo secolo dalla sua rappresentazione, il rito dell'orso torna oggi riveduto e corretto anche sotto forma di ballata: orso, coro, popolani,un prete che deve esorcizzare l'anima selvaggia e ribelle dell'animale, tutti concorrono al processo che alla fine dovrebbe vedere la vittoria del bene sul male, la rigenerazione della vita e il ritorno dell'abbondanza che scaccia la carestia. Il "Palio delle Quercigliole", che si svolge il 12 agosto a Ripalimosani, è una corsa a cavallo che parte dal vicino tratturo in Contrada Quercigliole, e per circa un chilometro arriva alla Cappella della Madonna della Neve. I cavalieri che montano "a pelo" rappresentano le sei Contrade in cui è diviso il paese e si contendono il privilegio di entrare nella cappella della Madonna. Qui il fantino vincitore, accolto fra grandi applausi, riceve i complimenti della commissione e poi, con alcuni colpettini di bacchetta, fa piegare al cavallo le zampe anteriori, che fa l'atto di inginocchiarsi dinanzi alla Madonna. Una delle più bizzarre e singolari tradizioni di Santa Croce di Magliano, è la cosiddetta "quarantana", una bambola di pezza raffigurante una vecchia, che l'usanza vuole, durante il periodo della Quaresima, venga sospesa ad un filo annodato tra due balconi. La simpatica nonnina, che la leggenda vuole sia identificata con la moglie del defunto Carnevale, è generalmente vestita di nero, e nelle mani stringe la conocchia: passa le intere giornate a filare, per distrarsi e non immalinconirsi troppo, pensando al caro congiunto passato a miglior vita. All'estremità della bamboletta, fatta di stracci e di stoffa usurata, è legata una vistosa patata in cui vengono conficcate sette penne, che tolte una ad una, ogni Domenica di Quaresima, segnano l'arrivo della Pasqua. Si svolge il 15 agosto. In località Pantano, a Montenero Valcocchiara (IS), che offre uno splendido palcoscenico naturale per gare di abilità e corse nei prati e dove i cavalli vivono allo stato brado, gli allevatori locali danno prova di abilità resistendo sul dorso dei cavalli e cercando di domarli. In mattinata si presenta l’attesa “carrellata” dei cavalli in mezzo alla folla. Uno spettacolo mozzafiato che vede sfilare a gran velocità centinaia e centinaia di animali nelle immense praterie del Pantano, con assoluto protagonista il cavallo pentro. Infine, nel pomeriggio le gare vere e proprie di rodeo. La manifestazione si chiude con le premiazioni di rito. Acquaviva Collecroce e' uno dei paesi più affascinanti e caratteristici del Molise. Il luogo, già frequentato in epoca molto antica, assunse dei lineamenti ben definiti soltanto nel periodo Medioevale. Dopo il XII secolo fu l'ordine dei Cavalieri di Malta a governare in quella zona. Dal 1446 al 1553 i Cantelmo presero possesso di quel luogo, ma della loro presenza oggi rimane solo il portale. Vari studi ed ipotesi sono state fatte su una lapide medievale chiamata quadrato "Sator" sulla quale e' stato scritto: "Rotas Opera Tenet Arepo Sator". Le parole, tutte di cinque lettere, sono disposte in modo tale da poterle leggere in qualsiasi modo e direzione (da sinistra a destra, dall'alto in basso). Il significato di questa frase e' tutt'oggi sconosciuto e quindi la stessa resta circondata da un alone di mistero. Isernia può essere definita la città dei merletti, perché la sua principale attività artigianale è la preziosissima lavorazione dei merletti al tombolo. I merletti di Isernia sono rinomati in tutto il mondo per due ragioni: la remota origine e la fine fattura. L’arte del merletto a tombolo risale ai primi del 400 e la tradizione vuole che siano state le suore spagnole del convento benedettino di S.Maria delle Monache a diffondere tra le loro educande questa arte. Il primo documento attestante la produzione di una trina a tombolo prodotta dalle religiose del convento risale al 1503. Questi ricami erano amati dalla regina Giovanna III d’Aragona, che aveva avuto come appannaggio matrimoniale la città di Isernia da re Ferrante. La regina, oltre ad essere grande ammiratrice, volle imparare personalmente, sotto la guida delle popolane isernine, a lavorare al tombolo. I merletti di Isernia, inoltre, sono rinomati in tutto il mondo perché vengono lavorati con un filo di produzione locale di colore avorio e sottile che rende il lavoro assai elegante. Ancora oggi passeggiando per le vie del centro storico è possibile ascoltare il caratteristico tintinnio dei fuselli maneggiati con maestria dalle donne isernine. L'ultima domenica di Carnevale, a Castelnuovo al Volturno, si ripropone un’antichissima rappresentazione. La rappresentazione comincia con il tintinnio di più campanacci, suonati con una cadenza ossessiva, proveniente dalla montagna. Si tratta delle “Janare”, streghe dai lunghi capelli, le quali annunciano il terribile rito che si sta per rinnovare. Quindi è il turno degli zampognari. Finché un grido risuona nell'aria: "Gl' Cierv'! Gl' Cierv!'". Giunge così la Bestia, il Cervo, un attore coperto di pelli e con grandi corna ramificate sul capo, il volto, le mani dipinti di nero e il petto ornato di campanacci. Irrompe nella piazza distruggendo tutto ciò che incontra nel suo cammino e aggredendo la gente finché non entra in scena una Cerva con un pellame più chiaro e movenze più aggraziate con cui comincia il corteggiamento. L'intervento di un Cacciatore, una sorta di giustiziere, riesce a fermare le distruzioni violente degli animali. Alla fine della rappresentazione viene quindi acceso un grande falò purificatore. E' la festa della "Primavera Sacra" dei Sanniti, il cosiddetto "Ver Sacrum", atto che probabilmente è all'origine della nascita di Bojano. La rievocazione si rifà al rito sannitico che consisteva nella consacrazione di gruppi di giovani inviati, al seguito di buoi sacri, a fondare nuove civiltà. È una rappresentazione scenica itinerante in costumi d'epoca, un'iniziativa che vuole portare all'attenzione di tutti la necessità di conoscere il proprio passato, di conoscere le proprie origini. La ricostruzione dei rituali si basa sulle notizie tramandateci da scrittori greci e latini e dai recenti studi di archeologia, glottologia e filologia. Il gruppo folkloristico degli Zig Zaghini di San Giovanni in Galdo rappresenta la più autentica e genuina espressione delle tradizioni e della cultura popolare reinterpretando ed esprimendo, attraverso la danza, le credenze e i miti di una società legata alla terra e quindi alla natura, intese nel senso più totalizzante come forze che incidono e influenzano la vita di una comunità. Il ballo degli angeli, la danza del contromalocchio, la danza della campana, le zemperelle sangiuennare, con il canto che accompagna i movimenti, restituiscono figurazioni e movenze emblematiche di un modo di vivere e interpretare la vita.