Per rendere chiara l’idea che le nostre rappresentazioni mentali,
le nostre descrizioni, i nostri resoconti della realtà non sono la
realtà , e cioè – per dirla con Korzybski – la mappa non è il
territorio, abbiamo scelto la strada più facile, esempi di mappe
vere e proprie: le carte geografiche.
Alcune delle illustrazioni che seguiranno e parte dei testi
esplicativi sono stati tratti dal libro Vademecum cartografico di
A. Schiavi, degli altri si dirà via via.
A. Schiavi, Vademecum cartografico, Università del Sacro cuore, Milano 1992.
…Dobbiamo cioè convincere gli altri che testo ed
interpretazione presentano una verità: una, non la
verità, perché valida solo nel momento storico
contingente e sempre suscettibile di una nuova
interpretazione in futuro. In sostanza, come geografi,
noi stiamo sempre tentando di raccontare una storia
capace di convincere gli altri e di vincere il loro
atteggiamento di critico e forse scettico riserbo. Sia
che venga raccontata serenamente, sia che venga
gridata con concitazione, la nostra storia rientra
sempre nel campo della retorica, l’antica e, almeno
nel suo significato originario, onorevole arte del
persuadere.
Peter Gould, ‘Il mondo nelle tue mani’, ed. Franco Angeli, 1988,
Milano, pag. 335.
La cartografia è il complesso degli studi e delle operazioni
scientifiche, artistiche e tecniche che si svolgono a partire dai
risultati delle osservazioni dirette o dalla utilizzazione di una
documentazione, al fine di elaborare ed allestire carte, piante
ed altri modi d’espressione atti a risvegliare l’immagine
esatta della realtà.
(Definizione dell’Associazione cartografica internazionale)
Ma qual è l’immagine esatta della realtà?
La costruzione di una carta geografica è un fatto complesso
che implica, o meglio, mette in relazione fattori tecnicoscientifici, culturali, economici e politici. Nella lettura di una
carta geografica, strumento apparentemente oggettivo di
rappresentazione della realtà geofisica, e non solo geofisica,
del globo terrestre o di parte di esso, si devono tener presenti i
criteri e le tecniche di rappresentazione con cui la carta è stata
costruita; infatti, a seconda delle tecniche scelte, vengono
fornite immagini di insieme molto diverse, e quindi
informazioni e relazioni diverse della realtà rappresentata.
(le parentesi)
le saracinesche
(le parentesi)
"Quando si mette l’oggettività tra due parentesi, tutte le vedute, tutte
le direzioni nella multidirezionalità sono ugualmente valide. Se
capiamo questo, perdiamo la passione per il cambiamento dell’altro.
Uno dei risultati è che si può apparire indifferenti alle altre persone.
Invece chi non vive con l’oggettività tra parentesi ha una vera
passione per cambiare l’altro. Quindi loro hanno questa passione e
tu no. Nell’Università dove lavoro, ad esempio, la gente dice.
"Humberto non è veramente interessato a niente!" E questo perchè
io non ho una passione dello stesso orientamento di quella della
gente che vive con l’oggettività senza parentesi. Penso che questa
sia la maggiore difficoltà. Ad altre persone puoi sembrare troppo
tollerante. Tuttavia, se anche gli altri mettono l’oggettività tra
parentesi, puoi scoprire che il disaccordo può essere risolto
entrando in un dominio di Co-inspirazione, nel quale le cose
vengono fatte insieme perchè i partecipanti vogliono siano fatte.
Con l’oggettività tra parentesi è facile fare le cose assieme perchè
l’uno non squalifica l’altro nel processo di farle."
Humberto Maturana, Intervista, 1985
le saracinesche
Quando un geografo si pone dei problemi e fa ricerca – su qualunque
argomento: modelli del pendolarismo, sistemi d’irrigazione, ristrutturazioni
urbane … su uno qualunque insomma, delle migliaia di campi di impegno
della geografia contemporanea – egli si richiama sempre ad un complesso
di aspettative e di valori che informano ed ispirano tutta la ricerca. Queste
aspettative e questi valori possono essere stati attentamente esaminati, e
allora la ricerca del geografo è confortata da una ragionevole certezza di
procedere nella direzione giusta partendo dalle giuste domande; ma possono
anche essere dati per scontati, considerati ovvi ed intuitivi, e quindi non
meritevoli di approfondita riflessione. In ogni caso, valutati ed approvati (e
quindi non più sottoposti ad ulteriori esami) o semplicemente dati per
scontati (e quindi non esaminati affatto), i valori e le aspettative formano i
quadri concettuali entro i quali ciascuno lavora.
Non c’è nulla di misterioso in questo: tutti gli esseri umani si formano
inizialmente nella cultura, la lingua, i valori e gli abiti mentali del mondo
specifico nel quale sono nati, e tutti tendiamo a ‘vedere’ il mondo e ad
analizzarlo attraverso le nostre specifiche lenti ideologiche. Se siamo esseri
umani ispirati da qualche valore, non può accadere diversamente. Il problema
nasce quando le nostre personali ideologie ‘calano le saracinesche’,
intrappolandoci nella convinzione che il nostro modo di vedere il mondo è
quello vero, cioè giusto, morale.
Quando accade questo, ancora un piccolo passo e siamo a quello strano e non
ben compreso processo che è la mitizzazione delle nostre convinzioni, le quali
vengono così trasformate in una vera e propria convinzione religiosa. Una
convinzione religiosa è, per definizione, basata su un atto di fede, e un atto di
fede produce inevitabilmente una chiusura sul reale: aprire queste
‘saracinesche’ significa pensare.
Peter Gould, ‘Il mondo nelle tue mani’, ed. Franco Angeli,
1988, Milano, pag. 302.
Dal territorio alla mappa
“Mi posi un problema cruciale: che
cosa passa dal territorio alla mappa?
La risposta a questa domanda era ovvia: ciò che passa sono notizie di differenze e
nient’altro.
Questo semplicissimo enunciato generale risolve (e almeno per qualche tempo
risolverà) gli antichi problemi di mente e materia. La mente opera sempre a una certa
distanza dalla materia, sempre alla distanza di una derivata (dx/dt) dal mondo ‘esterno’.
I dati primari dell’esperienza sono differenze.
Con questi dati noi costruiamo le nostre ipotetiche (sempre ipotetiche) idee e immagini
del mondo ‘esterno’.
‘I saggi vedono i contorni e perciò li tracciano’
disse molto tempo fa William Blake e, tranne che
per il chiaroscuro – che è anch’esso composto di
differenze - non vi è nulla all’interno dei contorni
se non l’identità, che è diversa dalla differenza.”
Gregory Bateson,Una sacra unità. Altri passi verso
un’ecologia della mente,Adelphi, Milano, 1997 p.298
Percezione secondo
Bailly. Lo schema
suppone che tra la
realtà e i modelli che
la rappresentano
esistano due filtri: il
primo è costituito dai
nostri sensi; il secondo
è costituito dai codici
attraverso i quali
passiamo dalla
moltitudine di
immagini della realtà
a modelli semplificati.
Proiezioni e rappresentazioni cartografiche
I sistemi di rappresentazione della Terra, o di una parte, devono
ritenersi illimitati.
Gli usi particolari cui le carte sono destinate, la conformazione e la
posizione geografica dei territori da rappresentare spingono il
cartografo e il geografo ad adottare una proiezione piuttosto che
un’altra.
La ‘teste’ di Dentz ed Adams rappresentano realisticamente le
deformazioni provocate da alcune proiezioni:
Rappresentazione globulare
Rappresentazione stereografica
Rappresentazione ortografica
Rappresentazione di Mercatore
Arno Peters, cartografo tedesco vivente, ha elaborato una proiezione che mira a
conservare rapporti esatti fra le superfici delle varie parti del Mondo. Ciò allo scopo
conclamato, ma non realizzato, di rendere giustizia ai paesi in via di sviluppo,
rappresentati dalla cartografia occidentale ed europea – a partire da Mercatore, contro
il quale si rivolta – in modo distorto e penalizzante, al fine di realizzare la superiorità
europea: nelle sua carta sono precisi i rapporti tra le superfici e le distanze tra i
paralleli, mentre non lo sono le distanze tra i meridiani.
Alla rete tradizionale dei paralleli e dei meridiani, Peters ha sostituito una rete
graduata decimale. La terra divisa in diecimila parti di superficie uguale; alla scala
lineare è stata sostituita la scala di area, per cui a un cmq sulla carta corrisponde
sempre il medesimo numero di kmq sulla terra. Si veda nelle figure seguenti la
differenza fra le due carte.
Rappresentazione di Robinson
Il cartografo americano Arthur Robinson, fin dal 1974, ha elaborato un tipo
particolare di proiezione, destinata ad essere adottata ufficialmente dagli USA,
che viene denominata ortolana in quanto non rispetta le regole classiche della
cartografia, vale a dire l’equivalenza, l’isogonia o conformità e l’equidistanza.
Con tale proiezione, le distorsioni della superficie terrestre, presenti in modo
più o meno marcato a seconda delle varie proiezioni nelle diverse aree
geopolitiche, vengono meglio distribuite. Si perviene ad una carta che non
penalizza e non favorisce nessuna zona in particolare. Dalla proiezione deriva
un planisfero comprensibile, corrispondente alla realtà e soddisfacente da un
punto di vista estetico, anche se essa risulta meno rigorosa delle tradizionali
proiezioni dal punto di vista matematico.
Agli inizi di aprile 1991, è uscito un nuovo e interessante planisfero, denominato
Geosfera dallo stesso Autore, Tom Van Sant, cinquantanovenne americano,
maestro di belle lettere ed esperto di computer.
Il mappamondo deriva da migliaia di immagini di foto da satellite e di un
numero complessivo di oltre 37 milioni di pixel, cioè di componenti elementari
della figura digitale, ciascuno dei quali rappresenta circa 20 kmq di superficie
terrestre.
Da:Gli insiemi di Mandelbrot e Julia
Associazione A L I N E T
Ecco un’altra immagine molto bella dell’oceano Pacifico, anche
questa ottenuta facendo un collage di fotografie satellitari.
Un mattang
Rappresentazione
cosmografica dei
geografi cristiani ed
arabi, XI sec. d.C.
“Un viaggio di esplorazione non si esauriva con l’individuazione di un luogo adatto
all’insediamento. Era anche necessario registrare e memorizzare tutte le notizie
raccolte in modo che anche altri potessero raggiungere le isole di nuova scoperta.
Per far questo i Polinesiani, che non conoscevano la scrittura e non disegnavano mappe,
costruivano i cosiddetti mattang nel modo seguente.
1.
Innanzitutto, usando le costole delle palme, realizzavano un traliccio che faceva da
supporto per ‘disegnare la mappa.
2.
Poi sul traliccio fissavano altre costole, in genere oblique, che rappresentavano le
correnti principali e i venti. Le costole disposte a V indicavano le zone d’ombra delle
correnti.
3.
Infine legavano al traliccio conchiglie o pezzi di corallo per indicare dove, rispetto
alle correnti, erano ubicate le isole.
4. In questo modo un mattang poteva essere via
via aggiornato in seguito ad esplorazioni
successive, ed era adatto ad immagazzinare tutte
le informazioni ottenute. In conclusione, con i
mattang, i Polinesiani riuscivano a darsi una
immagine realistica del loro mondo, molto simile
alle nostre carte geografiche.”
Da ‘L’ambiente mondo’, di Giulio Mezzetti, ed. La Nuova Italia, 2001, Firenze, pag. 30.
Planisferio australiano che raffigura il mondo con orientamento sud,
capovolto quindi rispetto alla nostra visione di residenti nell’altro emisfero
Laboratorio epistemologico Pensare per storie
A cura di:
•Maria Rocchi. Docente di storia e italiano, attualmente
comandata presso l’IRSIFAR (Istituto romano per la storia
d’Italia dal Fascismo alla Resistenza)
•Lucilla Ruffilli. Docente di Chimica e laboratorio.
Fondatrice del Laboratorio epistemologicoPensare per storie
•Maria Domenica Simeone.Docente di materie letterarie
presso l’ITIS Bernini di Roma. Fondatrice del Laboratorio
epistemologicoPensare per storie
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La Mappa non è territorio