Erasmo da Narni nacque nel 1370 a Narni, in Umbria; il padre era un fornaio di Duesanti, frazione di Todi mentre la madre Camilla, anch'essa di Todi, probabilmente diede a Erasmo il principio di quello che sarebbe poi diventato il suo "soprannome", essendo il cognome della donna Gattelli[1]. Costretto dalle sue misere condizioni alla vita militare di basso rango, Erasmo fa il suo esordio nella vita militare militando sotto il nobile di Assisi Ceccolo Broglia, prima di passare al servizio di Braccio da Montone, grandissimo condottiero italiano del '400. Secondo un suo biografo, Giovanni Eroli, ad Erasmo venne attribuito il nomignolo di Gattamelata per la "dolcezza dè suoi modi congiunta a grande furberia, di cui giovossi molto in guerra a uccellare e corre in agguato i mal cauti nemici e pel suo parlare accorto e mite dolce e soave". Altri ritengono invece che il soprannome derivi dal cognome della madre, Melania Gattelli. In una nuova ricerca pubblicata negli Atti del convegno: "La chiesa di Santa Maria Maggiore e i domenicani a Narni" l'appellativo Gattamelata può derivare dal cimiero con la forma di una gatta dal colore miele, che il condottiero narnese aveva scelto d'indossare durante le battaglie. Formatosi alla scuola di Braccio da Montone e di Niccolò Piccinino, militò al servizio di Firenze, del papato (14271434), e infine di Venezia, a cui rimase sempre fedele. Durante la sua intensa carriera di uomo d'armi, partecipò a numerosi importanti azioni quali la repressione della Rivolta di Bologna condotta contro il papa da Battista Canedolo, emissario di Filippo Maria Visconti, e la grande campagna nella Lombardia orientale e nel Veneto, ancora contro ilPiccinino (1437-1439). In questa campagna, subentrato nel comando generale delle forze veneziane a Gianfrancesco Gonzaa, il Gattamelata attuò un'abile tattica soprattutto difensiva, che si concluse con la riconquista di Verona(1439) in cui fu aiutato da Francesco Sforza. L'anno dopo il condottiero, infermo, si ritirò a Padova, dove morì. LaRepubblica di Venezia lo onorò con l'iscrizione al libro d'oro del patriziato. Particolari le caratteristiche del suo stemma che nel corso della sua lunga carriera di ventura assumono quattro fogge diverse, anche se sempre impostate su due motivi, tre cappi (che potrebbero essere tre trecce di crini di cavallo o corregge di cuoio) e una gatta. Citando sempre come fonte "La chiesa di Santa Maria Maggiore e i domenicani a Narni" il suo stemma potrebbe rappresentare invece tre funi, implicando quindi che forse il padre del Gattamelata le lavorava. Famoso oltre che per le sue imprese militari per la statua equestre in bronzo fatta da Donatello su commissione della vedova Giacoma Bocarini Brunori, originaria diLeonessa, ed attualmente a Padova nei pressi della Basilica del Santo. Celebre anche la frase Narnia me genuit / Gattamelata fui, la quale si può leggere incisa in una lapide che si trova presso la casa del Gattamelata a Narni. GATTAMELATA MONUMENTO Il monumento di Gattamelata nacque come sepolcro del condottiero: ai lati dell'alto piedistallo di trachite a forma di sarcofago, sono le porte della vita, chiusa, e della morte dischiusa. Il condottiero, a capo scoperto e vestito con una robusta armatura quattrocentesca, è alla guida delle sue truppe con il bastone di comando. Ritratto su di una sella contemporanea e con le staffe (elementi questi assenti nel prototipo romano), il condottiero esibisce qualche allusione all'antichità solo negli ornamenti (la testa di Medusa sul pettorale della corazza, i putti musicanti attorno alla cintura, una frangia di piastre metalliche con teste virili presenti anche sui ginocchietti). Per il ritratto del volto austero e volitivo del Gattamelata, è probabile che Donatello si servì di una medaglia che ritraeva il condottiero di profilo, com'era in uso all'epoca. Rispetto al Marco Aurelio, la figura del Gattamelata appare molto più saldamente ancorata all'animale. La scultura del Gattamelata, modellata e fusa dopo sei anni di tentativi e fatiche (1447-53), è un capolavoro, fra i massimi del Rinascimento, del toscano Donatello e da molti giudicata la più bella statua equestre d'ogni tempo assieme ai cinque cavalli della Basilica di S. Marco a Venezia. Oliviero Ronchi, appassionato cultore di Padova, così scrisse a proposito di questa statua: "Con la poderosa armatura, ingentilita da ornati e genietti, sta sul robusto cavallo di battaglia. E' a capo scoperto e il maschio volto latino esprime indomita volontà. La destra tende il bastone di comando e il gesto imperioso e misurato pare indichi alle milizie, i movimenti che assicureranno il trionfo delle armi". GRAZIE GRAZIE