Il terremoto di progetto considerato nelle normative per le costruzioni ha un
periodo di ritorno elevato, circa 500 anni per gli edifici ordinari; le intensità
corrispondenti sono anch'esse elevate;
il suolo di fondazione, cioè gli strati di terreno compresi fra il bedrock e le
fondazioni della costruzione, può amplificare l'azione sismica, fino a 1,35 volte
rispetto a quella al bedrock;
nelle strutture a comportamento elastico si osservano amplificazioni dinamiche
dell'ordine di 2,5.
In definitiva le azioni indotte sulle costruzioni dai sismi corrispondenti a lungo
periodo di ritorno sono molto elevate, pressoché insostenibili in campo elastico.
Cosicché, in generale, le strutture vengono progettate per resistenze inferiori, 15 25% di quelle corrispondenti alla risposta elastica al terremoto di progetto.
A questo consegue che la struttura deve essere in grado di far fronte al terremoto
deformandosi plasticamente e dissipando energia mediante cicli di isteresi.
Progettare le strutture in modo che rispondano in campo plastico ai terremoti di
elevata intensità soddisfa ad un criterio economico, in quanto sarebbe troppo
dispendioso progettare una struttura che rimanga in campo elastico sotto azioni
che si verificano molto raramente.
Inoltre, presenta altri notevoli vantaggi:
•
•
•
tutela da rotture di tipo fragile, e quindi improvvise e catastrofiche che si
possono verificare quando le forze di inerzia dovute al sisma superano la
resistenza del sistema;
dissipazione di gran parte dell'energia introdotta dal sisma tramite i cicli
isteretici (lo smorzamento per isteresi è notevolmente maggiore di quello
viscoso): la risposta in termini di accelerazioni e di spostamenti risulta molto
ridotta;
le plasticizzazioni comportano riduzione della rigidezza e quindi aumento del
periodo proprio; a questo contribuisce anche lo smorzamento che in questa
situazione non è più trascurabile TD  T 1   2 : per le strutture
originariamente non troppo rigide, questo significa una sempre minore
amplificazione del moto trasmesso dal terreno.


Concetti di base del calcolo sismico
La progettazione per carichi "non sismici" si basa sul verificare che localmente la
capacità della struttura sia sempre superiore alla domanda: ciò corrisponde a
richiedere che in ogni sezione il carico di progetto non causi il raggiungimento
della condizione ultima.
Per il c.a. ad es. le condizioni ultime sono rappresentate dalle deformazioni ultime
dell'acciaio e del cls, 1% , 0,35%. Tali deformazioni sono ben lontane da quelle
corrispondenti al collasso.
L'imposizione di tali limiti significa richiedere che la struttura, per azioni che con
elevata probabilità la cimenteranno molte volte durante la vita utile, subisca
limitate deformazioni e quindi limitati danni, facilmente riparabili.
Per quanto riguarda le azioni sismiche, lo scenario è completamente diverso:
l'estrema rarità dell'evento sismico di progetto consiglia di permettere alla
struttura di deformarsi ben oltre il limite elastico, ammettendo anche
danneggiamenti tali da rendere conveniente la demolizione e ricostruzione
dell'edificio, purché questo mantenga la capacità di sopportare i carichi verticali,
quindi che non si verifichino rotture locali o fenomeni di instabilità.
Questo comporta di valutare non tanto ciò che succede a livello locale (sezione)
ma piuttosto nel progettare la struttura nella sua globalità in termini di capacità di
assorbire gli spostamenti indotti dal moto del terreno: spostamento di un punto o
spostamento relativo fra i piani di una struttura.
Esempio: telaio multipiano e multicampate in c.a.
asse delle ascisse:
spostamento in sommità d
asse delle ordinate:
moltiplicatore delle forze orizzontali a
rotazione plastica della sezione critica più cimentata anelasticamente, qpl
adimensionalizzata rispetto a quella ultima qu
fino al livello a1, il comportamento è all'incirca lineare (a meno della
fessurazione)
per valori superiori ad a1, la struttura entra in campo plastico: in un telaio
correttamente progettato, questo significa che in una trave si supera il
momento di plasticizzazione e la cerniera plastica che si forma inizia a
ruotare plasticamente
poiché il telaio è fortemente iperstatico, le azioni sismiche possono
incrementarsi fino al valore au, plasticizzando altre sezioni
al valore au corrisponde la formazione del meccanismo plastico
la formazione del meccanismo avviene quando si ha la formazione di
cerniere plastiche nei pilastri
il collasso della struttura si ha quando si raggiunge la rotazione plastica di
collasso nel pilastro più cimentato
pertanto, un telaio, se progettato seguendo un complesso di regole e dettagli
costruttivi, può sviluppare una notevole duttilità globale
Osservazioni:
a1 è il valore del moltiplicatore dei carichi per il quale si raggiunge il
momento di plasticizzazione nella singola sezione
essendo, in un telaio ben progettato, a1<<au (potendo quindi contare sulla
duttilità), la verifica di resistenza delle sezioni può essere condotta per valori
delle azioni sismiche ridotte rispetto a quelle corrispondenti al terremoto di
progetto
tale considerazione giustifica:
- la riduzione dello spettro di progetto rispetto allo spettro di risposta
(fattore di struttura q)
- l'ammissibilità di analisi in campo elastico
- il metodo di verifica agli stati limite ultimi
Osservazioni:
si è detto che le cerniere devono formarsi nelle travi prima che nei pilastri:
questo è fondamentale perché si possa sviluppare un gran numero di
cerniere, e di conseguenza si possano raggiungere grandi spostamenti, prima
di arrivare alla formazione del meccanismo
se le prime cerniere si formano nei pilastri, a parità di rotazione plastica nei
pilastri (la rotazione plastica di collasso nel pilastro più cimentato determina
il collasso della struttura), si perviene ad uno spostamento globale ultimo
inferiore
la capacità dissipativa della struttura con "travi deboli" è molto superiore:
• si può formare un numero maggiore di cerniere plastiche
• il meccanismo di crisi per flessione è più duttile che non quello per
pressoflessione
(prof. E. Cosenza)
L'Aquila 2009
L'Aquila 2009
Osservazioni:
si è anche detto che le cerniere plastiche devono ruotare plasticamente
ciò presuppone che le sezioni critiche delle travi abbiano una buona
capacità di rotazione, cioè abbiano comportamento duttile (duttilità locale)
questo si ha se:
• si raggiunge la plasticizzazione per flessione (in genere duttile) e non per
taglio (sempre fragile)
• la sezione della trave è proporzionata in modo da garantire un
comportamento duttile
- percentuale di armatura
- armatura in compressione
- i materiali hanno comportamento duttile (duttilità dei materiali)
Rottura flessionale duttile
Rottura per taglio fragile
La gerarchia delle resistenze
Il capacity design consiste, quindi, nel pilotare il comportamento strutturale
in modo che risulti il più possibile duttile e tale da poter dissipare molta
energia in relazione ai valori di deformazione imposti dal sisma di elevata
intensità.
Ciò si ottiene favorendo la formazione di meccanismi duttili in posizioni
favorevoli (cerniere plastiche nelle travi) ed evitando la formazione di
rotture fragili o di meccanismi indesiderati (cerniere nei pilastri).
A tale scopo, si individuano nella struttura alcuni determinati elementi,
chiamati cerniere plastiche, che saranno progettati in modo da sviluppare un
comportamento duttile; la crisi di tutti gli altri elementi strutturali, elementi
fragili, viene evitata conferendo a tali elementi una resistenza superiore a
quella corrispondente alla massima resistenza raggiungibile nelle cerniere
plastiche.
F
F
anello fragile
anello duttile
F
F
d1
a)
d2y
*
d
dd2y
d2
d2u
anello fragile
più resistente
d
F
d2
d
du
anello duttile
meno resistente
F
b)
F
catena duttile
F
*
*
d
anello fragile
meno resistente
anello duttile
più resistente
d
catena fragile
d
Relazione fra la duttilità potenziale di una intera catena e la
corrispondente richiesta di duttilità del singolo anello duttile
n anelli fragili ed un anello duttile
le deformazioni plastiche possono svilupparsi solo nell'anello duttile, la cui
duttilità sarà espressa da:
 2  d 2u d 2 y
F
F
d1
d2y
*
d
anello fragile
più resistente
F
dd2y
d2
d2u
d
anello duttile
meno resistente
d2
du
catena duttile
d
comportamento globale della catena:
al termine del tratto elastico:
d y  n  d1  d 2 y
deformazione ultima:
d u  n  d1  d 2 u
duttilità:
  n  d1  d 2u  n  d1  d 2 y 
d
1
 d1 y  d 2 y  d y 
F
  n  2  n  1
F
d1
d2y
*
d
anello fragile
più resistente
F
dd2y
d2
d2u
d
anello duttile
meno resistente
d2
du
catena duttile
d
  n  2  n  1
per n=8 e 2=10, la duttilità globale è:
=2
se vogliamo =3 per la catena allora la richiesta di duttilità per
l'anello duttile è:
2=19
Affinché nelle strutture si abbia un comportamento globale duttile e una
notevole dissipazione di energia, occorre che, prima che nelle cerniere
plastiche si sia raggiunta la deformazione ultima, non si verifichino altri
meccanismi di rottura indesiderati: rotture fragili, quali quelle da taglio o
da pressoflessione, o plasticizzazioni in zone non desiderate. In particolare,
nelle regioni critiche delle cerniere plastiche non devono verificarsi rotture
per taglio, di per sé fragili.
Questo criterio conduce ad un metodo di progettazione secondo cui, in un
sistema strutturale, vengono dapprima individuati tutti i possibili
meccanismi di rottura; questi vengono poi distinti in meccanismi duttili e
meccanismi fragili o indesiderati: ai meccanismi duttili occorrerà garantire
la massima duttilità, ai meccanismi fragili o indesiderati una resistenza
superiore.
In questo modo taluni elementi strutturali vengono proporzionati non in
base alle sollecitazioni di calcolo, bensì per sviluppare
resistenze superiori a quelle degli elementi duttili
In sintesi, si stabilisce una "gerarchia delle resistenze"
CAPACITY DESIGN
Definizioni di resistenza
Le resistenze dei materiali e le dimensioni delle sezioni degli elementi strutturali
non sono note con precisione, bensì possono variare entro limiti probabili.
La scelta dei valori di tali proprietà nel calcolo della resistenza di una sezione o di
un elemento viene operata in modo diverso a seconda di qual’è l’utilizzo della
resistenza così valutata.
Resistenza richiesta
È la resistenza che una sezione deve possedere in relazione all’applicazione dei
carichi di progetto alla struttura: la resistenza di progetto dovrà essere maggiore, o
al più uguale, a tale resistenza richiesta
Resistenza di progetto
Si basa sullo stato limite di rottura della sezione, ed è valutata con riferimento ai
valori di progetto delle dimensioni della sezione, delle barre di armatura, dei
dettagli e delle resistenze dei materiali.
Per le resistenze dei materiali, in base alla normativa italiana, si impiegano le
resistenze di progetto, ovvero le resistenze caratteristiche, cioè corrispondenti al
frattile inferiore 5% delle resistenze misurate, divise per i coefficienti di sicurezza
lato materiali.
Nel proporzionamento delle sezioni occorre di solito fare degli arrotondamenti,
ovviamente in eccesso.
Di solito, in conseguenza degli arrotondamenti, risulta che la resistenza di
progetto della sezione è maggiore della resistenza richiesta.
Resistenza effettiva
La definizione di resistenza effettiva tiene conto del fatto che i materiali che
vengono posti in opera possiedono una resistenza maggiore di quella di progetto,
sia per la presenza del coefficiente di sicurezza, sia perché la resistenza
caratteristica è, per definizione, inferiore alla resistenza più probabile.
Inoltre, possono esservi altre cause per cui la resistenza può risultare maggiore di
quella di progetto di una sezione.
Ad esempio: la tensione di snervamento dell’acciaio può risultare maggiore di
quella specificata, la resistenza dell’acciaio può risultare maggiore a causa
dell’incrudimento, il confinamento migliora le caratteristiche del calcestruzzo, …
Cosicché la resistenza effettiva risulta in genere maggiore della resistenza di
progetto.
Sovraresistenza
Si può definire un fattore di sovraresistenza come rapporto fra la resistenza
effettiva di una sezione e la resistenza richiesta.
Tale fattore, nei casi comuni, può raggiungere valori del 40%.
CAPACITY DESIGN
Le potenziali zone di plasticizzazione (zone dissipative o critiche) vengono
chiaramente individuate. La resistenza di progetto di queste zone deve essere la
più vicina possibile alla resistenza richiesta. Tali zone devono essere progettate nei
particolari in modo che sia assicurata la capacità di rotazione, ovvero sia possibile
raggiungere la duttilità locale richiesta. Questo, per le travi in cemento armato, si
ottiene limitando la percentuale di armatura, disponendo una adeguata armatura in
compressione e utilizzando materiali a comportamento duttile.
I meccanismi indesiderati di deformazione inelastica (originati da taglio,
insufficiente ancoraggio, instabilità) sono impediti assicurando che la resistenza di
tali meccanismi sia superiore alla capacità delle cerniere plastiche.
Le zone potenzialmente fragili vengono protette assicurando che la loro resistenza
superi la richiesta originata dalla resistenza effettiva delle cerniere plastiche.
Queste zone vengono quindi progettate in campo elastico indipendentemente
dall’intensità del sisma o dall’ampiezza delle deformazioni. La progettazione segue
le procedure tradizionali, usate nella progettazione di strutture soggette solo ai
carichi gravitazionali e da vento.
NTC2008:
Le costruzioni soggette all’azione sismica, non dotate di appositi dispositivi
dissipativi, devono essere progettate in accordo con i seguenti comportamenti
strutturali:
• comportamento strutturale non-dissipativo, per gli stati limite di esercizio;
• comportamento strutturale dissipativo, per gli stati limite ultimi.
Nel caso la struttura abbia comportamento strutturale dissipativo, si distinguono
due livelli di capacità dissipativa o Classi di Duttilità (CD):
• Classe di duttilità alta (CD”A”)
• Classe di duttilità bassa (CD”B”)
per ambedue le classi, si fa ricorso ai procedimenti tipici della gerarchia delle
resistenze.
Le zone critiche debbono formarsi ove previsto e mantenere, in presenza di azioni
cicliche, la capacità di trasmettere le necessarie sollecitazioni e di dissipare
energia.
Le parti non dissipative ed i collegamenti delle parti dissipative al resto della
struttura devono possedere, nei confronti delle zone dissipative, una
sovraresistenza sufficiente a consentire lo sviluppo in esse della plasticizzazione
ciclica.
La sovraresistenza è valutata moltiplicando la resistenza nominale di calcolo
delle zone dissipative per un opportuno coefficiente di sovraresistenza gRd,
assunto pari ad 1,3 per CD”A” e ad 1,1 per CD”B”.
In funzione della classe di duttilità della struttura, viene determinato il fattore di
struttura q, di riduzione dello spettro di progetto; tale fattore assume valori
maggiori per strutture in classe di duttilità CD”A”: per queste strutture quindi le
azioni di progetto sono inferiori, il che equivale a dire che le resistenze richieste
sono inferiori.
Questo criterio di progettazione permette di scegliere, a parità di sicurezza
globale, fra progettare strutture meno resistenti ma più duttili, ovvero strutture
meno duttili ma più resistenti.
Dal punto di vista economico, questo equivale nel primo caso a costi di
costruzione inferiori e costi di riparazione maggiori, viceversa per il secondo caso.
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