Pagine di storia
eoliana
Lipari, il Cristianesimo e il culto di
San Bartolomeo
di Michele Giacomantonio
2013
Le domande a cui rispondere
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 Al di là delle scarse e scarne notizie sulle incursioni piratesche e
sui fenomeni vulcanici le Eolie – soprattutto dal III al IX secolo
d.C. – si impongono all’attenzione del mondo colto e devoto
per le vicende del Cristianesimo legate soprattutto al culto di
San Bartolomeo che fece per alcuni secoli di Lipari una delle più
frequentate mete dei pellegrinaggi del Mediterraneo
occidentale e forse una delle cause dell’aggressione dell’838 da
parte dell’armata mussulmana capeggiata da Fadhl-ibn-Jàqub.
 Per questo le domande che ci porremo sono : come si stabilì e si
affermò nelle Eolie il culto di San Bartolomeo? quando arrivò il
Cristianesimo a Lipari permettendo di parlare di una Chiesa
Liparese? Qual’era il significato e la presenza del cristianesimo
nelle Eolie al tempo del sacco dell’838 d.C.?
Chi era San Bartolomeo

 Uno dei dodici apostoli di Cristo conosciuto anche ( nel
vangelo di Giovanni) con il nome di Natanaele, nativo di
Cana, che morì verso la metà del I secolo probabilmente
in Siria.
 Il vero nome dell'apostolo è Natanaele. Il nome
Bartolomeo deriva probabilmente dall'aramaico «bar»,
figlio e «talmai», agricoltore o, secondo un’altra versione,
“tholmai” colui che smuove le acque.
 Bartolomeo giunse a Cristo tramite l'apostolo Filippo.
Dopo la resurrezione di Cristo, Bartolomeo fu predicatore
itinerante (in Armenia, India e Mesopotamia). Divenne
famoso per la sua facoltà di guarire i malati e gli ossessi e
fu condannato ad essere scorticato vivo e poi crocefisso.
Due immagini del
martirio di San
Bartolomeo
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Le terre di missione di
San Bartolomeo
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Il corpo di S. Bartolomeo a Lipari: la
testimonianza di Gregorio di Tours
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 La testimonianza più antica che parla dell’arrivo e della presenza a
Lipari del corpo di S. Bartolomeo è quella di Gregorio di Tours,
vescovo e storico, che scrive tra il 572 e il 590:
 “La storia del martirio di Bartolomeo narra che egli patì in India [
secondo altre versioni: in Asia]. Dopo lo spazio di molti anni dal
suo martirio, essendo sopraggiunta una nuova persecuzione contro
i Cristiani, e vedendo i pagani che tutto il popolo accorreva al suo
sepolcro e a lui rivolgeva preghiere e offriva incensi, presi da odio ,
sottrassero il suo corpo e, e ponendolo in un sarcofago di piombo,
tenuto a galla dalle acque che lo sostenevano, da quel luogo fu
traslato ad un’isola che si chiama Lipari, e ne fu data notizia ai
Cristiani perché lo raccogliessero: e raccoltolo e sepoltolo, su di
questo edificarono una grande chiesa. In questa chiesa è ora
invocato e manifesta di giovare a molte genti con le sue virtù e le
sue grazie».

Due immagini di
San Gregorio de
Tours
Lipari non è la sola a rivendicare
il corpo del santo ma…

 Teodoro il Lettore, storico bizantino, scrive intorno al 530 che le
reliquie di San Bartolomeo erano state inviate dall’imperatore
d’Oriente Anastasio, forse nel 507, a Dara nella Mesopotamia
settentrionale.
 In un tempo in cui vigeva il commercio delle reliquie è difficile
dire chi possedeva il corpo originario o, magari, solo una parte
di esso. Se Lipari o Dara, o Doliche o la Frigia…
 Ma è importante che già nel VI secolo – praticamente negli
stessi anni in cui cadeva Dara (573 d.C.) - con riferimenti a
molti anni prima , veniva collegata Lipari al culto ed al corpo di
San Bartolomeo. E su per giù sono gli stessi anni a cui si fanno
risalire le testimonianze delle altre «rivendicazioni»
Una tradizione antica

 Quindi già nel VI secolo si comincia a sviluppare nel
mondo cristiano una tradizione che afferma :
 1. che il corpo fu gettato in mare e tenuto a galla
dalle acque che lo sostenevano;
 2. che il corpo fu traslato all’isola di Lipari;
 3. che fu data notizia ai cristiani perché lo
accogliessero;
 4. che il corpo fu accolto e sepolto e su di esso fu
edificata una grande chiesa.
La testimonianza di S.Teodoro Studita
(759-826)

 Un’altra testimonianza del legame fra S. Bartolomeo
e Lipari ce la dà S. Teodoro Studita (759-826). Anche
questa testimonianza riprende la tradizione
miracolosa dell’arca che galleggia dal Medio Oriente
sino alle Eolie arricchendola con la coreografia di
una scorta di martiri ed aggiungendo altri particolari
alla tradizione:
 1 Lipari c’è un vescovo che si chiama Agatone e che è
ritenuto “santissimo”;
 2. l’arca giunta in prossimità della riva si riesce a
trainare a terra solo con l’aiuto di due “vitelle caste”.


S. Teodoro
Studita
monaco
bizantino,
compositore di
liturgie,
combatté contro
gli iconosclasti
S.Teodoro immagina che Lipari , il cui nome suona
come «reliquia» inviti il Santo

 E’ come se l’isola dal nome appropriato abbia gridato con voci
misteriose verso di lui che vi era pervenuto:’ Vieni a me
l’infelice, tesoro tre volte beato dello Spirito tutto santo, vieni
a me la disprezzata, perla di immenso valore, vieni a me la
postulante, o tu che da altri foste gettato via con suprema
ingiustizia; stabilisci in me e molte dimore in me si
costruiranno , sii mio patrono e sarò molto abitata; rendi
celebre il tuo nome in me e da ogni parte si parlerà di me;
mentre altri hanno respinto te portatore di luce, io che vivo nel
buio mi protendo verso la tua luce; mentre gli altri si sono fatte
beffe di te, nutrimento di parole viventi, io invece come una
piccola cagna bramo di ricevere le briciole delle tue reliquie’.
Un primo miracolo nelle Eolie
del Santo

 Infine, dice ancora S.Teodoro, quando finalmente
l’arca del Santo fu a riva si verificò un miracolo:
 Poiché allora Vulcano, com’è chiamato, essendo adiacente
all’isola, incombeva rovinoso sugli abitanti del
circondario, fu allontanato durante le tenebre e in qualche
modo fu bloccato a distanza, a sette stadi in direzione del
mare, tanto che fino ad oggi è manifesta a quelli che
guardano tale promontorio la collocazione del fuoco
obbligato ad allontanarsi”.
Una terza narrazione é quella di
San Giuseppe l’Innografo (816-886)

 La testimonianza del monaco
nato in Sicilia ma vissuto in
Grecia – considerato uno dei
più grandi poeti innografici e
liturgici della Chiesa
Ortodossa - ripete la versione
di S. Teodoro Studita e mette
in bocca al vescovo Agatone
un inno all’Apostolo
Il canto del vescovo Agatone

 «Benvenuto, o porto di salvezza per coloro che lottarono
nel mare delle calamità, benvenuto o divino fiume del
Paraclito, che sei inondato dalle sorgenti della verità e sfoci
in mare tra onde di pietà (…) Colei che da povera è
diventata ricca; infatti oggi ho ricevuto in dono un tesoro
grandissimo. Io non apparirò manchevole di nulla, in
confronto alla famosa Roma, che ha come suoi abitanti i
beati Pietro e Paolo; ho infatti Bartolomeo come abitante.
Voi tutte mie isole, rallegratevi con me oggi, voi tutte
città, gioite con me per sempre. Presso di voi giacciono i
corpi di molti santi, a me ne basterà uno al posto di tutti”.
Altri elementi della tradizione: la
data e il luogo di arrivo delle spoglie

 Altri elementi forti anch’essi di un’antica tradizione
dicono che il Santo sarebbe giunto il 13 febbraio del
264 d.C., nella piccola spiaggia di Portinenti, e che la
sua bara sarebbe rimasta lì fino ai nostri giorni.
 Il primo documento a noi noto, che riporta gli
estremi del giorno e del mese, è però del 1617 e si
tratta di un atto notarile di mons. Alfonso Vidal
(1599-1617) del 9 giugno di quell’anno.
 La più antica fonte letteraria che espressamente
menziona la baia di Portinenti è il «Disegno storico»
di Pietro Campis che è del 1694.
La scena dell’arrivo a Portinente in un dipinto su
ceramica

Agatone I , figura storica o mito?

 Che quel vescovo Agatone che accolse le spoglie di
S.Bartolomeo nel 264, sia una figura storica vi sono
molti dubbi. Anzi qualcuno e, Luigi Bernabò Brea fra
questi, lo esclude.
 Eppure il can. Carlo Rodriquez nel suo saggio «Breve
cenno storico sulla Chiesa Liparese» del 1841 parla di
manoscritti greci conservati nel Monastero di Grotta
Ferrata che confermerebbero la data dell’arrivo
dell’Apostolo e la presenza del vescovo Agatone che
sarebbe morto a 90 anni nel 313. Dopo Agatone,
sempre secondo il Rodriquez, non si conoscono altri
vescovi fino al vescovo Augusto nel 501.

Una
riproduzione
del dipinto
della
Cattedrale
La Chiesa di Lipari fu fondata da
San Paolo?
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 Ma quando giunge il cristianesimo a Lipari?
 «E’ credenza – scriveva il Can. Carlo Rodriquez nel
1841– che la fede cristiana si fosse stabilita in Lipari sin
dal tempo degli Apostoli; e Paolo (l’Apostolo) venuto in
Reggio, si reputa per mera tradizione passato da Messina ,
e per la vicinanza di quella provincia a quest’isola qui
esservi condotto, predicare il Vangelo ed innalzare alla
cima del sacerdozio per la prima volta Liparese
Chiesastico. Ma niun documento esiste per rafforzare
opinione siffatta…».
Iacolino: « Un mito rinascimentale»
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 Osserva Iacolino che il fatto che nell’autunno del 60 “ S.Paolo
aveva compiuto quel celebre quanto avventuroso viaggio da
Cesarea sino a Roma toccando Malta, Siracusa e Reggio
Calabria diede motivo, in età rinascimentale, ai cittadini di
Siracusa, di Reggio, di Messina e di Lipari di ritenere che i loro
padri antichi avessero dall’Apostolo attinto i primi rudimenti
della fede e che lui stesso nei loro rispettivi paesi avesse
costituito le prime accolte di neofiti e insediato i primi vescovi.
Anche se Lipari era un punto abituale di transito o di sosta
nell’intreccio dei traffici che - ad agevolare – ma allo stesso
tempo a contrastare – la penetrazione della nuova fede c’era,
assai diffusa fra la gente di cultura ellenista, una sorta di
religione sincretica.
Le «religioni della salvezza»

 Questa religione assommava i culti di Iside, di Demetra, di
Serapide e – in particolare a Lipari – di Dionisio; culti misterici
che ben rispondevano ai bisogni spirituali del popolo minuto e
dei ceti aristocratici, ed erano per molti aspetti assai vicino alle
credenze cristiane.
 Nel loro insieme si potevano definire “religioni della salvezza”
giacché davano conforto alle angustie quotidiane e, attraverso
l’iniziazione, le pratiche devote e l’osservanza di prescrizioni
etiche e rituali, assicuravano la beatitudine dell’oltretomba.
 Quindi si può pensare che anche a Lipari già fin dei primi
decenni della nuova era si sentiva parlare della nuova religione
cristiana, magari in modo confuso e mischiato con elementi di
queste “religioni della salvezza”.
Dionisio dio del vino
e della vite e poi dio
del teatro e degli
spettacoli
La posizione di Bernabò Brea su
Sant’Agatone

 «E’ del tutto inconsistente, dal punto di vista storico, un primo
vescovo, Sant’Agatone, che risalirebbe al III secolo, al tempo
cioè della persecuzione di Valeriano. La sua figura è
probabilmente immaginaria. Il nome sarebbe stato preso da
quello del vescovo, assai più tardo, ricordato da San Gregorio
Magno, l’unico dei primi vescovi di Lipari il cui nome fosse
ricordato da fonti letterarie. Sant’Agatone compare infatti solo
in fonti tarde e criticamente inattendibili e cioè nel complesso
di leggende composte fra il VII ed il IX secolo, che fiorirono
intorno ai santi martiri di Lentini Alfio, Cirino e Filadelfio. Il
primo vescovo di cui si abbia notizia certa è Augusto che
partecipa a due concili tenuti a Roma al tempo del Papa
Simmaco….». Cioè inizio del VI secolo.
La posizione di Duchesne

 Eppure Bernabò Brea non può trascurare l’opinione
di uno studioso autorevole come Mons. L. Duchesne
( 1843- 1922) archeologo e storico della Chiesa me
quindi aggiunge: «Il Duchesne osserva peraltro che il
vescovado di Lipari deve essere assai più antico di questa
prima data in cui è documentato. Ritiene infatti poco
verosimile che nei tempi tristi e torbidi del V secolo si
siano fondati vescovati in queste regioni d’Italia e ritiene,
come quasi dimostrato, che ogni vescovato constatato
prima della guerra gotica, vuol dire prima del 525, deve
risalire almeno al IV secolo più o meno inoltrato”.
A questo punto si impongono due
domande cruciali

Ma allora a quando risale l’avvento del
Cristianesimo a Lipari e la costituzione di una
Chiesa Liparense?
 Ed proprio vero che il S. Agatone dato come
primo vescovo di Lipari sia una figura leggendaria
confusa con l’Agatone di cui parla S. Gregorio
Magno alla fine del VI secolo?
Le testimonianze epigrafiche

 Per sapere che la Chiesa esiste a Lipari ben prima del 501
abbiamo testimonianze epigrafiche cristiane in lingua greca. E’
della seconda metà del V secolo una scritta marmorea per la
morte di una giovane ventenne chiamata Proba dove si parla
dell’esistenza della “Santa e Cattolica Chiesa dei Liparéi”.
 Un’altra epigrafe riguarda un fedele morto nel 470. La lapide è
oggi al Museo di Lipari e proviene dall’area di Sopra la Terra o
Maddalena.
 Una terza epigrafe è quella di Asella che risale al 394 che rivela
moduli culturali e di costume così squisitamente cristiani da far
pensare che quando essa fu scritta il cristianesimo fosse
presente a Lipari da almeno un secolo.
Ma è veramente inconsistente
storicamente la figura di Agatone I ?

 Come si può vedere la documentazione archeologica
ci ha portato alla fine del IV secolo se non addirittura
alla fine del III. Ed a questo punto che ci chiediamo
se sia del tutto inconsistente la figura di Agatone I.
 Proprio il Duchense, nel passo citato da Bernabò
Brea, continua : “Potremmo giungere sino alla metà del
sec. III se fosse prudente fidarsi della leggenda bizantina di
Leontini”. E proprio su questa leggenda dobbiamo
puntare la nostra attenzione.
La leggenda di Lentini: la critica

 Questa leggenda di Lentini si chiama “Passio de Sanctis
Martyribus Alphio, Philadelphio, Cirino Leontinis in Sicilia”e parla
del supplizio di tre martiri fra il 254 e il 259 al tempo delle
persecuzioni dell’imperatore Valeriano, scritta dal monaco
siculo-greco Basilio nel 964.
 A parte il fatto che narra di fatti accaduti ben sette secoli prima,
presenta numerosi problemi critici che danno scarsa
attendibilità a ciò che vi è narrato e descritto: pletorica la massa
dei personaggi, troppi i misteriosi interventi dall’alto e le
guarigione miracolose, frequenti le fantasiose apparizioni di
santi amplificate sino all’inverosimile.
La leggenda di Lentini : il contenuto

 Un ampio estratto di questa leggenda si può trovare in G.Iacolino, Le isole
Eolie nel risveglio delle memorie sopìte (Il primo millennio cristiano) pagg
72-85. Qui ci limitiamo alle linee essenziali.
 La leggenda parla di tre fratelli ( Alfio,Filadelfio e Cirino) nativi
di un fantomatico paese dei Masconi che al tempo
dell’imperatore Licino e del suo consigliere Valeriano, dopo
essersi convertiti al Cristianesimo, vengono denunciati, arrestati
e torturati. Spediti a Roma e consegnati a Valeriano sono
rimandati in Sicilia a Taormina per essere giudicati dal prefetto
Tertillo che solitamente dimorava a Lentini. Qui una
nobildonna cristiana Tecla riesce a convincere Alessandro,
braccio destro di Tertillo, a rilasciare i giovani. Ma lo stesso
Alessandro, a questo punto cade in sospetto al tiranno e deve
fuggire. Ed è in questa fuga che Alessandro incontra Agatone ,
vescovo di Lipari, anch’esso in fuga dalla sua isoletta.
Nelle due immagini piccole in alto un trittico dei tre santi Alfio,
Filadelfio e Cirino e un quadro che li raffigura in carcere. Sotto a
sinistra una veduta di Lentini e a destra il santuario dei tre martiri a
Trecastagni

La leggenda di Lentini: la fuga di
Agatone da Lipari

 A questo proposito Basilio narra : “C’era nell’isola dei Liparitani
un Vescovo che si chiamava Agatone, uomo pio, timorato di Dio e
abbastanza erudito nelle Sacre Scritture. Ora siccome con violenza
grandissima e con enorme ferocia l’empio Diomede perseguitava colà i
cristiani e ne uccideva molti, costui cercò anche del Vescovo Agatone
per dargli la morte. Però Iddio il quale conosce ogni cosa prima che
avvenga, dispose anche questo fatto straordinario : il beato Agatone,
vedendo quel che avveniva in quest’isola e nelle altre isole vicine dove i
ministri del demonio uccisero tutti i Cristiani, consultatosi con i
principali cittadini, abbandonò il suo paese e con tre serventi
s’imbarcò su un vascello e navigò verso la Sicilia…”.
La leggenda di Lentini: Agatone
mette le basi della Chiesa di Lentini

 Agatone sbarca ai piedi del monte Téreo e trova
riparo in una spelonca sulle pendici del monte. Qui
incontra Alessandro che si era dato alla macchia, lo
istruisce nella cose della fede e lo battezza
imponendogli il nuovo nome di Neofito. Più tardi gli
conferisce il presbiterato e lo propone vescovo di
Lentini. Intanto i tre giovani erano stati ripresi ed
avevano subito il martirio. Gettati in un pozzo i loro
corpi sono recuperati da Tecla. Il tiranno Tertillo
muore trucidato personalmente dai tre fratelli
discesi dal cielo.
La chiesa madre di Lentini dedicata a Sant’Alfio
a destra. A sinistra un’altra statua dei tre santi

La leggenda di Lentini: Agatone
torna a Lipari

 Così la Chiesa ritrova la sua libertà e a Lentini la
popolazione si converte per opera di Agatone e
procede nel suo cammino di fede sotto la guida
sapiente del giovane vescovo Neofito.
 “Dopo alcuni giorni i primi cittadini di Lipari e altri del
Clero, avendo per divina rivelazione saputo che il beato
Agatone era in Mesopoli di Lentini, presi da grande
nostalgia, vennero alla casa di Tecla, e a lui dicono che la
persecuzione contro i Cristiani è cessata e che essi ormai
vivono tranquilli”. E così Agatone torna a Lipari.
Secondo Iacolino Basilio avrebbe
rispettato la verità di fondo

 Al di là della prolissità e delle iperboliche digressioni , secondo
Iacolino, il monaco Basilio avrebbe rispettato la verità di fondo.
 Della persecuzione da cui Agatone è fuggito esistono riscontri
storici, così come della successiva pacificazione ai tempi
dell’imperatore Gallieno.
 Se quella di Basilio è fantasia perché allora non far risalire la
genesi della Chiesa Leontinese a quella di Siracusa che, rispetto
alla periferica Chiesa di Lipari, vantava più nobili memorie e
più solide tradizioni?
 Perché scegliersi un promotore fuggiasco per paura della
persecuzione?
 Perché il ruolo che a Lentini esercitò il vescovo di Lipari
doveva avere radici storiche da non potere sottacersi.
Una tesi suffragata dallo storico
Gaspare Lancia di Brolo

 Questa tesi è suffragata dello storico benedettino
Domenico Gaspare Lancia di Brolo, vissuto nel XIX
secolo. Egli ritiene che “ l’autore di questi atti non
abbia fatto altro se non stendere, nei medesimi luoghi dove
avvennero i fatti narrati, le tradizioni che, poche scritte e
molte orali, correvano su questi santi nella stessa Lentini,
però, allargandole e infiorandole con discorsi e dettagli che,
sebbene esagerati, non dovevano essere privi di
fondamento: perciò ritengo questi atti, con tutti i loro
difetti, essere tanto più preziosi per la nostra storia quanto
ogni altra memoria di quell’epoca è perita”.

La plausibilità dell’anno 264

 Comunque ammesso che San Bartolomeo sia giunto a Lipari
quando vescovo era Agatone e ammesso che Agatone I
potrebbe anche essere una figura storica che governò la Chiesa
di Lipari dal 251 al 313 ci sarebbe da chiedersi come mai è
rimasta nella memoria una data così precisa : non solo l’anno
ma anche il mese e il giorno.
 Per quanto riguarda l’anno, se riconosciamo il collegamento
con Agatone I qualsiasi anno diventa plausibile se compreso fra
il 251 ed il 313. Se poi consideriamo che in tempi assai vicini al
260 in alcuni territori dell’oriente ferveva un clima di livore
antiromano ed anticristiano mentre in occidente l’imperatore
Gallieno (260-268) istaurava un’era di pacificazione religiosa, la
data del 264 potrebbe essere probabile.
Perché il 13 di febbraio?

 Quanto al mese e al giorno Iacolino avanza una tesi. Nell’Italia
romana era diffusissimo il “culto dei padri” che venivano
onorati nelle feste “parentalia”.
 Le parentalia si celebravano dal 13 al 21 febbraio mentre a
partire dal secolo IV, in onore del Genius del popolo romano
(genius loci) si tenevano giochi per due giornate consecutive,
l’11 e 12 febbraio.
 Si potrebbe ritenere che a Lipari fosse praticata almeno una
delle sue celebrazioni, forse quella del Genius loci ( l’11 e 12
febbraio) e che, conclusasi tale festività pagana, i fedeli
dell’isola facessero commemorazione del loro Genius loci
impersonato dall’Apostolo San Bartolomeo.
 In seguito si motivò l’adozione di codesto giorno collegandolo
all’arrivo del sacro corpo a Lipari.

S. Bartolomeo nel
Giudizio
Universale
Come arrivarono le spoglie del Santo…
al di là della leggenda

 Più facile è immaginare come avvenne il viaggio descritto dalla
leggenda in un periodo in cui si era sviluppata nella cristianità
un’ansia per il recupero delle “memorie” della loro religione e
per «cose», in genere, cui si diceva erano state trasmesse le virtù
carismatiche e taumaturgiche dei rispettivi santi.
 Si può supporre – osserva Iacolino - che non lontano
dall’arcipelago, nel basso Tirreno, nel III secolo che potrebbe
essere anche il 264, ad una nave liparea, con equipaggio
cristiano, venne fatto d’accostare una nave forestiera. Era
questo un accadimento consueto. Con sorpresa i marinai nostri
appresero della “disponibilità” di un “carico” di corpi santi .
Forse resti di oscura provenienza, ma si giurava dall’altra parte,
essere stati recuperati o trafugati sui lidi d’Oriente.
L’acquisto della reliquia

 Fra i corpi trasportati, affermavano i venditori, vi era
anche il corpo di San Bartolomeo.
 Espressa l’ opzione per il corpo dell’Apostolo,
l’imbarcazione liparea deve aver scortato
l’imbarcazione forestiera sino alla propria isola e qui,
nella rada di Pertinente, in tutta riservatezza, deve
essere avvenuto lo sbarco e la consegna del prezioso
carico.
 Dopo di che gli stranieri andarono per la loro strada
forse verso altri lidi per consegnare altre reliquie.
Il Vascelluzzo in argento contiene
una reliquia del Santo

Alla base della scelta del Patrono

 Questa ipotesi di una opportunità che si era posta di
ottenere la reliquia – reale o supposta - di un Santo
così prestigioso, apostolo e martire, collegato ad un
sentimento di forte attenzione in una comunità
cristiana ancora molto ristretta e caratterizzata da
una identità che voleva distinguersi dal paganesimo
greco e romano ancora dominante, forse convince di
più di altre supposizioni che vogliono il culto di san
Bartolomeo in qualche modo connesso o derivato da
culti pagani preesistenti come quelli di Efesto,
Dionisio e di Apollo.
La reliquia del dito nel braccio in argento
in pellegrinaggio a Ustica

La consistenza della Chiesa
liparese nel III secolo

 Quanti potevano essere i cristiani nella Lipari del III secolo?
Sulla consistenza della popolazione di Lipari sappiamo solo che
nel I secolo a. C. le Eolie contavano approssimativamente 1.200
abitanti e due secoli dopo il numero doveva essere di poco
cresciuto. Di questi circa un migliaio risiedevano nella città alta
e, in minima parte, in pianura. Gli altri, contadini e pastori,
erano sparsi qua e là per le isole minori. E’ credibile che a metà
del III secolo il nucleo dei cristiani di Lipari risultasse composto
da non più di cento o duecento aderenti.
 Comunque per quanto esiguo fosse il numero dei cristiani, un
capo spirituale della famiglia dei credenti non poteva mancare,
ed erano gli stessi fedeli che autonomamente lo eleggevano.
Era, inoltre , la stessa insularità del luogo che richiedeva la
presenza costante di un moderatore deputato all’esercizio del
culto che chiamarono presbyteros, che vuol dire anziano, o
episcopos che significa sovrintendente o presidente.
L’ecclesia dei primi cristiani

 A Lipari, come altrove, i credenti si ritrovavano insieme ai
fratelli di fede nelle domeniche che era il «giorno del Signore»
cioè il primo giorno della settimana dopo il sabato quando
Gesù si era mostrato risorto, nei giorni festivi e nelle veglie
notturne o vigilie che li precedevano ( giacché sulla scorta della
tradizione ebraica la festività cominciava al tramonto della
vigilia), in un locale chiuso e appartato per leggere le scritture,
per cantare i salmi, per celebrare la cena eucaristica, per
ascoltare il magistero del vescovo e per programmare gli
interventi caritativi che la stessa assemblea segnalava.
 Il vescovo stava a capo della mensa assiso su di uno scanno
sostenuto da pedana, con schienale e braccioli. Era questo
seggio che si chiamava cathédra. Il luogo dove si teneva
l’adunanza si chiamava semplicemente ecclesia, termine con cui
si indicava l’adunanza dei fedeli e il luogo in cui si teneva.
A Lipari i primi cristiani si
riunivano alla Maddalena?

 La chiesa come edificio non aveva la funzionalità né le forme
architettoniche, né le dimensioni di quelle che vediamo oggi. In
origine, il luogo del raduno comunitario, altro non era che una
vasta sala, o cenaculum, al piano terreno o al primo piano di una
casa patrizia di campagna, oppure un’edicola funeraria o uno
dei tanti ipogei cimiteriali di periferia e, ove ne esistevano, le
catacombe, che erano pur esse cimiteri privati.
 Tutto fuori mano amavano fare i primi cristiani, oltre l’estremo
limiti dell’abitato. E ciò al semplice scopo di non suscitare le
reazioni dei pagani. Alla luce di queste considerazioni si può
pensare che l’ambiente della prima ecclesia dei Liparei fosse una
villa aristocratica che sorgeva sull’elevato dosso della
Maddalena. Lì accanto dovette essere innalzato ben presto un
edificio funerario o, fors’anche, venne scavato un ipogeo o
delimitato uno spazio cimiteriale dove potessero trovare
decorosa sepoltura i membri della comunità.
Uno degli ipogei che ancora sussiste …nell’abbandono

I luoghi dei primi cristiani

 Quello di convivere con i morti nella prospettiva della
resurrezione dei corpi e del giudizio di Dio, era una
caratteristica dei cristiani di allora che definivano koimetérion (
cimiteri) cioè dormitori quelli che i pagani chiamavano
necropoli. Ad avvalorare la tesi che la prima ecclesia fosse alla
Maddalena si potrebbe citare la tradizione locale che vuole che
la “cassa” di San Bartolomeo sia approdata a Portinente e che le
spoglie siano state tumulate là dove oggi sorge la chiesetta di S.
Bartolomeo extra moenia.
 Proprio nel luogo dove oggi sorge questa chiesetta, e nella
piazzetta antistante dovette sorgere nel IV secolo dopo l’editto
di Costantino ( a.313), la prima sede episcopale e la prima
Cattedrale di Lipari. Un edificio modesto che col passare dei
decenni, con l’accrescimento dei fedeli e per la diffusione della
fama dei poteri taumaturgici della reliquia, subì trasformazioni
e ingrandimenti fino a divenire quel “templum magnum” nel VI
secolo di cui parla Gregorio di Tours.

La Cattedrale è trasferita al
Castello

 Più tardi, negli anni a cavallo tra il IV e V secolo,
quando il Cristianesimo era ormai penetrato nella
storia e nel costume degli isolani, è probabile ( anche
se non ci sono riscontri storici), che la Cattedrale sia
stata trasferita nella città alta ed abbia preso il posto
di dove un tempo vi era il tempio di Efesto. Si
sarebbe trattato di una basilica ad aula unica, con
volta ogivale.
 Nell’altra chiesa di San Bartolomeo si continuò a
custodire il corpo del Santo e quelli dei vescovi
liparitani.
La Cattedrale al
Castello

Le Eolie anticamera dell’Inferno

 Ancora un secolo e per la recrudescenza dei fenomeni vulcanici,
in una Italia in cui imperversavano i barbari, l’arcipelago delle
Lipari venne sempre più percepito, soprattutto dal mondo
cristiano, come vestibolo dell’inferno e colonia di Satana, donde
i demoni uscivano per operare mali d’ogni sorta.
 E’ lo stesso S. Gregorio Magno (590-604) che nei suoi Dialoghi
parla di un episodio riguardante la dannazione di Teodorico re
degli Ostrogoti (493-526) che aveva compiuto atti gravi verso i
cattolici , si era macchiato di gravi delitti come l’uccisione del
filosofo Severino Boezio e del patrizio Simmaco ed in un carcere
di Ravenna aveva fatto rinchiudere il papa Giovanni I che vi
morì di stenti.
A sinistra, il Castello di Verona e il mausoleo dedicato a
Teodorico. A destra, un mosaico con la corte
dell’imperatore

Il racconto di Gregorio Magno

 «Il mio domestico Giuliano mi fece questa narrazione al tempo
del re Teodorico. Il padre di mio suocero si era recato in Sicilia
a riscuotere certe somme, e stava ritornando in Italia. La sua
nave approdò in un’isola che si chiama Lipari. E proprio colà ci
viveva un eremita di grande virtù…Appena l’uomo del Signore
li vide, tra le altre cose di cui parlò, rivolse loro questa
domanda: Sapete voi che il re Teodorico è morto? Subito quegli
gli risposero: Non sia mai! Noi tutti lo abbiamo lasciato in
buona salute e niente di tutto questo ci è pervenuto sin’ora. E il
servo di Dio soggiunse: Eppure è morto; proprio ieri, all’ora
nona, trascinato tra papa Giovanni e il patrizio Simmaco,
seminudo e scalzo e con le mani legate dietro, fu gettato in
questo vicino calderone di Vulcano».
Il dipinto della
Cattedrale
raffigurante
Teodorico
precipitato nel
Vulcano mentre il
monaco San
Calogero mostra la
punizione divina
del re ai poveri che
ha in cura

Il commento del Papa

 “Che cos’altro dobbiamo dedurre se non che, in qualsiasi luogo
del mondo, nelle isole di questa terra si sono aperte le bocche
dei tormenti col fuoco che si riversa? Queste bocche – come
raccontano coloro che le hanno viste – squarciandosi di
continuo le fenditure, si allargano affinché, dato che si
approssima la fine del mondo, quanto più è certo che colà
dovranno raccogliersi i destinati al fuoco eterno, tanto più
appaia evidente che quei medesimi luoghi dei tormenti si vanno
dilatando. Il che l’onnipotente Dio ha voluto rendere manifesto
a correzione di coloro che vivono in questo mondo affinché le
menti degli infedeli(…) vedano i luoghi dei tormenti, luoghi cui
essi stessi si rifiutano di credere sebbene ne abbiano sentito
parlare”
Anticamera dell’inferno? Forse oggi Gregorio
Magno avrebbe qualche dubbio. Oppure no…

Le isole luogo di confino e di…eremiti

 Queste credenze erano alimentate da eremiti che
nelle nostre isole venivano di tempo in tempo a
soggiornarvi. Uomini virtuosi, fuggiti dal mondo che
reputavano invivibile o scacciati dalla loro terra
d’origine, che qui trovavano il ristoro dell’anima
immergendosi nel raccoglimento e sperimentando
virtù e carismi nell’aspro confronto con i demoni.
Intanto le isole continuavano ad essere luogo di
confino e tanto più cresceva la fama di anticamere
dell’inferno tanto più appariva grave la pena inflitta
a chi qui veniva inviato in esilio.
La memoria di San Calogero

 Le Eolie diventano fra il V e il X secolo, uno dei punti di
raccolta di monaci itineranti, ecclesiastici rifugiati, eremiti
contemplativi.
 Della gran parte di questi anacoreti non si conserva il nome ma
solo l’appellativo generico di Calogero, voce greca che vuol dire
buon vecchio o vecchio benefico. E questo appellativo non
tardò a diventare nome comune.
 La leggenda più accreditata racconta che Lipari e Sciacca ne
ebbero uno in comune ( tra il 521 e il 561). Questo Calogero si
fece taumaturgo e operò molti miracoli, riscoperse le terme di
ponente che da lui presero il nome. I Liparesi conservarono per
lui un’ammirata memoria e gli attribuirono persino l’estinzione
del cratere della Forgia Vecchia a Pirrera, verificatasi verso il
IX-X secolo e quindi almeno tre secoli dopo la sua scomparsa.
Pala del 700
conservata nella
chiesa di San
Giuseppe che
raffigura la
Trinità in alto,
la Madonna al
centro e sotto i
tre santi
protettori delle
Eolie
S.Bartolomeo,
S. Calogero e
Sant’Agatone

A San Calogero sono collegate
le terme liparesi

Alle origini della devozione
della Madonna del Terzito a Salina

 Sempre ad uno di questi monaci , in quegli anni ( VI
secolo) a Salina e precisamente alle falde del Monte
dei Porri, si deve l’avvio di una tradizione e di un
culto dedicato alla Vergine Maria.
 Questo monaco aveva costruito un piccolo oratorio e
dipinto all’interno l’immagine della Madonna.
 Questo culto verrà ripreso nel 700 e poi nel 1622
qualificandosi come devozione a Maria SS. Del
Terzito.
Due visitatori vengono alle Eolie per
cercarvi la bocca dell’Inferno

 L’idea che le Eolie fossero l’anticamera dell’inferno
continuò nei secoli come dimostrano due documenti.
Il primo, cui abbiamo già fatto cenno, riguarda un
viaggio nell’estate del 729 ed ha per protagonista
Willibald di Wessex quando era solo un giovane
monaco di ritorno da un pellegrinaggio a
Gerusalemme.
 Il secondo riguarda un viaggio del monaco Gregorio
nell’ottobre del 787 che passa per le Eolie mentre
ritornava dal Concilio Niceno II.

La visita di San Villibaldo

 Willibald l’isola “Vulcana” dove c’è l’inferno di Teodorico.
Abbiamo già visto che Willibald sale sul cratere per vedere
come è fatto l’inferno. Un cratere che probabilmente non è
quello di Vulcano ma del Monte Pelato
 “Dopo avere osservato codesti vapori prodotti dall’ardore di questo
orrendo e tremendo fuoco e codesti straordinari spettacoli di fumo
igneo e nauseabondo, levate subito le ancore, navigarono verso la
chiesa di San Bartolomeo che trovasi sulla costa del mare. E vennero a
quei monti che si chiamano Didimi: e là, stando in preghiera,
rimanevano per un’intera notte. E di là ripreso il viaggio…”.
 C’è solo da osservare che la chiesa di San Bartolomeo è quella
extra moenia che probabilmente inglobava anche San Giuseppe.
Questa è la chiesa di Marina
corta disegnata dall’abate
Maurando che era al seguito del
Barbarossa nel 1544.
Probabilmente è il «templo
magno» dedicato a
S.Bartolomeo di cui parla
Gregorio di Tours.

«Quando un iniquo trapassò di vita...»

 L’altra testimonianza invece non è interessata ai fenomeni
naturali ma a trarre, da questi, insegnamenti morali.
 “Se qualcuno non vi presti fede – suggerisce il monaco in
relazione al pentimento – consideri l’isola di Lipari che tanto
va soggetta al fuoco, in guisa da far bollire il mare, e ad
ingoiare le navi che ivi si trovano, mentre ne scorre liquefatta
la picea lava, e si producono tremendi tuoni da quell’isoletta. E
allora tutta Lipari è scossa e trema; l’arena del mare si alza
tutta infuocata fin dal profondo e sollevasi ad infinite altezze,
e viene trasportata da qualunque vento per sorte spiri, e va qua
e là a cadere. Alcuni dicono ancor questo, che quando si ha
notizia che qualche empio o iniquo trapassò di vita, allora que’
luoghi soffrono eruzioni di fuoco e tuoni, quasi che ivi sian
condannate a punizione quelle anime….”.
Il culto dei defunti e l’isola di Vulcano

 Questa nomea delle Eolie come porta dell’Inferno ha un
seguito. Infatti passa qualche secolo e nel 998 l’abate di Cluny
Sant’Odilone fissa il 2 novembre come giornata del suffragio
dei defunti da celebrarsi in tutti i monasteri della sua
congregazione. In seguito l’usanza attecchì in diverse diocesi
d’Europa fino a che , a cominciare dal secolo XVI, la Chiesa ha
stabilito la commemorazione di tutti i defunti come pratica
universale.
 Ora questa pratica in qualche modo è legata all’isola di Vulcano
come narra San Pier Damiano (1007-1072), benedettino, abate,
dottore e cardinale di Santa Romana Chiesa, nella sua “Vita
Sancti Odilonis abbatis cluniacensis et confessoris, ordinis
Sancti Benedicti”.
A Vulcano si odono i tormenti
delle anime dei malvagi….

 Narra S.Pier Damiano che un religioso oriundo della città di
Rodez, ritornando da Gerusalemme è costretto, per i venti, ad
approdare a Vulcano qui incontra un eremita che gli chiede se
conosca l’abate Odilone e il suo monastero. Avutane
assicurazione l’eremita fa questo racconto:
 «Ci sono qua vicino dei luoghi dai quali fuoriescono enormi cumuli di
fiamme vorticose, e in questi luoghi le anime dei malvagi sono
sottoposte a diversi tormenti a seconda della qualità dei loro peccati.
Ad accrescere le loro sofferenze ci sono deputati un gran numero di
demonii i quali ogni giorno rinnovano le pene, e continuamente
sottopongono le anime a reiterate torture. Questi diavoli io li ho spesse
volte sentiti urlare con alti lamenti e piangere con voce dolente per la
ragione che, con le orazioni e le elemosine di certuni che
concordemente tramano contro di essi, di frequente dalle loro mani
vengono strappate le anime dei condannati.
Il decreto dell’abate Odilone da il via alla
commemorazione dei defunti il 2 novembre

 Tra l’altro, questi demoni fanno assai dure rimostranze nei confronti
della comunità cluniacense e del suo abate, giacché a causa di questi
vengono privati delle prede che di diritto gli appartengono. Pertanto,
nel nome terribile di Dio io ti scongiuro di riferire fedelmente ai
venerabili confratelli le cose che ti ho detto, e di ricordargli anche da
parte mia che devono sempre più perseverare nelle elemosine e nelle
orazioni, e principalmente con l’intenzione di liberare dalle mani dei
demonii tutti coloro che da essi vengono tormentati, cosicché dalle
quotidiane perdite ne venga pianto al nemico del genere umano e si
moltiplichi l’esultanza del cielo».
 San Pier Damiani assicura che fu proprio questo racconto a
convincere l’abate Odilone ad emanare il decreto per i suoi
monasteri istituendo la commemorazione dei defunti il 2
novembre.

Sant’Odilone
abate di
Cluny

L’abazia di Cluny nella storia
Il sacco di Lipari dell’838

 Che Lipari e le Eolie fossero conosciute come l'entrata
dell'inferno e del purgatorio con i diavoli che parlavano alle
persone, forse interessava ed impressionava i cristiani ma non
toccava minimamente gli arabi che in quegli anni – come
abbiamo visto - invadevano ed occupavano la Sicilia. Diverse
volte assalirono e depredarono Lipari ma il sacco dell’838 fu il
più tragico e toccò la fantasia di molti scrittori del tempo. Fu un
attacco devastante ed un eccidio generalizzato. Da questo si
salvarono un certo numero di famiglie del contado che per
generazioni e generazioni continuarono a sopravvivere e “tre o
quattro monaci che quei barbari avevano stimati degni di
commiserazione o di disprezzo” (dal manoscritto Lugdunense).
I saraceni si accanirono sulla chiesa
di San Bartolomeo

 In particolare i saraceni si accanirono sulla Chiesa di San
Bartolomeo dove c'era il corpo di San Bartolo - e molti extra
voto visto che Lipari era divenuta, proprio grazie al Santo, meta
di numerosi pellegrinaggi.
 Sulla devastazione della chiesa, la dispersione delle ossa, il loro
recupero e la traslazione da Lipari a Benevento che ne seguì,
abbiamo diverse fonti contemporanee o di poco posteriori, una
delle quali, peraltro, di gran lunga preminente – afferma
Bernabò Brea - dal punto di vista storico su tutte le altre. E’ il
cosiddetto manoscritto Lugdunense steso da un anonimo
chierico, riportato in Acta Santorum del 1741, che si rifà al
racconto di Bartolomeo, vescovo di Narbona che era presente
nell'839 alla riposizione delle spoglie del Santo a Benevento.
I saraceni disperdono in mare le ossa
dell’Apostolo

“ In quest’isola – dice il manoscritto – (…), l’Apostolo di Dio era
circondato dalla venerazione dovutagli nella splendida basilica, di
mirabile struttura, costruita in suo onore e nel corso di moltissimi
anni aveva manifestato la sua presenza con i molti benefici (…).
Improvvisamente, essendo stata la Sicilia devastata e sconvolta
dai Saraceni, anche l’isola [di Lipari], a seguito di un’incursione
nemica, fu quasi completamente spopolata. Mentre il vescovo del
luogo ed il clero, con la popolazione e i monaci, subivano una
sorte miseranda o portati via in cattività o passati al fil di spada,
[i Saraceni] irrompono anche nel monastero dove riposava il
venerabile corpo dell’Apostolo, aggrediscono i monaci,
distruggono ogni cosa e, sotto la zelante istigazione del diavolo,
disperdono in mare anche le stesse venerande ossa dell’Apostolo,
frammiste ad altre ossa, affinché mai le sue reliquie potessero
essere ritrovate e riconosciute.
I monaci raccolgono le ossa che brillano alla
luce delle stelle

 Ma per la clementissima provvidenza di Dio onnipotente
furono risparmiati ivi tre o quattro vecchi monaci, che i barbari
avevano considerato degni di commiserazione o di disprezzo a
causa della loro età. E ad essi, desolati e piangenti, il beato
Apostolo si degnò di presentarsi in apparizione e rincuorandoli
con dolce consolazione, li invitò a ricercare solleciti le sue ossa
rigettate sulla riva e ad adoperarsi a raccoglierle.(…)’Andate
nel segreto silenzio della notte lungo la riva del mare, e dove
vedrete un raggio brillare come la luce di una stella,
raccoglietele con confidenza e nascondetele diligentemente,
perché possano essere di giovamento ai fedeli’. Andarono
dunque, e raccoltele sull’indizio del promesso splendore, di
nuovo le collocarono con ogni gioia e diligenza sotto il segreto
di un altare.
Arriva intanto una nave di beneventani che con
le buone o le cattive vogliono il corpo del Santo

 Intanto arriva a Lipari una nave di beneventani che trovano
l’isola spopolata e corrono alla chiesa del Santo. «La grande
fama della virtù dell’Apostolo aveva fatto sì che essi
desiderassero, se fossero riusciti a trovarlo, trasferire alla
propria città il patrocinio di tanto glorioso pegno, cosa che già
da lungo tempo avevano sperato e avevano tentato con molte
preghiere ed anche con doni. E avendo trovato quei vecchi
afflitti e dopo averli consolati con cristiana pietà, chiedono
decisamente ad essi di mostrare loro il dono desiderato. Ma
poiché quelli si scusavano e non volevano che questo luogo
[cioè l’isola di Lipari] fosse privato di un così grande
patrocinio, i beneventani li aggrediscono in modo più brusco,
minacciandoli con le spade snudate di una morte immediata se
non mostravano loro con somma celerità ciò che essi
chiedevano».

Un argomento… «di estrema
necessità»

 «Vinti da questo argomento di estrema necessità, esibirono il
divino tesoro, pregando ardentemente che, dovunque esso fosse
trasferito, fosse concesso anche a loro di seguirlo e di restare
con esso. Il che essi immediatamente e molto volentieri
accettando e avendolo confermato con giuramento, svuotano il
loculo del venerando pegno, e temendo le insidie del nemico,
velocissimamente discendono [alla nave].
 E in verità non appena, saliti sulla nave, avevano cominciato a
solcare il mare con favorevole soffiare del vento, si trovarono
ad essere inseguiti dalle navi dei nemici che continuavano ad
avvicinarsi pericolosissimamente
L’Apostolo favorisce la fuga verso
Benevento

 Il racconto del manoscritto Lugdonense continua raccontando i
miracoli che accompagnano la nave dei beneventani che
sfuggono ai saraceni.
 Prima il soffio del vento favorevole per i fuggitivi che portano
in salvo le reliquie del santo e sfavorevole per gli arabi anche se
vanno nella medesima direzione.
 Poi, mentre dormono durante una sosta, l’Apostolo che sveglia
il capitano per avvisarlo del sopraggiungere dei pirati e
consentire loro così di accelerare la partenza e raggiungere
felicemente il porto di Benevento dove vengono accolti dal
Pontefice e dalla cittadinanza.
A Benevento viene dedicata una
basilica all’Apostolo

 «Era in quei giorni, in quelle parti, esule, per l’iniqua ostilità di
alcuni, - conclude il manoscritto - un uomo di grande fede e di
venerabile vita, vescovo narbonese, che, per invito del presule
della predetta città, dedicò al Signore la nuova basilica
dell’Apostolo, vi ripose le beate reliquie e secondo le
consuetudini vi celebrò messe solenni. Ed anche, per
benedizione di Cristo, inviò parti dei più pegni a molte località
delle Gallie, e specialmente alla città di Lugdunum [Lione],
dove già la memoria del venerando Apostolo era venerata
riverentemente nella venerabile cripta dei martiri. E da lui noi,
minimi fra tutti i fedeli, abbiamo appreso, per sicura relazione,
tutte queste cose, delle quali per grazia del Signore, abbiamo
curato di tramandare la memoria, ad edificazione dei lettori”.
Benevento. Qui sotto il Duomo a
fianco del quale nell’839 fu
costruito un sacello per porre il
corpo di S. Bartolomeo. A destra
l’attuale chiesa del Santo a
Benevento

Altre versioni sulla traslazione

 Vi sono altre tradizioni della traslazione che non divergono
dalla prima che in particolari del tutto secondari e talvolta
aggiungono anche qualche elemento nuovo, ma sono meno
diffuse, meno precise, e accentuano fortemente l’elemento
miracolistico.
 Così la versione del monaco Martino di Benevento precisa che
l’attacco saraceno avvenne nell’aprile dell’838, che uno dei
monaci a custodia del sepolcro si chiamava Teodoro, che il
corpo dell’Apostolo era tumulato nella basilica sulla rocca, in
palese contrasto con la testimonianza di Willibald di un secolo
prima che aveva visitato il corpo nella basilica sul mare.
 La versione contenuta nel Legendorum Vallicellense che si
conclude con la data in cui il corpo fu accolto in Benevento e
riposto “nell'altare nell'anno dell'Incarnazione del Signore 839, il 25
del mese di ottobre”.
La contesa fra Roma e Benevento

 Con l’arrivo a Benevento non si conclude il lungo pellegrinare
del corpo del Santo e continuano ad aumentare il numero delle
città che rivendicano il possesso almeno di una parte di esso.
 Ricordiamo innanzitutto la lunga contesa storica fra Benevento
e Roma. Il problema è se il corpo dell’Apostolo sia rimasto a
Benevento dopo l’839 o invece sia stato trasferito a Roma,
sull’isola Tiberina nell’anno 1000 come riferisce Pompeo
Sarnelli che scrisse nel 1691. A Trasferirlo sarebbe stato
l’imperatore Ottone III per adempiere ad una penitenza che gli
era stata ingiunta. Secondo il Sarnelli, i Beneventani, “con
pietosa astuzia gli mostrarono, invece del corpo dell’Apostolo,
quello di S.Paolino di Nola (…) Ottone sel’ prese, e partì con
tal fraude ingannato”.
La spedizione dei Pisani nel 1035

 Il secondo episodio è relativo alla incursione dei pisani nel 1035
nell’isola di Lipari riferita da Paolo Tronci. Durante questa
incursione i pisani, dalla Chiesa dedicata all’Apostolo San
Bartolomeo, avrebbero prelevato le reliquie della testa e di una
mano che lì si conservavano. Queste reliquie “ con la dovuta
venerazione” vennero trasportate a Pisa e conservate nella
Chiesa Maggiore.
 Il Tronci conosce bene la storia di Benevento e di Roma ma
osserva “che non si deve reputare cosa ripugnante, che quando
il Corpo del medesimo Santo, fu traslato da Lipari, ne fosse ivi
restata parte, per buona fortuna de’ Pisani”.
Le reliquie rimaste a Lipari:
il dito pollice e un pezzo di pelle

 Infine un terzo episodio riguarda il dito pollice del Santo che
insieme ad un pezzo della sua pelle sono le uniche reliquie
rimaste a Lipari. Ma mentre per la reliquia della pelle sappiamo
come questa è pervenuta e cioè che fu donata al Vescovo Mons.
Angelo Paino, dal Patriarca e dal Capitolo di Venezia nel 1926,
più incerta è la provenienza del dito. Potrebbe essere rimasta
qui dopo i due prelevamenti ad opera dei beneventani nell’838
e dei pisani nel 1035. A questo proposito si può notare che dalla
mano prelevata dai pisani manca proprio il dito pollice.
 Una storia a proposito di questo pollice affiora qualche
decennio dopo il sacco del 1544. La riporta Pietro Campis nella
sua Historia ed afferma di ricavarla da un manoscritto, andato
perduto, di don Benedetto Gualtieri, arcidiacono di Lipari.
Una storia sul dito pollice
tramandata dal Campis

 Durante la «ruina» del Barbarossa fu rubata e portata a
Costantinopoli una cassettina che conteneva delle reliquie fra
cui il pollice di S. Bartolomeo. Lì uno spagnolo che aveva
riguadagnato la sua libertà acquistò quelle reliquie per
cinquecento monete d’oro e le portò con se a Napoli dove venne
colpito da una grave malattia e ricoverato all’Ospedale di San
Giacomo. Sentendosi prossimo alla morte consegnò la
cassettina con le reliquie al cappellano perché le facesse
recapitare ai liparesi dietro compenso di cinquecento monete
d’oro che sarebbero andate in beneficio all’Ospedale. Per caso si
trovava a passare da Napoli don Martino d’Acugna (1585-1593)
che era stato da poco consacrato vescovo di Lipari Il vescovo
versò la somma e portò le reliquie a Lipari dove, nel 1585 le
restituì alla Cattedrale.
Oggi la reliquia del dito pollice è inserita in una teca
d’argento che viene esposta sull’altare del Santo nelle
quattro ricorrenze annuali delle festività a lui dedicate

La reliquia della pelle
arrivò a Lipari la
mattina del 22 agosto
del 1926 su una
torpediniera della Regia
Marina che diede fondo
nella baia di Portinente.
Essa venne riposta nel
Vascelluzzo d’argento
quando fu realizzato nel
1930 e benedetta il 23
agosto di quell’anno in
Cattedrale da Mons.
Bernardino Re.


FINE
Vescovi di Lipari

 S. Agatone vescovo dal 251 al 313. Il can. Carlo
Rodriquez in “Breve cenno storico sulla Chiesa
Liparese” del 1848 estratto dal Giornale letterazio nn
225 e 226 scrive che da manoscritti greci conservati
nel Monastero di Grottaferrata e tradotti in latino dal
can. Agatino di Castiglione e tenuti nella Chiesa di
Lentini si afferma che nel 254 Agatone governava la
Chiesa di Lipari. Lo stesso Rodriquez afferma che
non si hanno altre notizie di vescovi che
governarono questa diocesi sino ad Augusto con un
vuoto quindi di 217 anni.
 Costantino che partecipa al I Concilio Romano.
Questo vescovo ed i successivi quattro fino ad
Augusto che per lui si chiamerebbe Agostino sono
citati da Alfredo Adornato in “Due millenni di storia
eoliana”, Messina, 2000.
 Aldoino che nel 364 partecipa al Sinodo di Sicilia.
 Nicolao che nel 384 partecipa al Concilio di Capua
 Enrico che nel 439 partecipa al concilio Regense .
 Ilario partecipa al Concilio Romano 483
 Augusto (Agostino?) che partecipa a due concili
tenuti a Roma ( il III e il VI , secondo altri il II e il III )
uno nell’ottobre 501 e uno nel novembre 502.
 Agatone II 589 deposto nel 592 da papa Gregorio
Magno perché “aprì varco a vizi tutti”(Rodriquez).

Paolino di Tauriana dal 592 assume il
governo della Diocesi di Lipari per ordine di
papa Gregorio senza abbandonare la diocesi
di Tauriana. Paolino muore nel 599.
Marcello che parteciperebbe ai Comcili
romani III e IV. E’ quanto afferma Adornato
ma il Rodriquez afferma che nel 596 Lipari
ebbe un altro vescovo di cui si ignorano il
nome e le gesta.
Pellegrino da Lentini intervenne in un
Concilio Lateranense.

 Altro Vescovo nativo di Lentini di cui si sconosce il
nome è citato da P. Diego di Lipari Minore
osservante in un manoscritto che probabilmente si
trasferisce a Salina dove incontra Willibald.
Comunque sempre a Salina tre giorni dopo il Natale
del 700 consacra a Valdichiesa il tempio alla
Madonna del Terzito (come afferma il Pirri nella sua
“Sicilia Sacra”, libro 3, nota 8. Il Rodriquez afferma
che dopo questo vescovo non ce ne furono altri a
causa dell’invasione saracena. Ma l’invasione
saracena sarebbe avvenuta almeno intorno all’838.
Ed infatti sulla base dello storico austriaco E.
Kislinger si può sostenere che dei vescovi che si
ritenevano potessero essere designati vescovi in
partibus infidelium , in realtà fossero vescovi reali.

 Dopo il 732 anche la diocesi di Lipari passa sotto il
controllo di Costantinopoli.
 Basilio 787 secondo sinodo di Nicea.
 Leone fine VIII secolo e inizio IX comunque prima
dell’815
 Samuele che dal novembre 879 al marzo 880
partecipa al sinodo di Costantinopoli tenuto da
Fazio.
 E sicuramente Samuele fu l’ultimo vescovo di Lipari
di questa prima fase di vita della diocesi. Dovranno
passare almeno altri 230 anni perché si parli di un
nuovo vescovo di Lipari.

 Infatti se anche fosse vero che Lipari non
rimase disabitata per il sacco dell’838 e che
nell’881-882 essa nera saldamente in mano ai
bizantini che avevano ripreso possesso della
Sicilia con Maniace, certamente lo divenne
nell’888 quando i bizantini subirono una
grave sconfitta a Milazzo o nel 902 quando
abbandonarono Rometta.

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