Sistemi locali di welfare
Lavinia Bifulco
Strumenti concettuali
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Idee
Capabilities (A. Sen)
Governance
Capacità di aspirare
Rescaling
Stateness/statualità
Giustizia sociale: universalismo, esigibilità dei diritti, democrazia
Rescaling
• Recentrages e società fuori squadra (Bagnasco, 2003)
• Lo Stato è troppo piccolo per i problemi grandi e troppo grande per i
problemi piccoli (Daniel Bell)
Localizzazione
• Nodi critici:
• Decentramento di facciata
• ridondanza e complicazione del coordinamento;
• aumenta la disparità territoriale
Rescaling e localizzazione
In Italia:
• Anni 90
• I nuovi sindaci
• La nuova stagione delle politiche locali (programmazione negoziale)
• Processo di decentramento avviato negli anni 70, anni 90 leggi Bassanini,
riforma costituzionale del 2001
• Oggi progetto di federalismo in stallo, spinte ri-centralizzatrici
Legge 328 del 2000
- Universalismo selettivo
•Liveas
•Sussidiarietà verticale
•Piani di zona e programmazione negoziale o partecipata
•Territorializzazione:
• riorganizzazione territoriale dei poteri,
• il territorio come riferimento, come target,
• come sistema di azione
Legge 328 del 2000
•Programmazione negoziale: pubblico e terzo
settore
• Mutuo accomodamento (Paci, Ranci)
• Modello vendor (Pavolini)
Legge 328/2000
• Territorializzazione
• diversificazione/personalizzazione,
• Integrazione
• attivazione
• partecipazione
• Assumere il territorio come riferimento, come target
Legge 328/2000
• Concezione del territorio non come spazio amministrativo ma come
bacino di risorse di azione, oltre che di problemi specifici
Il Piano sociale di zona
• Legge 328/2000: strumento della governance locale.
Attraverso questo strumento le municipalità (associate)
programmano il sistema locale dei servizi e degli
interventi, sulla base degli obiettivi stabiliti dallo Stato e
dei finanziamenti (stabiliti dallo Stato e distribuiti dalle
Regioni), coinvolgendo le comunità locali.
• Territorializzazione e partecipazione
Il Piano sociale di zona
• Il piano sociale di zona, normalmente adottato attraverso un accordo di programma dai
comuni che rientrano nello stesso ambito territoriale, ha il compito di individuare (Legge
328/2000, art. 19):
• a) gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché gli strumenti per la loro
realizzazione;
• b) le modalità organizzative dei servizi, le risorse, i requisiti di qualità;
• d) le modalità per l’integrazione tra servizi e tra prestazioni;
• e) le modalità per il coordinamento dei comuni con altre amministrazioni:
• f) le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali con le organizzazioni del terzo
settore e le comunità locali;
• g) le forme di concertazione con l’azienda unità sanitaria locale.
• Il Piano sociale di zona è volto a «favorire la formazione di sistemi locali di intervento
fondati su servizi e prestazioni complementari e flessibili, stimolando in particolare le
risorse locali di solidarietà e di auto-aiuto, nonché a responsabilizzare i cittadini nella
programmazione e nella verifica dei servizi» (art. 19). [
Il Piano sociale di zona
• 3 idee-base:
• l’azione associata fra comuni, che richiede capacità di
coordinamento inter-istituzionale;
• la negoziazione, che valorizza metodi consensuali di presa delle
decisioni e la partecipazione dei cittadini e delle organizzazioni di
terzo settore;
• la regia, che sollecita i comuni ad assicurare coerenza e continuità
alla costruzione del sistema locale di servizi.
Piani sociali di zona:
implementazione
• ISFOL 2006: in più del 70% dei casi sono impegnate nella
fase progettuale vera e propria, insieme al soggetto
pubblico, le organizzazioni di terzo settore strutturate (come
le cooperative sociali), seguite dalle organizzazioni del
volontariato, dalle associazioni religiose, dalle organizzazioni
sindacali, dalle fondazioni, dai patronati, dalle imprese
private,dai cittadini singoli (il 20,5% dei casi).
La varietà della partecipazione nei
Piani di zona
• Implementazione: molto diseguale
• Il problema delle risorse
Partecipazione
• Problemi del concetto
La partecipazione e il quadro dei
cambiamenti di policy
• La programmazione negoziale: anni 90, nascono i
Patti territoriali (Bobbio, 2000; Pichierri, 2001).
Crescono le pratiche contrattuali o pattizie, basate
su accordi formalizzati e volontari che impegnano
reciprocamente una molteplicità di attori, pubblici e
privati, al perseguimento di un interesse collettivo.
• Le politiche per lo sviluppo locale, la riqualificazione
urbana, politiche sociali, ecc.
La partecipazione e il quadro dei
cambiamenti di policy
• Strumenti negoziali:
• I Patti territoriali
• i Contratti di quartiere
La partecipazione e il quadro dei
cambiamenti di policy
• L’espansione della programmazione negoziale deve molto a:
• Processi isomorfici
• Crisi del paradigma razionalistico maturata dagli anni 80
• La governance partecipata o partecipativa.
Partecipazione: fattori e problemi
• Struttura delle opportunità e basi sociali della partecipazione
• Contesti; regole della partecipazione; culture politiche;
meccanismi categorizzazione dei problemi; tipo di
aggregazione della società locale
• Problemi della partecipazione:
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Numeri
chi
inclusività effettiva (dei soggetti e dei punti di vista)
incisività
rappresentatività
La varietà della partecipazione
Coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni
• Chi
• Cosa
• Dove
• Come
• Inclusività
• Incisività
Il ruolo delle amministrazioni pubbliche
La leadership politica
• Da Bifulco, Facchini, a cura di, 2013
• A Bari il Piano Sociale di Zona è stato accompagnato dalla creazione
di una varietà di spazi di confronto e partecipazione. Il
coinvolgimento dei cittadini durante la programmazione è stata
sollecitata, in particolare, dai Centri Aperti Polivalenti ed è approdata
nella redazione di un Manifesto delle Regole. Educatori, assistenti
sociali, funzionari, terzo settore e servizio civile hanno partecipato a
tutte le fasi della programmazione.
• Anche Trento e Bolzano usano una gamma articolata di strumenti a
sostegno del-la programmazione. In particolare a Trento, i poli sociali,
distribuiti nella città, ope-rano contemporaneamente come centri di
servizi e nodi nevralgici delle pratiche quotidiane della
partecipazione dei cittadini. A Bolzano sono stati organizzati al-cuni
focus group con l’obiettivo specifico di promuovere la partecipazione.
• A Milano, dopo alcune annualità contrassegnate da una
partecipazione sociale risicata, la programmazione del 2009- 2011 ha
introdotto una nuova architettura della governance territoriale che
vede il coinvolgimento dell'Organo di partecipa-zione della comunità
(Anche a Garbagnate, nella provincia milanese, il respiro della
partecipazione è li-mitato. E’ infatti attivo un Tavolo Locale di
Consultazione del Terzo Settore che, coerentemente con la sua
denominazione ufficiale, può solo formulare proposte non vincolanti.
• Il Piano di zona dell’ Alta Val di Cecina ha invece investito su un
coinvolgimento sostantivo sia del terzo settore sia della cittadinanza
e ha approntato una Carta per la Cittadinanza Sociale finalizzato a
promuovere un patto fra la comunità locale e le istituzioni.
• A Bologna, l’infrastruttura della programmazione sociale è robusta,
per di più provvista a partire dal 2009 di procedure sistematiche di
valutazione. Però il suo elevato grado di istituzionalizzazione sembra
andare a scapito delle forme più aperte della partecipazione, anche
per fattori e problemi politici che si sono riverberati sulle vicende del
Piano. Infatti, nel 2010 sono stati chiusi i “Consigli aperti”, spazi di
partecipazione operanti nei quartieri cittadini.
• A Roma, manca una strategia vera e propria della partecipazione, ma
il dato va letto alla luce delle differenze normalmente esistenti fra i
diversi Municipi in cui è suddivisa amministrativamente la capitale.
• Modelli di partecipazione
• I Sono quattro le modalità principali che emergono nella ricerca. Una
strategia che potremmo definire come “inclusiva tramite la
comunica-zione”; una improntata alla “partecipazione tramite
procedure”; una centrata su processi di “consultazione mirata” e,
infine, una mirata al-la “partecipazione comunitaria”.
• Come esemplificativa del primo modello, il Comune di Bari il cui
Piano di Zona mira ad ampliare la platea dei sog-getti coinvolti ma in
modo snello, puntando prevalentemente su stru-menti di
comunicazione e pubblicizzazione, molto meno su procedure e spazi
formalizzati.
• Un secondo modello assegna alle procedure un peso maggiore e
associa la partecipazione alla costruzione di una’architettura molto
artico-lata di relazioni fra spazi e soggetti diversi. A Bologna, per
esempio, questa architettura regola in modo preciso i rapporti fra i
quartieri e il livello centrale di governo della città. Una costruzione
che per questo viene giudicata faticosa ma promettente.
• Sempre a Bologna, le caratteristiche dell’infrastruttura della partecipazione – al tempo stesso formalizzata e radicata nei quartieri - sembrano aver favorito il coinvolgimento dei singoli cittadini, che invece
altrove fanno registrare sparute presenze. In realtà, quel che gioca sicuramente a favore è un’agenda cittadina della partecipazione che in
modo organico e trasversale tocca da tempo anche altri settori e
ambi-ti della vita cittadina. Fermo restando che il piano di zona è uno
fra gli strumenti più complicati.
• Il caso del Municipio II di Roma fa intravedere, al confronto, un investimento più circoscritto ed è esemplificativo di una modalità abbastanza diffusa, focalizzata prevalentemente sulla consultazione del
terzo settore, in particolare quello associativo, rientrando quindi nel
terzo modello sopradelineto.
• Il caso di Trento concretizza un approccio che enfatizza la dimensione comunitaria della civness e le dinamiche del suo potenziamento, relegando sullo sfondo l’ambito decisionale e della programmazione delle politiche.
• Per noi… il cittadino che porta il problema è il primo cittadino da coinvolgere
perché si trovi insieme a lui la soluzione…Io le assicuro che i cittadini che hanno
maggiori problemi sono quel-li che meglio sanno che cosa è importante fare per
loro. E se noi lo ascoltiamo fino in fondo molto spesso ci sono anche meno risorse
da impegnare. Il cittadino è molto più contento, coinvolto nella cosa e si sente riconosciuto… Sicuramente le cose che si scrivevano nel piano sociale del 2001
adesso le riscriveremo con molta più consapevolezza di che cosa significa
protagonismo del cittadino.” Assessore di Trento.
• Mi piace pensare che serva anche un po' di fantasia oltre agli
strumenti giuridici e normativi. Fantasia, vo-glia di superare gli
ostacoli, una visione che contempli la dimensione del sogno...un
sogno che se perseguito con forte volontà, decisione e caparbietà è
possibile realizzare. Credo che dare una speranza, un po' di luce alle
persone che hanno bisogno di noi, sia l'obiettivo principale.
Altrimenti diventa una mera erogazione di servizi, che secondo me
non porta a nulla.
• (Assessore Trieste)
• Credo che il coinvolgimento delle persone debba andare anche un
po’ oltre e cioè, se io voglio essere coinvolto dentro una tematica,
non posso essere solo quello che porta delle osservazioni, devo
essere anche quello che capisce cosa c’è dietro questa struttura, cioè
capire la complessità delle cose, perché solo in questo modo sono
responsabile anche delle proposte che faccio … La partecipazione è
una bella cosa, è giusta, però se è una partecipazione informata e
con-sapevole porta risultati, se è una partecipazione solo per dire:
dimmi due cose poi dopo comunque gestisco io, è la condizione
peggiore per allontanare le persone
• Assessore agli affari sociali Bolzano
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