La Samaria. È una regione situata al centro della
Palestina, fra la Galilea (più a nord) e la Giudea.
Prevalentemente collinosa, con alture che giungono a 1000
m d’altezza, comprende anche una grande pianura, ricca
di pascoli e di coltivazioni di ulivi e cereali. La Samaria fu
dominata da cinque popoli: assiri, babilonesi, persiani,
macedoni, romani. Al tempo di Gesù Negli Atti degli
Apostoli si parla della missione del diacono Filippo (At
8,5ss) in Samaria.
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Le donne. Di condizione inferiore a quella degli uomini,
normalmente non partecipavano alla vita pubblica, né
avevano parte attiva al culto, né potevano fungere da
testimoni in tribunale. Uscivano poco, e con la testa coperta.
Era sconveniente parlare con loro o guardarle. Dovette
sembrare insolito che un gruppo di donne seguisse Gesù.
I POZZI. Nel Medio Oriente l’acqua riveste un ruolo importantissimo: la sua mancanza provoca
carestia, per gli uomini e il bestiame, siccità per la terra, produce il deserto. Nel deserti, i nomadi si
fermano con i loro armenti ai pozzi; lì soltanto accettano di fissare la tenda. Gli itinerari dei patriarchi
sono segnati dai pozzi. La siccità prolungata è ritenuta castigo di Dio, come mostra la storia di Elia
(cf. 1Re 17-18), si può giungere a doverla comprare (Lam 5,1-4). L’acqua viva, di pozzo o di sorgente,
è preferibile a quella delle cisterne o piscine e diventa simbolo della vita e della salvezza che
provengono dal Signore, “sorgente d’acqua viva” (Ger 2,13; 17,13). Anche Isaia descrive con
l’immagine dell’acqua i prodigi di Dio per il suo popolo: Dio farà scaturire acqua nel deserto (Is 35,7;
41,18; 43,19; 44,3). Gesù propone ad ogni persona la vera vita. In questo contesto acquistano valenza
simbolica antitetica il pozzo (phréar), pur prestigioso, scavato dal patriarca Giacobbe, e la sorgente
(peghè) d’acqua viva che Gesù personifica e dona (4,6.11.14).
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LA SETE DI GESÙ. Colui che – solo – dona l’acqua viva, implora dalla croce: “Ho
sete!” (19,28). La sete fisica, il più grande tormento di un crocifisso, nascondeva
un’altra sete: la sete del Messia Figlio di Dio, che soffre ed estingue in se stesso
tutte le attese, tutte le seti degli uomini.. Gesù “aveva bevuto il calice che il Padre
gli aveva dato” da bere (18,11); ora può dire: “Tutto è stato condotto a compimento
(19,30a). Gesù muore e “spirando trasmise lo Spirito” (19,30b), che egli aveva
promesso come “fiumi d’acqua viva” che sarebbero sgorgati “dal seno di lui”
crocifisso e glorificato (7,37-39). “Sangue e acqua uscirono” di fatto “dal fianco di
Gesù crocifisso e già morto, trafitto con una lancia” (19,33-34): sono i fiumi della
vita vera, i fiumi della vita eterna, che scaturiscono da quella sorgente e corono
dappertutto per dissetare il mondo.
Gesù si presenta come:
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colui che ha pazienza: infatti si ferma accanto al pozzo e aspetta
che la donna venga ad attingere acqua, scegliendo per l’incontro
un momento che appartiene alla quotidianità della donna, alle sue
azioni abituali;
colui che chiede: è un mendicante della nostra salvezza, è assetato
della nostra salvezza; il suo “dammi da bere” è lo spunto per
aprire un dialogo;
colui che non si impone: Gesù sempre si propone! Egli rispetta i
tempi dell’uomo, non ha fretta. È bisognoso, come un viandante
stanco, e cerca l’incontro con ogni uomo sulle strade della
quotidianità.
“Doveva perciò attraversare la Samarìa”.
Gesù sale dalla Giudea alla Galilea e deve passare per
la Samarìa. Giovanni sottolinea che il suo passaggio per
questa regione è un bisogno: era necessario che lui
passasse di lì perché doveva incontrare, avvicinare i suoi
fratelli lontani, per riportarli all’unica famiglia del Padre.
“Stanco del viaggio sedeva presso il pozzo”.
Ad un certo punto, stanco del viaggio, si ferma presso un
pozzo. È l’umanità di Gesù che qui viene sottolineata: Gesù ha
fame, sete, è stanco, proprio come noi. Anche la sosta presso
questo pozzo è carica di significato! Era questo il famoso pozzo
situato sul terreno che Giacobbe aveva acquistato dopo
l’incontro con suo fratello Esaù e che diede a suo figlio
Giuseppe; qui aveva corteggiato Rachele (cfr. Gn 29, 9ss); qui
Mosè aveva incontrato le sette figlie di Reuel (cfr. Es 2, 20-22);
qui si era svolta la famosa grande assemblea (cfr. Gs 24),
quando Israele fu chiamato a rinnovare la sua promessa di
fedeltà al Dio dell’Alleanza. Siamo dunque in un luogo carico
di storia e di senso salvifico. Il Signore deve incontrare la sposa
perduta e portarla a conoscere il suo dono.
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A Gesù seduto sulla sorgente corrisponde il rimanere di Gesù con i
Samaritani e la loro fede in lui. La sete di Gesù corrisponde il “credere”
dei Samaritani, e questo evoca ancora il cap. 19 di Giovanni, ove il verbo
“credere” (19,35) compare dopo il grido di Gesù: “Ho sete” e dopo che
“sangue ed acqua” escono dal suo petto trafitto. Nella prima parte è
Gesù che incontra la donna, nell’ultima parte, la donna “testimonia” e
muove la gente ad andare a Gesù e alla fine il rapporto si instaura tra i
Samaritani e Gesù. Di lei, come di Giovanni Battista (cf. 3,30), non c’è più
bisogno.
“Era verso mezzogiorno”.
In quest’ora del giorno, molto calda, una donna viene con la sua anfora ad
attingere acqua. “Dammi da bere”, le dice Gesù. È Gesù che inizia il
dialogo, è lui che fa il primo passo. La donna è sorpresa, l’astio secolare non
manca di scoppiare: “Come mai tu che sei giudeo, chiedi da bere a me
che sono una donna samaritana?”. Per un Giudeo, preoccupato della
forma, era sconveniente rivolgere una parola in pubblico ad una donna,
per di più Samaritana, cioè inferiore per definizione: rinunciavano perfino a
bere nella stessa brocca per non contaminarsi!... Ma Gesù - e i discepoli ne
resteranno stupiti - non si preoccupa di queste convenzioni; gli steccati
ideologici tra uomo e donna, tra Giudei e non, con Lui saltano.
“Da dove hai dunque quest’acqua viva?”.
La Samaritana non solo non afferra la portata delle
parole di Gesù, ma sembra volerle mettere in ridicolo:
“Tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è
profondo; da dove hai dunque quest’acqua viva? Sei
tu forse più grande del nostro Padre Giacobbe, che ci
diede questo pozzo?”. La donna si mantiene a livello
delle realtà umane e non comprende.
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“Dammi di quest’acqua perché non abbia più sete”.
L’acqua che Gesù promette è diversa da quella richiesta dalla
Samaritana: ella desidera un’acqua miracolosa per avere la vita più
facile e comoda! Gesù promette l’acqua viva, sorgente zampillante, la
cui forza supera di gran lunga quella dell’acqua naturale, perché può
estinguere la sete più vera e profonda dell’uomo e dare la vita eterna.
Quest’acqua solo Gesù può darla. Come per la vita terrena dipendiamo
dall’acqua naturale, così per la vita eterna dipendiamo dal dono di
Gesù.
Ella, con stupore forse misto a sfida, fa l’elenco delle differenze:
sei un giudeo, sei un uomo: perché mi parli? Sei un nemico,
perché mi domandi un aiuto? Erano muri. E mentre la donna
s’incaglia sull’umano, Gesù la invita a uscire dal suo
atteggiamento “fai-da-te” per riconoscere che c’è un dono per lei
da parte di Dio e che l’uomo assetato che le sta innanzi è colui
che glielo porge. “Se tu sapessi!”. Un dono che risponde in
maniera radicale e definitiva alla sua sete: un’acqua viva. È un
invito ad aprire gli occhi.
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vennero i suoi discepoli e si meravigliavano perché parlava con una
donna; nessuno tuttavia disse: “Che cosa cerchi?”, o: “Perché parli con
lei?”
I discepoli non capiscono: sono ancora fermi al muro uomo-donna, anche se
si trattengono dal rimproverare il Maestro. Come la donna credeva di
dovergli dare acqua – mentre era Gesù ad avere un’acqua viva da dare, che
essa non conosce; così i discepoli credono di dovergli dare cibo, mentre è
Gesù che ha un cibo, che essi non conoscono. Lo sguardo chiuso in spazi
ristretti, non sanno levare lo sguardo e vedere l’opera di Dio che si sta
realizzando.
La fede: fare esperienza di Cristo
La fede non è solo credere alle parole dette su Gesù:
incontrare Lui stesso, dimorare in Lui, fare esperienza diretta
Lui. È da questa esperienza che nasce l’impellente desiderio
annunciare agli altri la Salvezza sperimentata, come
Samaritana nei confronti dei suoi concittadini.
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è
di
di
la
In Gesù, la Salvezza per tutti i popoli
I discepoli si stupiscono nel vedere Gesù parlare con una donna, per di
più eretica: ancora una volta, manifestano la loro durezza di cuore di
fronte alle parole del Maestro. Non comprendono che nell’incontro con
la donna, Gesù non ha fatto altro che portare a compimento la volontà
del Padre. E non percepiscono nemmeno il fatto di trovarsi a vivere i
tempi messianici della mietitura, durante i quali si manifesterà quale sarà
la buona semina che feconderà la loro attività missionaria: la fatica dei
profeti e, soprattutto, la sofferenza di Gesù. La morte di Gesù pone fine
ai privilegi giudaici e apre a tutti i popoli pagani l’accesso alla Salvezza.
Signore, assetato del nostro
amore,
concedici
di
accostarci a Te, Fonte di vita
eterna,
perché
possa
zampillare in noi la Tua acqua,
per dissetare i nostri fratelli e il
cuore del mondo.

Impegniamoci, come singoli e comunità, ad accostarci
maggiormente alla Parola di Dio, ad incarnarla nelle scelte della
nostra vita, per riscoprirne la Presenza in noi stessi ed imparare ad
essere più attenti all’ascolto degli altri, dei loro reali bisogni. Solo
andando alla Fonte possiamo farcene portatori.
Impariamo a superare, con discernimento, limiti e barriere. Non
manchino gesti concreti di vicinanza, apertura e solidarietà
verso persone, gruppi e famiglie che nella nostra comunità, per
ragioni diverse, si sentono emarginate: è la nostra missione.
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Così, come la Samaritana, anche noi dovremo a poco a poco imparare a chiedere al Signore
il dono di quell'acqua che sgorga dal suo cuore ed ha il potere di renderci felici. Nella
misura in cui ci impegneremo nella ricerca di quest'acqua, il Signore ci ricompenserà, anzi,
ci darà molto più di quanto osiamo sperare, così come insegna San Paolo: le sofferenze del
momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in
noi (Rm 8, 18).
Il rischio che corriamo se non ci rivolgiamo al Signore per ottenere il dono dell'acqua viva è
di morire di sete, se gli chiediamo invece questo dono corriamo il rischio di morire d'amore.
Domande per la riflessione
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Che cosa ha attirato di più la tua attenzione nell’atteggiamento avuto da Gesù
durante il dialogo con la Samaritana?
Che pedagogia ha usato per aiutare la samaritana a percepire una dimensione
più profonda della vita?
Che cosa chiama di più la tua attenzione sull’atteggiamento della Samaritana
durante il dialogo con Gesù?
Che influenza ha avuto lei su Gesù?
Dove, nell’Antico Testamento, l’acqua è associata al dono della vita e al dono
dello Spirito Santo?
In quali punti l'atteggiamento del dialogo di Gesù mi interroga, provoca o
critica?
La Samaritana ha trascinato l’argomento verso la religione. Se tu potessi
trovare Gesù e parlare con lui, quale argomento vorresti trattare con lui?
Perché?
Sarà vero che adoro Dio in spirito e verità o mi appoggio ed oriento di più sui riti
e sulle prescrizioni?
Per la riflessione personale
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Ho il coraggio di guardare in faccia e di chiamare per nome i miei peccati?
Ho l’abitudine di chiamare bene il male che faccio per mettermi a posto la
coscienza?
Mi pongo ostinatamente in contrasto con la verità del Vangelo che la Chiesa
mi annuncia?
Quali sono i miei idoli con i quali convivo senza farmi troppi problemi? Posso
oggi impegnarmi a riconoscerli e a combatterli?
prego? Come prego? Quanto Prego? Quando prego? Prego o “dico
preghiere”? Per chi o per che cosa prego?
Quale tipo di preghiera prevale nella mia vita? La supplica, il ringraziamento,
l’ascolto, l’adorazione, la richiesta di perdono, la lamentela…?
Cerco il contesto, il luogo e i tempi che mi aiutano a concentrarmi? Sono
costante nell’impegno della preghiera? È solo questione di “spontaneità”?
Preferisco la preghiera personale o quella comunitaria?
Come vivo la preghiera liturgica, come la Messa? Ne colgo lo spirito? Ne
sento la necessità?
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La Samaria. - parrocchia maria ss. addolorata