La governance locale
dell’immigrazione in Italia
Anna Elia
Università della Calabria
DISPES
a.a. 2014/15
• Un modello di integrazione subalterna
(Ambrosini)
• Un modello mediterraneo di immigrazione
(Pugliese)
• Un modello di Apartheid italiano (Basso e
Perocco)
• Un modello di integrazione ragionevole
(Zincone)
La dimensione territoriale di un modello di
“integrazione subalterna” (Ambrosini 2005)
• il modello dell’industria diffusa (piccole e medie imprese)
nella Lombardia orientale e nelle regioni del Nord-Est;
• il modello delle economie metropolitane (grandi città, ma
anche medi e piccoli centri) occupazioni nel basso terziario e
nei servizi alle persone;
• il modello delle attività stagionali (Mezzogiorno); aree
agricole in parte turistiche, lavoro stagionale informale;
• modello delle attività stagionali (Centro-Nord), attività
agricole, turistiche, edili;
Modello mediterraneo di immigrazione con particolare
riferimento al caso italiano
(Pugliese 2002)
1. ingresso nel lavoro agricolo stagionale e nel terziario
2. assenza iniziale di qualsiasi normativa di regolazione dei
flussi migratori in ingresso; istituzioni facilitatrici (organismi
di volontariato laico istituzioni ecclesiali, sindacato) di
sostegno ai processi di sostegno-orientamento dei migranti
3. emanazione di provvedimenti di sanatoria sempre più
restrittivi;
4. scarsa capacità di accesso dei migranti alle politiche sociali;
5. Femminilizzazione dei processi migratori
6. dicotomia disoccupazione/immigrazione nel sud Italia
Migrazioni in Italia - Le caratteristiche di genere e
l’azione delle reti
• Non vi è corrispondenza tra paese di arrivo e gruppi
nazionali (es. ex-colonie). Eterogeneità nei paesi di
provenienza (paesi africani e asiatici anche molto
distanti) (Calvanese 1983)
• presenza femminile predominante in molte nazionalità
(nelle migrazioni intraeuropee degli anni ’50 e ’60 la
componente femminile era minoritaria).
• evoluzione spontanea e improvvisa dei flussi in
ingresso. Paesi riceventi impreparati. L’azione delle reti
• Asimmetrie di genere: componenti nazionali maschili
(Nord Africa – Senegal); maggioranza donne (Filippine,
America Latina, Ucraina e Moldavia)
Le migrazioni in Italia - Ingresso dei lavoratori
migranti nel terziario
• Elevato impiego dei servizi alla persona (attività di
collaborazione domestica, assistenza agli anziani e
alle persone diversamente abili)
• Nei paesi del mediterraneo i migranti suppliscono
alle carenze del sistema di welfare
• Nel sistema italiano l’aumento dei grandi anziani
(metà anni ‘90) allarga progressivamente l’ausilio di
“lavoratrici” migranti in ambito domestico
• UN’ANALISI DELLE LEGGI IN MATERIA DI
IMMIGRAZIONE
Legge 943 del 1986
Misura di regolarizzazione per i lavoratori stranieri in
quanto lavoratori “dipendenti” e per gli immigrati
“attivamente” alla ricerca di un lavoro
La legge riservava i benefici del sistema di welfare
nazionale al lavoratore immigrato in quanto
lavoratore dipendente.
Legge 39 del 1990 – Legge Martelli
 Misure di regolarizzazione per tutti i lavoratori stranieri;
 Godimento delle politiche sociali per tutti i lavoratori stranieri
ivi compresi i lavoratori autonomi. Il provvedimento di
sanatoria si rivolge ai venditori ambulanti di provenienti
dall’Africa Sub-sahariana e dal nord Africa (Marocco, Tunisia).
 Superamento del principio della riserva geografica
(Convenzione di Ginevra del 1951) che limitava la domanda di
asilo politico a coloro che provenivano dal blocco socialista.
Effetti delle politiche di sanatoria anni 1986-1990-1995
1. Soddisfare il bisogno di manodopera dei distretti industriali nel centro-nord Italia e
delle piccole industrie manifatturiere del nord-est;
2. Risposte a situazioni di urgenza sociale: rassicurare gli italiani di fronte ad una
presenza sempre maggiore sul territorio di cittadini stranieri in situazioni di
irregolarità; sedare momenti di conflittualità sociale nelle zone agricole del sud
Italia;
3. Processi di etnicizzazione del mercato del lavoro: alto livello di specializzazione dei
lavori effettuati dai migranti in relazione al loro paese di origine, del loro sesso e
della religione di appartenenza (senegalese: venditore ambulante; tunisino:
pescatore; filippine-donne dell’est: colf e badanti).
La razionalità delle leggi di regolarizzazione:
I migranti sono portatori di diritti solo in qualità di forza lavoro, mentre la loro presenza
sociale viene completamente annullata (le politiche di sanatorie non vengono
accompagnate da politica di inserimento/orientamento dei migranti regolarizzati).
Nel 1991, dopo le prime leggi di regolarizzazione (1987-1990), la popolazione straniera
regolarmente residente in Italia era di 860 mila individui, mentre la stima dei migranti nella
situazione di “clandestino” è più di un milione. Le analisi sui permessi di soggiorno rivelano
una presenza di migranti provenienti dal Nord Africa; e dell’Africa occidentale soprattutto
nel nord Italia. Un terzo dei migranti è di religione musulmana.
La Legge n. 40 del 1998 fu la prima mettere in causa l’accesso ai diritti sociali da parte
del cittadino straniero in quanto pari al cittadino italiano.
Migrante « clandestino »
Immigrato in regola con il permesso di
soggiorno
Garanzie di integrità della persona Garanzie di integrità sociale
fisica
 Cure ospedaliere o
ambulatoriali urgenti o
essenziali;
 diritto all’istruzione per tutti i
minori stranieri
indipendentemente dallo status
di “irregolare” dei genitori.
 Accesso ai diritti sociali e civili,
esclusione dai diritti politici.
La Legge n. 40 del 1998
Migrante nella situazione di
« clandestino »
Immigrati in regola con il permesso di
soggiorno
Garantire le espulsioni;
ridurre le presenze irregolari
attraverso maggiori controlli.
 Istituzione dei Centri di
Permanenza Temporanea;
 quote di ingresso stabilite
annualmente dietro accordi di
cooperazione stabiliti con i paesi
di provenienza.
 La figura dello sponsor (datore di
lavoro italiano).
Garantire percorsi di integrazione e di
stabilizzazione.
 accesso alle misure di edilizia
sociale;
 iscrizione alle liste di collocamento;
 diritto a mantenere o a riacquistare
l’unità familiare;
 Accesso al sistema sanitario
nazionale
 accesso al sistema pensionistico.
Legge 40 del 98 Testo unico sull’immigrazione Un
modello di integrazione ragionevole (Zincone 2000)
• I diritti dei migranti anche quelli fondamentali come
quello del ricongiungimento familiare non sono
assoluti
ma
assumono
un
caratterere
« discrezionale », in quanto dipendono da norme e
regole stabilite localmente (localismo dei diritti).
• Obiettivi: evitare fenomeni di aperta conflittualità tra
italiani e migranti
La legge 40 del 1998 (Testo unico sull’immigrazione) è la sola
disposizione normativa in materia di immigrazione che si riferisce
in maniera specifica ai processi di integrazione dei migranti sul
territorio italiano.
Principi:
• Uguaglianza tra italiani e immigrati in quanto cittadini e non solo
in quanto lavoratori;
• promozione di processi integrazione sul piano del dialogo
interculturale con il diretto coinvolgimento di comuni, province,
regioni, soggetti no-profit, il mondo della scuola, il mondo delle
associazioni tra migranti (Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 40;
legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 2) ;
• possibilità di accedere alla Carta di Soggiorno (permesso di
soggiorno illimitato) alla fine di un percorso di stabilizzazione sul
territorio italiano.
La legge 189/2002 - Bossi-Fini. Principale obiettivo della
sanatoria: la regolarizzazione delle “badanti”.
• La legge sostituisce il contratto di lavoro al permesso di
soggiorno;
• Allo scadere del contratto il migrante ha solo sei mesi per
trovare un altro lavoro (oggi un anno) altrimenti ricade nella
condizione di “clandestino”;
• Il datore di lavoro è titolare del contratto di soggiorno del
migrante e ne garantisce la permanenza sul territorio italiano;
• La legge pone inoltre ulteriori restrizioni al ricongiungimento
familiare.
Effetti e obiettivi della sanatoria:
• annulla completamente ogni possibile prospettiva di integrazione del
cittadino straniero rendendo provvisoria la sua presenza sul territorio
italiano;
• colma le carenze delle politiche socio-sanitarie nazionali nella cura agli
anziani legittimando processi di segregazione sociale ed economica delle
donne migranti nel ruolo di “badante”;
• rende le donne migranti vulnerabili sul piano dell’accettazione di
condizioni di lavoro gravose pur di non perdere il lavoro ed il contratto di
soggiorno;
• le restrizioni al rinnovo del contratto di lavoro determinano
un’immigrazione circolare, non integrata da mettere a disposizione del
mercato del lavoro informale come una continua riserva di lavoratori a
basso costo.
Composizione demografica della popolazione straniera dopo la
sanatoria del 2002:
La legge n. 189 del 2002, fino al primo gennaio 2006, ha concesso 647 mila
regolarizzazioni, di cui più della metà riguardano donne migranti impegnate nel
lavoro di assistenza e di cura.
Al primo gennaio 2006 gli stranieri regolarmente residenti in Italia erano circa
2.7 milioni, mentre nel 2002 erano 1,5 milioni; il 56 per cento delle donne
migranti arriva dall’Est-Europa.
L’incremento, dal primo gennaio 2002 al primo 2006, ha riguardato in modo
particolare i flussi dall’Ucraina (+ 800 per cento); dalla Romania (+ 300 per
cento); Albania (+100 per cento); Moldavia (+450 per cento).
• Le amministrazioni locali come istituzioni di
welfare, responsabili dell’integrazione sociale
degli immigrati
• La legge 8 marzo 1998, n. 40
• a livello locale, infatti, gli immigrati esprimono
bisogni, dalla casa all’assistenza sanitaria,
all’istruzione, che mettono sotto pressione
l’intero sistema di welfare municipale, e
quindi, innanzitutto, il governo locale, attore
cruciale nell’organizzazione e nell’erogazione
dei servizi.
• servizi di accoglienza e assistenza (legge 30
luglio 2002, n. 189 (meglio nota come BossiFini), in materia di richiedenti asilo e minori
non accompagnati
• Amministrazioni locali e immigrazione negli anni
ottanta.
• grandi città del nord come Torino e Milano hanno
già aperto appositi uffici stranieri, assegnando a
questi funzioni di prima accoglienza e
orientamento. L’immigrazione si manifesta
innanzitutto come problema di accesso ai servizi,
a cui alcune amministrazioni cercano di
rispondere attraverso l’istituzione di strutture
amministrative ad hoc, nonostante l’assenza di
normativa al riguardo.
• “anni novanta,
• mediatori culturali nei servizi, nonché la
partecipazione politica delle associazioni di
immigrati, es. della Consulta elettiva degli
stranieri, eletta direttamente dagli immigrati
regolarmente residenti con un sistema di voto
volto a garantire la rappresentanza delle
diverse comunità presenti sul territorio.
• negli anni ottanta-novanta, pur in assenza di normative
coerenti in materia di immigrazione, i maggiori Comuni
del centro-nord hanno promosso numerosi interventi a
favore degli stranieri,
• i fondi della l. 39/90, i primi centri di accoglienza.
• Il riconoscimento di diversità e specificità culturali: es.
Bologna Polo interetnico, attivato nel 1994 per favorire
l’inserimento scolastico dei minori stranieri;
dell’esperienza del “Forum delle associazioni straniere”,
istituito nel 1997 per favorire la rappresentanza e la
partecipazione dei gruppi immigrati ai processi
decisionali.
• Al fine di attenuare le disparità più macroscopiche
nell’accesso ai servizi, nel corso degli anni novanta vengono
approvati una serie di provvedimenti che si concentrano
soprattutto sul trattamento degli immigrati irregolari: è
questo il caso del decreto legge 18 novembre 1995, n. 489,
meglio noto come decreto Dini, che assicura anche allo
“straniero temporaneamente presente nel territorio dello
Stato”, non solo le cure ma anche i programmi di medicina
preventiva e la tutela della maternità, nonché di alcune
circolari del Ministero della pubblica istruzione (31
dicembre 1991, n. 400, e 6 aprile 1995, n. 119), che
invitano i Provveditorati agli studi ad ammettere a scuola
anche i minori irregolari.
La legge 8 marzo 1998, n. 40 e il testo unico sull’immigrazione.
• amministrazioni locali come terminali di implementazione di politiche
nazionali peraltro piuttosto vaghe, e interventi concretamente portati
avanti a livello locale, con i maggiori Comuni del centro-nord nel ruolo
di “pionieri” nel trovare soluzioni ai diversi problemi posti dalla
presenza di immigrati regolari e non sul territorio.
• La legge 40/98 si propone di dare coerenza a questo quadro
frammentato, partendo proprio dal riconoscimento del ruolo cruciale
svolto dagli enti locali nell’accoglienza e nell’integrazione sociale degli
stranieri.
• In base all’articolo 42, infatti, è compito di Stato, Regioni, Province e
Comuni, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze e in
collaborazione con le associazioni di immigrati operanti in loro favore,
intraprendere iniziative per l’integrazione degli immigrati,
all’insegnamento della lingua italiana
• valorizzazione della cultura di origine, alla mediazione culturale nei
servizi, all’organizzazione di corsi di formazione per gli operatori
degli uffici pubblici e degli enti privati che hanno rapporti abituali
con gli stranieri.
• Per la realizzazione di questi interventi, nonché per quelli di prima
accoglienza (art. 20), promozione dell’educazione interculturale
(art. 38) e accesso all’abitazione (art. 40), la legge prevede
l’istituzione del “Fondo nazionale per le politiche migratorie”,
destinato appunto al finanziamento delle iniziative inserite nei
programmi annuali o pluriennali di Stato, Regioni, Province e
Comuni. Come si può vedere, quindi, la l. 40/98 e il relativo
Regolamento di attuazione, delineano un sistema di ripartizione dei
compiti che vede le Regioni nel ruolo di enti programmatori, e i
Comuni nella veste di ideatori di interventi e servizi.
Caponio 2004
• la l. 40/98 si è preoccupata essenzialmente di
chiarire il ruolo dei governi locali nelle
politiche per gli immigrati, ovvero nelle
politiche che si rivolgono agli stranieri
ammessi a soggiornare sul territorio italiano,
mentre un’attenzione minore è stata riservata
alle politiche di immigrazione, che di fatto
continuano a restare una prerogativa del
governo nazionale.
Caponio 2004
I Comuni nella Bossi-Fini
• si conferma la sostanziale separazione tra due ambiti di
policy: 1) quello dell’integrazione, decisamente
incentrato sulle modalità di distribuzione del Fondo
nazionale, e quindi sull’articolazione tra
programmazione regionale e progettazione locale degli
interventi; 2) quello dell’assistenza e della protezione
sociale, che invece vede sempre più in prima linea le
amministrazioni locali, anche nell’accoglienza di
rifugiati e richiedenti asilo
• legge Bossi-Fini, all’articolo 1-sexies, ha istituito il “Sistema di
protezione per richiedenti asilo, rifugiati e stranieri con permesso
umanitario” (art. 18 della l. 40/98), al fine di razionalizzare e
coordinare i servizi di assistenza. In questo modo, la legge
riconosce un carattere istituzionale all’esperienza del cosiddetto
Progetto nazionale asilo che, nell’ottobre 2000, sulla base di un
protocollo di intesa tra ACNUR, Ministero dell’interno e ANCI
• la l. 189/02, infatti, affida all’ANCI, sulla base di un’apposita
convenzione, la gestione del “Servizio centrale di informazione,
promozione, consulenza, monitoraggio e supporto tecnico”,
organo operativo del Sistema di protezione (32).
• l’art. 1-septies istituisce, presso il Ministero dell’interno, il
“Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo” , per
assicurare il finanziamento dei servizi di accoglienza nella
misura massima dell’80% del costo di ogni singola iniziativa
territoriale. Il governo nazionale, quindi, si assume la
responsabilità di finanziatore parziale
la l. 40/98, più che delineare dall’alto un
sistema nuovo di politiche di integrazione
ed accoglienza, rappresenta una sorta di
riconoscimento ufficiale di attività già
consolidate a livello locale, come quelle di
protezione sociale, mediazione culturale,
alfabetizzazione, formazione professionale
ed educazione interculturale.
La discrezionalità dei diritti
Nell’ambito delle politiche di integrazione, invece, con la l.
40/98, si opta decisamente per la delega al territorio, e in
particolare alle Regioni.
La discrezionalità dei diritti
• la questione dell’accesso alla casa: superare la fase di
precarietà abitativa. Forti disparità a livello territoriale, che
sottolineano regolarmente la maggiore propensione delle
amministrazioni del centro-nord alla sperimentazione e
all’innovazione di policy, anche in collaborazione con le
associazioni del terzo settore
• le leggi 40/98 e 189/02 hanno riconosciuto il ruolo centrale
di governi locali e regionali nelle politiche per gli immigrati,
resta ancora aperta la questione di assicurare eguali
opportunità di accesso ai diritti, eliminando disparità e
differenze territoriali che rischiano di pregiudicare più che
di favorire l’inserimento sociale.
Le politiche locali di esclusione
(Ambrosini 2013)
• Le politiche locali di esclusione mirano a impedire
l’accesso degli immigrati a determinati benefici e
diritti, a stigmatizzarli come responsabili
dell’insicurezza urbana, a ridurre la loro visibilità negli
spazi pubblici
• In tal modo tendono a marcare i confini della
comunità legittima, separando e contrapponendo
cittadini nazionali e immigrati
Le politiche di esclusione (cont.)
• Nello stesso tempo, puntano a rassicurare i
cittadini-elettori, segnalando: 1) che sussiste
una legittima priorità del loro status e delle
loro esigenze; 2) che sono attivamente difesi
dall’ingombrante invasione degli estranei
• In modo circolare, attivano una domanda di
protezione dello spazio fisico e simbolico,
presentandosi come difensori della sicurezza,
del decoro e dell’ordine sociale
Le tre principali motivazioni delle
politiche di esclusione
• La questione della sicurezza
• La competizione per le risorse del welfare
• La difesa dell’identità culturale del territorio
Fine anni ’90 – 2012: costruzione ideologica del razzismo nella
società italiana
(Wieworka 1998; Dal Lago 1999)
• 1995 – 2012 - costruzione sociale del clandestino/immigrato come
criminale da parte dei media e dalle strategie di marketing politico;
• 1995 - 2011 – crescita esponenziale dei fenomeni di sfruttamento del
lavoro migrante collegata alla diversa appartenenza etnica (fenomeni di
crescente competitività tra lavoratori stranieri);
• 2008 – la “scia del razzismo”: dibattito pubblico sulla questione del
razzismo in Italia.
• 2009 - reato di clandestinità: processo di identificazione tra la presenza di
“clandestini” e fenomeni di illegalità diffusa sul territorio italiano;
DECRETO-LEGGE
23
maggio
2008
,
n.
92
Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica. (GU n. 122 del 26-5-2008 )
- Legge 94 del 2009
• 2011 – Emergenza nord Africa – la costruzione sociale e politica delle
differenze etniche
Forme di esclusione locale
• Esclusione civile (limitazione del diritto di
residenza)
• Esclusione sociale (esclusione da alcuni
benefici sociali, come i bonus bebé)
• Esclusione culturale (opposizione all’erezione
di luoghi di culto per religioni minoritarie)
• Esclusione securitaria (campagne contro
l’immigraizone irregolare)
• Esclusione economica (limitazioni all’apertura
di negozi e ristoranti etnici, come i kebab)
Le politiche di esclusione come
terreno conteso
• Le politiche di esclusione sono state
contrastate da diversi attori della società civile
• Molte sono state bocciate dai tribunali
• Hanno però mantenuto il loro richiamo
retorico e simbolico
Conclusioni
• Le politiche locali sono cruciali nel gestire la “superdiversità”
delle società multietniche
• Rimangono per molti aspetti piuttosto indipendenti dalle
politiche e dalle retoriche nazionali
• C’è un divario tra retoriche e pratiche, che muove in direzione
diversa rispetto al passato
• Le politiche locali di esclusione mostrano i rischi potenziali
dei discorsi xenofobi in tempi di populismo
DECRETO-LEGGE 23 maggio 2008 , n. 92
Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica. (GU n. 122 del 26-5-2008 )
Legge 94 del 2009
• reato di clandestinità: per l’immigrato clandestino fermato dalle forze
dell’ordine è previsto il carcere (abolito dalla Corte di Giustizia Europea) e
l’espulsione;
• si sopprime la norma del ddl che avrebbe abrogato il divieto di
segnalazione degli stranieri irregolari che accedono alle cure urgenti ed
essenziali;
• Il «centro di permanenza temporanea» diventa «centro di identificazione
ed espulsione»;
• reato di locazione di un immobile a straniero privo di titolo di soggiorno al
momento della stipula o del rinnovo del contratto di locazione" ;
• introduce un contributo sulla domanda di rilascio o rinnovo dei permessi
di soggiorno (un minimo di 80 a un massimo di 200 euro) che ogni
straniero ha l`obbligo di versare per tutte le pratiche di rilascio e rinnovo
del permesso di soggiorno, esclusi i permessi per asilo, per richiesta di
asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari
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Lezione governance locale - Dipartimento di Scienze Politiche