Corso di Storia delle Relazioni Internazionali A.A. 2012/2013 1 Giovanni Bernardini [email protected] Gli anni ‘70 e la crisi del capitalismo postbellico • L’egemonia consensuale statunitense sull’Occidente (o “mondo libero”) non si fondava soltanto sulla protezione militare • A venti anni di distanza dal Piano Marshall, la filosofia politica ed economica che l’aveva ispirato aveva avuto successo: il benessere dava un fondamento sociale e politico al “contenimento • Europa occidentale ricostruita e integrata, con livelli di benessere diffuso mai sperimentati in precedenza 2 3 4 • 1948: Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea (OECE). Promossa dagli USA con l’obiettivo di gestire gli aiuti del Piano Marshall • 1950: Unione Europea dei Pagamenti (UEP). Introduzione di un sistema di compensazioni dei crediti in monete europee. • 1951: Creazione della CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) • 1957: Comunità Economica Europea (CEE) 5 • La CEE funziona come una “grande incubatrice” che protegge il completamento del boom economico postbellico europeo. Per paesi come l’Italia è indispensabile • Il PIL cresce al ritmo vertiginoso del 5% annuo • Il prodotto pro capite è triplicato in una generazione • I redditi si avvicinano a quelli statunitensi • Importante: anche senza integrazione regionale, i ritmi del Giappone sono del tutto simili a quelli europei 6 • Trasformazione delle società occidentali: piena occupazione, espansione delle classi medie, integrazione dei lavoratori nella società dei consumi • Ridimensionamento delle ideologie anticapitaliste; economia “collaborativa” (sindacati e rappresentanze di lavoro); grandi sistemi di welfare • Risultati ottenuti con l’emulazione di sistemi statunitensi: svuotamento delle campagne, incremento dell’industria e poi del terziario, sviluppo tecnologico 7 • L’apertura dello spazio economico europeo e l’atteggiamento favorevole degli Stati Uniti avevano fatto il resto per favorire il boom europeo • Rispetto agli Stati Uniti, in Europa è ancora più marcato l’orientamento verso un “capitalismo coordinato”: pianificazione pubblica, concentrazione in grandi aziende (con forte collaborazione con i governi), organizzazioni imprenditoriali e sindacali centralizzate, forte settore terziario pubblico (trasporti, istruzione…) 8 9 • Il pilastro su cui si fondava il lungo boom di Europa e Giappone era il sistema monetario inaugurato a Bretton Woods: – Dollaro convertibile in oro (nelle riserve statunitensi) con un valore prefissato: 35 dollari per oncia d’oro – Le altre monete dovevano ancorarsi a questo valore secondo una parità fissa – Autorità internazionali (di fatto dominate da una quota maggioritaria statunitense) dovevano vigilare sulle parità e consentire una loro modifica in situazioni del tutto eccezionali 10 • Perché il sistema di Bretton Woods? – Favorire un flusso di aiuti e investimenti verso l’Europa e il Giappone – Secondo uno schema ideale, i dollari sarebbero dovuti rientrare negli Stati Uniti sotto forma di acquisti europei – Seppure il sistema non era del tutto in equilibrio, gli Stati Uniti ottenevano comunque dei cospicui vantaggi economici e soprattutto non economici (contenimento dell’Unione Sovietica) 11 • Dagli anni ‘60 il sistema inizia a mostrare qualche crepa. Sempre più dollari escono dagli Stati Uniti, sempre meno dollari fanno ritorno. Perché? – Incremento di spese statunitensi “improduttive” all’estero (sovvenzioni militari, aiuti al Terzo Mondo) – Il compimento della ripresa europea e giapponese attirava investimenti statunitensi – La fuoriuscita di dollari era sempre meno bilanciata dalle esportazioni statunitensi 12 • Giappone e soprattutto CEE sono sempre più competitivi sul mercato internazionale: le esportazioni statunitensi si contraggono e le importazioni negli Stati Uniti crescono del 170% negli anni ‘60 • Gli Stati Uniti si avviano verso un doppio deficit: della bilancia dei pagamenti (soldi che escono-soldi che entrano) e commerciale (merci che escono-merci che entrano). La guerra del Vietnam è il “colpo di grazia” • Il sistema di Bretton Woods, voluto dagli americani, era vittima del suo stesso successo 13 • Quali erano le conseguenze di questa situazione? • Gli Stati Uniti potevano limitare gli effetti negativi grazie a un “privilegio”: il dollaro era la moneta internazionale di riferimento e di riserva, ma era stampata dalle autorità degli stessi Stati Uniti • Quindi, teoricamente potevano sostenere i costi della loro politica semplicemente stampando dollari 14 • Questo però minava le basi stesse del sistema di Bretton Woods: – Inflazione generalizzata – Mancata corrispondenza tra massa di dollari in circolazione e riserve d’oro negli Stati Uniti • Critiche crescenti in Europa e in Giappone: – troppi dollari mettevano a rischio la stabilità monetaria di cui essi avevano bisogno per il commercio – Gli Stati Uniti godono di un privilegio sempre meno giustificabile con le esigenze di Guerra Fredda 15 • Questa questione si interseca con: – la crescente concorrenza commerciale tra Stati Uniti e alleati – Le crescenti critiche politiche agli Stati Uniti (Vietnam, rifiuto di una distensione in Europa) • Simbolicamente, la Francia chiede a più riprese la conversione dei dollari in oro per far presente il problema • Per il momento, però, nessuno vuole la fine dei sistema di cambi fissi: terrore della ripetizione dei meccanismi degli anni ‘30 16 • Da parte europea e giapponese si chiedeva rigore agli americani per tornare a una situazione di equilibrio • Da parte statunitense si chiede la rinuncia a convertire i dollari in oro, e soprattutto una migliore ridistribuzione delle spese per la difesa comune • Alla fine degli anni ‘60 si trovano misure tecniche correttive che tamponano la situazione, ma non risolvevano i problemi. Soprattutto, sembrava difficile giungere a soluzioni che andassero bene a tutte le parti 17 Le istanze economiche del Terzo Mondo • Sin dagli anni ‘50, dai paesi di recente indipendenza in Africa e Asia giungono richieste di sviluppo economico e di riequilibrio tra aree più ricche e più povere del mondo • Dal 1964 quei paesi riescono a imporre un forum permanente in seno all’ONU: l’UNCTAD (Commissione ONU per commercio e sviluppo) • All’interno di questa, 77 paesi fanno gruppo e promuovono l’idea di un nuovo ordine economico mondiale 18 Le istanze economiche del Terzo Mondo • In sostanza, il Terzo Mondo ricavava poco dalle materie prime che esportava, e i ricavi non erano sufficienti ad alimentare l’accumulazione di capitali necessari allo sviluppo economico e sociale. Gli aiuti occidentali risultavano troppo condizionati da esigenze politiche (di Guerra Fredda) e quindi spesso incostanti. Scarsa libertà di perseguire uno sviluppo autonomo da modelli 19 Le istanze economiche del Terzo Mondo • Scarse conseguenze politiche: il fronte è meno unito quando si tratta di negoziare col “primo mondo” • Tuttavia, i temi emersi da quelle rivendicazioni finiscono per fare parte del discorso pubblico ed entrano nel dibattito dei paesi occidentali 20 Le istanze economiche del Terzo Mondo • Dal 1964 i paesi della CEE stipulano convenzioni con paesi africani (poi saranno anche asiatici e del Pacifico). Si tratta in buona parte di ex-colonie con cui le ex-madrepatrie avevano stipulato accordi. Tariffe preferenziali per il commercio, minori pressioni politiche rispetto alle due Superpotenze 21 Le istanze economiche del Terzo Mondo • La prospettiva di un ingresso della Gran Bretagna nella CEE (che inizia a essere concreta sin dalla fine degli anni ‘60) significa un ampliamento di questo sistema anche a buona parte dell’ex impero britannico • Forti contestazioni statunitensi: si tratta di un sistema che viola l’impegno al libero commercio 22 La rivoluzione copernicana di Nixon • Quando Nixon entra alla Casa Bianca, il suo progetto complessivo è la riformulazione della dottrina del “contenimento” con minori costi per gli Stati Uniti (distensione, “Dottrina Nixon”, maggiori carichi per gli alleati nella difesa comune)… • … ma anche la riformulazione dell’egemonia americana contenendone i costi e aumentandone i guadagni • Nel complesso, prendere atto che una fase del dopoguerra è finita 23 • Minore disponibilità del Giappone a contenere il proprio espansionismo commerciale e ad aumentare le importazioni. Concorrenza feroce ai prodotti statunitensi in alcuni settori chiave (tessile, poi automobili…) • La CE, sia pure tra mille timori, intraprende passi ufficiali verso una “Unione Economica e Monetaria” con l’obiettivo ultimo di armonizzare le politiche economiche e di adottare una moneta comune • Il progetto del Nuovo Ordine Economico Internazionale (NIEO) continua ad aggregare nuovi consensi 24 • In sostanza, dal mondo capitalista si levano voci che chiedono agli Stati Uniti di rivedere la loro egemonia, ma sempre in senso consensuale (accomodare le richieste altrui per il bene dell’intero sistema) • Aumenta la fuga di capitali dagli Stati Uniti: cresce i passivo della bilancia dei pagamenti • Nel 1971 gli USA registrano anche il primo deficit • Due strade: soluzione multilaterale o unilaterale. Alla fine prevarrà la seconda 25 • Il 15 agosto 1971 Nixon annuncia la sospensione della convertibilità del dollaro in oro e l’introduzione di una sopratassa del 10% sulle importazioni. È la sospensione del sistema di Bretton Woods, ma di fatto ne decreta la fine • Segnala la fine della fase “consensuale” dell’egemonia statunitense • Gli Stati Uniti sono liberi di spendere o meno il loro denaro senza riguardo delle esigenze del sistema (che non esiste più), ma soltanto considerando il loro interesse nazionale. 26 “The simple fact is that in many areas other nations are outproducing us, out-thinking us and out-trading us” John B. Connally “We’ll fix those bastards” Richard M. Nixon 27 • Il 15 agosto 1971 Nixon annuncia la sospensione della convertibilità del dollaro in oro e l’introduzione di una sopratassa del 10% sulle importazioni. È la sospensione del sistema di Bretton Woods, ma di fatto ne decreta la fine • Segnala la fine della fase “consensuale” dell’egemonia statunitense • Gli Stati Uniti sono liberi di spendere o meno il loro denaro senza riguardo delle esigenze del sistema (che non esiste più), ma soltanto considerando il loro interesse nazionale. 28 • Conseguenze di medio termine: – Rinuncia a un sistema monetario internazionale governato dalla politica (l’esatto opposto di Bretton Woods) – Il dollaro rimane il cardine del sistema, ma soltanto sulla base della fiducia nella leadership degli Stati Uniti. Non ci sono più valori monetari oggettivi (leadership NON consensuale) – Le altre monete fluttuano reciprocamente. È il mercato monetario che ne determina il valore giorno per giorno (oggi minuto per minuto) 29 • Conseguenze di lungo periodo, insieme alla liberalizzazione della circolazione dei capitali: – Finanziarizzazione dell’economia: i capitali vanno liberamente dove ci sono maggiori promesse di guadagno, anche a brevissimo termine – Una moneta solida e stabile è il mezzo con cui attirarli – Ne consegue una nuova disciplina economica interna ai singoli paesi: accrescere i margini di profitto a discapito del welfare, dei salari, della protezione del lavoro… 30 • Non è una conclusione casuale: sin dall’immediato dopoguerra, in contrapposizione ai teorici del keynesismo, c’era chi proponeva l’introduzione di maggiore libertà e la riduzione del ruolo dello stato (Friedrich August von Hayek, “The Road to Serfdom”, 1944; successivamente Milton Freedman e la “Scuola di Chicago”) 31 • Se un simile mutamento culturale si realizza in quel momento, è per una serie di elementi contingenti di crisi del capitalismo postbellico: – sfida del Terzo Mondo – declino della produttività – declino dei profitti – instabilità del compromesso politico interno – Crisi politica tra i principali protagonisti del sistema precedente (Stati Uniti, Europa Occidentale, Giappone) 32 • Nell’immediato: gli Stati Uniti erano liberi dal ruolo di tutori del sistema internazionale, pur mantenendone i vantaggi • Anche se mancherà a lungo una risposta unitaria dell’Europa Occidentale, e in molti tenteranno di persuadere gli Stati Uniti al ritorno al sistema precedente, la soluzione definitiva alla fine del decennio sarà la creazione del Sistema Monetario Europeo (area di stabilità monetaria interna) e l’avvio di un processo di creazione di una moneta unica • Per quanto riguarda il Giappone, ci si dedicherà alla creazione di un’area economica e monetaria preferenziale nel sudest asiatico 33 La crisi petrolifera del 1973 34 Nuova guerra in Medio Oriente • La vittoria Israeliana del 1967 aveva cambiato la dinamica del conflitto: nuovo protagonismo palestinese attraverso una campagna politica e militare contro Israele • I regimi nazionalisti vogliono rimediare all’umiliazione subita e recuperare i territori persi • Dal 1972 in Egitto è al potere Sadat, meno incline ad accettare l’influenza sovietica 35 Nuova guerra in Medio Oriente • Nasce l’idea di una nuova iniziativa bellica che costringa Israele a negoziare da una posizione di maggiore equilibrio (rispetto alla schiacciante vittoria del 1967) • Nel 1973 Egitto e Siria attaccano le truppe israeliane dispiegate nei territori occupati • L’attacco ha luogo durante la festa dello Yom Kippur. Iniziale difficoltà israeliana • Gli Stati Uniti autorizzano il rifornimento di armi e munizioni a Israele 36 Nuova guerra in Medio Oriente • Rapida ripresa Israeliana che consente di attraversare il canale di Suez e accerchiare le truppe egiziane • Il 22 ottobre l’ONU approva il cessate il fuoco, con voto comune di USA e URSS. Sembra una dimostrazione dello “spirito della Distensione” • Le forze israeliane ormai sono in tale vantaggio che tardano a fermare le ostilità, per annientare definitivamente l’esercito egiziano 37 Nuova guerra in Medio Oriente • A quel punto Breznev propone a Nixon un intervento congiunto per imporre il cessate il fuoco; minaccia di intervento sovietico • Gli Stati Uniti rifiutano la proposta e mettono in allarme le loro forze • Al contempo, intervengono su Israele per frenare le azioni militari • Il 26 ottobre cessano le ostilità 38 Nuova guerra in Medio Oriente • Risultato: Israele ha vinto e soltanto l’intervento statunitense (non quello sovietico) consente all’Egitto di salvarsi • Il sostegno sovietico, al contrario, non aveva portato alcun vantaggio • Dimostrazione che Israele è ormai la potenza preponderante nell’area: nuove guerre non servirebbero a nulla 39 Nuova guerra in Medio Oriente • Rimaneva il negoziato, e soltanto gli Stati Uniti potevano fare da mediatori • Questo porterà progressivamente Sadat a chiudere l’alleanza con Mosca e a intraprendere la strada della pace con Israele grazie alla mediazione statunitense • Dalla crisi del 1973 l’influenza Usa in Medio oriente esce apparentemente accresciuta, quella sovietica sicuramente diminuita 40 Nuova guerra in Medio Oriente • Invece di estendere la cooperazione paritaria tra superpotenze all’area mediorientale, gli Stati Uniti agiscono “all’ombra della Distensione” per ristabilire la loro preminenza nell’area • Un’area la cui importanza strategica cresceva ulteriormente in conseguenza della crisi petrolifera che sarebbe esplosa nello stesso periodo 41 La crisi petrolifera • Il vero propellente del boom postbellico occidentale era stato il petrolio, il cui consumo era aumentato di cinque volte • Prezzi bassi e stabili garantiscono crescita dei paesi industrializzati e bassa inflazione • Tuttavia, Europa e Giappone sono completamente dipendenti dal petrolio mediorientale • È evidente che i paesi produttori detenevano un potere contrattuale enorme. Era sufficiente che se ne rendessero conto. 42 La crisi petrolifera • In seguito alla guerra dello Yom Kippur, i paesi arabi membri dell’OPEC (Organizzazione dei produttori di Petrolio) riduce la produzione, aumenta i prezzi e differenzia le forniture a seconda delle posizioni assunte nei confronti del conflitto (e di Israele) • Tra ottobre e dicembre 1973 i prezzi del petrolio quadruplicano • Shock in Occidente: la scoperta della dipendenza dagli “arabi” 43 44 La crisi petrolifera • Nel Terzo Mondo: inizia a crollare il fronte tra paesi che hanno petrolio e materie prime, e paesi che ne sono sprovvisti. I primi si arricchiscono, i secondi si impoveriscono • Ridisegnati i flussi internazionali dei capitali • Esempio: tra il 1973 e il 1980 i redditi petroliferi dell’Arabia Saudita passarono da quattro a cento miliardi di dollari 45 La crisi petrolifera • In Occidente + Giappone: si esaspera il disordine monetario e politico già generato dal “Nixon shock” • Crescono l’inflazione e disoccupazione, si verifica il fenomeno della “stagflazione” (stagnazione + inflazione). Aumenta il conflitto sociale per la redistribuzione 46 La crisi petrolifera • La sfida del “NIEO” raggiunge l’apice nel 1973 • Paradossalmente, la sfida all’Occidente ne produrrà un ricompattamento dietro la guida degli Stati Uniti (che soffrono meno degli altri la crisi) • La manifestazione più forte dei nuovi equilibri sarà data dalla Gran Bretagna e dalla vittoria elettorale di Margareth Thatcher, con tutto ciò che ne conseguì 47 La crisi petrolifera • Che fare? Due diverse strategie: – Negoziare coi produttori di petrolio in ordine sparso (tacita accettazione delle ragioni del NIEO) – Fare fronte comune dell’Occidente • Gli Stati Uniti furono in grado di persuadere gli alleati verso la seconda soluzione… mentre in realtà sfruttavano la prima 48 L’Europa e la crisi degli anni ‘70 • Esplosione della crisi petrolifera: • In pochi mesi il dollaro, da valuta sovrabbondante ed inflazionata, diventa bene di rifugio per eccellenza e mezzo ricercato per il pagamento del greggio 49 L’Europa e la crisi degli anni ‘70 • Gli europei devono procacciarsi dollari per pagare il greggio… • …gli euro-dollari diventano così petro-dollari in mano agli sceicchi… • …i quali “scelgono”(o vengono invitati a farlo) le banche britanniche e statunitensi per depositarli… 50 L’Europa e la crisi degli anni ‘70 • …rimettendoli a disposizione degli Stati Uniti per – Finanziare il deficit statale – Finanziare gli aiuti allo sviluppo per i paesi che essi ritengono meritevoli per motivi politici (resistenza all’influenza sovietica) o economici (adesioni al modello di libero mercato nella forma più estrema) 51 Un nuovo tipo di egemonia • In conclusione: gli Europei si adattano alla rinnovata superiorità statunitense e collaborano (più per pragmatismo che per convinzione) alla ricostituzione di un’egemonia statunitense che di consensuale ha ben poco dal punto di vista economico (iniziative unilaterali e “shockanti” anche in futuro) 52 Un nuovo tipo di egemonia • Gli Stati Uniti, per parte loro, sanciscono il definitivo abbandono dell’obiettivo di un riequilibrio della bilancia commerciale. Il problema non è più come tornare a produrre in patria, ma come finanziare il debito esorbitante • La possibilità di stampare “carta verde” ad libitum è una parte della soluzione 53 Un nuovo tipo di egemonia 54 La stagione dei G7 55 La stagione dei G7 • Ricambio generalizzato al potere in tutti i principali paesi occidentali. I nuovi leader hanno alcuni elementi comuni: – Si trovano a gestire le fasi finali del processo di Helsinki, che essi non avevano guidato – Percepiscono la gravità della crisi che l’economia capitalista sta attraversando, di fronte ai problemi interni (“stagflazione”) e alle sfide che provengono “dall’esterno” (OPEC, NIEO) 56 La stagione dei G7 – Sono (o si ritengono) degli esperti di economia, dunque gli “uomini giusti” per uscire dalla crisi – Sono ben più convinti dei loro predecessori che il modello keynesiano stia segnando il passo, e sono attratti o quantomeno interessati alle nuove dottrine monetariste e neoliberiste – Sono convinti che soltanto il coordinamento tra le maggiori economie capitaliste possa portare a soluzioni serie e durevoli – … e soprattutto: credono che soltanto una leadership statunitense, egemonica ma responsabile, possa fungere da traino per l’intero Occidente 57 La stagione dei G7 • In margine alla riunione finale della conferenza di Helsinki, i quattro principali leader si riuniscono e decidono (su iniziativa francese) di tenere un vertice a Rambouillet per discutere di economia e sistema monetario 58 La stagione dei G7 • Viene invitata anche l’Italia per questioni di prestigio politico, il Canada per ragioni di coesione atlantica, e il Giappone in onore allo schema “tripolare” (Stati Uniti-EuropaGiappone e Sudest asiatico) • Primo obiettivo: infondere fiducia di fronte all’opinione pubblica e al mondo degli affari sulla ritrovata coesione atlantica e sulla risolutezza nella lotta al declino economico (gli aspetti simbolici sono ritenuti molto importanti) 59 La stagione dei G7 • Gli Stati Uniti scelgono i loro interlocutori: non “gli europei”, ma “fra gli europei” e oltre, in base al loro potere economico e (in parte politico) • I partner si fanno scegliere secondo criteri che rischiano di incrinare il processo di integrazione e finiscono per svalutare l’immagine dell’Europa di fronte al Terzo Mondo (mancanza di immaginazione politica di fronte alle soluzioni proposte dagli USA) 60 La stagione dei G7 • Obiettivi del vertice di Rambouillet (11/75) e di quello successivo di Puerto Rico (6/76) – Presa di coscienza dell’ “interdipendenza” economica ormai globale – Pronto recupero economico in occidente – Al di là di ogni affermazione pubblica, c’è la rinuncia a qualunque ipotesi di ritorno ad un sistema di cambi flessibili – Diffusione delle regole del libero mercato ovunque, e loro ampliamento: assicurare la libera circolazione delle merci e dei 61 La stagione dei G7 – Riduzione drastica del ruolo dello stato in economia (no protezionismo selettivo e no impedimenti all’ingresso di capitali stranieri) – Abbandono del “dogma” della piena occupazione: il compito principale è il controllo dell’inflazione – Parallelamente, l’idea del “corporate welfare” si sostituisce a quella del “people welfare” – Indubbia influenza delle dottrine neoliberiste, che iniziano a farsi strada come possibile soluzione alla crisi (anche presso parte della sinistra europea, che finisce per rigettare qualunque alternativa): “economia dalla parte dell’offerta” 62 La stagione dei G7 – Una responsabile leadership americana deve guidare questa transizione – Gli strumenti migliori per una sua applicazione diventano le istituzioni multilaterali già esistenti: Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale – Stati Uniti ed europei invitati concordano sulla necessità di “scardinare” in tal modo il possibile blocco compatto del Terzo Mondo – Nasce così l’idea dei “piani di aggiustamento strutturale” che dovevano accompagnare i prestiti elargiti ai paesi in via di sviluppo dal FMI 63 La stagione dei G7 • È importante comprendere che il processo ebbe certo origine dagli Stati Uniti, MA gli europei che parteciparono alla stagione del G7 non furono passivi di fronte all’elaborazione delle “nuove regole” per l’economia internazionale. In particolar modo, Francia e Repubblica Federale Tedesca (Gran Bretagna ed Italia vivevano problemi economici che rendevano oggettivamente più debole la loro posizione) 64 La stagione dei G7 65 La stagione dei G7 • In questa nuova egemonia, che potremmo definire “contrattuale” (ridotti elementi ideali, in primo piano quelli “utilitaristici”, separazione e prominenza del piano economico rispetto agli altri), è fondamentale la speranza/convinzione degli europei che, seppellito il sistema di Bretton Woods, gli USA tornino a svolgere un ruolo di “egemoni consapevoli”. 66 La stagione dei G7 • Le speranze rimarranno ben presto frustrate: nel 1978-79 la nuova crisi energetica produrrà un nuovo “si-salvi-chi-può” • Il “Volcker shock” del 1979 (innalzamento vertiginoso dei tassi di interesse americani) dimostrerà che le autorità USA fondano la loro politica economica soltanto sulle necessità del paese (e non sulle esigenze del sistema internazionale) • Non a caso, in contemporanea nascerà il Sistema Monetario Europeo 67 Fine del Terzo Mondo • I paesi del Terzo Mondo, in particolare quelli sprovvisti di fonti di energia, devono abbandonare il sogno del NIEO e adeguarsi alla nuova disciplina; altrimenti non sarebbero stati in grado di attirare né aiuti né investimenti privati • Si apre la voragine dell’indebitamento, resa drammatica dal “Volker shock” che moltiplicava il valore dei debiti in dollari • Nel 1982 il debito medio dei paesi dell’America Latina è il 40% delle esportazioni • La gestione delle conseguenze sociali facilita l’ascesa di regimi militari e sanguinari 68 Fine del Terzo Mondo • In Asia, al contrario, alcuni paesi avevano impostato strategie d’industrializzazione fondate sull’esportazione e l’alta tecnologia (grazie a una protezione politica internazionale di cui altri paesi non godevano) • Sono le “Tigri asiatiche”: l’incremento della loro produzione supplirà alla deindustrializzazione dell’Occidente, grazie a prezzi ineguagliabilmente bassi 69 Fine del Terzo Mondo • Tra il 1980 e il 1990 il reddito pro capite delle economie emergenti dell’Asia saliva del 40% rispetto a quello dell’Occidente. Quello di America Latina e Africa subsahariana calava del 30% • Gradualmente anche la Cina si sarebbe associata • Nel 1979 il flusso di scambi sul Pacifico superava quello sull’Atlantico per la prima volta. Il trend non si sarebbe mai interrotto. 70