Corso di Storia delle Relazioni Internazionali
A.A. 2012/2013
1
Giovanni Bernardini [email protected]
Gli anni ‘70 e la crisi
del capitalismo postbellico
• L’egemonia consensuale statunitense
sull’Occidente (o “mondo libero”) non si
fondava soltanto sulla protezione militare
• A venti anni di distanza dal Piano Marshall, la
filosofia politica ed economica che l’aveva
ispirato aveva avuto successo: il benessere
dava un fondamento sociale e politico al
“contenimento
• Europa occidentale ricostruita e integrata, con
livelli di benessere diffuso mai sperimentati in
precedenza
2
3
4
• 1948: Organizzazione per la Cooperazione
Economica Europea (OECE). Promossa dagli
USA con l’obiettivo di gestire gli aiuti del Piano
Marshall
• 1950: Unione Europea dei Pagamenti (UEP).
Introduzione di un sistema di compensazioni
dei crediti in monete europee.
• 1951: Creazione della CECA (Comunità
Europea del Carbone e dell’Acciaio)
• 1957: Comunità Economica Europea (CEE)
5
• La CEE funziona come una “grande
incubatrice” che protegge il completamento
del boom economico postbellico europeo. Per
paesi come l’Italia è indispensabile
• Il PIL cresce al ritmo vertiginoso del 5% annuo
• Il prodotto pro capite è triplicato in una
generazione
• I redditi si avvicinano a quelli statunitensi
• Importante: anche senza integrazione
regionale, i ritmi del Giappone sono del tutto
simili a quelli europei
6
• Trasformazione delle società occidentali: piena
occupazione, espansione delle classi medie,
integrazione dei lavoratori nella società dei
consumi
• Ridimensionamento delle ideologie
anticapitaliste; economia “collaborativa”
(sindacati e rappresentanze di lavoro); grandi
sistemi di welfare
• Risultati ottenuti con l’emulazione di sistemi
statunitensi: svuotamento delle campagne,
incremento dell’industria e poi del terziario,
sviluppo tecnologico
7
• L’apertura dello spazio economico europeo e
l’atteggiamento favorevole degli Stati Uniti
avevano fatto il resto per favorire il boom
europeo
• Rispetto agli Stati Uniti, in Europa è ancora più
marcato l’orientamento verso un “capitalismo
coordinato”: pianificazione pubblica,
concentrazione in grandi aziende (con forte
collaborazione con i governi), organizzazioni
imprenditoriali e sindacali centralizzate, forte
settore terziario pubblico (trasporti,
istruzione…)
8
9
• Il pilastro su cui si fondava il lungo boom di
Europa e Giappone era il sistema monetario
inaugurato a Bretton Woods:
– Dollaro convertibile in oro (nelle riserve
statunitensi) con un valore prefissato: 35 dollari
per oncia d’oro
– Le altre monete dovevano ancorarsi a questo
valore secondo una parità fissa
– Autorità internazionali (di fatto dominate da una
quota maggioritaria statunitense) dovevano
vigilare sulle parità e consentire una loro modifica
in situazioni del tutto eccezionali
10
• Perché il sistema di Bretton Woods?
– Favorire un flusso di aiuti e investimenti
verso l’Europa e il Giappone
– Secondo uno schema ideale, i dollari
sarebbero dovuti rientrare negli Stati Uniti
sotto forma di acquisti europei
– Seppure il sistema non era del tutto in
equilibrio, gli Stati Uniti ottenevano
comunque dei cospicui vantaggi economici
e soprattutto non economici (contenimento
dell’Unione Sovietica)
11
• Dagli anni ‘60 il sistema inizia a mostrare
qualche crepa. Sempre più dollari escono dagli
Stati Uniti, sempre meno dollari fanno ritorno.
Perché?
– Incremento di spese statunitensi
“improduttive” all’estero (sovvenzioni
militari, aiuti al Terzo Mondo)
– Il compimento della ripresa europea e
giapponese attirava investimenti
statunitensi
– La fuoriuscita di dollari era sempre meno
bilanciata dalle esportazioni statunitensi
12
• Giappone e soprattutto CEE sono sempre più
competitivi sul mercato internazionale: le
esportazioni statunitensi si contraggono e le
importazioni negli Stati Uniti crescono del
170% negli anni ‘60
• Gli Stati Uniti si avviano verso un doppio
deficit: della bilancia dei pagamenti (soldi che
escono-soldi che entrano) e commerciale
(merci che escono-merci che entrano). La
guerra del Vietnam è il “colpo di grazia”
• Il sistema di Bretton Woods, voluto dagli
americani, era vittima del suo stesso successo
13
• Quali erano le conseguenze di questa
situazione?
• Gli Stati Uniti potevano limitare gli effetti
negativi grazie a un “privilegio”: il dollaro era
la moneta internazionale di riferimento e di
riserva, ma era stampata dalle autorità degli
stessi Stati Uniti
• Quindi, teoricamente potevano sostenere i
costi della loro politica semplicemente
stampando dollari
14
• Questo però minava le basi stesse del sistema
di Bretton Woods:
– Inflazione generalizzata
– Mancata corrispondenza tra massa di dollari
in circolazione e riserve d’oro negli Stati
Uniti
• Critiche crescenti in Europa e in Giappone:
– troppi dollari mettevano a rischio la stabilità
monetaria di cui essi avevano bisogno per il
commercio
– Gli Stati Uniti godono di un privilegio
sempre meno giustificabile con le esigenze
di Guerra Fredda
15
• Questa questione si interseca con:
– la crescente concorrenza commerciale tra
Stati Uniti e alleati
– Le crescenti critiche politiche agli Stati Uniti
(Vietnam, rifiuto di una distensione in
Europa)
• Simbolicamente, la Francia chiede a più
riprese la conversione dei dollari in oro per far
presente il problema
• Per il momento, però, nessuno vuole la fine
dei sistema di cambi fissi: terrore della
ripetizione dei meccanismi degli anni ‘30
16
• Da parte europea e giapponese si chiedeva
rigore agli americani per tornare a una
situazione di equilibrio
• Da parte statunitense si chiede la rinuncia a
convertire i dollari in oro, e soprattutto una
migliore ridistribuzione delle spese per la
difesa comune
• Alla fine degli anni ‘60 si trovano misure
tecniche correttive che tamponano la
situazione, ma non risolvevano i problemi.
Soprattutto, sembrava difficile giungere a
soluzioni che andassero bene a tutte le parti
17
Le istanze economiche del Terzo Mondo
• Sin dagli anni ‘50, dai paesi di recente
indipendenza in Africa e Asia giungono
richieste di sviluppo economico e di
riequilibrio tra aree più ricche e più povere del
mondo
• Dal 1964 quei paesi riescono a imporre un
forum permanente in seno all’ONU: l’UNCTAD
(Commissione ONU per commercio e
sviluppo)
• All’interno di questa, 77 paesi fanno gruppo e
promuovono l’idea di un nuovo ordine
economico mondiale
18
Le istanze economiche del Terzo Mondo
• In sostanza, il Terzo Mondo ricavava poco dalle
materie prime che esportava, e i ricavi non
erano sufficienti ad alimentare
l’accumulazione di capitali necessari allo
sviluppo economico e sociale. Gli aiuti
occidentali risultavano troppo condizionati da
esigenze politiche (di Guerra Fredda) e quindi
spesso incostanti. Scarsa libertà di perseguire
uno sviluppo autonomo da modelli
19
Le istanze economiche del Terzo Mondo
• Scarse conseguenze politiche: il fronte è meno
unito quando si tratta di negoziare col “primo
mondo”
• Tuttavia, i temi emersi da quelle rivendicazioni
finiscono per fare parte del discorso pubblico
ed entrano nel dibattito dei paesi occidentali
20
Le istanze economiche del Terzo Mondo
• Dal 1964 i paesi della CEE stipulano
convenzioni con paesi africani (poi saranno
anche asiatici e del Pacifico). Si tratta in buona
parte di ex-colonie con cui le ex-madrepatrie
avevano stipulato accordi. Tariffe preferenziali
per il commercio, minori pressioni politiche
rispetto alle due Superpotenze
21
Le istanze economiche del Terzo Mondo
• La prospettiva di un ingresso della Gran
Bretagna nella CEE (che inizia a essere
concreta sin dalla fine degli anni ‘60) significa
un ampliamento di questo sistema anche a
buona parte dell’ex impero britannico
• Forti contestazioni statunitensi: si tratta di un
sistema che viola l’impegno al libero
commercio
22
La rivoluzione copernicana di Nixon
• Quando Nixon entra alla Casa Bianca, il suo
progetto complessivo è la riformulazione della
dottrina del “contenimento” con minori costi
per gli Stati Uniti (distensione, “Dottrina
Nixon”, maggiori carichi per gli alleati nella
difesa comune)…
• … ma anche la riformulazione dell’egemonia
americana contenendone i costi e
aumentandone i guadagni
• Nel complesso, prendere atto che una fase del
dopoguerra è finita
23
• Minore disponibilità del Giappone a contenere
il proprio espansionismo commerciale e ad
aumentare le importazioni. Concorrenza
feroce ai prodotti statunitensi in alcuni settori
chiave (tessile, poi automobili…)
• La CE, sia pure tra mille timori, intraprende
passi ufficiali verso una “Unione Economica e
Monetaria” con l’obiettivo ultimo di
armonizzare le politiche economiche e di
adottare una moneta comune
• Il progetto del Nuovo Ordine Economico
Internazionale (NIEO) continua ad aggregare
nuovi consensi
24
• In sostanza, dal mondo capitalista si levano
voci che chiedono agli Stati Uniti di rivedere la
loro egemonia, ma sempre in senso
consensuale (accomodare le richieste altrui
per il bene dell’intero sistema)
• Aumenta la fuga di capitali dagli Stati Uniti:
cresce i passivo della bilancia dei pagamenti
• Nel 1971 gli USA registrano anche il primo
deficit
• Due strade: soluzione multilaterale o
unilaterale. Alla fine prevarrà la seconda
25
• Il 15 agosto 1971 Nixon annuncia la
sospensione della convertibilità del dollaro in
oro e l’introduzione di una sopratassa del 10%
sulle importazioni. È la sospensione del
sistema di Bretton Woods, ma di fatto ne
decreta la fine
• Segnala la fine della fase “consensuale”
dell’egemonia statunitense
• Gli Stati Uniti sono liberi di spendere o meno il
loro denaro senza riguardo delle esigenze del
sistema (che non esiste più), ma soltanto
considerando il loro interesse nazionale.
26
“The simple fact is that in many
areas other nations are outproducing us, out-thinking us
and out-trading us”
John B. Connally
“We’ll fix those bastards”
Richard M. Nixon
27
• Il 15 agosto 1971 Nixon annuncia la
sospensione della convertibilità del dollaro in
oro e l’introduzione di una sopratassa del 10%
sulle importazioni. È la sospensione del
sistema di Bretton Woods, ma di fatto ne
decreta la fine
• Segnala la fine della fase “consensuale”
dell’egemonia statunitense
• Gli Stati Uniti sono liberi di spendere o meno il
loro denaro senza riguardo delle esigenze del
sistema (che non esiste più), ma soltanto
considerando il loro interesse nazionale.
28
• Conseguenze di medio termine:
– Rinuncia a un sistema monetario
internazionale governato dalla politica
(l’esatto opposto di Bretton Woods)
– Il dollaro rimane il cardine del sistema, ma
soltanto sulla base della fiducia nella
leadership degli Stati Uniti. Non ci sono più
valori monetari oggettivi (leadership NON
consensuale)
– Le altre monete fluttuano reciprocamente.
È il mercato monetario che ne determina il
valore giorno per giorno (oggi minuto per
minuto)
29
• Conseguenze di lungo periodo, insieme alla
liberalizzazione della circolazione dei capitali:
– Finanziarizzazione dell’economia: i capitali
vanno liberamente dove ci sono maggiori
promesse di guadagno, anche a brevissimo
termine
– Una moneta solida e stabile è il mezzo con
cui attirarli
– Ne consegue una nuova disciplina
economica interna ai singoli paesi:
accrescere i margini di profitto a discapito
del welfare, dei salari, della protezione del
lavoro…
30
• Non è una conclusione casuale: sin
dall’immediato dopoguerra, in
contrapposizione ai teorici del keynesismo,
c’era chi proponeva l’introduzione di maggiore
libertà e la riduzione del ruolo dello stato
(Friedrich August von Hayek, “The Road to
Serfdom”, 1944; successivamente Milton
Freedman e la “Scuola di Chicago”)
31
• Se un simile mutamento culturale si realizza in
quel momento, è per una serie di elementi
contingenti di crisi del capitalismo postbellico:
– sfida del Terzo Mondo
– declino della produttività
– declino dei profitti
– instabilità del compromesso politico interno
– Crisi politica tra i principali protagonisti del
sistema precedente (Stati Uniti, Europa
Occidentale, Giappone)
32
• Nell’immediato: gli Stati Uniti erano liberi dal
ruolo di tutori del sistema internazionale, pur
mantenendone i vantaggi
• Anche se mancherà a lungo una risposta
unitaria dell’Europa Occidentale, e in molti
tenteranno di persuadere gli Stati Uniti al
ritorno al sistema precedente, la soluzione
definitiva alla fine del decennio sarà la
creazione del Sistema Monetario Europeo
(area di stabilità monetaria interna) e l’avvio di
un processo di creazione di una moneta unica
• Per quanto riguarda il Giappone, ci si
dedicherà alla creazione di un’area economica
e monetaria preferenziale nel sudest asiatico
33
La crisi petrolifera del 1973
34
Nuova guerra in Medio Oriente
• La vittoria Israeliana del 1967 aveva cambiato
la dinamica del conflitto: nuovo protagonismo
palestinese attraverso una campagna politica
e militare contro Israele
• I regimi nazionalisti vogliono rimediare
all’umiliazione subita e recuperare i territori
persi
• Dal 1972 in Egitto è al potere Sadat, meno
incline ad accettare l’influenza sovietica
35
Nuova guerra in Medio Oriente
• Nasce l’idea di una nuova iniziativa bellica che
costringa Israele a negoziare da una posizione
di maggiore equilibrio (rispetto alla
schiacciante vittoria del 1967)
• Nel 1973 Egitto e Siria attaccano le truppe
israeliane dispiegate nei territori occupati
• L’attacco ha luogo durante la festa dello Yom
Kippur. Iniziale difficoltà israeliana
• Gli Stati Uniti autorizzano il rifornimento di
armi e munizioni a Israele
36
Nuova guerra in Medio Oriente
• Rapida ripresa Israeliana che consente di
attraversare il canale di Suez e accerchiare le
truppe egiziane
• Il 22 ottobre l’ONU approva il cessate il fuoco,
con voto comune di USA e URSS. Sembra una
dimostrazione dello “spirito della Distensione”
• Le forze israeliane ormai sono in tale
vantaggio che tardano a fermare le ostilità,
per annientare definitivamente l’esercito
egiziano
37
Nuova guerra in Medio Oriente
• A quel punto Breznev propone a Nixon un
intervento congiunto per imporre il cessate il
fuoco; minaccia di intervento sovietico
• Gli Stati Uniti rifiutano la proposta e mettono
in allarme le loro forze
• Al contempo, intervengono su Israele per
frenare le azioni militari
• Il 26 ottobre cessano le ostilità
38
Nuova guerra in Medio Oriente
• Risultato: Israele ha vinto e soltanto
l’intervento statunitense (non quello
sovietico) consente all’Egitto di salvarsi
• Il sostegno sovietico, al contrario, non aveva
portato alcun vantaggio
• Dimostrazione che Israele è ormai la potenza
preponderante nell’area: nuove guerre non
servirebbero a nulla
39
Nuova guerra in Medio Oriente
• Rimaneva il negoziato, e soltanto gli Stati Uniti
potevano fare da mediatori
• Questo porterà progressivamente Sadat a
chiudere l’alleanza con Mosca e a
intraprendere la strada della pace con Israele
grazie alla mediazione statunitense
• Dalla crisi del 1973 l’influenza Usa in Medio
oriente esce apparentemente accresciuta,
quella sovietica sicuramente diminuita
40
Nuova guerra in Medio Oriente
• Invece di estendere la cooperazione paritaria
tra superpotenze all’area mediorientale, gli
Stati Uniti agiscono “all’ombra della
Distensione” per ristabilire la loro preminenza
nell’area
• Un’area la cui importanza strategica cresceva
ulteriormente in conseguenza della crisi
petrolifera che sarebbe esplosa nello stesso
periodo
41
La crisi petrolifera
• Il vero propellente del boom postbellico
occidentale era stato il petrolio, il cui consumo
era aumentato di cinque volte
• Prezzi bassi e stabili garantiscono crescita dei
paesi industrializzati e bassa inflazione
• Tuttavia, Europa e Giappone sono
completamente dipendenti dal petrolio
mediorientale
• È evidente che i paesi produttori detenevano
un potere contrattuale enorme. Era sufficiente
che se ne rendessero conto.
42
La crisi petrolifera
• In seguito alla guerra dello Yom Kippur, i paesi
arabi membri dell’OPEC (Organizzazione dei
produttori di Petrolio) riduce la produzione,
aumenta i prezzi e differenzia le forniture a
seconda delle posizioni assunte nei confronti
del conflitto (e di Israele)
• Tra ottobre e dicembre 1973 i prezzi del
petrolio quadruplicano
• Shock in Occidente: la scoperta della
dipendenza dagli “arabi”
43
44
La crisi petrolifera
• Nel Terzo Mondo: inizia a crollare il fronte tra
paesi che hanno petrolio e materie prime, e
paesi che ne sono sprovvisti. I primi si
arricchiscono, i secondi si impoveriscono
• Ridisegnati i flussi internazionali dei capitali
• Esempio: tra il 1973 e il 1980 i redditi
petroliferi dell’Arabia Saudita passarono da
quattro a cento miliardi di dollari
45
La crisi petrolifera
• In Occidente + Giappone: si esaspera il
disordine monetario e politico già generato
dal “Nixon shock”
• Crescono l’inflazione e disoccupazione, si
verifica il fenomeno della “stagflazione”
(stagnazione + inflazione). Aumenta il conflitto
sociale per la redistribuzione
46
La crisi petrolifera
• La sfida del “NIEO” raggiunge l’apice nel 1973
• Paradossalmente, la sfida all’Occidente ne
produrrà un ricompattamento dietro la guida
degli Stati Uniti (che soffrono meno degli altri
la crisi)
• La manifestazione più forte dei nuovi equilibri
sarà data dalla Gran Bretagna e dalla vittoria
elettorale di Margareth Thatcher, con tutto ciò
che ne conseguì
47
La crisi petrolifera
• Che fare? Due diverse strategie:
– Negoziare coi produttori di petrolio in
ordine sparso (tacita accettazione delle
ragioni del NIEO)
– Fare fronte comune dell’Occidente
• Gli Stati Uniti furono in grado di persuadere gli
alleati verso la seconda soluzione… mentre in
realtà sfruttavano la prima
48
L’Europa e la crisi degli anni ‘70
• Esplosione della crisi petrolifera:
• In pochi mesi il dollaro, da valuta
sovrabbondante ed inflazionata, diventa bene
di rifugio per eccellenza e mezzo ricercato per
il pagamento del greggio
49
L’Europa e la crisi degli anni ‘70
• Gli europei devono procacciarsi dollari per
pagare il greggio…
• …gli euro-dollari diventano così petro-dollari
in mano agli sceicchi…
• …i quali “scelgono”(o vengono invitati a farlo)
le banche britanniche e statunitensi per
depositarli…
50
L’Europa e la crisi degli anni ‘70
• …rimettendoli a disposizione degli Stati Uniti
per
– Finanziare il deficit statale
– Finanziare gli aiuti allo sviluppo per i paesi
che essi ritengono meritevoli per motivi
politici (resistenza all’influenza sovietica) o
economici (adesioni al modello di libero
mercato nella forma più estrema)
51
Un nuovo tipo di egemonia
• In conclusione: gli Europei si adattano alla
rinnovata
superiorità
statunitense
e
collaborano (più per pragmatismo che per
convinzione)
alla
ricostituzione
di
un’egemonia statunitense che di consensuale
ha ben poco dal punto di vista economico
(iniziative unilaterali e “shockanti” anche in
futuro)
52
Un nuovo tipo di egemonia
• Gli Stati Uniti, per parte loro, sanciscono il
definitivo abbandono dell’obiettivo di un
riequilibrio della bilancia commerciale. Il
problema non è più come tornare a produrre
in patria, ma come finanziare il debito
esorbitante
• La possibilità di stampare “carta verde” ad
libitum è una parte della soluzione
53
Un nuovo tipo di egemonia
54
La stagione dei G7
55
La stagione dei G7
• Ricambio generalizzato al potere in tutti i
principali paesi occidentali. I nuovi leader
hanno alcuni elementi comuni:
– Si trovano a gestire le fasi finali del processo di
Helsinki, che essi non avevano guidato
– Percepiscono la gravità della crisi che l’economia
capitalista sta attraversando, di fronte ai problemi
interni (“stagflazione”) e alle sfide che provengono
“dall’esterno” (OPEC, NIEO)
56
La stagione dei G7
– Sono (o si ritengono) degli esperti di economia, dunque gli
“uomini giusti” per uscire dalla crisi
– Sono ben più convinti dei loro predecessori che il modello
keynesiano stia segnando il passo, e sono attratti o
quantomeno interessati alle nuove dottrine monetariste e
neoliberiste
– Sono convinti che soltanto il coordinamento tra le maggiori
economie capitaliste possa portare a soluzioni serie e
durevoli
– … e soprattutto: credono che soltanto una leadership
statunitense, egemonica ma responsabile, possa fungere
da traino per l’intero Occidente
57
La stagione dei G7
• In margine alla riunione finale della conferenza di
Helsinki, i quattro principali leader si riuniscono e
decidono (su iniziativa francese) di tenere un vertice
a Rambouillet per discutere di economia e sistema
monetario
58
La stagione dei G7
• Viene invitata anche l’Italia per questioni di
prestigio politico, il Canada per ragioni di
coesione atlantica, e il Giappone in onore allo
schema “tripolare” (Stati Uniti-EuropaGiappone e Sudest asiatico)
• Primo obiettivo: infondere fiducia di fronte
all’opinione pubblica e al mondo degli affari
sulla ritrovata coesione atlantica e sulla
risolutezza nella lotta al declino economico (gli
aspetti simbolici sono ritenuti molto
importanti)
59
La stagione dei G7
• Gli Stati Uniti scelgono i loro interlocutori: non
“gli europei”, ma “fra gli europei” e oltre, in
base al loro potere economico e (in parte
politico)
• I partner si fanno scegliere secondo criteri che
rischiano di incrinare il processo di
integrazione e finiscono per svalutare
l’immagine dell’Europa di fronte al Terzo
Mondo (mancanza di immaginazione politica
di fronte alle soluzioni proposte dagli USA)
60
La stagione dei G7
• Obiettivi del vertice di Rambouillet (11/75) e di
quello successivo di Puerto Rico (6/76)
– Presa di coscienza dell’ “interdipendenza” economica
ormai globale
– Pronto recupero economico in occidente
– Al di là di ogni affermazione pubblica, c’è la rinuncia a
qualunque ipotesi di ritorno ad un sistema di cambi
flessibili
– Diffusione delle regole del libero mercato ovunque, e loro
ampliamento: assicurare la libera circolazione delle merci e
dei
61
La stagione dei G7
– Riduzione drastica del ruolo dello stato in economia (no
protezionismo selettivo e no impedimenti all’ingresso di
capitali stranieri)
– Abbandono del “dogma” della piena occupazione: il
compito principale è il controllo dell’inflazione
– Parallelamente, l’idea del “corporate welfare” si sostituisce
a quella del “people welfare”
– Indubbia influenza delle dottrine neoliberiste, che iniziano
a farsi strada come possibile soluzione alla crisi (anche
presso parte della sinistra europea, che finisce per
rigettare qualunque alternativa): “economia dalla parte
dell’offerta”
62
La stagione dei G7
– Una responsabile leadership americana deve
guidare questa transizione
– Gli strumenti migliori per una sua applicazione
diventano le istituzioni multilaterali già esistenti:
Fondo Monetario Internazionale e Banca
Mondiale
– Stati Uniti ed europei invitati concordano sulla
necessità di “scardinare” in tal modo il possibile
blocco compatto del Terzo Mondo
– Nasce così l’idea dei “piani di aggiustamento
strutturale” che dovevano accompagnare i prestiti
elargiti ai paesi in via di sviluppo dal FMI
63
La stagione dei G7
• È importante comprendere che il processo
ebbe certo origine dagli Stati Uniti, MA gli
europei che parteciparono alla stagione del G7
non furono passivi di fronte all’elaborazione
delle “nuove regole” per l’economia
internazionale. In particolar modo, Francia e
Repubblica Federale Tedesca (Gran Bretagna
ed Italia vivevano problemi economici che
rendevano oggettivamente più debole la loro
posizione)
64
La stagione dei G7
65
La stagione dei G7
• In questa nuova egemonia, che potremmo
definire “contrattuale” (ridotti elementi ideali,
in primo piano quelli “utilitaristici”,
separazione e prominenza del piano
economico rispetto agli altri), è fondamentale
la speranza/convinzione degli europei che,
seppellito il sistema di Bretton Woods, gli USA
tornino a svolgere un ruolo di “egemoni
consapevoli”.
66
La stagione dei G7
• Le speranze rimarranno ben presto frustrate:
nel 1978-79 la nuova crisi energetica produrrà
un nuovo “si-salvi-chi-può”
• Il “Volcker shock” del 1979 (innalzamento
vertiginoso dei tassi di interesse americani)
dimostrerà che le autorità USA fondano la loro
politica economica soltanto sulle necessità del
paese (e non sulle esigenze del sistema
internazionale)
• Non a caso, in contemporanea nascerà il
Sistema Monetario Europeo
67
Fine del Terzo Mondo
• I paesi del Terzo Mondo, in particolare quelli
sprovvisti di fonti di energia, devono
abbandonare il sogno del NIEO e adeguarsi
alla nuova disciplina; altrimenti non sarebbero
stati in grado di attirare né aiuti né
investimenti privati
• Si apre la voragine dell’indebitamento, resa
drammatica dal “Volker shock” che
moltiplicava il valore dei debiti in dollari
• Nel 1982 il debito medio dei paesi
dell’America Latina è il 40% delle esportazioni
• La gestione delle conseguenze sociali facilita
l’ascesa di regimi militari e sanguinari
68
Fine del Terzo Mondo
• In Asia, al contrario, alcuni paesi avevano
impostato
strategie
d’industrializzazione
fondate sull’esportazione e l’alta tecnologia
(grazie
a
una
protezione
politica
internazionale di cui altri paesi non godevano)
• Sono le “Tigri asiatiche”: l’incremento della
loro
produzione
supplirà
alla
deindustrializzazione dell’Occidente, grazie a
prezzi ineguagliabilmente bassi
69
Fine del Terzo Mondo
• Tra il 1980 e il 1990 il reddito pro capite delle
economie emergenti dell’Asia saliva del 40%
rispetto a quello dell’Occidente. Quello di
America Latina e Africa subsahariana calava
del 30%
• Gradualmente anche la Cina si sarebbe
associata
• Nel 1979 il flusso di scambi sul Pacifico
superava quello sull’Atlantico per la prima
volta. Il trend non si sarebbe mai interrotto.
70
Scarica

Diapositiva 1