LUDOVICO ARIOSTO
L’ORLANDO FURIOSO
L’ORLANDO FURIOSO: identikit
Il poema ariostesco vede 3 edizioni:
1. 1516
2. 1521
3. 1532
• Nell’ultima edizione non vengono inseriti i cinque canti (scritti tra il 1518-19), il cui tono cupo
non si adatta al tono “leggero” del poema.
• Metro: ottave di endecasillabi.
• Fonti: l’opera si propone come continuazione dell’Orlando Innamorato di Boiardo, attivo
sempre presso la corte degli Estensi. Chiara è la commistione tra il ciclo carolingio e il ciclo
bretone, che comprende il ciclo dei poemi amorosi-cavallerschi nati dalla leggenda di re Artù e
dei suoi “cavalieri erranti”, ma Ariosto inserisce anche reminiscenze classiche, in primo luogo
virgiliane e ovidiane.
• Dall’antica materia carolingia e bretone hanno origine:
1.
CANTARI ANONIMI: La Spagna, L’Orlando;
2.
altri POEMI QUATTROCENTESCHI:
• Luigi Pulci: Morgante
• Matteo Maria Boiardo: L’Orlando innamorato
•
Le edizioni del 1516 e 1521
•
•
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•
Una prima redazione dell’Orlando furioso, in 40 canti, era terminata nell’ottobre 1515 e vede
la luce a Ferrara nel 1516.
Subito dopo la pubblicazione, il poeta si mette subito al lavoro per correggerla e limarla.
Una seconda edizione esce nel 1521, senza cambiamenti di grande rilievo e con una
complessiva revisione linguistica.
Il poema ha un grande successo, testimoniato dalle numerose - ben 17 - ristampe.
L’edizione del 1532
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•
Nelle prime due edizioni il poeta aveva usato la lingua cortigiana, propria anche di Boiardo,
basata fondamentalmente sul toscano letterario, ma con coloriture padane (la cosiddetta koiné
padana) e latineggianti.
Nell’ultima redazione adegua la lingua ai canoni classicistici autorevolmente fissati da Bembo
nel 1525 con le Prose della volgar lingua (si rifaceva rigorosamente al fiorentino dei “classici”
trecenteschi).
La revisione linguistica non è solo un fatto formale: mentre la prima edizione propone un
Ariosto ancora radicato in una tradizione cortigiana municipale, prettamente quattrocentesca,
l’edizione del 1532 vede un poeta pienamente inserito in un orizzonte letterario nazionale.
Il numero dei canti viene elevato a 46.
Nei contenuti, vi sono aggiunte cospicue di interi episodi.
Vi sono i riferimenti a fatti della storia contemporanea, che in quegli anni vedeva un
precipitare inesorabile della crisi italiana, a causa delle guerre che le potenze straniere
combattevano sulla penisola .
Un clima più cupo
L’inserimento di nuovi episodi ha effetti sull’opera in sé:
• si vengono a creare nuove simmetrie narrative;
• si diffonde un clima più cupo, permeato di pessimismo sulla Fortuna e l’azione umana ;
• si propongono tematiche negative, quali il tradimento, la violenza, la tirannide (cfr. la crisi
italiana fra il 1516-1532)
I Cinque canti rientrano in questo clima:
1.
scritti intorno al 1518-19, con l’intenzione di inserirli nella seconda edizione del poema ;
2.
lasciati inediti perché il loro inserimento avrebbe compromesso l’equilibrio della narrazione,
la fisionomia, lo spirito;
3.
pubblicati postumi dal figlio Virginio, in appendice ad un’edizione veneziana del Furioso
(1545).
La materia del poema I
La
•
1.
2.
•
1.
2.
3.
fusione tra materia carolingia e arturiana
Materia carolingia:
ambientazione storica;
materia d’armi;
Materia bretone:
tematica amorosa;
gusto per l’avventura;
tono fiabesco e meraviglioso;
Porta alle estreme conseguenze gli effetti dell’immissione dell’amore:
1. Boiardo fa innamorare il suo Orlando;
2. Ariosto fa divenire Orlando pazzo furioso (nel senso latino di furens, folle; cfr. Seneca,
Hercules Furens).
La materia del poema II
• Materia classica:
1. Chi:
▫
Virgilio (episodio di Cloridano e Medoro, che è la ripresa di quello di Eurialo e Niso
nell’Eneide)
▫
Ovidio e di tanti altri autori antichi (Lucano, Seneca)
2. Cosa:
▫
interi episodi ricalcati
▫
rimandi mitologici
▫
semplici riecheggiamenti di versi o di clausole stilistiche.
La volontà di rivestire di forme classiche la materia medievale e romanza di “armi” e“amori”
è propria della cultura dell’Umanesimo e del Rinascimento.
L’originalità di A.: saper amalgamare queste fonti, assimilandole alla sua visione della vita.
Il pubblico
Secondo una supplica del 1528 al Doge di Venezia, scritta per ottenere una stampa protetta da
edizioni non autorizzate (“con privilegio”), l’opera è:
1. composta “per spasso e recreatione de’Signori”;
2. fatta di “cose piacevoli e dilettevoli d’arme e d’amor”
dunque, merita di essere pubblicata “per sollazzo e piacer d’ognuno”.
• Il pubblico che Ariosto ha in mente è composto da cortigiani e persone colte, desiderosi di
ascoltare la sua narrazione (l’oralità di trasmissione è però una pura convenzione letteraria
dopo l’invenzione e la diffusione della stampa a caratteri mobili).
• Come ben illustra un’immagine nell’esordio canto XLVI, Ariosto, usando la consueta metafora
della scrittura dell’opera come navigazione, immagina di giungere in vista del porto e di
scorgere sulla riva ad attenderlo il suo pubblico, composto dalle dame e dai letterati più
famosi di tutte le corti italiane: una corte “ideale”, di respiro nazionale.
•
L’organizzazione dell’intreccio
L’entrelacement
•
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•
•
•
Poiché nell’opera si intrecciano le storie di diversi eroi, Ariosto riprende l’espediente
boiardesco di interrompere improvvisamente la narrazione in un momento cruciale per passare
a narrare la vicenda di un altro personaggio.
Il narratore porta avanti in parallelo il racconto di più vicende conducendo numerosi fili
narrativi ad intersecarsi tra di loro, per dividersi poi nuovamente, secondo un procedimento
narrativo detto entrelacement.
Alla maniera del Decameron, sono inoltre inserite delle novelle, raccontate da vari personaggi.
Per celebrare la casa d’Este, ma anche per alludere ad eventi politici e militare
contemporanei, Ariosto ricorre alla profezia di eventi storici futuri.
Ogni canto presenta un esordio in cui la voce narrante, traendo spunto dai casi dei personaggi,
propone delle considerazioni morali sul comportamento umano in generale.
La vicenda narrata e la
Weltanschauung ariostesca
I principali fili narrativi
È difficile, se non impossibile, riassumere l’immensa ed intricata trama del poema, così fitto di
avventure ed imprevisti, di incontri, scontri, amori e disamori. Si possono individuare tre nuclei
narrativi intorno ai quali si dipanano le fantasiose vicende.
1. Guerra tra Cristiani e Mori: i guerrieri delle due parti si fronteggiano a Parigi. La guerra fa da
sfondo a tutte le peripezie personali: la fuga di Angelica dal campo di Carlo dà inizio a tutte le
vicende. Il movimento che si viene a creare è al tempo stesso centrifugo e centripeto: i
cavalieri fuggono da Parigi, abbandonano provvisoriamente la lotta in cui sono impegnati per
inseguire i loro sogni ed infine ritornano a Parigi per terminare, da ambo le parti, la loro guerra
santa. Ogni peripezia muove dal centro e al centro ritorna.
2. Amore: è il “motore del romanzo”, la forza che spinge i personaggi ad affrontare situazioni
nuove. Due le storie sentimentali principali:
a. La pazzia di Orlando: la ricerca di Angelica da parte di Orlando porta alla pazzia di
quest’ultimo, quando scopre che Angelica si è innamorato di Medoro giovane scudiero
musulmano. Orlando – senza razionalità – regredisce ad un livello subumano.
b. La storia di Bradamante e Ruggiero: l’amore contrastato della guerriera cristiana
Bradamante e del moro Ruggiero termina con il matrimonio tra i due; i loro discendenti
daranno origine alla stirpe d’Este. Qui Ariosto inserisce il tema encomiastico, poiché dedica il
poema al cardinale Ippolito d’Este, per cui lavora.
3. Magia: sempre presente in ogni vicenda (anelli dell’invisibilità, fonti dell’amore, maghi, fate) è
una metafora dell’arte, cioè della capacità dell’uomo di inventare
•
Il motivo dell’«inchiesta»
…tutto è imprevedibile
QUÊTE (o QUESTE)
“POEMA DEL MOVIMENTO”
(Calvino)
Ciò che muove la vicenda e suscita le imprese dei cavalieri è la ricerca di un oggetto.
Nei romanzi medievali la queste (quête) si caricava di significati mistico-religiosi (ad es., la
ricerca del Santo Graal).
• Nel Furioso:
1. l’ “inchiesta” ha un carattere prettamente profano e laico.
2. il desiderio è vano, gli oggetti ricercati deludono sempre le attese e appaiono irraggiungibili.
•
•
l’«inchiesta» risulta sempre fallimentare e inconcludente.
Episodi emblematici della
inchiesta fallimentare
1.
2.
3.
4.
Il personaggio di Angelica: vagheggiata da Orlando e da tanti altri cavalieri, sfugge sempre
loro dinanzi;
canto I: la fuga di Angelica nella selva e la serie continua di incontri, con Ferraù, con Rinaldo,
che si pongono al suo inseguimento, lasciando la ricerca di altri oggetti, un elmo, un cavallo ;
La protagonista del canto è Angelica, anzi protagonista è la sua fuga. In realtà la donna non è
"attiva" (nel senso che non prende iniziative che muovano l'azione), ma muove l'azione in
quanto - fatta oggetto di desiderio - subisce l'iniziativa (ricerca) degli altri. Fin dall'inizio
appare chiaramente come il personaggio ariostesco viva soprattutto per un'intensa vita di
relazione con gli altri, non ha un'identità fissa e immutabile. Perciò non spiccano individualità
nette nel poema, ma complicate trame di relazioni. Poema del movimento
canto XII: l’episodio del palazzo d’Atlante, in cui vari cavalieri sono attirati dal mago con il
miraggio ingannevole degli oggetti da loro desiderati e si aggirano senza sosta in una sorta di
labirinto senza uscita;
l’amore tra Ruggiero e Bradamante: la ragazza insegue il suo amato per tutto il poema e,
quando lo raggiunge, questi ancora una volta si dilegua.
Il movimento circolare e l’errore
L’«inchiesta» inconcludente si traduce in un movimento circolare che non approda mai ad una
meta e ritorna sempre su se stesso, sottolineandone il carattere ossessivamente ripetitivo.
• L’inseguire vanamente questi oggetti delusori costituisce per i personaggi uno sviarsi. un
«errore».
• Errore = parola chiave del poema; può essere inteso in senso :
1. materiale = l’errare, l’allontanarsi fisicamente (es. dall’assedio di Parigi),
2. morale (Orlando, allontanandosi dal campo cristiano , viene meno al suo dovere di paladino
difensore della fede);
3. intellettuale: il desiderio ossessivo ed insoddisfatto può trasformarsi in follia (cfr. ad es.
Orlando, Bradamante, Rodomonte).
•
Lo spazio
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Una funzione essenziale ha nel poema l’organizzazione dello spazio, che risulta vastissimo
(Europa, Vicino ed estremo Oriente, Africa).
Inoltre esso contribuisce a chiarire la visione del mondo da parte dell’autore .
Lo spazio nella Commedia
e nel Furioso
DANTE - COMMEDIA
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Il viaggio di Dante, coerentemente con la struttura
spaziale del mondo dantesco, è un viaggio in
direzione verticale, ad indicare metaforicamente il
percorso di affrancamento dal peccato verso la
salvezza.
Il movimento è anche lineare perché il suo viaggio è
voluto da Dio, Dante non può deflettere dal suo
cammino, ma prosegue sempre dritto verso la sua
meta finale.
Netta è la contrapposizione di valore tra il basso e
l’alto, tra la terra ed il cielo, che rappresentano la
materia e lo spirito, il peccato e la salvezza, la
tenebra e la luce, il tempo e l’eterno.
Di fronte al «pellegrino» Dante si apre un’unica
direzione di movimento e il suo viaggio è destinato a
raggiungere la meta.
ARIOSTO- FURIOSO
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Nel poema di A. il movimento dei cavalieri avviene
sul piano di una perfetta orizzontalità, in una
dimensione puramente terrena.
Si parla di un mondo tutto immanente che:
ignora o tralascia la trascendenza (convenzionale e
letterario è l’intervento delle forze angeliche su
Parigi);
è il campo di azioni essenzialmente umane.
i cavalieri ariosteschi hanno ad ogni movimento un
campo infinito e infinitamente vario di opportunità
tra cui scegliere e la ricerca non raggiunge mai il suo
oggetto:
il movimento circolare ritorna sempre su se stesso;
movimenti di infiniti personaggi si intersecano
contrastandosi a vicenda.
Si parla di movimento plurimo e circolare.
Il capriccio della Fortuna
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Lo spazio del Furioso si presenta quindi come aperto al desiderio ed alla scelta umani, ma
anche labirintico e frustrante.
In esso domina non il disegno divino che tutto regola provvidenzialmente (cfr. Dante), ma
l’azione capricciosa ed imprevedibile della Fortuna.
I personaggi di Ariosto sono in balia della Fortuna, a segnare un passaggio decisivo rispetto alla
letteratura del Quattrocento umanista, ma anche di Machiavelli, i quali hanno fiducia nella
virtù umana e nella lotta contro la Fortuna
Ariosto dimostra una visione più disincantata e pessimistica della realtà.
La selva e l’intrico del mondo
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Il tema della selva nell' immaginario "collettivo"
La selva, un bosco fitto esteso a volte una foresta popolata da animali feroci, richiama alla
mente una difficoltà, un luogo, una situazione da cui è difficile uscire fisicamente e
psicologicamente.
Nella selva penetra con difficoltà la luce, il pericolo è in agguato, non vi sono sentieri,
percorsi segnati, non vi sono certezze.
Contrapposto alla selva è il luogo aperto, illuminato dal sole, che è invece rassicurante,
perché consente l'orientamento ed è quindi dominabile. La luce, inoltre, è simbolo di vita,
come il buio è lo è della morte in quasi tutte le culture.
Ogni elemento della natura ed ogni oggetto richiamano in noi delle sensazioni, delle
emozioni che si concretizzano mediante il filtro culturale (codice) attraverso il quale
passano colori, sensazioni, ambienti, animali assumono significati a seconda del sistema di
segni che filtra questi elementi.
La selva e l’intrico del mondo
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La selva nell'immaginario dantesco (e medievale)
Nel Medioevo, questo filtro è costituito dalla religione che regola e caratterizza ogni aspetto
della vita dell'uomo.
In Dante, la selva assume dunque una connotazione religiosa, diventando il luogo della
corruzione, dove si smarrisce la ragione, che dovrebbe guidarci verso la felicità eterna.
La selva dantesca è dunque il Labirinto della ragione: definita «oscura», selvaggia», aspra»,
«forte», «amara» simboleggia il peccato in cui è caduta l'umanità intera, non solo il singolo.
È Virgilio, simbolo della ragione, che interviene per salvare Dante dalle fiere che lo minacciano
per volontà divina. Quindi dalla selva si esce grazie ad un intervento della provvidenza, che
regola la vita dell'uomo e dell'universo.
Un tratto caratterizzante il Medioevo è il senso di collettività che si contrappone al
l'individualismo moderno. Il singolo è parte integrante di una comunità, ne condivide valori e
scelte culturali, è parte di un organismo a cui deve assicurare sopravvivenza. Nel momento in
cui il Pontefice e l’Imperatore vengono meno al loro compito di guidare gli uomini verso il bene
eterno e terreno, non solo il singolo, ma l’umanità intera cadono nel peccato.
Il paesaggio naturale ai tempi di Dante era qualcosa di misterioso e poco conosciuto.
Il viaggio è da sempre un elemento di conoscenza di innovazione (cfr. la fiaba), il luogo ove ci si
perde, ma dal quale possibile imparare alcune verità sul comportamento umano e sulla vita.
La selva e l’intrico del mondo
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La selva in Boccaccio
A distanza di una generazione da Dante, Boccaccio mostra una visione della vita diversa più
aperta, tipica della civiltà comunale e borghese, libera da condizionamenti di natura religiosa.
La paura della punizione divina nella vita ultraterrena non determina più le scelte di vita
dell’uomo, desideroso di vivere pienamente la dimensione terrena .
Il peccato non è più motivo di tormento della coscienza né le passioni sono più causa
inevitabile della dannazione eterna.
Nella novella Nastagio degli onesti, la selva orrida e selvaggia di ascendenza dantesca diventa,
nell’immaginario dell’autore, una pineta illuminata da una luce intensa (è maggio il tempo è
bellissimo e sono le 11 antimeridiane), dove in una terrificante caccia infernale una donna è
punita per aver rifiutato l’amore di un innamorato che per delusione si è tolto la vita.
La selva e l’intrico del mondo
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La selva in Ariosto:
Nell’Orlando Furioso lo scenario in cui si muovono i cavalieri è costituito da una selva ove
combattere il nemico o cercare la donna amata. La selva ha un significato ancora diverso.
La perdita nella selva non comporta un’idea di peccato, ma la mancanza di equilibrio
dell’uomo alle soglie dell’età moderna.
Manca la figura di un dio ordinatore del mondo e delle cose.
Sono modi diversi di lavorare su di uno stesso Codice, individuandone i segni, il Sistema di
Segni, il Ricevente riesce a decodificare il messaggio.
L’organizzazione del tempo
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Il tempo in cui le vicende vengono inserite non è un tempo lineare, per cui le vicende non sono
narrate in modo lineare e diacronico, ossia consequenziale, con un prima e un poi, al contrario
esso è un tempo che possiamo definire ancora una volta labirintico: molte storie parallele sono
raccontare in contemporanea, ma anche molte storie accadute prima sono in effetti raccontate
dopo e viceversa, per cui numerosi sono i flash-bach (analessi) o le prolessi.
Si può pertanto parlare di un tempo aggrovigliato.
Labirinto e ordine:visione del mondo
nel Furioso
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•
Nonostante questa struttura organizzativa apparentemente caotica con uno spazio ed un tempo
"labirintico" ed un movimento dei personaggi che ruota su se stesso senza un apparente
approdo, l’Orlando Furioso è un organismo perfetto che sottintende una perfetta regia del
narratore. All’interno del romanzo si possono infatti riscontrare geometriche simmetrie
interne, con motivi ricorrenti e coppie di personaggi, si può intravedere una sorta di
aspirazione all’ordine e all’equilibrio interno al racconto, l’esigenza di dominare la materia
trattata e gli eventi narrati.
Metaforicamente ciò potrebbe essere la spia di una visione del mondo che aspira all’ordine,
alla perfezione, in cui la razionalità si affianca all’irrazionalità e cerca di imporsi su di essa, sul
caos degli avvenimenti e comportamenti umani.
Ecco perché per Ariosto si può parlare come di un esponente appartenente al filone della
cultura della "contraddizione" nell’ambito del Cinquecento: la fiducia nella ragione e
l’ottimismo si affiancano alla consapevolezza della negatività e della irrazionalità dei
comportamenti umani.
L’armonizzazione concertante
•
•
Il poeta stesso nel corso del racconto più volte enuncia il principio dell’unità che deve esserci
nella molteplicità.
Nel compiere la “gran tela” cui lavora per stimolare l’interesse gli occorrono “molte” e “varie
fila”: deve fare come il buon suonatore che spesso sul suo strumento muta la corda e varia
suono.
Poetica rinascimentale
l’artista nella sua opera è come Dio nel mondo
Geometriche simmetrie: esempi
Orlando e Ruggiero
•
•
Per Orlando si tratta di un percorso di degradazione, dal positivo al negativo:da guerriero pio e
assennato si abbassa al livello delle bestie selvagge;
per Ruggiero è invece un percorso di elevazione, dal negativo al positivo, da una giovanile
incostanza all’acquisto della saggezza e responsabilità di guerriero.
Orlando e Bradamante
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Orlando cerca la donna che ama, Angelica.
Bradamante cerca l’uomo che ama, Ruggiero.
L’amore di Orlando per Angelica risponde ai canoni dell’amor cortese.
L’amore di Bradamante per Ruggiero è finalizzato al matrimonio.
Quando Orlando scopre il tradimento di Angelica diventa pazzo.
Quando Bradamante crede che Ruggiero l’abbia tradita diventa gelosa (che è quasi una forma
di follia).
La conclusione dei principali filoni
narrativi
•
•
•
Tutti i filoni narrativi principali arrivano a una conclusione.
Ad un certo punto dell’intreccio comincia a sostituirsi una struttura completamente diversa,
quella chiusa e compatta che è propria dell’epica classica.
Un momento culminante è la conversione di Ruggiero, che segna la fine del continuo «errore»
cavalleresco del personaggio e l’approdo finale al suo destino di eroe epico, fondatore di una
civiltà .
La struttura chiusa
•
•
•
Ariosto, consapevole di non poter dominare la realtà, ne domina almeno razionalmente il
simulacro artistico, attraverso l’organizzazione formale dell’opera.
Se il mondo è caos, contraddittorietà, mutevolezza, rovesciamento continuo delle attese, il
poema che ne è il simulacro può essere ridotto all’ordine, chiuso in una struttura limpida e
simmetrica .
La letteratura e l’arte sembrano l’unico modo possibile di dominare gli eventi del reale.
Il significato della materia
cavalleresca: Boiardo e Ariosto
•
1.
2.
•
1.
2.
Boiardo si pone come celebratore della cavalleria:
egli credeva che i valori cortesi potessero rivivere nella società cortigiana se venivano
rivitalizzati con contenuti nuovi, moderni;
celebra l’energia dell’individuo che si sa imporre alla Fortuna
Ariosto considera la cavalleria un mondo remoto che può solo essere vagheggiato con
nostalgia, ma anche con distacco. Due sono gli atteggiamenti del poeta:
Il piacere di immergersi, narrando, in un mondo fittizio, meraviglioso e fantastico che
risulta funzionale…
…per una approfondita riflessione etico-filosofica su temi centrali della civiltà
rinascimentale
L’aggancio alla realtà
•
•
Il poema cavalleresco si trasforma in «romanzo contemporaneo», proprio perché dimostra un
atteggiamento liberamente critico verso gli uomini e la società a lui coeva.
Caretti rovescia le interpretazioni tradizionali affermando che «la vera materia del Furioso» è
costituita da una «moderna concezione della vita e dell’uomo», e che pertanto Ariosto
trasforma il poema cavalleresco in «romanzo contemporaneo», «nel romanzo cioè delle
passioni e delle aspirazioni degli uomini del suo tempo» (Introduzione ad Ariosto, Milano, 1954)
Lo straniamento
• Che cosa è:
1.
un improvviso mutamento nella prospettiva da cui è presentata la materia
• Qual è la sua funzione:
1.
impedire l’immedesimazione emotiva nel mondo narrato
2.
costringere il lettore a riflettere su personaggi, situazioni e sentimenti con atteggiamento
critico.
N. B.: la nozione di straniamento nasce con gli strutturalisti russi (in particolare Šklovskij) negli
anni Venti del Novecento. Esso mostra come strano fenomeno normale, presentandolo da
un’ottica inedita. Ad es. Leone Tolstoj, in Cholstomer, narra i fatti dal punto di vista di un
cavallo; ovviamente il punto di vista dell’animale non coincide né con quello dell’autore né
con quello dei lettori. Ne derivano effetti “strani”, bizzarri, inediti. Lo straniamento,
presentando le cose da un punto di vista non comune, costringe il lettore a riflettere su di
esse, può pertanto sospendere il meccanismo di identificazione del lettore (o spettatore in
teatro) con la vicenda ed indurlo ad un atteggiamento critico (cfr. Brecht e il teatro
politico). Nella letteratura italiana si può vedere applicato tale procedimento da Verga in
Rosso Malpelo, unito in questo caso all’artificio di regressione: l’autore, persona colta,
regredisce nel punto di vista della voce ignorante, aprendo un divario tra il punto di vista
esplicito del narratore e quello implicito dell’autore. Proprio questo divario, dovuto
all’artificio di regressione, fonda lo straniamento.
Lo straniamento nel Furioso
• Effetto ottenuto con vari procedimenti:
1.
Gli interventi della voce narrante (giudizi e commenti che spezzano l’illusione scenica)
2.
L’abbassamento
3.
L’ironia
L’ironia e il narratore
•
•
•
•
•
Il narratore non scompare dietro i canti, ma impiega gli esordi (e altri momenti del racconto)
per intromettersi nell'opera e giudicare e commentare, anche alla luce della sua ideale
biografia: compaiono, così, nel poema, i fatti contemporanei e la moralità cortigiana (donne,
signori ,ecc.).
Questi esordi (e anche tanti interventi in mezzo al racconto) sono detti con lieve sorriso
ironico. Il significato sta in questo: il poeta vuole costantemente ricordare ai lettori che sta
raccontando una favola, ma una favola che è similitudine del mondo reale; il lettore non deve
prenderla sul serio fino in fondo, perché è una favola, ma guardare, attraverso di essa, il
mondo reale.
La vita, con il suo intreccio, può pertanto travolgere tutti, anche un valoroso paladino come
Orlando, tradizionale simbolo di eroismo e saggezza.
Crollate le illusioni, permane tuttavia lo spirito rinascimentale di fondo, che è quello di
guardare agli eventi con disincanto, senza tragicità.
Giovano a questo proposito anche i continui abbassamenti di tono verso il quotidiano e il
contemporaneo e i momenti in cui l'autore finge di non sapere qualcosa del personaggio: è il
riportarci alla realtà e alla coscienza della mutevolezza, problematicità, pluralismo della realtà
(mai da noi veramente conosciuta).
Il pluralismo prospettico
• L’autore non si identifica mai rigidamente con una prospettiva:
1.
se ammira la fedeltà eroica, ne sottolinea gli esiti fallimentari;
2.
se ironizza sulla spregiudicatezza riconosce l’efficacia pratica
• Diversi modi di giudicare un fatto o un comportamento possono alternarsi, senza mai che si
imponga un giudizio definitivo, univoco e incontrovertibile
Metro I
•
•
•
•
•
L’ottava era il metro tradizionale della poesia cavalleresca .
Essa è una strofa composta da otto versi endecasillabi: i primi sei a rima alternata (ABA-BAB)
sono seguiti da un distico (gli ultimi due versi) a rima baciata (CC) in base allo schema
ABABABCC.
Secondo alcuni studiosi, l’ottava risale al Filostrato (1335-1340) di Giovanni Boccaccio, che
probabilmente rielaborò la stanza della canzone traendo spunto da soluzioni metriche già
adottate da Cino da Pistoia e nella poesia delle sacre rappresentazioni di Jacopone da Todi.
Secondo altri l’ottava compare per la prima volta nel cantare Florio e Biancifiore, trascritto in
volgare toscano negli anni stessi del Filostrato; ad esso Boccaccio si sarebbe ispirato
conferendo la forma letteraria colta a quella strofa popolare.
Successivamente l’ottava è largamente usata in età umanistica (Orfeo e Stanza per la giostra
di Angelo Poliziano) e nei poemi cavallereschi Morgante di Pulci e Orlando innamorato di
Boiardo.
Metro II
• Ad esempio:
Canto I, ottava 18, vv. 105-112
Poi che s'affaticar gran pezzo invano…………………………….A
i dui guerrier per por l'un l'altro sotto,………………………….B
quando non meno era con l'arme in mano ..………………… A
questo di quel, né quel di questo dotto; ….…………………… B
fu primiero il signor di Montalbano,….…………………………… A
ch'al cavallier di Spagna fece motto, …..……………………….B
sì come quel ch'ha nel cuor tanto fuoco,………………………C
che tutto n'arde e non ritrova loco…..………………………….C
• Come si può notare in questo esempio:
1. ogni verso è un’unità compiuta;
2. tutte le pausa coincidono con la fine del verso, indicate da un segno di interpunzione o dalla
conclusione della frase;
3. non c’è frammentazione all’interno dei versi (l’unica eccezione, la virgola del v. 108);
4. la pausa più forte (il punto e virgola del v. 108) divide la strofa in in due parti uguali.
Metro III: l’ottava “d’oro” di
Ariosto
•
•
•
Poiché il Furioso è la continuazione della storia narrata da Boiardo, era inevitabile l’uso dello
stesso metro, ma all’andamento lineare tipico della poesia narrativa subentra un gioco di incisi
e subordinate con uno sviluppo più fluido e armonioso.
Per l’equilibrio della narrazione, per la costruzione perfettamente regolare della strofa e per
l’armonia del ritmo, l’ottava del Furioso è stata definita da Luigi Biasucci “ottava d’oro”.
Naturalmente non si può affermare che tutte le strofe del poema riproducano esattamente
questo modello, ma tendono ad esso come ad un ideale stilistico di perfezione.
Proemio Orlando furioso
La novità della materia
cavalleresca
• Il proemio è suddiviso in tre parti:
1.
protasi (vv. 1-12);
2.
invocazione (vv. 13-16);
3.
dedica (vv. 17-32).
• La protasi esprime sinteticamente l’argomento e introduce il carattere generale dell’opera. Non si tratta di un
racconto compiuto (un inizio, una fine, una o più vicende che ruotano attorno all’eroe principale), ma piuttosto
è un fluire continuo di situazioni, donne, cavalieri, un intreccio avventuroso d’arme (del ciclo carolingio),
d’amori (del ciclo bretone), di cortesie, di audaci imprese. I filoni principali affondano le loro radici dello
scenario del Medioevo:
 la guerra dei Mori in Francia difesa da Carlo e dai suoi eroici paladini;
 la storia di Orlando;
 la storia del capostipite della casa estense.
• Nell’invocazione, il poeta introduce, in modo molto garbato, l’accenno alla donna amata e, al tempo stesso,
confessa che pure lui per poco non è stato vittima della follia (come Orlando). Egli non chiede all’amato
l’ispirazione poetica, ma la fine della follia d’amore per poter completare l’opera promessa al suo Signore.
• La dedica è a Ippolito d’Est, ma pare che questi apprezzasse poco la poesia. Il tono del poeta è pertanto quasi
rivendicativo, quando esalta il valore della poesia,dalla quale gli incarichi diplomatici di cui il Cardinale lo
gravava lo distoglievano: egli non pretende di imporsi con forza all’attenzione del suo Signore, gravato da
problemi di ordine politico ed ecclesiastico, chiede solo che si faccia un poco di posto ai suoi versi.
• La presentazione dell’altro eroe, Ruggiero (dal cui matrimonio con Bradamante avrà origine la stirpe degli
Este), consente al poeta un’occasione adulatoria nei confronti dei duchi di Ferrara.
Innovazione ariostesca
La struttura del proemio ricalca il modello del poema epico, con numerose novità.
Nella tradizione storica medievale la guerra tra cristiani ed infedeli ha i caratteri di crociata,
invece qui nasce da una sete di vendetta personale (seguendo l'ire e i giovenil furori/
d'Agramante ,vv. 5-6).
• L’argomento che dà il titolo al poema è decisamente innovativo rispetto alla tradizione
cavalleresca (Dirò d'Orlando …cosa non detta in prosa mai né in rima, vv. 9-10):
1. Orlando, difensore della fede cristiana, è celebrato dall’epica Canzone di Orlando come eroe
glorioso, pronto a sacrificare la propria vita per salvare l’onore del proprio re;
2. Orlando diventa “innamorato” della pagana Angelica, figlia del re del Catai, in Boiardo;
3. la pazzia d’amore è tema del tutto nuovo, tipicamente ariostesco.
• Rispetto alla consuetudine classico-medievale, l’invocazione non è più alle Muse, ad Apollo o a
Dio, ma alla donna amata.
• La dedica encomiastica mette a fuoco il rapporto cortigiano tra l’intellettuale che scrive in onore e
per il diletto del Signore, che a sua volta deve protezione e rispetto al poeta; nel contempo
instaura un legame tra il poeta e il suo pubblico, rappresentato dalla corte ferrarese.
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Fusione tra solennità epica e stile
colloquiale
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La varietà dello stile, che fonde solennità epica e registro ironico-colloquiale, rimanda alla
verità della materia trattata nel poema.
I primi tre versi introducono uno stile elevato, perché riecheggiano un verso classico
dell’Eneide (I a.C.) di Virgilio (Arma uirumque cano = Canto le armi e l’eroe: “canto le
imprese di Enea”) e la formula poetica dell’ideale “cortese” espresso da Dante nel Purgatorio
(le donne e’ cavalier, li affanni e li agi/che ne ‘vogliava amore e cortesia; XIV, vv. 109-110).
Si noti poi l’inversione tra complemento oggetto e verbo (le donnne…canto) unita alla
particolare costruzione a chiasmo.
Le donne
i cavalier
L’arme
gli amori
Le cortesie
le imprese
La funzionalità dell’ironia
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Nella seconda ottava lo stile si abbassa, la parola-chiave matto è prosaica e di registro
colloquiale-familiare e la follia d’amore del paladino è accostata a quella dell’autore.
Si passa così dal tono epico a quello ironico, che consente ad Ariosto di far schermo ai propri
sentimenti e di riflettere sulle devianti dell’uomo.
Grafo dinamico di carattere riaggregativo dell'intreccio
del primo canto dell'Orlando furioso
Schema strutturale dell'Orlando furioso
Sintesi ottave I
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5-9 antefatto: vengono riassunti gli avvenimenti principali dell'Orlando innamorato: Orlando, rientrato
in Occidente con Angelica, deve affrontare la rivalità del cugino Rinaldo. L'imperatore affida la donna
a Namo di Baviera, pensando di darla in premio al paladino che avrebbe ucciso il maggior numero di
nemici.
10 fuga di A.: la donna approfitta della confusione per abbandonare l'accampamento cristiano. Entra
così in un bosco.
10,8-12 incontro A.-R.: Angelica avvista un cavaliere appiedato; appena lo riconosce si dà alla fuga.
Anche Rinaldo (che era alla ricerca di Baiardo) riconosce la donna e la insegue.
13 fuga di A.
13,8-16 incontro A.-F.: Angelica giunge a un fiume dove trova Ferraù impegnato nella ricerca dell'elmo
caduto nell'acqua. Anche il Saraceno la riconosce e si appresta a difenderla.
17, 1-4 duello R.-F.
17,4-8 fuga di A.: la giovane approfitta ancora una volta dell'occasione per fuggire.
18-22,6 accordo R.-F.: rinvio duello: accortosi della fuga di Angelica, Rinaldo propone al rivale una
tregua. Il combattimento non avrebbe infatti senso, e potrà riprendere non appena la donna sarà
nuovamente a portata di mano. I due si danno all'inseguimento dell'amata. Il narratore interviene a
commentare.
22,7-23,6 bivio: Rinaldo e Ferraù si separano. Come la strada, si biforcano anche i racconti che
riguardano i due cavalieri.
23,7-25-4 vicenda di F.: Ferraù si ritrova al punto di partenza (ruscello) e, persa la speranza di
ritrovare l'amata, riprende la ricerca dell'elmo.
Sintesi ottave II
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25,5-31,6 incontro F.-Ar.: dall'acqua esce un cavaliere che rimprovera Ferraù di non aver rispettato i
patti: è Argalia, che Ferraù aveva ucciso e al quale aveva promesso di restituire l'elmo. Ora che il
legittimo proprietario se ne è impossessato di nuovo, Ferraù potrà conquistarne un altro. Superato il
turbamento derivante dall'apparizione del fantasma e dai rimproveri, Ferraù giura a se stesso di avere
l'elmo di Orlando, di cui si mette subito alla ricerca.
31,7-32,7 vicenda di R.: Rinaldo si imbatte in Baiardo, ma il cavallo non si ferma al suo richiamo.
32,8-38,4 fuga di A.: Angelica, dopo aver vagabondato per giorni, si riposa infine presso un boschetto.
38,5-58 incontro A.-S.: Angelica avvista un cavaliere e ne ascolta i lamenti: è Sacripante che si duole
per l'avversa fortuna, che avrebbe favorito altri uomini nella conquista della donna amata. Una volta
riconosciuto l'antico protettore, Angelica pianifica di servirsene ancora una volta come scorta. Si
manifesta a Sacripante e lo convince della sua verginità. Sacripante, a sua volta, intende approfittare
dell'occasione e sedurre la ragazza.
59-60 incontro A.-S.-Br.: mentre Sacripante si accinge a mettere in pratica i suoi propositi, è
disturbato dall'arrivo di un cavaliere misterioso.
61-67 duello S.-Br.: Sacripante è sconfitto; il cavaliere riprende la sua strada e Angelica tenta di
confortare il compagno, ferito nell'orgoglio.
68-71 incontro A.-S.-m.: sopraggiunge un messaggero che rivela l'identità del cavaliere: si tratta di
una donna! Sacripante, sempre più abbattuto, rimanda ad altra occasione la conquista di Angelica. I
due riprendono il cammino.
72-76 incontro A.-S.-Ba.: i due incappano in Baiardo.
77-81 incontro A.-S.-Ba.-R.: Angelica avvista Rinaldo e supplica Sacripante di riprendere la fuga. Il
cavaliere si ritiene offeso e se ne lamenta. Nel frattempo Rinaldo, riconosciuto il cavallo e l'amata, è
sempre più vicino.
Commento al primo canto
I luoghi
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Le vicende del canto I si svolgono principalmente nella selva. Il gioco degli incontri e degli
imprevisti mette in scena uno dei temi centrali nella riflessione cinquecentesca: il potere della
Fortuna e le possibilità di affermazione del valore umano (cfr. "si messero ad arbitrio di
fortuna" ott. 23,5).
Alcuni critici hanno pertanto visto nella foresta una metafora della vita.
Il fiume (ott. 13) caratterizza l'episodio di Ferraù; il boschetto (ott. 35-37) - tipico locus
amoenus di derivazione petrarchesca - (fresca aura, chiari rivi, erbe tenere e nuove, dolce
concento, fiori, chiare onde, fresca erba, prun fioriti, vermiglie rose, liquide onde, querce
ombrose, tenere erbette) quello di Sacripante.
Il bivio è allusivo della bipartizione delle vicende dei due cavalieri.
La descrizione dei luoghi ha un'importante valore strutturale: ogni volta che viene introdotto un
nuovo ambiente si passa a un nuovo episodio.
Tempi
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Le vicende raccontate nel poema si svolgono in epoca medioevale, più precisamente durante lo
scontro tra Franchi e Saraceni ("che furo al tempo che passaro i Mori / d'Africa il mare, e in
Francia nocquer tanto" ott.1,3-4).
L'epoca non viene però rappresentata in maniera storicamente attendibile: solo esteriormente i
cavalieri appartengono al IX secolo; la loro mentalità è quella rinascimentale.
L'episodio che mette meglio in luce questo aspetto è la conclusione del duello tra Rinaldo e
Ferraù: appurato che Angelica ha approfittato della schermaglia per scappare, il paladino
suggerisce al nemico e rivale in amore di rinviare la tenzone. Il commento del narratore è
quanto mai esplicito: "Oh gran bontà dei cavalieri antiqui!..." (ott. 22). Nessun cavaliere
medioevale avrebbe rinviato il duello! Nel discorso di Rinaldo (ott. 19-20) vi è un'eco della
razionalità moderna, del "buon senso" cinquecentesco, più realistico del rispetto di una norma
astratta.
Commento al primo canto
L'incastro
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L'Ariosto usa largamente un artificio narrativo tradizionale nel romanzo cortese, l'entrelacement o incastro fra
le varie storie, che consiste nella narrazione di esse in modo intermittente, interrompendo la prima per
inserire la trattazione parziale d'una seconda, poi d'una terza, per ritornare poi alla prima, interromperla
di nuovo per completare la seconda, e così via. Ne risulta una sequenza di segmenti narrativi, con un ordine
apparentemente fortuito (anche se, in realtà, rivela una tecnica di montaggio assai raffinata), che si compone
peraltro nel Furioso con la convergenza, sull'esempio dell'epopea classica, verso un fine e verso un racconto
organico, articolato sulle tre storie di cui s'è detto. Ariosto fonde cioè la tecnica della trasmissione orale del
poema o racconto (prevalente nell'epopea cavalleresca medievale o nel romanzo cortese, dove l’entrelacement
è un espediente per mantenere viva l'attenzione dell'uditorio) e quella della trasmissione scritta, incentrata sul
libro e sulla lettura (il poema classico greco-romano, il suo ideale di unità nella varietà).
In questo canto, inizio di varie avventure, la vicenda è di continuo spezzata e intrecciata con altre. Angelica
fugge, ma incontra Rinaldo; fugge e incontra Ferraù che s'azzuffa con Rinaldo; fugge ancora, e intanto Ferraù
trova un nuovo oggetto del desiderio, dimenticando Angelica, l'elmo di Orlando, che lo coinvolgerà in nuove
avventure. Intanto Angelica incontra Sacripante...; e così via. Ogni personaggio, in tal modo, incomincia un
movimento verso l'oggetto del proprio desiderio, balenato per un attimo e perduto, comune spesso a più d'un
cavaliere (il che porta a un intrecciarsi di varie storie) e reso di continuo irraggiungibile dal complesso,
intricato, imprevedibile svolgersi della vita. Ma la costante tensione emotiva del personaggio, il crescere e
ingigantirsi del desiderio nella fantasia, la continua vicenda di illusione e delusione determinano una
struttura labirintica nella narrazione, un continuo andirivieni che diventa emblematico della vicenda interiore
del personaggio. La struttura narrativa appare così commisurata all'esperienza psicologica, riflessa, tuttavia, di
preferenza nel gesto e nell'azione.
Le trasformazioni
• È un'altra legge interna all'opera, che si delinea chiara fin dall'inizio:
 muta la protagonista, che non ha, come s'è detto, un suo profilo inequivocabile, ma "diventa"
secondo le circostanze, ora "donzella spaventata", tenera e fragile, ora astuta e calcolatrice;
ora dea della natura, bellissima, serena e placida.
 mutano gli oggetti della ricerca e del desiderio. Rinaldo insegue il suo cavallo, Ferraù l'elmo
di Argalia. Poi tutti e due la donna. Poi di nuovo su cavallo ed elmo. Diversità, dunque, e
calcolate simmetrie, in cui l'oggetto del desiderio muta costantemente e viene di continuo
sostituito.
• Quello che appare disordine - e lo era nell'Innamorato del Boiardo - qui è ordine nascosto,
equilibrio, armonia:
 muta la scenografia. La foresta è orrida e selvaggia prima, poi è oasi di pace.
 Vengono qui riutilizzati due "luoghi" (= tropi) classici della tradizione letteraria: il locus
amoenus (idillico) e la selva orrida (dantesca). La donna che fa tutt'uno con la natura è luogo
letterario molto ripetuto, dagli stilnovisti in poi. È un esempio del dissimulato (però
intensissimo) classicismo del Furioso.
 mutano le convinzioni, i comportamenti dei personaggi. Esempio lampante è Sacripante:
ora delicato cantore della verginità femminile, ora spregiudicato seduttore. Un altro esempio è
Angelica stessa: ora inorridita e fuggente, ora astuta e fredda, ipocrita e civetta, ora bella
placida e serena.
L'attesa delusa
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Il meccanismo che governa il mutamento non è, però, casuale, ma risponde ad un principio,
quello dell'attesa delusa. Le cose cambiano sì, ma nel modo meno aspettato, deludono le
attese, le speranze e i progetti e le intenzioni sortiscono effetti contrari a quelli voluti.
Infatti i cavalieri non trovano quello che cercano e trovano quello che non hanno cercato.
Questo meccanismo apre, svela un tema cruciale: i parziali e isolati smacchi preludono
all'attesa delusa centrale e dominante, da cui scaturisce la follia di Orlando e, a livello non
tragico, alludono alla magia del castello di Atlante, luogo delle vanità, come la Luna indagata
da Astolfo.
La figura retorica dominante
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Naturalmente questa trama ideologica e questo sentimento della vita incidono sullo stile:
domina nel canto un segno retorico che, in senso lato, può dirsi ossimoro. Cominciando dal
titolo, proseguendo nella seconda ottava (furore/matto - saggio). Tutto il poema sembra
fondarsi sull'ironica, sorridente, giustapposizione di episodi e personaggi fra loro
contrastanti, sull'allineamento di situazioni che si smentiscono a vicenda.
È però anche vero che l'ossimoro non distrugge con il suo pluralismo l'autonomia dei singoli
elementi. Cioè Angelica "è" l'agnello incalzato dai lupi, ma "è" - anche - utilitaristica femmina
che sfrutta la passione di Sacripante.
L'intervento ironico
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Proprio nel mezzo di questi "ossimori" scatta più incisiva la reazione personale, il commento
del poeta alla vicenda narrata, sempre improntato a ironico distacco, a contemplazione
saggia, divertita e amara di quello che è la vita, ma tuttavia, come standosene un po' "al di
fuori".
** Ecco il giudicio uman come spesso erra… (ottava 7): ed entra in campo la lunga metafora
dell'errare, verbo tipico dei luoghi cruciali del poema, verbo della follia d'amore e della ricerca
della felicità, sempre però delusa.
** Oh gran bontà dei cavallieri... (ottava 22): ed è qui liquidata, senza clamori, la
contrapposizione medievale in nome della fede. Qui vige il codice cavalleresco dell'onore, del
rispetto che, umanisticamente, scarta ogni "razzismo" ideologico.
** Forse era ver, ma non però credibile...(ottava 61): qui Ariosto s'insinua per gettare un
seme di dubbio e per dirci che, in fondo, Angelica è donna, non dea sovrumana (e la riconduce,
perciò, all'umanità e spezza col realismo il pericoloso incanto della favola). Ma c'è di più:
"l'azione distruttiva di questo commento si proietta oltre: essa vuole creare fin dall'inizio i
presupposti concreti della visione molteplice del poema, un controcanto realistico e
demistificante "rispetto all'idealismo un po' medievale di Orlando."
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LUDOVICO ARIOSTO