La Divina Commedia
consta
di
14.223
endecasillabi, distribuiti in
cento canti raggruppati in
tre cantiche :
'Inferno composto di 34
canti
(il
primo
è
introduttivo
all'intero
poema), in totale 4720
versi;
Purgatorio di 33 canti per
una somma di 4755 versi;
-Paradiso di 33 canti con
4758 versi in tutto.
Dante non collocò esplicitamente nel
tempo il suo viaggio ultraterreno.
Nella Divina Commedia sono,
tuttavia, presenti alcuni riferimenti
grazie ai quali è possibile inquadrare
in un immaginario momento storico
il viaggio di Dante.
Tale viaggio nei tre regni
oltremondani copre un arco di sette
giorni, con palese riferimento ai
biblici sette giorni della creazione del
mondo
webscuola.tin.it/risorse/ inferno/opera/
Per saperne di più
Inferno
Purgatorio
Paradiso
Inferno
Inferno - canto 1
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!
Tant'è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,
dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte.
Io non so ben ridir com'i'
v'intrai,
tant'era pien di sonno a quel
punto
che la verace via abbandonai.
facoltativo
Ma poi ch'i' fui al piè d'un colle
giunto,
là dove terminava quella valle
che m'avea di paura il cor
compunto,
guardai in alto, e vidi le sue
spalle
vestite già de' raggi del
pianeta
che mena dritto altrui per
ogne calle.
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pages/danteinf.htm
Inferno - canto 3
Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore
per me si va tra la perduta gente
Giustizia mosse il mio alto fattore:
fecemi la divina podestate,
la somma sapienza e 'l primo amore
Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate".
Queste parole di colore oscuro
vid'io scritte al sommo d'una porta;
per ch'io: «Maestro, il senso lor m'è duro».
Ed elli a me, come persona accorta:
«Qui si convien lasciare ogne sospetto;
ogne viltà convien che qui sia morta.
Noi siam venuti al loco ov'i' t'ho detto
che tu vedrai le genti dolorose
c'hanno perduto il ben de l'intelletto»…..
Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: «Guai a voi, anime prave!
Non isperate mai veder lo cielo:
i' vegno per menarvi a l'altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e 'n gelo.
E tu che se' costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti».
Ma poi che vide ch'io non mi partiva,
disse: «Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare:lieve
legno convien che ti porti».
E 'l duca lui: «Caron, non ti
crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non
dimandare».
Quinci fuor quete le lanose gote
al nocchier de la livida palude,
che 'ntorno a li occhi avea di fiamme
rote.
Ma quell'anime, ch'eran lasse e nude,
cangiar colore e dibattero i denti,
ratto che 'nteser le parole crude.
Bestemmiavano Dio e lor parenti,
l'umana spezie e 'l loco e 'l tempo e 'l
seme
di lor semenza e di lor nascimenti.
Caron dimonio, con occhi di
bragia,
loro accennando, tutte le raccoglie;
batte col remo qualunque s'adagia.
Come d'autunno si levan le foglie
l'una appresso de l'altra, fin che 'l
ramo
vede a la terra tutte le sue spoglie,
similemente il mal seme d'Adamo
gittansi di quel lito ad una ad una,
per cenni come augel per suo
richiamo.
Così sen vanno su per l'onda bruna,
e avanti che sien di là discese,
anche di qua nuova schiera s'auna.
Per saperne di più
Purgatorio
Purgatorio - canto I
Per correr miglior acque alza le vele
omai la navicella del mio ingegno,
che lascia dietro a sé mar sì crudele;
e canterò di quel secondo regno
dove l'umano spirito si purga
e di salire al ciel diventa degno.
Ma qui la morta poesì resurga,
o sante Muse, poi che vostro son
e qui Caliopè alquanto surga,
seguitando il mio canto con quel
suono
di cui le Piche misere sentiro
lo colpo tal, che disperar perdono
Com'io da loro sguardo fui partito,
un poco me volgendo a l'altro polo,
là onde il Carro già era sparito,
vidi presso di me un veglio solo,
degno di tanta reverenza in vista,
che più non dee a padre alcun figliuolo.
Lunga la barba e di pel bianco mista
portava, a' suoi capelli simigliante,
de' quai cadeva al petto doppia lista
«Chi siete voi che contro al cieco fiume
fuggita avete la pregione etterna?»,
diss'el, movendo quelle oneste piume.
«Chi v'ha guidati, o che vi fu lucerna,
uscendo fuor de la profonda notte
che sempre nera fa la valle inferna?
Son le leggi d'abisso così rotte?
o è mutato in ciel novo consiglio,
che, dannati, venite a le mie grotte?».
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Paradiso
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Canto I
La gloria di colui che tutto move
per l'universo penetra, e risplende
in una parte più e meno altrove.
Nel ciel che più de la sua luce prende fu' io,
e vidi cose che ridire né sa né può
chi di là sù discende;
perché appressando sé al suo disire,
nostro intelletto si profonda tanto,
che dietro la memoria non può ire.
Veramente quant'io del regno santo n
e la mia mente potei far tesoro,
sarà ora materia del mio canto.
IL TEMA DELL’AMORE TRA PASSIONE E VIRTU’
Uno dei temi che impegna Dante nel suo viaggio nell'oltretomba è
il rapporto fra amore-virtù ed amore-passione.
Dante, all'inizio, amò Beatrice secondo i canoni dell'amor cortese e la cantò nei modi
tipici del "Dolce Stil Novo", presto, tuttavia, quell'amore acquisì un significato
diverso, stimolo ad una profonda introspezione umana e morale.
Se Semiramide, Cleopatra e Didone
(Cerchio II - Lussuriosi) propongono un percorso di sublimazione dell'amore dal vizio
alla passione, Francesca da Rimini rappresenta l'ultima, e più pericolosa, frontiera
del peccato.
Nel Purgatorio Dante opera, tuttavia, un recupero dell'esperienza stilnovistica.
Nell'incontro con il poeta Bonagiunta Orbicciani teorizza il nucleo di quella sua
esperienza giovanile:
"Un giorno" qualsiasi, in una condizione del tutto normale della vita di corte che,
Dante conosceva bene, il turbamento nasce seguendo quei canoni dell'amor
cortese, tranquillo e forse un po' compiaciuto gioco sentimentale, ma acquista presto
tutt'altra forza e cessa di essere quell'"Amor ch'al cor gentil ratto s'apprende", uno
dei cardini dello stilnovismo, e ricade nella sfera della passione senza regole e
quindi del peccato.
la rappresentazione poetica dell'amore cessa di essere una vicenda sentimentale,
se pur stilizzata al massimo grado e diventa introspezione.
Così nella Cornice VII del Purgatorio
Questo percorso si conclude nel Cielo III del Paradiso dove il poeta eleva le vicende
biografiche di Folchetto di Marsiglia e Cunizza da Romano a modello di riferimento
dell'esperienza dell'amore terreno sublimato nella consacrazione religiosa Dante
incontra Guido Guinizzelli ed Arnaldo Daniello, poeti che svilupparono nella loro
opera il tema dell'amore vissuto nel suo duplice aspetto di passione e di elevazione
dello spirito e dell'intelligenza e che, tuttavia, non risolsero appieno tale nodo.
Le donne nella Divina Commedia
A partire da Beatrice, persona e personaggio della Commedia, è
l’idealizzazione, in senso trascendente, della donna. Beatrice fu,
insieme, una donna realmente vissuta, una creatura celeste, un
riflesso dell'ansia di ascesa spirituale e di purificazione del poeta.
Didone e Francesca da Rimini sono donne ancora segnate dalla
passione e profondamente legate alla realtà terrena dei sentimenti e
dei turbamenti che essi provocano.
Nel Purgatorio il poeta incontra Pia de' Tolomei.
Il testo non chiarisce tutti i particolari della vicenda biografica ma fa
luce sul nodo essenziale, sulle circostanze violente della morte, e sui
sentimenti della donna: Pia fu uccisa dal marito e non vuole
vendetta, segno dell'amore terreno elevato dal perdono ad una realtà
di salvezza.Nel Paradiso Terrestre, Matelda, è la raffigurazione della
felicità, dell'umanità in armonia con il Creatore.
Nel Paradiso, Dante intuisce il dolore e la rassegnazione silenziosa, che mai cede al rancore,
della vita di Piccarda Donati accanto al marito che le era stato imposto e su questi sentimenti
costruì la sua salvezza eterna e la fece portavoce della necessità del beato, come dell'uomo,
di accordare la sua volontà a quella di Dio per raggiungere la personale pienezza.
Il percorso si conclude con Maria:, "umile ed alta più che creatura". Ellla, infatti, è la "faccia
che a Cristo più si somiglia", il passaggio fondamentale che prepara l'uomo Dante alla
contemplazione di Dio.
RISORSE
ON-LINE
APPROFONDIMENTI
Inferno
Canto I
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita. …
Canto III
Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente. …
Canto V
Così discesi del cerchio primaio
giù nel secondo, che men loco cinghia,
e tanto più dolor, che punge a guaio.
Canto VII
«Pape Satàn, pape Satàn aleppe!»,
cominciò Pluto con la voce chioccia;e
quel savio gentil, che tutto seppe….
Canto X
Ora sen va per un secreto calle,
tra 'l muro de la terra e li martìri,
lo mio maestro, e io dopo le spalle.
Canto XII
Era lo loco ov'a scender la rivavenimmo,
alpestro e, per quel che v'er'anco,tal,
ch'ogne vista ne sarebbe schiva.
Canto XIII
Non era ancor di là Nesso arrivato,
quando noi ci mettemmo per un bosco
che da nessun sentiero era segnato.
Canto XVII
«Ecco la fiera con la coda aguzza,
che passa i monti, e rompe i muri e l'armi!
Ecco colei che tutto 'l mondo appuzza!».
Canto XVIII
Luogo è in inferno detto Malebolge,
tutto di pietra di color ferrigno,
come la cerchia che dintorno il volge.
Canto XIX
O Simon mago,
o miseri seguaciche le cose di Dio,
che di bontate deon essere spose, e voi rapaci
Canto XXII
Io vidi già cavalier muover campo,
e cominciare stormo e far lor mostra,
e talvolta partir per loro scampo;
Canto XXVI
Godi, Fiorenza, poi che se' sì grande,
che per mare e per terra batti l'ali,
e per lo 'nferno tuo nome si spande!
Canto XXXI
Una medesma lingua pria mi morse,
sì che mi tinse l'una e l'altra guancia,
e poi la medicina mi riporse;
Canto XXXII
S'io avessi le rime aspre e chiocce,
come si converrebbe al tristo buco
sovra 'l qual pontan tutte l'altre rocce,
Canto XXXIII
La bocca sollevò dal fiero pasto
quel peccator, forbendola a'capelli
del capo ch'elli avea di retro guasto.
Canto XXXIV
«Vexilla regis prodeunt inferniverso di noi;
però dinanzi mira»,disse 'l maestro mio «se tu
'l discerni».
http://www.crs4.it/Letteratura/DivinaComm
edia/Inferno/Inferno.html &(22
Purgatorio
Canto I
Per correr miglior acque alza le vele
omai la navicella del mio ingegno,
che lascia dietro a sé mar sì crudele;
Canto V
Io era già da quell'ombre partito,
e seguitava l'orme del mio duca,
quando di retro a me, drizzando 'l dito,
Canto XIII
Noi eravamo al sommo de la scala,
dove secondamente si risegalo monte
che salendo altrui dismala.
Canto XVI
Buio d'inferno e di notte privata
d'ogne pianeto, sotto pover cielo,
quant'esser può di nuvol tenebrata,
Canto XVIII
Posto avea fine al suo ragionamentol'alto dottore
e attento guardavane la mia vista
s'io parea contento;
Canto XXII
Già era l'angel dietro a noi rimaso,
l'angel che n'avea vòlti al sesto giro,
avendomi dal viso un colpo raso;
Canto XXV
Ora era onde 'l salir non volea storpio;
ché 'l sole avea il cerchio di meriggel
asciato al Tauro e la notte a lo Scorpio:
Canto XXX
Quando il settentrion del primo cielo,
che né occaso mai seppe né orto
né d'altra nebbia che di colpa velo,
Canto XXXI
«O tu che se' di là dal fiume sacro»,
volgendo suo parlare a me per punta,
che pur per taglio m'era paruto acro,
Canto XXXIII
'Deus, venerunt gentes', alternando
or tre or quattro dolce salmodia,
le donne incominciaro, e lagrimando;
http://www.crs4.it/Letteratura/DivinaCommedia/P
urgatorio/Purgatorio.html
Paradiso
Canto I
La gloria di colui che tutto move
per l'universo penetra, e risplende
in una parte più e meno altrove.
Canto II
O voi che siete in piccioletta barca,
desiderosi d'ascoltar, seguiti
dietro al mio legno che cantando varca,
Canto III
Quel sol che pria d'amor mi scaldò 'l petto,
di bella verità m'avea scoverto,
provando e riprovando, il dolce aspetto;
Canto XIV
Dal centro al cerchio,e sì dal cerchio al centro
movesi l'acqua in un ritondo vaso,
secondo ch'è percosso fuori o dentro:
Canto XV
Benigna volontade in che si liquas
empre l'amor che drittamente spira,
come cupidità fa ne la iniqua,
Canto XVII
Qual venne a Climené, per accertarsi
di ciò ch'avea incontro a sé udito,
quei ch'ancor fa li padri ai figli scarsi;
Canto XXXII
Affetto al suo piacer, quel contemplante
libero officio di dottore assunse,
e cominciò queste parole sante:
Canto XXXIII
«Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d'etterno consiglio,
http://www.crs4.it/Letteratura/DivinaCommedia/Pa
radiso/Paradiso.html
...silenzio...
...cala la notte…
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Divina commedia 2 - Istituto Comprensivo di Santo Stefano Belbo