Giovedì Santo
“in Coena Domini”
Parti di testo presi da omelie di
Don Paolo Curtaz e Padre Mimmo Castiglione
Inizia il Triduo Pasquale,
i tre giorni più lunghi dell'anno,
le tue ultime ore, o Gesù.
Nella mattinata di oggi,
in tutte le Cattedrali del mondo,
i sacerdoti si sono riuniti col loro
Vescovo per consacrare
gli olii della consolazione,
poi stasera nella parrocchie,
dalle grandi metropoli
alle sperdute comunità di montagna,
ricorderemo quella dolcissima notte,
quella cena piena di emozione
in cui hai inventato quel pane
del cammino, il momento in cui
ogni prete si sente chiamato
a ripetere quel gesto,
il momento in cui,
chiedendo agli apostoli di ripetere
quel gesto,
hai inventato il sacerdozio...
L'ultimo atto inizia qui, con
questa Cena in cui il Cristo è
presente in mezzo a noi,
VIVO. Lui desidera
ardentemente mangiare la
Pasqua con noi: il suo cuore
brucia come una fiaccola, la
sua Presenza è un incendio
d'amore. E Gesù compie, a
conclusione di tutto ciò che
ha detto e fatto, un gesto
che nessuno, neanche gli
apostoli, sarebbe riuscito a
immaginare: si consegna e si
lascia massacrare. I suoi non
sono soltanto bei discorsi,
vuote parole! Il gesto della
morte in croce è definitivo,
inequivocabile: non può essere
interpretato, ma solo accolto.
Gesù sta per vivere l'amore fino al paradosso del tutto,
come più volte ha predicato. In questo gesto, ci dice:
"Il tuo cuore è indurito, non hai capito che ti voglio bene,
l'unico modo per farti capire quanto mi sei prezioso,
è che il mio amore diventi sangue versato, dono totale."
Giovanni introduce la Passione nel suo vangelo dicendo:
"Gesù, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo
li amò fino alla fine" (Gv. 13,1)
Gesù sceglie di donarsi a ciascuno di noi in un modo semplice,
povero, scandaloso. Un modo che ci riempie la testa di dubbi:
"Come è possibile: un po' di pane, un po' di vino
e devo credere che Gesù è presente...."
Pascal ci risponderebbe: "Se credo che Dio è diventato un uomo,
non faccio nessuna fatica a credere
che si possa fare pane e vino."
Gesù accetta il
rischio
dell'incomprensione.
Ancora oggi si
consegna. Nelle
nostre Eucarestie
slavate, senza fede,
affrettate,
reinterpretate, Gesù
accetta di non essere
capito. Viviamo
questa celebrazione
con cuore spalancato,
lasciamo che sia
riempito di stupore
da questo dono senza
misura di sé.
Noi celebriamo la
cena, Gesù, con
cuore commosso alle
lacrime per il tuo
amore per noi e per
l’invito che ci fai.
Ma Gesù prima di offrirsi vittima per la nostra redenzione,
vuole ancora insegnarci qualcosa, e si cinge la veste, si inginocchia…
lava i piedi agli apostoli… e a noi e ci raccomanda di fare altrettanto.
Ci rendiamo conto di quanto siamo incapaci di amare come te, Gesù.
Il nostro amore non è affatto gratuito, ma è fondato sul contraccambio,
attendiamo che gli altri ci amino secondo le nostre aspettative,
e se questo non avviene allora sono guai, li abbandoniamo.
E poi le delusioni! Il nostro voler bene non è eterno,
finisce ai primi accenni di rifiuto e di ostilità.
Il nostro affetto non è unico, siamo capaci di adulterio
ad ogni sorgere di passione anche se sappiamo essere passeggera.
Nel tesoro del mio
cuore, quel catino pieno
d'acqua, e la brocca.
In quell'acqua le tue
mani lavano la mia
vergogna: con Pilato ti
ho consegnato, per
paura di perdere il
posto, la poltrona.
Nel museo della mia
memoria
quell'asciugatoio: con
tanta cura la tua
delicatezza asciuga i
miei piedi, che la
polvere della fatica
quotidiana piaga e fa
insanguinare.
Siamo incapaci di servire amando per dono, di un amore che esige
abnegazione, rinuncia, sacrificio a favore della realizzazione dell'altro.
Non abbiamo capito ciò che hai fatto, e dopo cena...
Come discepoli abbiamo voluto essere più grandi del maestro...
Eppure l'amore con il quale ci hai amati ci affascina
perché scelto liberamente e pieno di senso.
Mi rendo conto, Gesù, di quanto sono lontano dall'amare veramente come tu hai amato,
a qualsiasi prezzo e sempre; ho servito l'altro stando bene attento
al ritorno dei miei interessi. Furbo nello scoprire i bisogni dell'altro
per esaudirli e legare l'altro a me, per poi esercitare potere.
Pietà Signore Gesù.
Guardando alle necessità altrui, la mia vanagloria mi ha impedito di servire con umiltà.
Pietà Gesù umile di cuore.
Ti consegno, maestro Gesù, questa mia incapacità di servire l'altro con umiltà,
deponendo le vesti della mia immagine che considero migliore, autorevole e superiore.
Considero inferiorità servire l'altro che mi è ostile,
come anche lasciarmi servire nella mia povera condizione umana.
Pietà Signore Gesù.
Incapace come sono di
servire con umiltà l'altro
quando mi rinnega e mi
tradisce, quando parla male
di me, quando non mi
considera, quando non
obbedisce ai miei voleri,
non mi segue e mi è ingrato.
Pietà Signore Gesù.
Anch'io sono stato ingrato
con quanti mi hanno servito
nel mio bisogno.
Pietà Maestro,
non ho ancora compreso
ciò che hai fatto per me.
Io, o mio Gesù….per pochi soldi ti svendo,
ti tradisco, per qualche piccola, effimera, soddisfazione.
Anche Giuda ha fatto così,
deluso dal tuo comportamento pacifico e misericordioso.
Ti voleva provocare, voleva cambiare la tua volontà
imponendoti la sua, il suo pensiero,
….ed è rimasto vittima delle sue stesse mani.
Anch’io, Gesù, spesso intingo il pane con te
e poi corro dietro al peccato e tradisco la tua fiducia.
Pietà di me, Signore.
Oh, Gesù,
che non mi accada
come a Giuda,
di perdere la speranza nel
tuo perdono.
Oh, Gesù, aiutami ad
essere paziente e
fiducioso.
Oh, mio Gesù, non
permettere che io faccia
di testa mia, MAI.
[email protected]
Grazie Signore Gesù per avermi amato fino alla fine.
Grazie per avermi ancora invitato a cena con Te.
Grazie per riporre ancora in me la tua fiducia.
Insegnami a fare come te,
per essere davvero tuo discepolo,
avere senso nel seguirti,
pieno di zelo e di passione nell'appartenerti.
elaborato da Eugenio
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