Artù Le figure della leggenda 27-28 27. Le figure della leggenda Lancillotto addormentato presso la cappella del Graal Queste del Saint Graal Milano, verso il 1380-1385. Copiato da Albertolus de Porcelis Provenienza: Barnabo Visconti; incorporato nella biblioteca dei duchi di Milano da Gian Galeazzo Visconti; trasferito da Luigi XII nel castello di Blois nel 1500 BnF, Manuscrits, français 343, f. 17v-18 Lancillotto addormentato presso la cappella del Graal • Questo magnifico manoscritto, realizzato per il duca di Milano, Bernabò Visconti (1323-1385), contiene una versione particolare della Queste del Saint Graal, che combina il testo del Lancelot-Graal con un lungo frammento della Queste detto Post-Vulgate, in cui appaiono personaggi del Tristan en prose, come Tristano e Palamede. Si tratta di uno dei testimoni della fortuna della materia di Bretagna - e in particolare dei romanzi di Tristano – in Italia. L’iullustrazione sembra essere stata divisa tra quattro artisti. La qualità del disegno, migliorato con colori, oro e argento rivela il lavoro della bottega del Maestro del Guiron le Courtois (BnF, NAF 5243), un miniatore lombardo che eccelle soprattutto nella messa in scena e nella prospettiva, che volutamente supera l’impaginazione per risparmiare spazio ai margini. Questo artista, il cui prestigioso talento si esprime tanto nella forma che nell’interpretazione cortese e poetica dei romanzi che ha illustrato, ha lasciato un’impronta duratura nella minatura milanese della fine del XIV secolo. Presente negli inventari della biblioteca ducale allestiti nel 1426 e nel 1488, il manoscritto venne portato a Parigi da Luigi XII quando prese il ducato di Milano. La scena mostra Lancillotto addormentato quando gli apparirà il Graal: il suo peccato di adulterio gli impedisce di contemplare questi misteri. Artù e l’inviato di Nascieno; torneo a Camelot Queste del Saint Graal Milano, verso il 1380-1385. Copiato da Albertolus de Porcelis Provenienza: Barnabo Visconti; incorporato nella biblioteca dei duchi di Milano da Gian Galeazzo Visconti; trasferito da Luigi XII nel castello di Blois nel 1500 BnF, Manuscrits, français 343, f. 4v Artù e l’inviato di Nascieno; torneo a Camelot • La damigella inviata da Nascieno annuncia per prima cosa a Lancillotto che lui ormai non è più il miglior cavaliere del mondo e, poi, ad Artù che il Santo Graal apparirà nel suo castello. Presagendo che la ricerca del Graal sta per iniziare, re Artù bandisce un grande torneo: «Guardando a valle, vedono giungere a passo svelto, una damigella montata su un bianco palafreno. Ella s’arresta, saluta il re e, piangendo, avvisa Lancillotto che non è più il miglior cavaliere del mondo. Poi ella dice: “Re Artù, l'eremita Nascieno ti manda a dire per me che ti toccherà il più grande onore mai avuto da un cavaliere di Bretagna. Il Santo Graal apparirà oggi nel tuo castello e nutrirà i tuoi cavalieri della Tavola rotonda”. Dopo aver pronunciato queste parole, se ne torna. Intendendo che i suoi baroni avrebbero presto intrapreso la ricerca del Santo Graal, il re ordinò che si tenesse un torneo memorabile. Tutti approvano. Dopo che si furono disposti sui prati di Camelot, Galaad prende usbergo ed elmo, ma non vuol prendere lo scudo. La Regina era sulle mura in grande compagnia di dame e damigelle. Galaad spezza le lance così maldestramente che in breve non c'è più nessuno che lo consideri il miglior cavaliere. Dopo i vespri, il re fa mettere le mense ed i cavalieri riprendono il loro posto. Si fa sentire un prodigioso rumore di tuono ed ecco che entra un raggio di sole che illumina il palazzo cento volte. Coloro che erano presenti venivano illuminati dalla grazia di Nostro Signore. Essi si guardavano, incapaci di parlare. Senza che nessuno potesse vedere chi lo aveva portato, il Santo Graal apparve, coperto da una veste bianca, effondendo buoni odori di spezie. Al suo passaggio, le mense si riempivano delle vivande che ciascuno desiderava. Quando tutti furono serviti, il sacro vaso scomparve.» 28. Le figure della leggenda Il Graal diventa un vaso liturgico cristiano: verso il 1200, Robert de Boron fa del Graal la coppa utilizzata per raccogliere il sangue di Cristo; diventa l'oggetto di una ricerca mistica nel Lancelot-Graal. Giuseppe d’Arimatea raccoglie il sangue di Cristo Lancelot-Graal avec interpolazione del Perlesvaus Parigi, tra il 1404 e il 1460 Provenienza: Jean, duca de Berry; Jacques d'Armagnac, duca di Nemours; presente nella biblioteca del re sotto Francesco I BnF, Manuscrits, français 120 [série français 117-120] (f. 520) Giuseppe d’Arimatea raccoglie il sangue di Cristo • Questo enorme manoscritto, appartenuto al duca di Berry, poi a Jacques V d'Armagnac, è attualmente suddiviso in quattro tomi. L’immagine del f. 520 richiama l'origine mitica del Graal, come è stato fissato nel XIII sec. da Robert de Boron e ripreso dal Lancelot-Graal e dal Perlesvaus. Essa rappresenta il Cristo al Calvario con la Vergine e San Giovanni. Inginocchiato ai piedi della croce, Giuseppe d'Arimatea raccoglie nel Santo Graal il sangue salvatore che si versa dal costato trafitto di Cristo, ricordando il gesto simbolico che l'iconografia tradizionale presta alla personificazione della Chiesa. La contemplazione di questo vaso sacro, segno della presenza divina e della redenzione è l'obiettivo della ricerca intrapresa dai cavalieri della Tavola Rotonda, le cui avventure sono un'allegoria della guerra spirituale contro le forze del male. L'intera pagina reca l'impronta della storia del manoscritto. Mentre la pubblicazione originale è dovuta al Maître des Cleres femmes, è stata rispettata, invece, la modellazione, le mani e i volti sono stati modificati intorno al 1460, probabilmente da Espinques Evrard, miniatore d’origine tedesca al servizio di Jacques d’Armagnac. Ai margini superiore e inferiore, sono timbrati, rispettivamente, gli stemmi dei due patroni: Jean de Berry e Jacques d'Armagnac. Prologo della Quête du Graal Lancelot-Graal Francia centrale (Ahun), verso il 1475 Provenienza: Jacques d'Armagnac; Pierre de Beaujeu; Jean de Chabannes; Jacques de Coligny; biblioteca del re (fine del XVI secolo) BnF, Manuscrits, français 116 [série français 113-116] (f. 607) Prologo della Quête du Graal • • L'ultimo volume di questa copia enorme e lussuosa del Lancelot-Graal, realizzato per il bibliofilo Jacques V d'Armagnac, grande amante dei romanzi della Tavola Rotonda, comincia con la Quête du Graal. L’immagine del frontespizio, realizzata da uno dei principali collaboratori dell’illustratore della serie, Évrard d'Espinques, evoca il tema di questo romanzo dell’inizio del XIII secolo, segnato dall’influenza mistica cistercense. Il Graal, semplice scodella contenente un’ostia della quale si nutre il Re Pescatore in Chrétien de Troyes, diventa definitivamente, come in Robert de Boron e nei successori del racconto del Graal, la coppa dove è stato raccolto il sangue di Cristo sulla croce e che questi consegna a Giuseppe d'Arimatea per ringraziarlo di aver offerto la tomba della sua sepoltura. In questa miniatura ci sono degli angeli che raccolgono il sangue che sgorga dalle ferite di Cristo. Gli altri riquadri presentano l’entrata in scena del figlio di Lancillotto, Galaad, il cavaliere che compirà le avventure del Graal e sarà con lui per regnare in cielo. Perceval, al quale spetta questo compito nel Conte du Graal, nel Perceval en prose e nel Perlesvaus, qui è ridotto al rango di comparsa, accanto a Bors. La presenza delle arme di Lancillotto (à bandes de gueules) sul fianco del cavallo è una delle molte testimonianze dell’interesse di Jacques d'Armagnac per l’araldica arturiana.