E’ il processo di aumento continuo del livello generale dei prezzi, ossia della
diminuzione prolungata nel tempo del valore o potere di acquisto della moneta
Diverse sono le cause dell’ inflazione; queste cause possono agire singolarmente o
congiuntamente. Purtroppo, quando agiscono congiuntamente, è in genere difficile stimarne il
diverso contributo dei prezzi.
 INFLAZIONE DA ECCESSO DI MONETA;
 INFLAZIONE DA DOMANDA;
 INFLAZIONE DA COSTI;
 INFLAZIONE DA PROFITTI;
 INFLAZIONE DA SQUILIBRI SETTORIALI;
 INFLAZIONE DA FISCO
E’ questa la spiegazione monetarista, che individua la
causa dell’ inflazione nell‘ eccesso di emissioni
monetarie rispetto al livello richiesto dal volume delle
transazioni. Ciò corrisponde alla formula della teoria
quantitativa della moneta, secondo cui, essendo costanti
la velocità di circolazione della moneta (V) e la quantità
delle transazioni (Q), ogni aumento della quantità di
moneta in circolazione (M) determina un aumento dei
prezzi ( P). Dato che il sistema, secondo i monetaristi,
tende all’ equilibrio di piena occupazione, ogni eccesso
di moneta si scarica necessariamente sui prezzi, perché
l’ offerta di beni e servizi è già al massimo della sua
potenzialità.
Questo tipo di inflazione è tipico delle economie che operano in condizioni di piena
occupazione: infatti, se esistono capacità produttive inutilizzate, un aumento della domanda
provoca una crescita dell’ occupazione senza riflessi apprezzabili sui prezzi.
Quando i fattori produttivi sono occupati, un eccesso di domanda rispetto all’ offerta provoca un
generalizzato aumento dei prezzi, in quanto le imprese, offrono salari e prezzi più elevati. L’
eccesso di domanda rispetto all’ offerta fa aumentare i prezzi, e tale aumento è tanto più elevato
quanto più alta è la differenza fra domanda aggregata ed offerta aggregata.
Questa spiegazione, che riflette il conflitto fra i diversi gruppi sociali nella distribuzione del
reddito, fa risalire l’ inflazione all’ aumento dei prezzi causato dall’ aumento dei costi di
produzione, soprattutto quelli relativi al lavoro e alle materie prime. Se i costi aumentano, gli
imprenditori reagiscono elevando i prezzi, in modo da salvaguardare la loro quota di profitti.
Naturalmente, la possibilità di elevare i prezzi dipende dal regime di mercato in cui le imprese
operano. Se le imprese operano in regime di libera concorrenza. I prezzi di vendita non
possono essere aumentati; se invece operano in un mercato oligopolistico, le imprese possono
aumentare i prezzi di vendita, applicando il principio del costo pieno o mark-up.
Dato che nei mercati reali prevalgono forme oligopolistiche, si verifica facilmente la seguente
situazione: ad ogni aumento dei costi di produzione, gli imprenditori trasferiscono sui prezzi
di vendita questi maggiori costi, innescando la spirale salari- prezzi- salari (cioè un aumento
dei salari genera un aumento dei prezzi, che a sua volta origina un aumento dei salari, e così
via). In sostanza, all’ origine dell’ inflazione da costi vi è una competizione tra imprenditori e
lavoratori, organizzati in sindacati, allo scopo di ottenere una quota maggiore di reddito.
Questa causa dell’ inflazione, studiata dagli economisti solo recentemente, si riferisce al
comportamento degli imprenditori che intendono modificare la distribuzione del reddito a
proprio favore. Per far fronte alle richieste di aumenti salariali o al previsto aumento della
pressione fiscale sui profitti, gli imprenditori giocano di anticipo e aumentano i prezzi di
vendita dei prodotti.
Questo tipo di inflazione, detta anche inflazione strutturale, si verifica a causa della diversa
dinamica dei settori industriali avanzati e di quelli tradizionali. Come è noto, lo sviluppo
economico è contrassegnato da diversi ritmi di crescita nei diversi settori produttivi.
Alcuni settori sono dinamici: grazie all’ introduzione di innovazioni e tecniche produttive
altamente capitalistiche realizzano notevoli aumenti di produttività, che consentono la
corresponsione di più elevati salari reali.
Le imprese dei settori stazionari, invece non realizzano elevati aumenti di
produttività, dato il grado relativamente basso di tecnologia impiegata. In questi
ultimi settori, ogni aumento salariale si trasferisce in corrispondenti aumenti dei
prezzi, visto che la produttività tende ad aumentare in misura limitata.
Anche l’ aumento delle imposte può provocare inflazione: se infatti lo Stato aumenta i
tributi prelevati sulla ricchezza prodotta, i soggetti colpiti cercano di trasferirne il costo su
altri soggetti: le imprese possono aumentare il prezzo dei beni offerti sul mercato, i
lavoratori a loro volta possono reagire chiedendo aumenti salariali. Se poi aumentano le
imposte indirette, come l’ IVA, il trasferimento sul prezzo finale è immediato.
La lotta all’ inflazione è uno dei compiti più importanti della politica
economica di un paese. I rimedi sono numerosi, e variano a seconda delle
cause che hanno originato l’ inflazione.
• LOTTA ALL’ INFLAZIONE DA ECCESSO DI MONETA;
• LOTTA ALL’ INFLAZIONE DA DOMANDA;
• LOTTA ALL’ INFLAZIONE DA COSTI;
• LOTTA ALL’ INFLAZIONE DA PROFITTI;
• LOTTA ALL’ INFLAZIONE DA SQUILIBRI SETTORIALI
Se l’ inflazione è determinata da un eccesso di emissioni monetarie, le autorità creditizie, e
in particolare la banca centrale, dovranno controllare la base monetaria e adottare una
politica restrittiva ricorrendo agli strumenti della politica monetaria, ossia al rialzo del
tasso ufficiale di sconto e ad operazioni di mercato aperto. La riduzione del medio
circolante, secondo i monetaristi, è sufficiente ad arrestare l’ inflazione, dato che, a loro
avviso, essa è originata da errori di gestione della politica monetaria.
Questa inflazione, teorizzata dai keynesiani, è causata da un eccesso di domanda rispetto all’
offerta. Quindi l’ inflazione da domanda si combatte adottando un insieme di politiche tendenti a
ridurre l’ eccesso della domanda globale sull’ offerta globale. L’ aumento dei prezzi causato da tale
squilibrio si verifica in situazione di piena occupazione. Poiché la domanda globale è composta
dai consumi, dagli investimenti e dalla spesa pubblica, la politica anti-inflazionistica, nel caso di
inflazione da domanda, deve reagire su queste componenti della domanda. Le politiche di
intervento, secondo i keynesiani, devono porsi i seguenti obiettivi:
 CONTENIMENTO DEI CONSUMI, che si può realizzare mediante un aumento del prelievo
fiscale (cioè un inasprimento delle imposte), fatti però salvi i redditi più bassi;
 RIDUZIONE DEGLI INVESTIMENTI, attuata mediante una politica creditizia restrittiva; ciò
non esclude che speciali programmi di investimento possano continuare a godere di un credito
agevolato, nel quadro di una politica di sostegno a determinati settori produttivi;
 CONTROLLO DELLA SPESA PUBBLICA, allo scopo di contenere gli sprechi e l’ inefficienza,
promuovendo soltanto quelle spese che sono destinate alla realizzazione di validi programmi
sociali.
L’ inflazione da domanda si combatte con diverse combinazioni di politiche fiscali e
monetarie: l’ aumento delle imposte si accompagna ad una politica monetaria restrittiva al
fine di ridurre la domanda aggregata.
Questo tipo di inflazione si combatte frenando, per quanto possibile, l’ aumento dei costi di
produzione.
Il problema si presenta in particolare per il costo del lavoro, per le rilevanti implicazioni sociali
connesse alla dinamica retributiva. Di fronte a un aumento del costo del lavoro, è possibile
intervenire per favorire gli aumenti di produttività (mediante l’ introduzione di nuovi metodi
produttivi), o mediante una politica dei redditi per frenare la crescita dei salari e dei profitti.
L’ inflazione causata dall’ aumento dei costi delle importazioni è molto difficile da combattere,
dato l’ elevato grado di dipendenza dei paesi industrializzati dal resto del mondo. Una terapia
potrebbe consistere nel tentativo di selezionare le importazioni, scoraggiando quelle non
necessarie, colpendole, ad esempio, con alti dazi doganali. La migliore terapia contro l’
inflazione importata consiste oggi nel sostegno al cambio dell’ euro nei confronti di dollaro e
yen; infatti la maggior parte delle importazioni da paesi esterni alla zona euro sono pagate in
quelle due monete, è anche importante ottenere contratti in euro con i paesi fornitori di materie
prime, come il petrolio, oggi pagato in dollari.
Lo strumento per combattere questo tipo di inflazione è ancora la politica dei redditi, che è
tuttavia di difficile applicazione nei confronti dei profitti. Una scorciatoia potrebbe essere
rappresentata dal BLOCCO DEI PREZZI, che tuttavia non ha mai risultati apprezzabili.
In passato si riteneva di poter combattere efficacemente l’ inflazione mediante il blocco dei
prezzi, o “ calmiere”. La concreta esperienza fatta in un gran numero di paesi persuade però
dell’ inefficacia di misure di controllo dei prezzi. I limiti di questo strumento sono
principalmente due: in primo luogo, nei sistemi ad economia di mercato, è molto difficile
realizzare un controllo efficiente dei prezzi, inoltre, i costi di lungo periodo di una tale
politica sono molto elevati: può accadere che le imprese, per ricostituire i margini di profitto,
elevino notevolmente i prezzi non appena i controlli siano stati aboliti. Può essere utile,
tuttavia, un “ osservatorio prezzi” allo scopo di segnalare tempestivamente aumenti di prezzo
non giustificati, cioè dovuti a comportamenti scorretti di imprese che si sottraggono
arbitrariamente all’ autodisciplina imposta dagli accordi sulla politica dei redditi.
L’ inflazione da squilibri settoriali può essere combattuta, infine, attraverso ujna più efficiente
distribuzione delle risorse nei vari settori, associata ad un’ autodisciplina dei lavoratori che si
realizza mediante accordi fra le parti sociali.
Risulta chiaro quanto sia importante la collaborazione fra tutti gli operatori del sistema
economico allo scopo di combattere insieme l’ inflazione, dato che le difese individuali, o per
gruppi separati o contrapposti, servono più a rinviare la soluzione del problema che ad
affrontarlo concretamente.
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