IL METODO “STORICO-CLINICO”
IN PSICOLOGIA
Marco CASTIGLIONI
Università di Milano - Bicocca
1. Statuto epistemologico del metodo storico-clinico
Il problema della validità scientifica dei resoconti soggettivi in
prima persona è antico quanto la psicologia (cfr. polemica
behaviorista contro il metodo dell’introspezione di Wundt)
Paradosso: la psicologia (per lo meno quella clinica), che
dovrebbe occuparsi della soggettività umana sembra da
sempre influenzata da un ideale epistemologico che induce a
trascurare la dimensione soggettiva a favore di forme (più o
meno radicali) di “oggettività scientifica”
Filo rosso che collega la black-box agli attuali evidence based
approach : tentativo di escludere tutti quegli aspetti non
suscettibili di rilevazione empirica secondo gli standard delle
scienze naturali.
Classico dilemma sullo statuto epistemologico della
psicologia: scienza umana o scienza naturale?
Metodo “storico-clinico” (Battacchi, 1987): modalità di
conoscenza basata sulla relazione interpersonale e sulla
condivisione di vissuti e significati.
La prospettiva in prima persona è modalità per attribuire senso
a se stessi e al mondo. Essa è per definizione privata e in
quanto tale non è intersoggettivamente verificabile
Il metodo clinico è una modalità privilegiata di accesso
all’esperienza in prima persona, attraverso resoconti (racconti)
dell’altro (“seconda persona”)
Problema
Il metodo clinico è tacciato di essere inadeguato e scarsamente
scientifico in quanto mera estensione del “senso comune”;
Tuttavia esso è ineludibile non solo per la psicologia, ma per
tutte le scienze “cliniche” (es. medicina).
Aneddotica di “senso comune” sulla medicina
A cena in casa di amici, una brillante cardiologa
racconta alquanto esasperata la sua faticosa giornata di
lavoro. In particolare ce l’ha con la moglie di un suo
paziente infartuato, la quale pretende sempre di saperne
un po’ di più di suo marito e si sostituisce a lui nel
rispondere alle domande del medico. “Allora oggi –
racconta infervorata la cardiologa - a quella tizia ho detto:
‘Senta signora, lasci parlare suo marito! Se lui non mi dice
cosa sente, io non posso capire che cos’ha!’ La
sensazione soggettiva del paziente è una parte integrante
della diagnosi cardiologica”.
Dal “senso comune” alla (filosofia della) scienza …
In quanto scienziato sperimentale, era – ed è tuttora – mia ferma
convinzione che il resoconto che una persona fa di
un’esperienza consapevole debba essere considerata come una
evidenza di capitale importanza […] I filosofi hanno chiamato
qualia le esperienze sensoriali come il dolore, i colori, le
armonie, gli odori. Esperienze di questo genere rappresentano
fenomeni non spiegabili con la natura fisica degli stimoli che li
producono o con le corrispondenti attività neurali, il che crea
difficoltà alle teorie materialistiche sulle esperienze coscienti. A
mio modo di vedere non vi sono ragioni per considerare questi
qualia come un problema fondamentalmente differente da quello
di altri generi di consapevolezza: le teorie materialistiche non
riescono a spiegare neanche tutti gli altri generi di
consapevolezza (Libet, 2007, passim, trad. it. pp. 15 -17; primo
corsivo aggiunto).
… e alla neuroscienza
“Il garantire un’esperienza fenomenica agli altri è la sola
possibilità che abbiamo di imparare indirettamente
qualcosa sulla coscienza quando studiamo le conseguenze
dei danni cerebrali” (Bisiach, 1992, p. 115).
“L’utilizzo dei resoconti soggettivi pone sicuramente dei
problemi metodologici, ma, se attraverso di essi si ottiene
una presa sul significato dei contenuti dell’esperienza
cosciente, gli scienziati dovranno accettare di estendere il
paradigma della scienza oltre i limiti imposti dalla fisica
tradizionale” (Berti, 2010, p. 24, corsivo aggiunto).
METODO
“STORICO – CLINICO” (Battacchi, 1987)
• Vale anche per le
• Assume forma
narrativa
• Vale per varie
scienze cliniche
(non solo per la
psicologia)
 (Ri)costruzione
di un”intrigo”
 “Raccontare è
spiegare” (Ricoeur,
1983)
• È una modalità
di conoscenza,
non solo
d’intervento
scienze storiche
Confronto tra metodi in psicologia
(Battacchi, 1987)
METODO SPERIMENTALE
• Psicologia come scienza
naturale in terza persona


rigore, oggettività, esattezza,
controllabilità, ripetibilità
Approccio quantitativo,
misurazione
• Neutralizzazione del
rapporto tra osservatore e
osservato

Soggettività è elemento
“spurio”, fonte di disturbo
METODO CLINICO
• Psicologia come scienza
umana in prima persona


pregnanza semantica e
“sensatezza”…
Approccio olisticoqualitativo
• Coinvolgimento e insieme
distanziamento
dell’osservatore nella
relazione con l’osservato

Soggettività è insieme
oggetto e fonte di
conoscenza
Confronto tra metodi in psicologia
(Battacchi, 1987)
METODO SPERIMENTALE
• Assunto antropologico:
“Uomo-macchina”


neutralizzazione degli aspetti
soggettivi in una prospettiva
a-contestuale (laboratorio)
Probl: validità ecologica ?
• Carattere “nomologico”



Spiegazione “causale”
Riferimento a leggi
o a forme di regolarità generale
Alto valore previsionale
METODO CLINICO
• Assunto antropologico:
Uomo costruttore di significato
(sé/ mondo) e comunicatore

• Carattere “idiografico”




• Si oppone al senso comune
Componenti epistemiche,
intenzionali, emotive dell’agire
umano in riferimento a un
contesto
Comprensione storico-clinica
“Doppia interpretazione”
Modelli narrativi e “teleologici”
(spiegazioni miste o “quasi
causali”)
Basso valore previsionale
(spiegazioni retrospettive)
• Estensione del senso
comune
Teoria dei due tipi di pensiero
(Bruner 1986, 1990)
PENSIERO LOGICOSCIENTIFICO
• Nomotetico  mira a
rinvenire leggi
• Criteri di validità:
falsificazione
(esperimento
scientifico) Verità
• A-contestuale
PENSIERO NARRATIVO
• Idiografico  mira a
costruire storie
• Criteri di validità:
coerenza, persuasione
 Verosimiglianza
(funzione pragmatica)
• Contestuale
Rischi di assolutizzazione di un solo metodo
(Ugazio, 1998)
Ricerca sperimentale ed elaborazione clinica
costituiscono due livelli che debbano interagire, ma l’uno
non può sostituire l’altro, né proporsi gli stessi obiettivi.
Due opposti rischi di “ripiegamento” nella ricerca in
psicologia clinica: metodologico e autoriflessivo
“La preoccupazione metodologica, se diventa esclusiva,
specialmente in un campo come la psicologia clinica e la
psicoterapia, annienta il proprio oggetto.
Ma anche le nuove consapevolezze sul ruolo
dell’osservatore possono dilatare la coscienza
autoriflessiva dei terapeuti fino a far perdere loro il proprio
oggetto” (Ugazio, 1998, p.14).
Ma il “problema dei problemi” è quello di trovare un
accettabile punto di equilibrio epistemologico tra un metodo
sperimentale, rigoroso ma spesso inadeguato all’oggettomente e un metodo clinico totalmente idiosincratico,
soggettivo e “artigianale” (unicità, irripetibilità, complessità
dei fenomeni psicologici)
Problema della demarcazione scienza / non-scienza:
esistono dei criteri sufficientemente consolidati e condivisi in
base ai quali distinguere teorie psicologico-cliniche (che si
auto-dichiarano “scientifiche”) da forme di “conoscenza” non
scientifiche, come ad es. l’astrologia?
Il criterio della generalizzabilità: è davvero del tutto
inapplicabile in psicologia clinica?
Interconnessione tra
COSTRUTTIVISMO
Metodo
CLINICO
Modelli
NARRATIVI
Sulla psicologia di “ senso comune”
Una delle “accuse” che spesso si fanno al metodo clinico e alla
psicologia “mentalistica” è di fare uso di categorie della psicologia del
senso comune (o psicologia “ingenua”)
Dizione vagamente spregiativa (come “scienze speciali”) e alquanto
ambigua  almeno 2 accezioni (da prendere entrambe seriamente)
Psicologia di
senso comune
Studio “scientifico” dei processi di pensiero
(Heider, 1958; teoria dell’attribuzione causale)
Everyday thinking  forme di vita
(costruzionismo sociale)
Le teorie della fisica non diventano meno scientifiche perché nel linguaggio
ordinario si adoperano termini come “corpo”, “forza”, “atomo”, “neutrino”…
Le teorie scientifiche permeano il “senso comune”: come oggi nessuno
pensa più che il sole giri intorno alla terra, così concetti psicologici
(inconscio, neurone…) sono entrati nel linguaggio comune
Argomenti tratti dal senso comune vengono fatti valere nei confronti di tesi
scientifiche e filosofiche “controintuitive”(es. Noë, 2009, p. 133 e segg. contro
la tesi della“grande illusione” del cervello che “crea” la realtà)
Si pongono diversi aspetti problematici:
Come le teorie scientifiche si trasformano in patrimonio del senso
comune” ( Moscovici, 1961: Rappresentazioni sociali)
Nelle scienze umane  Bidirezionalità tra teorie scientifiche e
senso comune (Brofenbrenner, 1979)
Teorie psicologiche
influenzano vita quotidiana
(es. pratiche di
allevamento, …)
I mutamenti sociali
retroagiscono sulle teorie
psicologiche (es.
attaccamenti multipli,
famiglie ricomposte …)
Le scienze umane hanno a che fare con “generi interattivi” (Hacking, 1999)
 i loro “oggetti” sono soggetti, capaci di produrre idee e di concorrere alla cocostruzione della conoscenza: al contrario dei quark nella fisica, “pazienti
psichiatrici”, “bambini iperattivi” ecc. possono essere consapevoli di come sono
percepiti e quindi possono essere influenzati e influenzare sulle idee usate per
classificarli  es. labelling, profezia che si autodetermina ecc.
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