Simone Gianolio - Università di Roma “La Sapienza” Dall’analogico al digitale L’archeologia tradizionale L’impostazione del progetto Immagini, video o realtà virtuale La ricostruzione 3D in archeologia Un workflow “rock solid”? Vademecum La ricerca archeologica tradizionale Ogni progetto di “archeologia virtuale” nasce da una piena e precisa conoscenza dell’oggetto, che si ottiene tramite la ricerca archeologica “tradizionale”: approfondita analisi bibliografica, puntuale analisi iconografica, analisi e rilievo del manufatto; ancora: epigrafia, numismatica, letteratura, dati ambientali e antropici (paleobotanica, analisi polliniche, paleontologia, etc.), dati di scavo, etc. Quando si tratta di monumenti, ogni ricostruzione non può prescindere da una conoscenza del paesaggio (topografia, urbanistica, ma anche fauna, flora, etc.) e da uno studio diacronico di tutto il materiale a disposizione. La ricerca archeologica tradizionale È utile che il materiale venga preliminarmente organizzato all’interno di un database informatico che consenta queries specifiche e mirate. Affinché si ottengano risultati utili, bisogna corredare il database di specifici metadati, seguendo le indicazioni fornite da istituti come l’ICCD con specifiche schede ma anche sulla base delle indicazioni fornite dall’archeologia preventiva (soprattutto nel caso di survey topografica preliminare alla ricostruzione di un paesaggio). Non va dimenticato che alla base di un database archeologico vi sono i concetti di open data ed open format: deve dunque risultare condivisibile ed interscambiabile, cosa che si può facilmente ottenere programmando fin da subito una piattaforma web con linguaggio MySQL (per il quale esiste un editor visuale open source: MySQL Workbench) / PostGRES + PHP+AJAX con supporto per l’esportazione .xml verso sistemi centralizzati come il “SigecWEB” dell’ICCD La ricerca archeologica tradizionale Ogni database dovrà poi prevedere specifiche voci relative all’utilizzo di strumentazione per il rilievo diretto ed il posizionamento georeferenziato, in modo tale da essere pronto per costituire la pietra portante di un sistema GIS Il rilievo strumentale in archeologia Portata a termine l’analisi preliminare del reperto, si può procedere al rilievo dello stesso attraverso i metodi attualmente disponibili: rilievo manuale diretto e rilievo strumentale indiretto È fondamentale che i metodi utilizzati vengano pianificati nella fase iniziale, poiché è necessario che l’impianto sia coerente per l’intera durata del progetto, in modo da standardizzare l’errore insito in ogni sistema di misura A tal fine, può essere utile corredare ogni ricerca di un wiki [con wikidot (piattaforma web), mediawiki (il CMS di wikipedia), docuwiki (CMS testuale), zim (wiki su desktop), etc.] dove inserire tutti i dati degli strumenti utilizzati e le procedure metodologiche messe in atto, così da favorire una piena comprensione dell’operato a lettori e studiosi terzi che volessero analizzare il lavoro. Un buon wiki può anche essere la base per l’interscambio controllato dei dati grezzi Il rilievo strumentale in archeologia Rilievo planimetrico, distinto nel dettaglio per: Manufatti Strutture Unità stratigrafiche “a codice” (s 3-5m) Unità topografiche Necessità di una predisposizione preliminare di un sistema di capisaldi Rilievo diretto manuale Stazione totale Laser scanner 3D Fotogrammetria GNSS* Differenziale (s 1-10cm) Prospezioni geofisiche Necessità di strumenti calibrati e posizionati Rilievo indiretto strumentale Il GIS in archeologia Un Sistema Informativo Geografico (da non confondere con il “Sistema Informativo Territoriale”) consente di georeferenziare all’interno di un sistema cartografico delle informazioni alfanumeriche che descrivono le quantità e le qualità degli oggetti, precedentemente organizzate all’interno di un database informatico A differenza del semplice database, un GIS consente dunque queries comprensive del parametro di localizzazione, estremamente importante quando si studiano estensioni territoriali progressivamente più vaste Quando si passa dalle analisi quantitative alle analisi qualitative, il livello raggiunto dipende molto dagli algoritmi matematici utilizzati Il GIS in archeologia Il GIS si divide sostanzialmente in due categorie: raster e vettoriale, che oggi è possibile comprendere all’interno dello stesso progetto. I dati raster consentono di analizzare dati riguardanti l’ambiente e la geomorfologia del suolo (ad es. i DEM) I dati vettoriali consentono di ricercare ed interrogare dati georeferenziati Anche la pianificazione di un GIS deve prevedere la sua pubblicazione sul web secondo il concetto della condivisione aperta del dato GIS: operazioni standard sui dati (da Medri 2003 p. 208, fig. 3.22) Azioni sui dati: Operazioni statistiche: Medie Sommatorie Percentuali Operazioni grafiche Inserimento Aggiornamento Recupero Etc. Ricerca dei vicini Rilevamento dei confini Tracciamento isolinee Etc. Analisi spaziali avanzate Relazioni tra attributi Analisi di visibilità Analisi della viabilità Etc. La ricostruzione 3D in archeologia Negli ultimi anni l’utilizzo di sistemi di resa tridimensionale di paesaggi antichi, siti, strutture e contesti urbani sta prendendo sempre più piede, sebbene con difficoltà e resistenze non sempre giustificate La realtà virtuale apre vastissime opportunità per la ricerca, per la rappresentazione, per la didattica, per la valorizzazione, per la divulgazione, per la salvaguardia, per la fruizione del bene culturale Tutte queste differenti possibilità implicano finalità diverse, quindi strumenti diversi ed output diversi, sebbene sempre partendo da una solida conoscenza dei dati di studio e delle evidenze Il modello 3D Materiale indispensabile di base: Planimetria e pianta ricostruttiva Sezioni ricostruttive Prospetti di lati esterni ed interni Particolari architettonici, decorazioni e rivestimenti in genere (da utilizzare come “blueprints” nella modellazione di dettaglio) Fotografie “scientifiche” ad alto dettaglio Confronti puntuali Il modello 3D Finalità del modello tridimensionale Immagini statiche Animazioni Realtà virtuale* Si impostano le inquadrature Si modella soltanto ciò che è visibile in camera Preferibilmente si renderizza per mezzo dei canali Si uniscono i canali in postproduzione Si imposta il percorso della camera Si modella soltanto ciò che è visibile lungo il percorso della camera L’output del rendering deve preferibilmente essere in formato png Si monta la sequenza in postproduzione Si modella l’intera scena con il sistema dei Levels of Detail Lo scenario verrà poi gestito da un motore di rendering in tempo reale che supporti l’interattività Il modello 3D Immagini statiche Engine rendering biased Engine rendering unbiased Si tratta di motori di rendering con simulazione approssimata della luce (ad es. MentalRay, iRay, Vray, FinalRender, Brazil, Blender, etc.) Si tratta di motori di rendering con simulazione fisicamente corretta della luce (ad es. FryRender, Maxwell, Octane, etc.) Qualità fotorealistica molto elevata, tempi ridotti di impegno hardware, ideali per i video Qualità fotorealistica estremamente elevata, tempi lunghi di impegno hardware, ideali per immagini statiche ad alto impatto visivo Richiedono grande padronanza nella creazione dei materiali Le textures per i modelli 3D Ove possibile, è preferibile ottenere textures da applicare ai modelli per mezzo della fotografia digitale: Scattare sempre in raw alla massima profondità di colore possibile e in spazio “Adobe RGB” La luce deve essere il più possibile diffusa, per diminuire il contrasto ed esaltare il dettaglio La luce di taglio deve essere utilizzata per esaltare la trama: per costruire le mappe di bump e di displacement può essere necessario mixare fotografie ottenute con differenti angolazioni di luce Gestire il più possibile l’immagine con profondità a 16bit invece che a 8bit per evitare effetti di posterizzazione Le immagini di elementi ripetuti (come muri, geometrie, etc.) devono essere ritagliate in modo da ottenere una textures che sia di tipo tileable (ripetibile senza notare fratture) La dimensione della texture deve essere sempre superiore alla dimensione di output dell’immagine finale Ove non sia possibile, bisogna avere grande padronanza nell’uso di programmi di elaborazione immagini, creando fotomontaggi con l’uso di fotografie digitali ed immagini di materiali prese dal vivo (in rete vi sono molti “repository” che consentono l’utilizzo di textures di alta qualità in maniera anche gratuita per progetti non commerciali) Il workflow nel 3D Progetto su carta Ingombri, misure dettagliate, etc. Alzati, volumetrie, NO dettagli Dettagli, luci, materiali, camere, rendering CAD CAD 3D Modello 3D L’esportazione dal CAD al programma 3D è sempre unidirezionale, mai bidirezionale Il workflow nel 3D Generazione del macroterritorio ed ecosistemi (ad es. Vue, Visual Nature, etc.) Controllo della dinamica dei gas e dei fluidi (ad es. RealFlow, Houdini, etc.) Modello 3D Aggiunta della vegetazione per singole piante o areali (ad es. SpeedTree, Xfrog, etc.) Controllo dei personaggi (ad es. Poser) e delle masse (ad es. Massive, Crow, etc.) Rendering di 1/n immagini Il workflow nel 3D Rendering di 1/n immagini Textures localizzate (ad es. Body Paint) Montaggio video (ad es. Adobe Premiere, Final Cut Pro, VirtualDub, etc.) Postproduzione Controllo rendering e textures (ad es. Photoshop, The GIMP, etc.), matte painting* Postproduzione video Effetti video (ad es. Adobe After Effects, Autodesk Composite, Flame, Inferno, etc.) Output finale in tiff, png o mpeg4 The Making of the Auditorium by Alex Roman Si tratta di un famoso tutorial di Alex Roman dedicato ad Autodesk 3DS Max nel quale l’autore mostra anche gli steps del postprocessamento dell’immagine, che consentono di ottenere con poco lavoro in più ciò che una macchina realizzerebbe con un dispendio elevato in termini temporali e di risorse impiegate. Potete trovare il tutorial su internet presso molti indirizzi, questo è uno dei tanti: http://en.9jcg.com/comm_pages/blog_cont ent-art-166.htm Il workflow nel 3D Postproduzione dell’immagine finale Stile antiquario Stile vignettistico Stile realistico Derivato dalle esperienze dell’École des Beaux Arts di Parigi Derivato dal sistema di riferimenti dei fumetti Espressione della realtà Colori acquerellati o sfumati, ombre per elevati e strutture, cura del dettaglio decorativo, cura delle finiture Disegno al tratto, anche senza colore, tipico dello schizzo Scene e attività dei personaggi, con sfondi architettonici ben dettagliati Dettagli verosimili e colori realistici Personaggi utili per un riferimento di scala e chiarire il significato complessivo dell’immagine Gli stili dell’immagine finale Indicazioni bibliografiche: Dobie-Evans 2010: A History of the Ancient Monuments Drawing Office, Archaeological Graphics Report, English Heritage 2010 Medri-Canonici 2010: “L’immagine ricostruttiva nei media: una indagine nei musei archeologici italiani”, in VirtArchRev 1, I (2010) Possibili applicazioni virtuali Video installazioni interattive (possibili anche con software open source: ad es. Processing, Quartz Composer, Open Framework, NodeBox, etc.) Realizzare video in stop motion, tecnica di grande impatto visivo (software: iStopMotion, Dragon Stop Motion, open source Helium Frog Animator, etc.) Realtà aumentata (Linceo VR, ARSights, etc.) 3D all’interno dei browser (librerie e software: WebGL 1.0 divenuto standard dal recente GDC, X3DOM, OSG, SpiderGL, Copperlicht, etc.) Proiezioni olografiche Foto/videoinserimenti ambientali (per i video sono necessari software per il tracking come Bijou, Voodoo Camera Tracker, etc.) PDF3D per una esperienza di lettura avanzata Vademecum del renderman 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. Impostare correttamente le unità di misura della scena Modellare con attenzione ed utilizzare l’opzione “copia come istanza” Verificare che il programma abbia il “Linear Workflow” attivato (per i monitor LCD: profilo colore sRGB per lo schermo, Gamma Display 2.2 nel software) - Attenzione: per le texture di Bump e Displacement è necessario impostare l’override del parametro Gamma a 1. Si otterrà in tal modo una coerenza dei colori tra textures e rendering, immagini più corrette dal punto di vista dell’illuminazione e quindi più fotorealistiche Posizionare le luci ed effettuare prove di illuminazione con il Materiale neutro* applicato a tutti gli oggetti della scena Impostare la corretta esposizione della camera Fase di shading/texturing: sapiente utilizzo dei “Samples” Effettuare prove di rendering partendo da impostazioni di tipo “Draft”+“Render Region” Valutare l’illuminazione diretta, solo in seguito abilitare la Global Illumination per quella indiretta Generazione per mezzo del “Materiale neutro” dell’Ambient Occlusion Postproduzione con un programma per la gestione delle immagini Dalla carta allo schermo Approfondita analisi bibliografica e documentale Raccolta del materiale cartografico (dalla cartografia storica per arrivare alla cartografia recente ed ai rilievi diretti ed indiretti) Ricerca di materiale iconografico (avvalendosi ad es. di raccolte come la Fototeca Nazionale, la Fototeca Hertziana, la Fototeca del DAI, la Fototeca dell’American, la Fototeca della British, cataloghi online come il Census of Antique Works, etc.) Digitalizzazione e vettorializzazione del materiale cartaceo Se necessario/utile, compilazione di un database informatico e gestione di un sistema GIS per l’indagine georeferenziata sui dati Impostazione in ambiente CAD della pianta ed eventualmente delle volumetrie e degli ingombri; tutti gli elementi andranno gestiti per mezzo dei “Layers” aventi nomi ben definiti e metadati precisi Importazione in ambiente 3D degli elementi generati in CAD (utilizzando l’opzione “Link”), avendo cura di determinare il corretto livello di approssimazione per ogni oggetto (una sfera richiede più poligoni di un cubo) Decisione sulla tipologia di modello 3D da realizzare: posizionamento delle viste e dei percorsi delle camere, scelta della tipologia di rendering, scelta dello stile Impostazione in ambiente 3D dell’output finale della scena (immagini statiche, animazione, realtà virtuale) e modellazione dei dettagli. Generazione dei rendering Creazione delle tavole finali di presentazione, del video (che può alternare sequenze ed immagini animate), dell’applicazione per la gestione dell’ambiente virtuale Dopo 3 anni di lavoro e tanti litri di sangue… Enjoy!!! Bibliografia recente Riviste monografiche: VAR: Virtual Archaeology Review (http://www.arqueologiavirtual.com/varrevistasing.ph p, the first scientific, international magazine specifically devoted to the field of virtual archaeology, in semestral editions.) Arch&Calc: Archeologia e Calcolatori (maggiormente dedicata all’ambito italiano) Monografie: AA.VV.: Archaeology and Virtual Environments, Firenze 2008 S. Pescarin: Reconstructing ancient landscape, Budapest 2009 Atti di convegni e workshop a tema (vd. oltre) Appuntamenti internazionali CAA: Computer Applications and Quantitative Methods in Archaeology VAST-VSMM: Virtual Reality, Archaeology and Intelligent Cultural Heritage-Virtual Systems and Multimedia Dedicated to Digital Heritage CIPA: Digital Documentation, Interpretation & Presentation of Cultural Heritage DMARCH: Conference on Digital Media and its Application in Cultural Heritage CHNT: Conference on Cultural Heritage & New Technologies (Vienna, metà novembre) VIA: Visualisation in Archaeology 3D-Arch: 3D Virtual Reconstruction and Visualization of Complex Architectures (Trento, ogni 2 anni) ArcheoVirtual: Heritage and Perspective views and visionary (Paestum, BMTA, metà novembre) APPUNTAMENTI NAZIONALI ArcheoFOSS: Workshop open source, free software e open formats nei processi di ricerca archeologica Questo seminario, almeno ancora nel 2012 poi (Maya permettendo…) si vedrà 8-) Dizionario della presentazione GNSS: Global Navigation Satellite System, ovvero Sistema satellitare globale di navigazione, più corretto di GPS data la molteplicità di sistemi di navigazione attualmente in uso o in progettazione (NAVSTAR negli USA, GLONASS in Russia, Galileo in Europa, Beidou in Cina, IRNSS in India) Realtà virtuale: si usa qui il termine nel senso semplicistico di “ambiente digitale navigabile sia interattivamente sia attraverso la fruizione video”. Per la definizione scientifica del termine si rimanda alla bibliografia specialistica Materiale neutro: è un tipico materiale generalmente RGB 210,210,210 che consente una corretta valutazione dei parametri di illuminazione impostati per la scena For further information please contact me at [email protected]