CICLO di INCONTRI FORMATIVI
pianificazione territoriale e rischio idrogeologico
Autorità di Bacino Regionale della Campania Centrale
APERTURA DEL CORSO
Lunedì 25 maggio 2015
 Presidente dell’Ordine degli Architetti PPC di Napoli e Provincia: prof. arch.
Salvatore Visone
 Assessore ai LL.PP. – Protezione Civile – Difesa del suolo della Regione
Campania: prof. Ing. Edoardo Cosenza
 Segretario generale dell’Autorità di bacino Campania Centrale: prof. Avv. Luigi
Stefano Sorvino
 Responsabile Programmazione Interventi dell’Autorità di bacino della Campania
Centrale: ing. Mario Sica
CICLO di INCONTRI FORMATIVI
pianificazione territoriale e rischio idrogeologico
Autorità di Bacino Regionale della Campania Centrale
La tutela del territorio dal rischio idraulico
 Gli interventi di mitigazione del rischio idraulico: concetti di
base
Autorità di bacino Campania Centrale
Ing. Mario Sica
Gli interventi di mitigazione del rischio idraulico:
concetti di base
• La mitigazione del rischio idraulico avviene in
maniera sistematica e metodologica, seguendo un
iter di approfondimento conoscitivo e risolutivo.
1.
2.
3.
4.
Percezione;
Identificazione;
Valutazione;
Eventuale intervento di mitigazione.
La percezione del rischio idraulico
Torrente Avisio e
chiesa di San Vigilio
e San Volfango a
Moena, in provincia
di Trento. La
presenza di
abitazioni e la cura
delle sponde
dell’alveo
attutiscono la
percezione del
rischio idraulico,
dando la
sensazione che ci
sia sufficiente
controllo della
sicurezza idraulica.
L’identificazione del rischio idraulico
• Le informazioni sulle piene storiche
Articolo di giornale riportante la cronaca dell’alluvione di Roncafort in
Trentino Alto Adige nel novembre del 1966
L’identificazione del rischio idraulico
• Le informazioni sulle piene storiche sono in ogni caso
insufficienti
– impossibilità di disporre della completa e dettagliata documentazione storica delle inondazioni avvenute;
– modificazioni d’uso del suolo, di tipo locale e diffuso, di
cui le più importanti sono rappresentate:
• dai cambiamenti delle pratiche agricole;
• dalla trasformazione urbana;
L’identificazione del rischio idraulico
• Le informazioni sulle piene storiche sono in ogni caso
insufficienti
– opere di ingegneria di servizio alla rete idrografica, per l’utilizzo e lo
smaltimento delle risorse idriche, nonché per la regimentazione delle
acque di pioggia, che modificano tre caratteristiche idrauliche della
rete idrica scolante naturale:
• l’officiosità idraulica, ovvero la capacità idrovettrice o di
smaltimento idrico degli alvei naturali, le cui sezioni in genere
vengono ristrette o tombinate e il cui corso naturale può subire
anche una importante deviazione;
• la conducibilità della rete idrografica, con tempi di
concentrazione dell’idrogramma di piena che vengono ridotti a
causa della realizzazione di arginature e rettificazioni degli alvei
naturali in zone montane;
• il regime di piena, con opere di sbarramento capaci di laminare le
piene modeste, inducendo negli insediamenti a valle un falso
senso di sicurezza, che viene poi drammaticamente confutato
dagli eventi estremi.
L’identificazione del rischio idraulico
• Le informazioni sulle piene storiche sono in ogni caso
insufficienti
– La urbanizzazione delle aree rurali comporta che i sistemi
di fognatura aumentino la quantità di pioggia efficace e il
deflusso superficiale, che viene convogliato anche più
rapidamente al recettore finale;
– gli attraversamenti stradali e ferroviari sui fiumi possono
ostruire il trasporto di materiale galleggiante di tipo
vegetale (woody debris)
La valutazione del rischio idraulico
• Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
n.180 del 29 settembre 1998 si rifà sostanzialmente
alla definizione di VARNES.
• Il rischio idraulico è l’entità del danno atteso in una
data area e in un certo intervallo di tempo, in seguito
al verificarsi di un particolare evento calamitoso di
tipo idraulico.
• RISCHIO = PERICOLOSITA’ X ESPOSIZIONE X VULNERABILITA’
La valutazione del rischio idraulico
• La pericolosità o natural hazard rappresenta la probabilità
che ha l’evento calamitoso di verificarsi; tale probabilità
spesso si esprime attraverso un tempo di ritorno.
• Il dPCM 180/1998 considera diverse tipologie di eventi
alluvionali:
– le colate detritiche, le piene repentine, le alluvioni di conoide nei
bacini idrografici montani;
– le piene nei corsi d’acqua maggiori;
– le piene con potenziale dissalveamento, con deposito di materiale
alluvionale o di sostanze inquinanti nei corsi d’acqua di valle o di
pianura.
• Lo stesso decreto ripartisce la pericolosità idraulica secondo i
seguenti tre livelli di probabilità di accadimento, espresse in
tempi di ritorno T:
– eventi ad alta probabilità di inondazione, con T = 20 ÷ 50 anni;
– eventi a moderata probabilità di inondazione, con T = 100 ÷ 200 anni;
– eventi a bassa probabilità di inondazione, con T = 300 ÷ 500 anni.
La valutazione del rischio idraulico
• L’esposizione è il valore degli elementi esposti
all’evento calamitoso; gli elementi possono essere
persone, beni localizzati e patrimonio ambientale e
devono essere espressi in termini monetari o
numerici.
• La vulnerabilità è funzione del grado di perdita
funzionale e fisica degli elementi esposti; essa
dipende sia dall’entità dell’evento calamitoso che
dalla capacità dell’elemento esposto a sopportare le
sollecitazioni esercitate dall’evento.
La valutazione del rischio idraulico
• Il dPCM 180/1998 definisce quattro classi di rischio idraulico,
secondo la seguente classificazione:
– R1: Rischio moderato, con danni sociali, economici e al patrimonio
ambientale di tipo marginale;
– R2: Rischio medio, con possibili danni minori agli edifici, alle
infrastrutture e al patrimonio ambientale, che non pregiudicano
l’incolumità delle persone, l’agibilità degli edifici e la funzionalità delle
attività economiche;
– R3: Rischio elevato, con possibili problemi per l’incolumità delle
persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con
conseguente inagibilità degli stessi, interruzione delle attività socioeconomiche e danni rilevanti al patrimonio ambientale;
– R4: Rischio molto elevato, con possibile perdita di vite umane e
lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al
patrimonio ambientale, distruzione delle attività socio-economiche.
La valutazione del rischio idraulico
• Con successivo decreto legislativo 23 febbraio 2010,
n. 49 di “Attuazione della direttiva 2007/60/CE
relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di
alluvioni”, è stata riproposta la definizione del rischio
idraulico o di alluvioni, inteso come combinazione
della probabilità di accadimento di un evento
alluvionale e delle potenziali conseguenze negative
per la salute umana, il territorio, i beni, l'ambiente, il
patrimonio culturale e le attività economiche e
sociali derivanti da tale evento.
La valutazione del rischio idraulico
• Il d.l.vo 49/2010 ripartisce la pericolosità di un evento
alluvionale, riprendendo l’originaria ripartizione di tre
scenari di alluvionamento:
– alluvioni frequenti (a elevata probabilità): caratterizzati da un
tempo di ritorno fra 20 e 50 anni;
– alluvioni poco frequenti (a media probabilità): caratterizzati da
un tempo di ritorno fra 100 e 200 anni;
– alluvioni estreme (a scarsa probabilità): caratterizzati da eventi
di ritorno superiori a 200 anni.
• Per ogni scenario sopra menzionato, il d.l.vo 49/2010
prevede che vengano esaminati l’estensione
dell’inondazione, l’altezza della lama d’acqua e la
velocità di deflusso.
La valutazione del rischio idraulico
• La valutazione delle piene tramite l’analisi statistica delle
misure di portata.
• La valutazione delle piene mediante i metodi di
trasformazione degli afflussi in deflussi.
– Metodo concettuale (basato sull’ipotesi di isofrequenza, con
modellazione omogenea del bacino, consente di individuare
l’evento meteorico critico)
– Metodo geomorfoclimatico (svincolato dall’ipotesi di
isofrequenza, con modellazione del bacino spazialmente
distribuito, consente di individuare l’evento meteorico critico)
– Metodo della simulazione continua (individua lo scenario
idrologico climatico critico, invece dell’evento meteorico critico)
La valutazione del rischio idraulico
Campi di applicazione ideali dei metodi di previsione delle piene (R.
ROSSO [1996])
La valutazione del rischio idraulico
• La valutazione delle aree inondabili
– Modelli di simulazione delle piene monodimensionali possono essere
utilizzati per verificare la capacità di un alveo a contenere una
determinata portata di piena.
– Modelli di simulazione delle piene monodimensionali a reticolo
riescono a simulare l’interazione tra più alvei che si intersecano,
imponendo che nei nodi di congiungimento degli alvei il livello idrico
sia lo stesso (il più alto) per le due sezioni convergenti.
– Modelli di simulazione delle piene quasi bidimensionali simulano
l’intersezione tra due alvei, mediante uno scambio d’acqua tra la
sezione convergente a tirante più alto e la sezione convergente a
tirante più basso, mediante un dispositivo virtuale scolmatore.
– Modelli di simulazione delle piene bidimensionali implementano le
equazioni del moto, mediante il metodo delle differenze finite o degli
elementi finiti, secondo la direzione longitudinale al moto e la
direzione trasversale orizzontale al moto.
La valutazione del rischio idraulico
4. Non compatibile con l’urbanizzazione
h (m)
3. Urbanizzazione non
consigliabile
2. Urbanizzazione
con vincoli
1
.
w (m/s)
Indicazioni di massima sugli effetti delle inondazioni sulle urbanizzazioni (ACER, 1988)
La valutazione del rischio idraulico
• In Italia, grazie soprattutto a un collaudato sistema di
stima delle portate di piena sviluppato da decenni
nelle Autorità di bacino, sono stati sviluppati dei
metodi speditivi di valutazione delle portate di piena,
buona parte dei quali basati sul metodi concettuali
di trasformazione degli afflussi in deflussi e sul
metodo della portata indice
La valutazione del rischio idraulico
•
Bacini idrografici per i
quali l'idrologia è stata
specificamente studiata
dalle Autorità di bacino,
alcune delle quali – di
rilievo interregionale e
regionale – sono state
con il tempo accorpate,
ovvero soppresse dalle
Regioni, che ne hanno
assorbito le relative
funzioni.
La mitigazione del rischio idraulico
TIPOLOGIE DI INTERVENTI
PER LA MITIGAZIONE
DEL RISCHIO IDRAULICO
ATTIVI
PASSIVI
Monitoraggio
idropluviometrico e idrologico
per il preannuncio delle piene.
Norme d’uso del territorio
NON STRUTTURALI
Puntuali
STRUTTURALI
Diffusi
Manutenzione ordinaria degli
alvei e delle opere idrauliche
Copertura assicurativa
già realizzate.
Scolmatori
Arginature
Opere di ritenuta
Diversivi
Ricalibrature
Sistemazioni
vegetali
Gli interventi strutturali agiscono sulla struttura fisica del bacino e del corso
d’acqua, modificandola.
Gli interventi strutturali attivi tendono ad abbattere i colmi di piena, mentre gli
interventi strutturali passivi tendono ad aumentare la capacità idrovettrice dei
corsi d’acqua.
La mitigazione del rischio idraulico
• Il monitoraggio idropluviometrico e idrologico per il preannuncio
delle piene diminuisce temporaneamente (durata della piena)
l’esposizione al rischio in una determinata zona inondabile,
delocalizzando i beni esposti (persone e alcuni beni mobili) o
realizzando opere provvisorie di difesa idraulica.
• Il monitoraggio idropluviometrico consiste in un sistema di modelli
che restituisce la portata di piena in un tratto fluviale d’interesse, a
partire dal monitoraggio in tempo reale delle piogge cadenti sul
bacino idrografico di pertinenza.
• Il monitoraggio idrologico consiste in un semplice modello in grado
di restituire la portata di piena in una sezione fluviale d’interesse, a
partire dal monitoraggio in tempo reale delle portate misurate in
una sezione fluviale molto più a monte della sezione d’interesse.
• I due metodi possono essere alternativi o complementari, per
rendere più efficiente la previsione della piena critica.
La mitigazione del rischio idraulico
• In Italia il monitoraggio idropluviometrico è oggetto
di un massiccio intervento di potenziamento, a
seguito della ristrutturazione delle competenze.
• L’art. 92 del D.Lvo. 112/1998 ha trasferito alle
Regioni tutte le competenze sulla gestione ordinaria
e il potenziamento delle reti di monitoraggio
idropluviomentrico, mentre la L. 267/1998 e la L.
365/2000 hanno di fatto avviato un vasto
programma di rafforzamento delle stesse reti di
monitoraggio.
La mitigazione del rischio idraulico
• Il monitoraggio idropluviometrico
Architettura di un sistema di monitoraggio e preannuncio delle
piene
La mitigazione del rischio idraulico
• Il monitoraggio idropluviometrico
Immagine di una meteora mediante il radar di
Monte Lema il giorno 22 settembre 1993 alle
ore 21:20
La mitigazione del rischio idraulico
• Il monitoraggio idropluviometrico
• I radar remoti sono montati sia su satelliti
geostazionari che su satelliti polari.
– I primi viaggiano con una velocità angolare uguale a quella
terrestre, attorno all’asse di rotazione della Terra.
Consentono il rilevamento continuo di una stessa zona
della Terra.
– I satelliti polari ruotano attorno ad un’orbita ellittica che
contiene l’asse di rotazione terrestre. In tal modo essi
passano sopra i due poli e scandiscono la superficie
terrestre con strisciate che vanno dal basso verso l’alto o
viceversa.
La mitigazione del rischio idraulico
• I satelliti geostazionari
GOES
(West USA)
GOES
(Est USA)
METEOSAT
GOES
(UE)
(Oceano Indiano)
GMS
(Japan)
La mitigazione del rischio idraulico
• Il Meteosat 7 è un satellite geostazionario che
attualmente fornisce informazioni idrometeorologiche
per l’Europa e l’Africa.
• È gestito dal consorzio EUMETSAT (EUropean
organisation for the exploitation of METeorlogical
SATellite).
• Il satellite, a 36˙000 km di quota, rileva in continuo e
campiona i dati ogni mezz’ora, trasmettendoli alla
stazione di Darmsadt, in Germania, che li rielabora e li
restituisce secondo tre canali: quello del visibile (VIS2),
quello dell’infrarosso (IR2) e quello del vapore acqueo
(WV1).
La mitigazione del rischio idraulico
• Il Meteosat 7- Sensore IR2
La mitigazione del rischio idraulico
• Il monitoraggio idrologico è basato su modelli di propagazione di un’onda
di piena misurata in una sezione a monte dell’area da salvaguardare.
• L’applicabilità di questa tecnica di monitoraggio e previsione è assai rara,
richiedendo infatti:
– che la sezione M di misura sia sufficientemente distante dalla sezione I di
interesse, al fine di prevedere con congruo anticipo (dell’ordine di ore) l’eventuale
esondazione nella sezione di interesse;
– che l’interbacino idrografico compreso tra il bacino della sezione I e quello della
sezione M dia un contributo d’acqua al tratto fluviale MI trascurabile rispetto alle
portate registrate nella sezione di misura.
• Le due circostanze si verificano spesso in una zona valliva, in cui il
contributo d’acqua dell’interbacino risulta essere più ridotto e ritardato
rispetto alle portate misurate in M e alla celerità dell’onda di piena.
• Il monitoraggio idrologico è difficilmente fattibile in bacini idrografici di
estensione inferiore alle migliaia di chilometri quadrati.
La mitigazione del rischio idraulico
Il rischio idraulico alla foce del Fiume Sarno (fonte Autorità di bacino Campania Centrale)
La mitigazione del rischio idraulico
• Le sistemazioni vegetali (vantaggi)
– La percentuale di acqua piovana che concorre al deflusso
superficiale viene ridotta dalla presenza della vegetazione,
i cui effetti assorbenti si riducono, fino quasi ad annullarsi,
per piogge di parecchie ore.
– Pertanto la vegetazione incide positivamente sulla
diminuzione dei deflussi causati da piogge di breve durata,
che sono le piogge critiche dei piccoli bacini idrografici,
ovvero quelli montani.
– Quanto premesso giustifica la constatazione dell’efficacia
delle coperture vegetali per bacini idrografici non superiori
ai 50 Km2.
La mitigazione del rischio idraulico
• Le sistemazioni vegetali (svantaggi)
– Poiché la copertura vegetale non garantisce un’adeguata
regolazione delle acque piovane, queste tendono a
raggiungere più difficilmente il reticolo idrografico e si
infiltrano appesantendo il suolo, potendo causare
l’innesco di fenomeni di instabilità dovuti all’innalzamento
della falda o alla formazione di falde sospese.
– Quando la copertura vegetale interessa le sponde dei
ruscelli, ne rallenta la corrente e favorisce il deposito in
alveo del materiale lapideo sciolto dilavato dai versanti; la
sezione idrica utile del reticolo idrografico tende a ridursi,
ed aumentano i rischi di esondazione, oltre che di dissesto
localizzato lungo i valloni, diventati depositi instabili di
roccia sciolta.
La mitigazione del rischio idraulico
• Le sistemazioni vegetali (tecniche applicative)
– Piantumazione di vegetazione erbacea e vegetazione
arborea (quest’ultima a carattere arbustivo o ceduabile)
– Le sistemazioni a bosco sono da preferire a quelle erbose,
per la maggiore capacità di ritenzione idrica da parte degli
arbusti e degli alberi.
– In una sistemazione con vegetazione arborea, occorre
utilizzare solo le specie adeguate alla zona fitoclimatica in
cui si interviene. In Italia ne esistono 6, il cui nome si
richiama più o meno vagamente alla specie di riferimento.
La mitigazione del rischio idraulico
• Le sistemazioni vegetali (zone fitoclimatiche
• )
Lauretum caldo
Fagetum
Lauretum freddo
Picetum
Castanetum
Alpinetum
La mitigazione del rischio idraulico
• Le arginature
alveo naturale in condizioni di piena ordinaria
alveo naturale in condizioni di piena eccezionale
alveo arginato in condizioni di piena eccezionale
La mitigazione del rischio idraulico
• Le ricalibrature geometriche
alveo naturale in condizioni di piena ordinaria
alveo naturale in condizioni di piena eccezionale
alveo geometricamente ricalibrato in condizioni di piena eccezionale
La mitigazione del rischio idraulico
• Le ricalibrature di scabrezza
alveo naturale in condizioni di piena ordinaria
alveo naturale in condizioni di piena eccezionale
alveo con scabrezza ricalibrata in condizioni di piena eccezionale
La mitigazione del rischio idraulico
• Le ricalibrature di pendenza (drizzagni)
La mitigazione del rischio idraulico
• I diversivi e scolmatori
La mitigazione del rischio idraulico
• I diversivi e scolmatori
Franco netto
Franco
Quota di massimo invaso
Quota di massima regolazione
A
A’
Sez. AA’
Fine
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La tutela del territorio dal rischio idraulico_slides