Paola Giunchi
Sapienza, Universita’ di Roma
Introduzione I
•
La glottodidattica studia il modo in cui si
insegnano le lingue “altre”, ma
•
non solo le procedure pratiche messe in atto,
ma anche le ragioni per cui queste funzionano,
•
diverse scienze contribuiscono alla glottodidatica come la psicolinguistica che indaga sui
meccanismi che regolano l’acquisizione delle
lingue.
Introduzione II
glottodidattica in dialogo costante
con le neuroscienze
Apprendimento via azioni
Ruolo dell’azione nell’apprendimento.
Apprendimento
Azione
Neurologia et al.




Meccanismi neurologici nel linguaggio e
nell’apprendimento,
regole astratte dei grandi della psicologia del
linguaggio,
analisi del coinvolgimento degli emisferi,
soprattutto di quello destro, nell’acquisizione
della lingua altra
ruolo dell’emisfero destro nella acquisizione
della lingua altra
Le teorie

relazioni fra i meccanismi neurologici e

l’apprendimento del linguaggio

i neuroni specchio: cellule cerebrali del
cervello

collocate nell’area F5, a livello delle zone
frontali
Neuroni specchio
La Habana - 2012
Neuroni specchio I

Si attivano quando compiamo un movimento
finalizzato (es. mostriamo la lingua) e anche
quando osserviamo qualcun altro compiere quel
dato movimento.

Nel cervello dell’uomo possono osservarsi
mediante tecniche di brain imaging.
La Habana - 2012
Neuroni specchio II



Se ho sete e decido di bere, nel momento in
cui prendo la bottiglia i miei neuroni specchio
si attivano.
I neuroni specchio intervengono anche
quando vedo qualcun altro che muove la
mano per afferrare la bottiglia.
La scoperta, (rivoluzionaria nel campo delle
neuroscienze che alcuni l’hanno paragonata
alla scoperta del DNA in biologia), è di un
gruppo di ricercatori dell’Università di Parma,
(cfr. Rizzolatti - Sinigaglia, 2006; Iacoboni,
2008).
Neuroni specchio III


Lo studio sugli animali sfrutta l’inserimento di
elettrodi che consentono di “sentire” il neurone
mirror che si attiva, si può udire proprio il
rumore che fa quando entra in stato di
eccitazione
Mentre sugli umani gli studi sono più
complessi e richiedono, spesso, una batteria
di ricerche volte a confutare ogni possibile
dubbio circa il coinvolgimento di una classe
specifica di cellule.
Specchi nel cervello
questi neuroni si attivano…
quando entriamo in relazione con gli altri,
quanto essi incidono su




apprendimento,
acquisizione del linguaggio,
emozioni,
empatia
fino ad arrivare all’ipotesi che li lega al disturbo
autistico.
Neroni specchio al lavoro



I neuroni specchio si attivano anche quando la
modalità di fruizione è uditiva.
A differenza delle scimmie, questi neuroni
umani, si attivano anche quando vedono
un’azione solo mimata.
In generale l’uomo utilizza le aree dei neuroni
specchio per azioni molto più astratte rispetto
ai macachi.
Neuroni specchio e apprendimento
Iacoboni (2008, 43)
: «I neuroni specchio che rispondono all’uso di
utensili costituiscono un’allettante evidenza
empirica che collega i neuroni specchio al
comportamento imitativo, un potente
meccanismo per l’apprendimento».
Le scimmie, imitando gli umani che mangiano,
avrebbero appreso un altro modo utile per
raggiungere l’obiettivo cibo!
L’imitazione nell’apprendimento
Capiamo le implicazioni per l’apprendimento.
Se dei macachi hanno introdotto nel proprio
repertorio motorio anche l’uso di utensili solo
attraverso l’osservazione, quali le grandi
potenzialità dei mirror negli umani.

Si tratta di sfruttare queste potenzialita’
nell’apprendimento.

La Habana - 2012
I neuroni specchio:
un vocabolario di atti in comune I

I neuroni specchio sono un substrato che
abbiamo in comune con gli altri.
 Riconosciamo e apprendiamo dai gesti dell’altro
perché sono i nostri.
(Riconosco nel tuo movimento quello che solitamente compio io).

È come se, a livello cerebrale, io avessi dentro di
me la rappresentazione di un’azione che
solitamente compio, ma che in questo caso è
inibita.
La Habana - 2012
I neuroni specchio:
un vocabolario di atti in comune II
Alcuni esperimenti dimostrano che i neuroni
specchio ci permettono anche di capire
l’intenzione dell’altro, tanto che i mirror sono stati
collegati al senso di empatia.
Cosa vuol dire che captiamo l’intenzione dell’altro?
Che dai suoi gesti siamo in grado di decifrare
qual è lo scopo sottostante.
In un esperimento condotto sul modo di afferrare
una tazza è stato messo in evidenza come, sia i
movimenti di precisione che facciamo, sia il
contesto, ci permettono di comprendere lo scopo
che guida l’azione dell’altro.
Basi fisiologiche delle azioni comunicative
Noi condividiamo un vocabolario d’atti con l’altro,
o



o
quello dell’osservatore è un atto potenziale,
egli può contare su una selezione automatica delle
strategie più efficaci in quel determinato contesto
non si basa, quindi, su teorie, ma su basi fisiologiche
concrete (Rizzolatti - Sinigaglia, 2006)
Iacoboni (2008) ha dimostrato che esistono
connessioni anatomiche e scambi di informazioni
tra neuroni specchio, insula e sistema limbico,
ovvero tra aree motorie e aree legate alle
emozioni.
I neuroni specchio: atti in comune
aree motorie
aree legate
alle emozioni
I neuroni specchio: esperimento I





E’ stato chiesto ai soggetti di osservare e poi di
imitare l’espressione di immagini di volti.
Le tre aree si attivavano quando le immagini
venivano solo guardate e tale eccitazione
aumentava durante il momento imitativo.
Questo accade perché l’empatia ha a che fare sia
con l’azione (il gesto che vedo compiere all’altro)
sia con l’emozione che essa suscita in me.
Siamo empatici, quindi, grazie al sistema di specchi
che esiste nel nostro cervello.
l’ipotesi che una lesione ai mirror potrebbe essere
la causa dell’autismo.
Neuroni specchio e linguaggio

Il sistema dei mirror ha spinto gli studiosi ad interrogarsi
sulla sua implicazione nell’apprendimento del linguaggio.

Il linguaggio viene considerato un insieme di “gesti
fonetici” (Gallese et al., 1996; cit. in Brandi - Bigagli,
2004) che abbiamo in comune con gli altri

ciò che produciamo quando parliamo e ciò che
decifriamo quando qualcun altro parla, sono la stessa
cosa

Il linguaggio nascerebbe dalla condivisione di questo
substrato comune a cui fare riferimento e sarebbe di
natura motoria.
Neuroni specchio e linguaggio
Linguaggio:
è caratterizzato da movimenti che
riconosciamo nell’altro ovvero,
quando osserviamo un altro che parla,
dentro di noi i nostri neuroni specchio ci fanno
riprodurre mentalmente il movimento che
l’altro produce davvero.
Riconosciamo ciò che dice perché anche noi
possediamo quel movimento dentro di noi.
Neuroni specchio e linguaggio
Rizzolatti e Sinigaglia (2006) insistono sul ruolo svolto
dai mirror nel processo di evoluzione del linguaggio.
Cosa ha permesso il passaggio dalle vocalizzazioni
delle scimmie alla produzione della parola come la
conosciamo oggi?
le radici affondano sempre nel terreno della gestualità:
«le origini del linguaggio non riguarderebbero solo la
bocca, bensì anche la mano, ed è dalla loro mutua
interazione che prenderebbe corpo la voce»
(Corballis; cit. in Rizzolatti e Sinigaglia, 2006).
La psicologia del linguaggio



breve excursus sulle principali teorie proposte da
chi si è interrogato sulle regole astratte che
governano l’uso del linguaggio e su quale sia la
sua natura
un posto di rilievo occupano le figure di Lev
Vygotskij e Jerome Bruner
gli studi sulle teorie della mente ci traghettano
verso la concezione di un bambino che fa
inferenze sul possibile comportamento dell’altro.
La Habana - 2012
Lev Vygotskij
Il pensiero dell’Autore russo è incentrato sull’influenza
che la società ha sulla formazione del pensiero e,
quindi, sull’acquisizione del linguaggio.
A differenza di Piaget che ha sottolineato piuttosto
l’influenza della dotazione biologica di partenza e
che si è soffermato soprattutto sullo sviluppo del
pensiero logico-formale,
Vygotskij sostiene che il contesto sociale in cui il
bambino cresce determina una specifica
rappresentazione del mondo.
Gli altri, quindi, contribuiscono a costruire la nostra
architettura psichica.
La Habana - 2012
Lev Vygotskij



Un esempio molto semplice di quanto
sostenuto da Vygotskij è dato dall’uso
dell’italiano e dei dialetti.
Bambini che crescono in famiglie che parlano
italiano e dialetto sono in possesso di
entrambe le modalità espressive.
In famiglie in cui l’unico linguaggio è quello
dialettale, il bambino dovrà imparare la lingua
italiana tra i banchi di scuola.
Lev Vygotskij
Vygotskij
non nega l’esistenza di un bagaglio biologico
personale, ma sottolinea il costante richiamo a
strumenti esterni che fungono da pungolo, da lui
chiamati stimoli-mezzo.
attingiamo da tali risorse esterne che agiscono a
loro volta sulla nostra forma mentis.
Il pensiero dello studioso russo sembra confermato
dalle più recenti analisi sulle società multiculturali
la comunicazione e il linguaggio ci dicono molto
dell’appartenenza culturale di chi abbiamo di
fronte.
Lev Vygotskij
Il modo che abbiamo di interpretare il messaggio di
chi parla dipende in gran parte dal tipo di
comunità a cui apparteniamo.
Nelle culture collettiviste il messaggio dipende
molto dal contesto che già fa parte della forma
mentis degli individui di quella società.
Nelle culture individualiste, invece, il messaggio è
spesso slegato da logiche preesistenti e viene
considerato per se stesso (Rosengren, 2001).
Lev Vygotskij
L’Autore arriva ad enfatizzare tanto l’idea di
influenza sociale sulla psiche che sottolinea
come la società, e in particolar modo la figura
materna, svolgano un ruolo cruciale nel
determinare uno sviluppo mentale sano (Attili et
al., 2001).
In tal senso Vygotskij anticipa anche la geniale
intuizione bowlbiana di attaccamento sicuro.
Lev Vygotskij
Inoltre a Vygotskij spetta il merito i aver introdotto il
concetto di zona di sviluppo prossimale, relativo
al fatto che nel momento in cui venendo a
contatto con figure che sono a uno sviluppo
cognitivo superiore, si attivano quelle funzioni
cognitive che ancora non operano in maniera
autonoma (Bonino 2001, 69).
Jerome Bruner
Bruner propone un tentativo di sintesi tra il
pensiero Vygotskijano e quello Piagetiano,
ritiene che entrambi abbiano colto aspetti
fondamentali del pensiero umano.
A Ginevra, 1996, egli propone la metafora
della mano destra e della mano sinistra.
Jerome Bruner
La mano sinistra fa riferimento all’opera di
Piaget: essa rappresenta il pensiero
logico, lineare, che è tutto interno alla
mente.
La mano destra, invece, si riferisce a un
pensiero diverso, che egli definisce
circolare e la cui formazione è
determinata dal contesto culturale in cui
l’individuo vive.
Per far sì che l’organismo funzioni al meglio
è necessaria una collaborazione tra le
due mani.
Jerome Bruner
Le ricerche, gli studi e gli scambi intellettuali di
Bruner sono, però, in continua evoluzione, tanto
che egli contribuisce, insieme a studiosi come
Goodman e Postman a dare un abito nuovo al
concetto di
percezione
che era stata considerata a partire da uno
stimolo esterno, che viene recepito dai recettori
visivi e che determina una certa
rappresentazione retinica.
Jerome Bruner
Bruner sostiene, invece, che il modo di pensare influenza
la percezione di ciò che vedo
Il processo non parte dall’esterno, ma è interno
all’individuo, che fa ipotesi continue sul mondo.
Il mondo esterno ha il compito di confutare o avvalorare
tali ipotesi
La mente anticipa, fa inferenze su quello che arriverà a
conoscere. Da dove derivano quegli attributi che, di
volta in volta, mi sono necessari per creare le categorie
e organizzare la conoscenza?
E soprattutto, cosa ha a che fare tutto questo con il
linguaggio?
Jerome Bruner



Eccoci alla ennesima innovazione introdotta
dallo studioso statunitense: «la svolta in senso
narrativo e culturale della psicologia cognitiva»
(Attili et al., 2001, 39).
Il linguaggio è per Bruner uno degli strumenti
di cui più si avvale il pensiero, che noi
utilizziamo per comunicare esperienze e per
organizzare gli eventi.
Questi ultimi assumono, quindi, una forma
narrativa, in cui c’è un prima, un durante e un
dopo.
Jerome Bruner



È in questa sequenza narrativa, in queste
storie che attingiamo dalla cultura di
appartenenza che cogliamo le categorie a cui
poi ci rifacciamo per fare inferenze sulla realtà
che conosciamo
In sintesi ci rapportiamo con il mondo a partire
da un patrimonio linguistico e culturale
la conoscenza che abbiamo del mondo è
influenzata da questo background, perché
esso ci spinge a ritenere alcune informazioni
più significative di altre.
Le teorie della mente
Definizione:
la capacità di attribuire stati mentali alle altre
persone.
secondo questa teoria, per i bambini piccoli
sarebbe difficile progredire nel processo di
comprensione di ciò che accade nel quotidiano e
che ha a che fare con delle persone, senza
avere una comprensione minima della mente
(Flavell - Miller - Miller, 1996).
Le teorie della mente
Churchland (1984, 58) definisce folk psychology:
«noi possiamo anche spiegare e predire gli stati
psicologici degli altri esseri umani, spieghiamo il
loro comportamento in termini di loro credenze e
desideri, e le loro credenze in termini di
percezioni e inferenze».
Il bambino sembra imparare sulla mente, si
possono affermare cinque postulati (Bombi Pinto, 2001):
I cinque postulati: 1 - 3
1.
2.
3.
La mente esiste: già intorno al primo anno di
vita il bambino ha la tendenza a orientarsi
verso gli altri in modo specifico;
La mente è collegata al mondo fisico: verso i
tre anni il bambino già comprende il
collegamento esistente tra stimoli fisici e stati
mentali;
La mente è separata dal mondo fisico: già
intorno ai tre anni il bambino comprende se un
dolce è reale o solo immaginato
I cinque postulati: 4 - 5
Le rappresentazioni mentali possono anche
essere false: verso i quattro anni il bambino inizia
a comprendere le differenze tra realtà e
apparenza;
5. La mente lavora in modo attivo: la comprensione
del fatto che la mente percepisce il mondo
esterno in base alle conoscenze e alle
esperienze già acquisite, è un’abilità complessa
che sembra comparire intorno ai sei anni.
4.
Le teorie della mente
A differenza di ciò che sosteneva Piaget, quindi, i
bambini sarebbero in grado di avere una
conoscenza sulla mente molto prima dell’età
adolescenziale delle operazioni formali e di
avere, quindi anche delle competenze
metacognitive.
Si utilizzano vocaboli differenti per ogni campo
della metacognizione. Per le conoscenze sulla
memoria parliamo di metamemoria. Per ciò che
riguarda la lingua parliamo di metalinguaggio.
Come arriviamo dall’uso del linguaggio a sapere
cosa è il linguaggio?
Le teorie della mente




Il processo è caratterizzato da un continuum
che va da intuizioni isolate, che nascono dalla
situazione pratica
i bambini correggono d’istinto una frase mal
formulata
fino alla capacità di determinare quali e quanti
fonemi ci sono in una frase,
oppure quale deve essere la corrispondenza
tra soggetto e predicato per quanto riguarda il
genere (Bombi - Pinto, 2001).
Acquisizione della lingua altra:
il ruolo dei due emisferi


Metafora della mano proposta da Bruner
la mano destra portatrice della logica e la mano
sinistra detentrice del pensiero circolare.
22 x 33 = 726


Sappiamo che la parte sinistra del cervello
controlla la destra del corpo e viceversa
la parte sinistra è legata al ragionamento
logico, alla progettazione, attende nella
maggioranza degli individui alla comprensione
e alla produzione linguistica
Acquisizione della lingua altra:
il ruolo dei due emisferi

l’emisfero destro attende ai compiti
visivo-spaziali e aiuta, quindi nella
comprensione delle immagini e nella
loro manipolazione mentale, dato che
esse non hanno natura verbale, controlla
il canto (Springer e Deutsch 1993) ed è
implicato sia nell’elaborazione che nella
produzione di espressioni emotive.
www.google.it/.webloc
Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due
emisferi

L’emisfero destro permette di unire globalmente le unità
discrete di linguaggio, colte dall’emisfero sinistro, e di
capire i messaggi in arrivo nella loro totalità espressiva
e connotativa.

L’emisfero destro presiede


le attività intuitive globali,
controlla la memoria spaziale

(Danesi 1988).

organizziamo il discorso nell’emisfero sinistro, ma gli
conferiamo senso in base al contesto grazie al destro.
integra i linguaggi non verbali con quello verbale
Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due
emisferi
Esperimenti recenti hanno mostrato come una lesione
all’emisfero destro nel primo anno di vita disturbi
l’evoluzione del linguaggio che avviene
successivamente: soprattutto si registrano problemi
nella comprensione e nella produzione del lessico
(Aglioti - Fabbro, 2006).
La partecipazione cruciale dell’emisfero destro al
linguaggio, specialmente durante le prime fasi
dell’apprendimento, si spiega, secondo Goldberg e
Costa (1981), perché esso ha una struttura superiore
di connessione interregionale che lo specializza nel
decifrare stimoli nuovi in modo più efficiente.
Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due
emisferi

È come una rete che cattura lingua, immagini e
suoni.
 La struttura dei neuroni dell’emisfero sinistro è
invece sequenziale - niente rete - e questo
 gli rende più difficile decifrare l’informazione per
la quale non ci sono codici o programmi
collaudati.
Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due
emisferi
In un primo tempo, è l’emisfero destro, curioso e
intuitivo, ad afferrare le “novità” e solo
in un secondo tempo, appena viene scoperto il
sistema appropriato di decodifica, entra in scena
l’emisfero sinistro che domina e tratta il materiale
linguistico
gli emisferi hanno una specializzazione che li
rende complementari, non si avrebbero
comprensione e produzione linguistica senza il
lavoro di entrambi. Tale cooperazione viene
anche chiamata bimodale (Danesi 1988).
Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due
emisferi
 Il
lavoro complementare dei due emisferi ci
consente, quindi di acquisire il linguaggio e di
utilizzarlo a nostro piacimento, ma cosa avviene
per la lingua altra?
 essa determina rappresentazioni cerebrali
diverse rispetto a quella madre.
 si è riscontrata una rappresentazione diversa per
differenti categorie lessicali.
 Il lessico è l’insieme di parole che formano una
lingua (Ježek, 2005), formato da parole di classe
aperta e parole di classe chiusa.
Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due
emisferi

Alla classe aperta appartengono i nomi, i verbi,
gli aggettivi e gli avverbi;
 alla classe chiusa sono riconducibili gli articoli, i
pronomi, le preposizioni, le congiunzioni (Ježek,
2005).
 queste ultime sono tipologie di parole che
rimangono sostanzialmente invariate, mentre le
prime appartengono ad una classe che muta.
 la parola bello può assumere anche aspetti
diversi: bella, belle; con un cambiamento sia a
livello morfologico che semantico.
 la congiunzione e invece, rimane invariata
sempre.
Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due
emisferi



Questa premessa di sapore tutto linguistico è
necessaria per le implicazioni che ci sono
nell’acquisizione della lingua altra
Fabbro (2004) illustra come le parole di classe
chiusa siano soggette a dei periodi critici di
apprendimento, cosa che non avviene per quelle di
classe aperta.
Nell’acquisizione della lingua madre le parole di
classe chiusa sono rappresentate nel lobo frontale
sinistro e quelle di classe aperta nelle regioni
posteriori di entrambi gli emisferi cerebrali.
Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due
emisferi
Quando si apprende una lingua altra la
rappresentazione nel cervello è determinata
dall’età in cui il bambino viene esposto alla
lingua.
Prima dei tre anni la rappresentazione di L1 e L2 è
la medesima.
Dopo gli otto anni le parole di classe chiusa della
seconda lingua vengono rappresentate nel
cervello come le parole di classe aperta.
Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due
emisferi
Tra i 3 e gli 8 anni si verifica un apprendimento
della L2 nella produzione e nella comprensione
che è assimilabile a quello che avviene prima dei
3 anni, ma che a livello cerebrale ha una
rappresentazione più estesa
o È come se la seconda lingua occupasse uno
spazio più grande e richiedesse più energia
durante l’uso della lingua.
o È essenziale, quindi, che i bambini acquisiscano
la lingua altra già da piccolissimi.
o
Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due
emisferi
Inoltre una lingua appresa dopo gli otto
anni tende ad essere rappresentata
meno a livello dei sistemi della
memoria procedurale.
Questo tipo di memoria è quello che ci
permette di saper andare sempre in
bicicletta dopo averlo imparato: allo
stesso modo, essa ci permette di
utilizzare una lingua dopo averla
appresa senza dover stare a
meditare troppo sulle parole o sulla
costruzione della frase.
Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei
due emisferi
le ricadute e mezzi per mettere in pratica ciò
che insegnano le altre discipline vengono usate
 al servizio della glottodidattica dell’azione.
Subentrano, allora, manualità, teatro e
multimedialità
 Il sistema dei neuroni specchio ci permette di
ricondurre sia il linguaggio chel’apprendimento
al gesto.
 ne deduciamo che l’azione è il cuore, la chiave
che apre le porte di una didattica efficace delle
lingue.

Neuroni specchio e glottodidattica dell’azione
Azione che si esplica in una ottima pronuncia che
l’insegnante deve avere per far sì che gli
apprendenti imparino a parlare al meglio la
lingua altra.
Non si apprende il suono, ma come esso deve
essere articolato per essere prodotto.
Se l’insegnante non ha una pronuncia eccellente
l’apprendente acquisirà degli errati gesti fonetici
per la lingua altra.
Neuroni specchio e glottodidattica dell’azione




Il compito di chi insegna, invece, è quello di essere
un ottimo modello di come deve essere il
movimento perfetto per produrre quella vocale o
quella consonante.
Lo facciamo in continuazione in lingua altra.
Una volta appreso, il movimento non necessiterà di
una macchinosa applicazione, ma verrà spontaneo,
fluido.
Fino a quel momento dobbiamo insistere sul gesto
fonetico, affinché l’acquisizione della lingua sia
perfetta.
Neuroni specchio e glottodidattica dell’azione
l’azione è protagonista anche nell’apprendimento
in senso generale, di nuovi vocaboli, ad esempio
 anche qui sfruttiamo i gesti e i movimenti per far
sì che l’apprendente fissi dentro la mente ciò che
le parole potrebbero non cogliere fino in fondo
 (Bandura - Walters, 1965) hanno notato per primi
che il comportamento viene messo in atto da un
bambino anche attraverso l’imitazione dell’adulto
 generalmente i bambini non agiscono secondo
ciò che viene loro suggerito dal genitore, ma in
seguito a ciò che vedono fare dall’adulto.

Neuroni specchio e glottodidattica dell’azione
L’imitazione è un comportamento che sembra
avere sia una base innata, come emerge dallo
studio di neonati di soli due giorni che mettono in
atto con frequenza maggiore espressioni
mimiche mostrate dall’adulto, ma anche uno
sviluppo progressivo, dato che alcune abilità
imitative compaiono solo in età più tarda (Bombi
- Pinto 2001).
Neuroni specchio e glottodidattica dell’azione

gli studi sulle scimmie e gli utensili ci hanno
mostrato come l’imitazione sia funzionale. Ecco
perché i mirror sono fondamentali per la
glottodidattica dell’azione:
 essi hanno prodotto l’evidenza scientifica che
molti didatti hanno toccato con mano
 quali sono i contributi della psicolinguistica
quando insegniamo una lingua?
 Vygotskij e Bruner hanno sottolineato il ruolo
della società e della cultura di appartenenza
nell’apprendimento.
Psicologia del linguaggio e glottodidattica
dell’azione
•
Quindi, non insegnamo solo lessico, sintassi,
grammatica.
• Trasmettiamo soprattutto un modo di pensare,
delle tradizioni, delle abitudini.
• Prendere il tè alle cinque ci dice mondo
anglosassone, non solo lingua inglese
• E quale momento migliore del teatro per
far assaporare una cultura che in altro modo non
sarebbe assaporabile?
• Abbiamo visto con i neuroni specchio come noi
siamo azione. Azione più cultura dicono teatro e
multimedialità.
Psicologia del linguaggio e glottodidattica
dell’azione
•
Oggi gli insegnanti si trovano di fronte a una
sfida del tutto nuova.
• L’italiano è per un certo numero di apprendenti la
lingua altra.
• Si insegna a persone di nazioni diverse e, come
hanno sottolineato i due autori di psicologia
evolutiva con una struttura cognitiva spesso
diversa dalla nostra.
• Questo va tenuto presente nel momento in cui si
lavora con classi multiculturali.
Psicologia del linguaggio e glottodidattica
dell’azione
Infine le teorie della mente spalancano la porta verso il
modo in cui l’individuo pensa.
Non si impara solo cosa fare, ma anche come farlo.
C si aspetta un certo tipo di comportamento e quando
questo non si verifica rimodella il proprio
ragionamento in base alla nuova informazione
Abbiamo ribadito più volte che l’azione è il cuore
dell’insegnamento di una lingua altra.
Ma come si insegna la lingua altra attraverso l’azione?
La Habana - 2012
Glottodidattica dell’azione: le strategie
dell’emisfero destro





Le strategie dell’emisfero destro rendono familiare e
gradevole ciò che altrimenti risulterebbe lontano e ostico
l’azione è nel canto, ripetiamo una canzone che gli
apprendenti trovano attraente, la melodia li coinvolge e
permette loro di acquisire nuove parole senza neanche
accorgersene
azione dice anche drammatizzazione, rappresentazione,
simulazione
scenette che facciamo interpretare, fiabe che rendiamo
reali, giochi di ruolo.
l’insegnante diventa maestro di bottega che trasmette le
proprie competenze linguistiche alla classe tramite
lezioni agite.
La Habana - 2012
Glottodidattica dell’azione: le strategie
dell’emisfero destro
Questi tre aspetti dell’azione, musica, manualità
e drammatizzazione insieme eccellono nel
teatro, o ancora più precisamente, nel musical.
 ma il teatro non è l’unica fonte di ispirazione per
un insegnante di lingue:
 un’altra grande occasione di apprendimento è
offerta dalla multimedialità.
 la multimedialità interattiva, attraente e
immersiva ci catapulta in scenari e mondi del
tutto nuovi.

Glottodidattica dell’azione: le strategie
dell’emisfero destro
Sfruttiamo le potenzialità di attrazione dei
videogiochi e di Internet, chiamiamo in causa di
nuovo l’emisfero destro!
L’azione e il movimento sono centrali
nell’acquisizione del linguaggio, tanto che
lo sviluppo del lessico e in generale delle strutture
linguistiche è facilitato dall’uso di immagini
animate al computer rispetto alle icone fisse
(Sangin et al., 2008).
Conclusioni




Le neuroscienze e la psicolinguistica ci offrono
l’evidenza scientifica dell’importanza
dell’azione nell’acquisizione della lingua altra.
chi insegna una lingua non può ignorare il
ruolo svolto dai neuroni specchio
nell’apprendimento
il peso che ha l’esempio che diamo
Il gioco e il movimento rendono la parola viva
e tangibile per l’apprendente
Grazie!
Bibliografia
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2001, 127-191.
La Habana - 2012
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GlottoAzioni 15.11.2013 - Lettere e Filosofia