L'Arte, guidata a quel tempo dalla Pittura Italiana, stava abbandonando lo Stile Gotico ed era entrata nel periodo Tardo-Gotico, che preannunciava il Rinascimento. La pittura, affresco e tavole, si occupava di Dio e dei Santi; quello che accadeva sulla terra era secondario . Nel XV secolo in Italia, in seguito alle evoluzioni storiche, iniziò un rinnovamento culturale e scientifico, localizzato nelle corti e presso i nobili, ed i centri più attivi furono senz'altro Firenze, Napoli, Roma e Venezia, per poi diffondersi in tutta Europa. Dal quattordicesimo secolo, l'uomo ha cominciato a comprendere la propria importanza e il proprio ruolo nel mondo e con questo nuovo stile gli artisti iniziano a raccontare la storia cristiana dal punto di vista dell'uomo . Gli affreschi, le pitture su tavola e tela, a tempera e ad olio, decorano gli edifici religiosi e civili .I soggetti sono sacri e profani, le figure sono inserite in paesaggi e architetture, dipinti secondo le regole della prospettiva . Nella composizione è spesso presente, fra i vari personaggi, il mecenate che ha commissionato l'opera . Si abbandona progressivamente il fondo d'orato e i corpi sono ritratti anatomicamente in modo più preciso. S'afferma il ritratto, che fornisce una documentazione preziosa sull'abbigliamento, le acconciature, i gioielli dell'epoca, oltre alle immagini fisiche dei personaggi. L'arte del Quattrocento si basa su un nuovo modo di concepire e rappresentare lo spazio: la prospettiva . E' dal punto di vista dell'uomo che lo osserva che il mondo circostante deve essere illustrato . Lo spazio si costruisce fissando prima di tutto il punto di vista dell'osservatore, a cui tutti gli elementi sono subordinati. L'uomo li osserva, li studia e li governa . Il bisogno di stabilire regole fra le parti, per ottenere l'armonia dell'insieme, si traduce anche nello studio delle proporzioni . Così gli artisti del Rinascimento esplorano l'anatomia e la natura: sarà Leonardo da Vinci a trasformare l'arte in scienza, indagando sistematicamente il corpo umano, i fenomeni legati al moto e cercando nell'antichità, le radici della propria cultura. Ardua e pregnante domanda:chi “è” Leonardo da vinci pittore?inaspettatamente concisa la risposta:la Gioconda . Si chiami con la rinomatissima denominazione o parimenti Monna Lisa,è comunque lei,una donna divenuta topos dell’arte stessa ,il fulcro e la sintesi perfetta del genio pittorico leonardesco,applicazione inimitabile della teoria ,tanto cara al pittore ,del “cattivo tempo” e della sua corrispondente resa tramite la tecnica dello “sfumato”.A tal proposito la Gioconda,al di là del velo di fascino misterioso tessutole attorno nel tempo e del significato profondo della sua placida espressione, ci offre un icastico,nitido esempio della capacità innovativa dell’autore di stendere il colore sia nello sfondo paesaggistico che nel viso umano. Innanzitutto è di dovere specificare che l’autore si distaccò dalla tradizione fiorentina del suo tempo,concentrata nella resa prospettica e definita degli spazi e sulla presenza di contorni definiti degli oggetti/soggetti ritratti ,e oltrepassando questa introdusse magistralmente lo “sfumato”,consistente nel mitigare i rigidi contorni delle figure per creare un’immagine dominata da vaporosa morbidezza ,in cui si crea una impalpabile fusione tra luce e colore. Difatti nel suddetto ritratto i contorni della donna non sono ben definiti da linee rigorosamente tracciate , ma modellate da luci e ombre avvolte delicatamente in un realistico chiaroscuro. La luce è molto chiara e precisa sul petto, sul viso e sulle mani perfettamente in posa e tende a fissarsi con un estremo realismo anche in una serie di creste luminose nelle maniche dell’abito. Inoltre si può notare come siano stati resi imprecisi sia gli angoli degli occhi che gli angoli della bocca, conferendo in questo modo all’incantevole volto della donna quella espressione sorridente e misteriosa ,serena e malinconica allo stesso tempo, in una sola parola ambigua .Ma questa particolare stesura del colore non si limita alla figura e rende altrettanto evanescente e attraente il paesaggio fluviale che si staglia sullo sfondo;esso è indefinito come se dalla terra e dalle acque che lo percorrono si levassero nebbie e strani vapori che rendono imprecisa e sfumata la visione .Tale impressione di vaghezza e grigiore è lo studiatissimo frutto della teoria della “prospettiva aerea” :l’autore ,infatti, dopo un’ attenta osservazione dei vari fenomeni che avvengono in natura notò che se i nostri occhi guardano degli “elementi” in lontananza, questi elementi ci appaiono sempre più indefiniti e sfocati man mano che si allontanano dai nostri occhi a causa dell’aria che sta tra i nostri occhi e gli elementi che guardiamo ,originalmente definita da Leonardo “cattivo tempo”. I colori si attenuano fino ad arrivare ad una specie di nebbiolina di colore grigio–azzurrina che può essere rappresentata nei dipinti. Tondo Doni. Tempera su tavola; diam 120 cm; 1506-1508 circa; Galleria degli Uffizi Michelangelo Buonarroti (Caprese Michelangelo, 6 marzo 1475 – Roma, 18 febbraio 1564) è stato uno scultore, pittore e architetto. Protagonista del Rinascimento italiano, fu riconosciuto già al suo tempo come uno dei più grandi artisti di sempre. Egli si considerava soprattutto uno sculture, ma nonostante ciò abbiamo opere come il Tondo Doni (l’unica su supporto mobile, certa e compiuta, dell'artista). Il dipinto è anche di fondamentale importanza nella storia dell'arte, poiché pone le basi per quello che sarà il manierismo. Qui il Buonarroti insiste soprattutto sui tratti del contorno non preoccupandosi più di tanto della degradazione chiaroscurale atmosferica che tanto caratterizza la pittura di Leonardo. Le linee corrono con un andamento prevalentemente curvo e di contorno, assumendo una valenza espressiva autonoma che stacca le figure dal fondo, nonostante il loro cromatismo sfumato ed omogeneo, ma certamente ben solido che nettamente le distingue tra loro. L’incarnato è formato da colori più o meno vivi e non privi di contrasto, ed il chiaroscuro si allontana da quelle brunastre tendenze che siamo abituati a vedere nella pittura quattrocentesca. Anche il panneggio ha vivi contrasti di colore che lo rendono cangiante nelle tre figure, evidenziando il cambio d'intonazione a seconda della luce: un effetto intellettualistico, questo, che è presente in tutta la produzione di Michelangelo. Se dovessimo paragonare la pittura di Michelangelo con quella di Leonardo, potremmo certamente affermare che il risalto ed il senso plastico delle figure, in entrambe considerevoli, è ottenuto con due stili completamente opposti: il primo dà forza ai contorni per staccare le figure dal fondo ed assegna al cromatismo la funzione di concorrere al senso plastico, mentre il secondo annulla il tratto sagomale, dando allo sfumato entrambe le funzioni, ma al colore un ufficio secondario. Oltre alla tempera su tela Michelangelo utilizza la tecnica dell’affresco, tecnica utilizzata fin dall’antichità, che necessita della preparazione del muro su cui la pittura viene fatta;in questa tecnica il muro deve essere preparato con diversi strati: rinzaffo, arriccio e tonachina (o intonaco fresco). Rinzaffo: serve per preparare il muro e dargli una muratura con un aspetto civile; Arriccio: superficie un po’ increspata, serve per preparare meglio l’ultimo strato; Tonachina: si deve dare a giornata, cioè la porzione di superficie pittorica che un pittore realizza in un giorno. I colori si assorbono nell’intonaco fresco, e si induriscono e così vengono incorporati nel muro; i colori sono impermeabili. Per l’affresco sono necessari anche i cartoni preparatori ,cioè fogli di carta consistente che si applicano alla tonachina su cui è disegnato il soggetto da dipingere sul muro. Due tecniche per disegnare il soggetto sul muro: a spolvero e a incisione. I colori vengono mescolati con l’acqua e stesi sull’intonaco fresco. Attraverso la reazione chimica della carbonatazione della calce i colori vengono assorbiti nel muro. Questa tecnica viene utilizzata nella volta Volta della Cappella Sistina della Cappella Sistina dove si narra la storia dell’uomo prima della venuta di Cristo,alle scene principali della grandiosa creazione del mondo seguono le scene della storia di Noè. Le fiancheggiano stupende figure di geni (o angeli), e completano i riquadri i Profeti e le Sibille che preannunciano Cristo;e altre scene bibliche. In quest’opera il mezzo espressivo a cui Michelangelo affida la sua visione è un disegno sapiente che sintetizza negli atteggiamenti più audaci le emozioni profonde dell’animo. E il colore si sottomette al contorno delle forme possenti,un colore condotto su minime variazioni di tono,dal bianco-grigio elaborato delle luci al colore base delle ombre. Tiziano, 1516-1518. Olio su tavola, 690X360 cm. Venezia, Chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Frari Tiziano Vecellio é considerato il maggior pittore Veneziano nel sedicesimo secolo ed e responsabile per la tradizione veneziana del colore. Nelle sue opere si riscontra la pittura tonale, ovvero quella forma di pittura in cui lo spazio non è rappresentato dal disegno ma dalle variazioni tonali di una limitatissima gamma di colori. Le opere di Tiziano sono riconoscibili per il flusso delle sue linee e la rilassante natura dei suoi dipinti, di cui molti furono ritratti. Tiziano ebbe l'abilità di catturare la personalità e le caratteristiche fisiche dei suoi soggetti. Pitture ed olio erano gli elementi che Tiziano usò molto. Il suo stile era in contrasto con le linee chiare della precedente scuola fiorentina. Il suo modo di usare colori e chiaroscuro creò una novità stilista mai vista prima con dipinti che contenevano molti strati di smalto. Questo effetto concedeva alle opere tonalità morbide e brillanti. Tiziano mostrò un grande rispetto per la forma dell'uomo e aveva molto talento per creare ricchi e splendenti colori. Dipinse molte scene religiose e mitologiche. Rappresentò scene religiose con eleganza e dignità, un esempio è L'Assunta in cui sono già espressi i temi portanti della pittura di Tiziano: colore, luce e movimento. ... Il dipinto, di enormi dimensioni, rappresenta l'assunzione in cielo di Maria e in basso sono rappresentati gli Apostoli. Alla sommità della composizione, è rappresentato il Padre Eterno nella gloria dei cieli. Egli chiude lo svolgersi della narrazione contrapponendo la propria pacata immobilità, simbolo dell'essenza divina, al moto che, in varia misura, anima tutti i personaggi. Nonostante la convenzionalità della figura é possibile notare una vivacità espressiva del tutto nuova. Tiziano attenua i contorni, rendendo la scena simile a una visione sovrannaturale e, in secondo luogo, dota la metà superiore del dipinto di una fonte di luce autonoma e intensissima. E' evidente come Tiziano traduce l’eredità Bizantina nella sua arte con la luce oro sfumata che si trova anche in molti dei suoi dipinti. Per Tiziano la linea non esiste, ponendosi in scia di Leonardo che con il suo sfumato aveva superato il disegno considerato “sacro” dai toscani. Egli è un pittore che si “sporca le mani con il colore” perché non contento degli strumenti che aveva a disposizione per sfumare il colore lo sgrana ulteriormente passandovi le proprio mani, rendendo a volte la tela stessa tessitura cromatica del dipinto. Influenzato dagli insegnamenti di Piero della Francesca,Donato Bramante artisticamente nasce come pittore. Malgrado il praticantato iniziato in gioventù, nel Ducato d’Urbino non vi è alcuna traccia di sue pitture. Restano invece sue testimonianze a Bergamo, luogo dove egli si reca ad affrescare il Palazzo del Podestà, e a Milano.Le notizie sulle attività pittoriche del Bramante negli anni ‘70 non sono molto precise. Si sa per certo che egli era affermato pittore “illusionista”, ossia creatore di prospettive e d’architetture fittizie. Il ciclo degli Uomini d’arme (1490 ca.) della casa Panigarola di Bergamo (ora conservati al Brera di Milano) ne è un chiaro esempio: gli uomini vi si trovano collocati su guglie, piedistalli e vasi, ed inseriti in un complesso di finte architetture in prospettiva. Dalla serie degli Uomini d’arme provengono un Uomo con lo spadone, ed Eraclito e Democrito, oggi staccati e conservati a Brera. Si tratta di opere in cui si notano gli insegnamenti di Piero della Francesca, Melozzo e l’influsso di Mantegna.Più celebre resta, invece, il Cristo alla colonna realizzato nel 1490 per l’Abbazia di Chiaravalle.In tutti questi dipinti si coglie il forte influsso dell'opera di Mantegna, che Bramante aveva conosciuto probabilmente in modo diretto a Mantova e a Padova. Le figure sono inserite in uno spazio illusionistico architettonico e sono esse stesse monumentali e architettoniche. La loro monumentalità è accentuata dalla visione di sotto in su e dall’effetto illusionistico spaziale. Inoltre, le anatomie forti, atletiche, la solidità d’impianto delle forme tornite, il modellato vigoroso sottolineato dai contrasti chiaroscurali, rendono la figura umana gigantesca, eroica, protagonista dello spazio. Con questi dipinti Bramante ottenne un notevole successo, sia l’artificio prospettico, sia l’energia strutturale delle sue immagini impressionarono fortemente la pittura locale, ancora legata a forme gotiche e a una componente decorativa. Donato Bramante. Uomini d'Arme. Part. Uomo con l'alabarda. 1490 ca. Affresco. Milano, Brera Nel Cristo alla colonna, invece, Bramante usa la sua conoscenza della prospettiva, e la sua capacità di creare spazi in cui collocare le figure, per un altro scopo: non per uno scopo celebrativo, ma al fine di accentuare l’impatto emotivo che lo spettatore prova mettendosi davanti a questo dipinto. L’ambiente in cui inserisce il Cristo, in questo caso, occupa poco spazio nella composizione, ma si riesce comunque bene ad intendere, dagli elementi che Bramante raffigura, che è un luogo ampio, con un colonnato che si apre sull’esterno attraverso una finestra, la quale lascia intravedere, dietro il davanzale, un fiume o un lago, oltre il quale si distende il paesaggio, che sbiadisce, allontanandosi, sempre di più. La pisside, o vaso, sul davanzale, è uno degli elementi più misteriosi del quadro, in quanto ha sicuramente un valore simbolico non facilmente determinabile, ed ha dato luogo, infatti a molte interpretazioni discordanti. Donato Bramante, Cristo alla colonna, Olio e tempera su tavola, Cm 93,7 x 62,5, Pinacoteca di Brera In particolare, il paesaggio, probabilmente, è dovuto all’influenza che le opere di Leonardo hanno avuto sull’ attività di Bramante. Infatti Leonardo a Milano aveva già dipinto la Vergine delle rocce nel 1483. La composizione mette quindi in relazione l’estremamente vicino (il primo piano del corpo di Cristo) con l’estremamente lontano (il paesaggio esterno fuori dalla finestra). Centrale è la figura di Cristo che è a mezzo busto, non è completa come nel caso di alcuni uomini d’arme. L’elemento più importante dello spazio architettonico è la colonna, che dà la sensazione di spingere la figura e il corpo di Cristo fuori dal quadro Raffaello non fu indagatore come Leonardo, né filosofo e profondo come Michelangelo, che furono suoi grandi maestri, ma, nato col gusto della bellezza e della grazia, con la mente aperta, lo spirito sereno, pronto e assimilatore, costituisce una delle espressioni più alte dell’Umanesimo. Il numero e l’importanza delle sue opere sono di per sé cosa meravigliosa, se si pensa alla brevità della sua vita. Figlio del pittore Giovanni Santi, ed educato all’arte dal padre, Raffaello è considerato, grazie al suo talento precocissimo, “l’enfant prodige” della pittura: infatti già all’età di 16 anni è un maestro autonomo. Raffaello è perfetto nella ritrattistica ed eccellente nella trasfigurazione e nell'idealizzazione, come testimoniano i ritratti di Agnolo Doni e della moglie Maddalena Strozzi (Palazzo Pitti), dove tuttavia è molto forte l'influsso leonardesco per il taglio simile a quello della Gioconda; infatti Raffaello introduce le mani in entrambi i ritratti, che, delineate con stupenda eleganza, conferiscono un alto valore estetico alle due opere. In questi dipinti Raffaello predilige soprattutto esprimere le sue umane caratteristiche nella figura, che diventa imponente con lo sguardo fermo e consapevole dell'ottima reputazione e del valore nel proprio rango sociale. Maddalena Strozzi viene rappresentata in un sontuoso vestito ed adornata da splendidi gioielli attestanti le sue alte virtù. L'elegante collana portata con orgoglio è un gioiello nel quale sono montate tre pietre differenti con precisi significati: la forza del rubino, la castità dello smeraldo e la purezza dello zaffiro. nella ritrattistica, dove Raffaello puntualizza finemente non soltanto l'aspetto esteriore ma anche quello psicologico, vengono idealizzate le migliori virtù del personaggio raffigurato avvalendosi della variazione cromatica. Raffaello: Ritratto di Agnolo Doni (Palazzo Pitti) Raffaello: Maddalena Strozzi (Palazzo Pitti)