Parrocchia Mater Ecclesiae di Campobasso
20 – 26 agosto 2013
di P. Pierangelo Casella
Quando ci si incontra tra amici è facile parlare di
quello che si sta facendo
o rievocare avvenimenti che si sono vissuti insieme.
Il poter parlare della propria vita e di quanto si sta
facendo sembra portare luce alle scelte che si
sono fatte
e rendere il presente che si sta vivendo inserito in
un orizzonte che dà senso anche alle piccole
cose che si fanno ogni giorno.
Molte volte però capita che il raccontare la propria
vita alle persone con cui si vive, o rievocando il
passato o semplicemente condividendo il
presente,
lascia il cuore in ricerca, desideroso di trovare un
senso più profondo di quegli stessi eventi.
Quando Gesù raccontava esempi di vita alle persone
che lo seguivano,
non voleva forse aiutarle ad entrare nel mistero che
stavano vivendo senza fermarsi alla superficie?
Gesù parlava alle folle “con parabole e non parlava
ad esse se non con parabole,
perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo
del profeta:
Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose
nascoste fin dalla fondazione del mondo” (Mt 13, 34-35).
Comprendiamo allora che quando Gesù parla in
parabole vuole comunicarci qualcosa che ci
riguarda da vicino: la nostra vita e il nostro
rapporto con Dio.
“Il regno dei cieli è simile” – dice Gesù – parlando
alle folle e le invita ad entrare nel mistero della
vita che solo Dio può svelare,
ma che richiede nello stesso tempo l’apertura della
fede per aderire all’amore che Dio rivela in Gesù
presente in mezzo a noi.
Così Gesù racconta che “il regno dei cieli è simile a
un padrone di casa che uscì all'alba
per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna.
Si accordò con loro per un denaro al giorno e li
mandò nella sua vigna.
Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri
che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro:
“Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto
ve lo darò”. Ed essi andarono.
Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e
fece altrettanto.
Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che
se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne
state qui tutto il giorno senza far niente?”.
Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a
giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi
nella vigna”. (Mt 20, 1-7)
Tante volte Gesù paragona il regno di Dio alla vigna
e invita tutti a lavorare in questa vigna perché porti
frutto.
Il messaggio della parabola si manifesta proprio
nella possibilità di ascoltare la voce del padrone
che interpella al lavoro e invia a lavorare nella
vigna,
ne consegue per gli operai di prendere la decisione
di andare a lavorare finché c’è questa possibilità.
La sorpresa avviene che quando ricevono il salario
della giornata, tutti ricevono lo stesso compenso.
“Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo
fattore:
“Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando
dagli ultimi fino ai primi”.
Venuti quelli delle cinque del pomeriggio,
ricevettero ciascuno un denaro.
Quando arrivarono i primi, pensarono che
avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi
ricevettero ciascuno un denaro.
Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone
dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora
soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo
sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse:
“Amico, io non ti faccio torto.
Non hai forse concordato con me per un denaro?
Prendi il tuo e vattene.
Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a
te: non posso fare delle mie cose quello che
voglio?
Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi” (Mt
20, 8-16).
Quello che sorprende è che tutti ricevono il
medesimo compenso per il lavoro, sia degli
ultimi che dei primi.
Certamente la valutazione non è secondo la
giustizia umana, ma il compenso è secondo la
giustizia divina che supera le nostre misure
e riversa nei nostri cuori Dio stesso che con il suo
amore ci ricolma di una misura infinita.
Questa parabola
illumina allora la
nostra capacità
di ascolto di
quanto Dio
desidera da noi
per deciderci a
lavorare nella
sua vigna.
Ci sembra allora che il compenso sia troppo poco
per chi va subito al lavoro, perché abbiamo altri
redditi che possono meglio soddisfare alle
nostre esigenze.
Così si rimanda la decisione di incontrare il
Signore e accogliere la sua proposta: la
conversione a Dio sembra qualcosa che si
possa fare più avanti,
ma non ce ne accorgiamo che siamo già
all’ultima ora della giornata, perché ogni ora e
ogni giorno è l’ultimo che Dio ci dona perché si
converta in dono di grazia.
La conversione è veramente riconoscere che Dio è
buono e ci vuole donare tutto
se noi osiamo aprire il nostro cuore a lui.
Riconoscere che la sua bontà è senza limiti e che in
Gesù ci dona ogni grazia che ricolma il nostro
cuore immensamente di più di quanto possiamo
sperare o immaginare,
toglie da noi ogni sospetto e paura che Dio non
possa essere il nostro bene e il nostro tesoro più
grande.
Da dove viene a noi la forza della conversione
all’amore di Dio?
Questa esperienza si può manifestare sempre e
ovunque perché l’amore di Dio riempie
l’universo,
ma una strada privilegiata si manifesta in coloro
che hanno già accolto questo amore e lo
rendono presente nella loro vita.
In particolare Maria è questo segno grandioso che brilla
nel cielo
e rivela a tutti le grandi cose che Dio ha compiuto in lei.
Ma la luce di Maria è anche un dono offerto a tutti
perché in lei accolgano la luce che viene in questo
mondo che dona a quanti l’accolgono il potere di
diventare figli di Dio.
Maria allora prende per mano quanti si aprono a
questa luce e li guida a camminare sulla strada che
lei stessa ha percorso:
oggi Dio viene a visitarci e ci chiede di accogliere il
suo amore che coinvolge anche noi e attende una
nostra risposta per poterlo realizzare.
“Non temere, Maria, perché hai trovato grazia
presso Dio” – sembra ripetere l’angelo non solo a
Maria, ma a ciascuno di noi.
Ma di fronte all’incredibile proposta di Dio, ci
sentiamo anche noi partecipi dell’interrogativo di
Maria: “Come avverrà questo…?”.
Ma l’angelo le risponde: “Lo Spirito Santo scenderà
su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la
sua ombra” (Lc 1, 30. 34-35).
La parola di Dio non ci accompagna sempre nelle
nostre giornate e nella nostra preghiera?
Eppure quanta difficoltà facciamo ad aprire il nostro
cuore come Maria!
Ma sembra che quando noi prendiamo la
decisione di ricorrere a Maria, il cammino che ci
sembra impraticabile, possa diventare possibile
anche a noi.
Tutti coloro che si recano a Medjugorje trovano
che questo dialogo con l’angelo di Dio, e in
definitiva con Gesù stesso che ci rivela l’amore
del Padre, può diventare realtà anche per noi
per la potenza dello Spirito Santo.
Sì, aprire il nostro cuore a Dio e deciderci per
accoglierlo, convertire ogni nostro desiderio alla
sua parola e decidere di metterla in pratica,
apre il cuore alla gioia e alla speranza che solo
l’amore possa essere la vera ricompensa di
ogni nostra fatica.
Mettersi alla scuola di Maria e accogliere i suoi inviti
significa imparare a obbedire a Dio,
a prestare orecchio alla sua volontà consapevoli che
solo abbandonandosi ad essa, ritroviamo la gioia
di essere partecipi anche noi di quell’amore che
supera ogni nostro desiderio e immaginazione.
Come è possibile allora non lavorare in questa
vigna ove si costruisce il regno di Dio in noi?
Come è possibile rimandare la decisione di
accogliere totalmente la ricompensa che Dio
vuol darci perché lo abbiamo accolto?
Confessare la misericordia di Dio che sempre ci
accoglie e deciderci di seguire la sua parola che
sola ce ne rende pienamente capaci, è per noi il
vero scopo della vita che ognuno manifesta nel
vivere pienamente la vita cristiana.
“Ecco la serva del Signore: avvenga per me
secondo la tua parola” – ha risposto Maria
all’angelo –
ma è anche la risposta che ogni pellegrino che
ritorna da Medjugorje sente di dire nel ritornare
a casa,
affinché si realizzi anche in lui quell’amore che
solo colma il cuore di amore e di pace!
Ave
Maria
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