“Introduzione alla storia della filosofia”:
presentazione del corso
Prof.ssa Flavia Silli
Annotazioni sul piano organizzativo:
1)
Struttura delle lezioni: presentazione dei temi e dei filosofi
più importanti con possibilità di domande, riflessioni e
osservazioni pertinenti
2)
Disponibilità a fare colloqui esplicativi preferibilmente per
appuntamento ([email protected]).
3)
Adozione libri di testo: sono vivamente consigliati (per
omogeneità di approccio) i 4 manuali di: A. Livi, Storia
sociale della filosofia, ed. Dante Alighieri, Roma 2007.
A. Livi, Dizionario critico della filosofia, ed. Dante
Alighieri, Roma 2009.
4) Dispense disponibili sulla cattedra on-line o nella copisteria
dell’università come materiale riassuntivo o integrativo e
non sostitutivo dei manuali.
Articolazione del corso
secondo un intreccio storico
-metodologico e teoreticocontenutistico.
• Questione primaria della
periodizzazione storica:
1) Età classica-pagana (VII sec.
a.C – IV sec. d.C)
2) Età medievale (V sec. d.C –
XIV sec.)
3) Età moderna (XV sec. – XIX
sec.)
4) Età contemporanea (dal XIX
sec. ai giorni nostri)
• Questione preliminare della
metodologia “ermeneutica”
attraverso l’etimologia del
lessico filosofico
(Importanza del dizionario
critico→Itinerari semantici).
Importanza della lettura personale delle
fonti filosofiche attraverso l’Antologia
“Tutti gli uomini per natura tendono al sapere
[…] Gli uomini hanno cominciato a
filosofare, ora come in origine, a causa della
meraviglia: mentre da principio restavano
meravigliati di fronte alle difficoltà più
semplici, in seguito, progredendo a poco a
poco, giunsero a porsi problemi sempre
maggiori: per esempio […] i problemi
riguardanti la generazione dell’intero
universo.” (Libro I della Metafisica di
Aristotele)
1. Sia in Oriente che in Occidente, è possibile ravvisare un cammino che,
nel corso dei secoli, ha portato l'umanità a incontrarsi progressivamente
con la verità e a confrontarsi con essa. E un cammino che s'è svolto — né
poteva essere altrimenti — entro l'orizzonte dell'autocoscienza personale:
più l'uomo conosce la realtà e il mondo e più conosce se stesso nella sua
unicità, mentre gli diventa sempre più impellente la domanda sul senso
delle cose e della sua stessa esistenza. Quanto viene a porsi come oggetto
della nostra conoscenza diventa per ciò stesso parte della nostra vita. Il
monito Conosci te stesso era scolpito sull'architrave del tempio di Delfi, a
testimonianza di una verità basilare che deve essere assunta come regola
minima da ogni uomo desideroso di distinguersi, in mezzo a tutto il creato,
qualificandosi come « uomo » appunto in quanto « conoscitore di se stesso
».
Un semplice sguardo alla storia antica, d'altronde, mostra con chiarezza
come in diverse parti della terra, segnate da culture differenti, sorgano
nello stesso tempo le domande di fondo che caratterizzano il percorso
dell'esistenza umana: chi sono? da dove vengo e dove vado? perché la
presenza del male? cosa ci sarà dopo questa vita? Questi interrogativi
sono presenti negli scritti sacri di Israele, ma compaiono anche nei Veda
non meno che negli Avesta; li troviamo negli scritti di Confucio e Lao-Tze
come pure nella predicazione dei Tirthankara e di Buddha; sono ancora
essi ad affiorare nei poemi di Omero e nelle tragedie di Euripide e Sofocle
come pure nei trattati filosofici di Platone ed Aristotele. Sono domande che
hanno la loro comune scaturigine nella richiesta di senso che da sempre
urge nel cuore dell'uomo: dalla risposta a tali domande, infatti, dipende
l'orientamento da imprimere all'esistenza.
Obiettivo: corretto inquadramento del rapporto tra la periodizzazione
storico-culturale (genesi, evoluzione storica, enucleazione di tendenze e
problemi della cultura filosofica attuale) e la permanenza meta-storica
(philosophia perennis) delle questioni filosofiche fondamentali
• Come ci si accosta allo studio della filosofia: il termine filo-sofia si
compone di due parti:
1) La prima (dal verbo greco filèo) indica un’aspirazione, un tendere
verso qualcosa che non si possiede ancora compiutamente
(caratteristica antropologica di desiderio e di ricerca: l’uomo ha in sé
l’esigenza di scoprire la ragione delle cose che vede e che vive, il
senso ultimo del suo agire)→confronto con l’attualità: scarsa
consapevolezza di sé e dei propri bisogni e desideri autentici,
predominio dell’apparire sull’essere nel processo di esteriorizzazione
della “cultura dell’immagine”.
2) La seconda, invece, indica ciò a cui tale aspirazione si dirige: la
sofìa, o sapienza (che si declina in conoscenza della verità,
felicità, senso o causa ultima, principio o fondamento)
→confronto con l’attualità: primato del virtuale sull’empirico, o sulle
evidenze primarie, legate alla “presenza reale” delle cose.
Note distintive della sapienza filosofica:
•
•
•
Questione del “cominciamento” (punto di partenza della filosofia)→evidenza antropologica dell’uomo come essere animato dal
desiderio di sapere (primo passo della Metafisica di Aristotele).
Certezza empirica indimostrabile è la consapevolezza che i propri
atti conoscitivi sono resi possibili dalla presenza dell’essere delle cose
(evidenza pre-filosofica).
L’esperienza non è filosofia, è solo il presupposto della filosofia, la quale
è ricerca di una verità superiore e fondativa.
Approccio olistico (Platone nella Repubblica usa il termine synòpsis)
e carattere problematico della filosofia nella spiegazione della realtà
come “esperienza molteplice” (tutto è suscettibile di indagine filosofica:
per questo motivo si danno varie discipline filosofiche. La filo-sofia
(sapere fondazionale) è, originariamente, ricerca di una unità superiore
di senso e di un principio causale. L’essere umano cioè non si accontenta
di quel sapere certo ma parziale e frammentario che si può raggiungere
con le scienze particolari ma aspira a un sapere totale, quello cioè che
riguarda la totalità delle cose dal punto di vista delle loro cause ultime.
Note distintive della sapienza filosofica:
•
Rigore logico-scientifico: sono filosofici soltanto quei discorsi
che affrontano i problemi e le questioni ricavate dall’esperienza
con metodo rigoroso e sistematico, utilizzando un linguaggio
appropriato (lessico filosofico) e un robusto impianto logicoargomentativo. Questa “attività riflessiva” presuppone che
l’indagine razionale proceda attraverso un percorso (o metodo da
metà-òdos=mediante una strada) coerente e omogeneo
(premesse- svolgimento dell’argomentazione completo di
dimostrazione-conclusioni).
•
Sapere aperto ad un’ incessante opera di ricerca e di
approfondimento: il sapere filosofico non si presenta mai come
definitivo e irreformabile, bensì sempre bisognoso di
approfondimento, di ulteriore verifica, di migliore formulazione,
di nuovi confronti con realtà storiche diverse. In ciò consiste il
carattere “problematico” della filosofia. Vedremo cosa può essere
problematizzato e cosa no.
Note distintive della sapienza filosofica:
•
Vocazione pedagogico-educativa che impegna il filosofo nella
trasmissione della sapienza. Fin dalle origini questa forma di
ricerca si presenta come “associata”, coinvolgente più persone
accomunate dallo stesso impegno e interesse. La ricerca
filosofica, nella sua vocazione originaria, non chiudeva l’individuo
in se stesso; esigeva anzi una concordanza di sforzi, una
comunicazione incessante tra gli uomini che ne facevano il tèlos
fondamentale della vita e determinava quindi una solidarietà
salda e effettiva tra coloro che vi si dedicavano. Sarebbe
impensabile una filosofia senza scuole.
•
Carattere di gratuità della filosofia, il suo essere un sapere
disinteressato. Afferma infatti Aristotele nella Metafisica: «Se è
vero che gli uomini si diedero a filosofare con lo scopo di sfuggire
all’ignoranza, è evidente che essi perseguivano la scienza col puro
scopo di sapere e non per qualche bisogno pratico».
Annotazioni storico-genetiche sulla filosofia:
Nella filosofia classica pagana, si possono distinguere cinque periodi:
1) Cosmologico= rintracciare l’unità che garantisce l’ordine del mondo e la possibilità
della conoscenza umana fisiologi o filosofi naturalisti da Talete a Democrito
2) Antropologico=dominato dal problema dell’uomo: Sofisti e Socrate
3) Ontologico =problema dell’essere o della eziologia della realtà e del rapporto
dell’uomo con essa: Platone e Aristotele
4) Etico=determinazione della condotta di vita dell’uomo in vista del conseguimento
della felicità e della sapienza: stoicismo, epicureismo, scetticismo.
5) Religioso=problema soteriologico, trovare per l’uomo la via del ricongiungimento con
Dio, considerata come l’unica via di salvezza: neoplatonismo, gnosticismo
pagano)
• Disputa tra gli occidentalisti e i cosiddetti orientalisti→ non si può non riconoscere
che i Greci siano stati il primo popolo (VI sec. a.C) a creare esplicitamente il modo di
pensare filosofico( differenza di natura, non già nel contenuto). Mentre la sapienza
orientale è di tipo religioso e tradizionalistico (appannaggio di una casta
sacerdotale), la sapienza greca invece si presenta come una indagine critica e
razionale accessibile a tutti gli esseri umani. Altra nota distintiva della scienza greca
è il suo carattere teorico e “disinteressato”. Egiziani e mesopotamici sviluppavano le
scienze in termini prevalentemente descrittivi e per scopi immediati e di pratico
interesse. i Greci coltivavano le scienze principalmente per desiderio di conoscenza e
di comprensione dei perché delle cose. Essi non si sono limitati a ricevere le nozioni
astronomiche, matematiche, mediche ecc. dagli altri popoli, ma hanno dato ad esse
una forma di scientificità per lo più sconosciuta ai popoli precedenti.
Annotazioni storico-genetiche sulla filosofia
• A chi viene attribuito originariamente l’uso del termine filosofia?
• Secondo una tradizione molto nota, Pitagora avrebbe usato per
primo la parola filosofia in un significato specifico. Egli paragonava
la vita alle grandi feste di Olimpia, dove alcuni convengono per
affari, altri per partecipare alle gare, altri per divertirsi ed infine
alcuni soltanto per vedere ciò che avviene: questi ultimi sono i
filosofi. Fin dall’origine è sottolineato il distacco tra la
contemplazione disinteressata propria dei filosofi e
l’affaccendamento degli altri uomini. (→Da notare come nel mondo
attuale la crisi di identità della filosofia risulti legata alla
subordinazione dei saperi al criterio di utilità materiali: primato
della tèchne sulla nòesis prefigurato già da Husserl nella Crisi delle
scienze europee). In seguito la filosofia assunse il carattere di una
ricerca radicale sui fondamenti dell’essere, del conoscere e dell’agire
e venne perciò considerata la “regina” del sapere.
Annotazioni storico-genetiche sulla filosofia
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•
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Il libro I della Metafisica di Aristotele è dedicato alla determinazione del concetto di
sofìa o filosofia (intesa qui nel senso forte di metafisica come conoscenza delle
cause e dei principi.
Distinzione tra conoscenza empirica (semplice constatazione del che), scienza
(scoperta del perché) e sapienza.
Fine della sapienza (conoscenza dei principi di tutte le cose) →contemplazione della
verità che appaga quel naturale desiderio che differenzia l’uomo da tutti gli altri esseri
viventi, ossia il desiderio di conoscere.
Non tutte le cause sono oggetto della sapienza: tutte le scienze infatti sono
conoscenze di cause particolari; la sapienza invece, è conoscenza di quelle prime o
supreme.
Filosofia prima o sapienza (sofìa)= sapere dell’intero (synòpsis) che considera la
realtà empirica sub specie aeternitatis. Essa cioè, indaga l’essere in quanto tale, dal
punto di vista del fondamento o della causa prima. Presupposto→riconoscimento
dell’intelligibilità del reale, esistenza di un kòsmos (sistema ordinato di relazione tra
gli enti) da investigare razionalmente e da ricapitolare in una unità superiore di
senso. Funzione primaria dell’intelletto=cogliere nell’esperienza l’universale
Scienza= sapere settoriale (epistème) che studia gli accidenti e non l’essere in quanto
essere; essa indaga cioè uno specifico modo d’essere delle cose (sapere specialistico).
È comunque un sapere certo che spiega le molteplici forme dell’esperienza (interne ed
esterna) attraverso le leggi (fisiche, logiche, morali) che governano la realtà. Il
termine greco epistème implica l’idea di un fondamento (dalla radice stènai). La
scienza, nella gnoseologia aristotelica, si identifica quindi con il “ritrovamento delle
cause” di ciò che si è osservato, per spiegare le cose in rapporto alla loro causa
necessaria.
Annotazioni storico-genetiche sulla filosofia
• L’esistenza di varie discipline filosofiche si giustifica come “discorsi
metodologicamente diversi” ossia come diversi approcci al
medesimo oggetto – l’esperienza (problema cosmologico e
metafisico; problema teologico; problema antropologico ed etico) –
per ottenere una comprensione più profonda di alcuni aspetti che in
astratto possono essere isolati e studiati a parte, anche se in concreto
costituiscono un’unità di senso. Occorre quindi conservare
l’interesse per l’universale e sottolineare che è la metafisica a dare
consistenza a ogni singola disciplina filosofica.
Gli albori della filosofia: il rapporto tra Mythòs e Lògos
• Il termine "logos" è adoperato in senso generico opponendolo al
termine mythos.
Mythos→ pensiero mitico, basato sulle immagini, sull'autorità
della tradizione arcaica, su princìpi accettati e condivisi
acriticamente.
Logos→ pensiero critico, razionale e oggettivo, in grado di
sottoporre al suo vaglio credenze e pregiudizi. Questo termine da
Eracito di Efeso in poi risulta polivalente, designando a un tempo il
pensiero (come capacità), il suo esercizio, il discorso, e la sua
espressione scritta, il suo significato. Esso possiede inoltre anche
una forte valenza ontologica, nella misura in cui viene utilizzato per
designare la struttura ontologica della realtà, le sue proporzioni.
• Il termine logos compare come etimo di -logia, suffisso di
moltissime parole le quali indicano generalmente discipline e campi
specifici di studio, come ad es. teologia, biologia, epistemologia. In
questo senso il termine può essere tradotto con "discorso razionale
su..." o “studio del…"
Distinzione tra filosofia e scienza
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Filosofia= sapere dell’intero (synòpsis) che considera le cose del mondo e gli
avvenimenti della storia sub specie aeternitatis. La filosofia cioè, indaga l’essere in
quanto tale, dal punto di vista del fondamento o della causa prima. Ciò presuppone il
riconoscimento dell’intelligibilità del reale, l’esistenza di un kòsmos (sistema ordinato
di relazione tra gli enti) da investigare razionalmente e da ricapitolare in una unità
superiore di senso. Vale la pena ricordare a tale riguardo che funzione primaria
dell’intelletto è di cogliere nell’esperienza l’universale
Scienza= sapere settoriale (epistème) che studia gli accidenti e non l’essere in quanto
essere; essa indaga cioè uno specifico modo d’essere delle cose (sapere specialistico).
Si tratta comunque di un sapere definitivo che giunge a spiegare le cose
dell’esperienza (interne ed esterna) attraverso le leggi (fisiche, metafisiche, logiche,
morali) che governano la realtà. Già il termine greco di epistème implica l’idea di un
fondamento (connotata dalla radice stènai), e per Aristotele questo fondamento
consiste in una prima e indispensabile fase del processo scientifico ossia il
rilevamento dei dati che Aristotele denomina “osservazione” (historìa), intendendo
con questo termine la coscienza delle evidenze primarie, tanto di quelle sensibili
come di quelle intelligibili, formulate per mezzo del giudizio, previa l’astrazione dei
concetti. La scienza, nella gnoseologia aristotelica, si identifica quindi con il
“ritrovamento delle cause” di ciò che si è osservato, per spiegare le cose in rapporto
alla loro causa necessaria.
Passaggio dalla conoscenza empirica alla sophìa
• Il libro I della Metafisica di Aristotele è dedicato per intero alla
determinazione e illustrazione del concetto di sofìa o filosofia (intesa
qui nel senso forte di metafisica→ conoscenza delle cause e dei
principi.
• Distinzione tra conoscenza empirica (semplice constatazione del
che) e scienza (scoperta del perché). Anche la sapienza si ottiene
passando dal “che” al “perché” delle cose. Altra caratteristica della
sapienza deve essere la conoscenza di tutte le cose, dell’intero, che
coincide con la conoscenza dei principi di tutte le cose.
• Il fine della sapienza è la contemplazione della verità in quanto tale,
la quale più di ogni altra cosa appaga quel naturale desiderio che
differenzia l’uomo da tutti gli altri esseri viventi, ossia il desiderio di
conoscere.
• Non tutte le cause sono oggetto della sapienza, ma solo certe cause e
certi principi: tutte le scienze infatti sono conoscenze di cause
particolari; la sapienza invece, è conoscenza di quelle prime o
supreme.
La fiorente società che si sviluppa nel VI secolo in Ionia, nell'Asia
Minore, ha come principali centri Mileto, Efeso, Samo e Chio.
Naturalisti ionici o fisiologi
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Con naturalisti ionici (detti anche fisici, fisiologi o ilozoisti) si intendono i tre
filosofi della scuola di Mileto, Talete, Anassimandro e Anassimene. che si
dedicarono alla ricerca di un principio fisico come origine e sostanza delle cose
L'osservazione della natura porta i primi filosofi a confrontarsi con il problema della
realtà primaria. Di fronte alla realtà del mondo che empiricamente si presenta come
una molteplicità di cose che nascono e muoiono, i naturalisti sono convinti che esiste
una realtà unica ed eterna che si oppone al divenire (il nascere e il corrompersi delle
cose) e le dà ragione. Questa sostanza (da substantia, cioè «che sta sotto le cose»),
denominata inizialmente physis (cioè realtà prima, originaria e fondamentale) e poi
archè (cioè principio), è la fonte o scaturigine delle cose, loro termine ultimo e loro
permanente sostegno.
La parola greca physis deriva dalla stessa radice del verbo phyein, che significa
«generare». Per i primi filosofi la natura è la totalità di ciò che esiste, e comprende
quindi non solo le cose che si trovano sulla terra ma anche quelle in cielo. Inoltre, per
gli antichi la natura non è contrapposta all'uomo, bensì lo comprende, insieme a ciò
che egli produce. Le cose che compongono la natura non sono isolate, ma sono rette
da un ordine e governate da leggi. Il termine physis quindi fu in un primo momento
usato per indicare anche il principio che determina lo sviluppo di una cosa.
Archè deriva invece dal verbo archein, che significa «essere il primo» ma anche
«governare». Il termine indica quindi ciò che è primo per importanza e che ordina e
governa il tutto. I primi filosofi cercarono di identificarlo con uno o più elementi della
natura che potevano essere ritenuti il fondamento delle cose e spiegare razionalmente
il cambiamento.
Naturalisti ionici o fisiologi
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Talete
Per una consuetudine risalente all'antichità, Talete è considerato l'iniziatore
della filosofia greca e il fondatore della scuola ionica. Le date di nascita e di
morte ci sono sconosciute, ma sappiamo che l'apice della sua attività è stato
verso l'anno 585 a.C., quando riuscì a prevedere un'eclissi.
Pur non avendo scritto nulla, il suo pensiero è arrivato fino a noi tramite le
parole di Aristotele, secondo il quale Talete fu l'iniziatore della filosofia della
physis, in quanto fu il primo a ricondurre tutta la realtà a un principio
originario, che identificò con l'acqua. Le ragioni di tale congettura secondo
Aristotele risiedono nel fatto che «il nutrimento d'ogni cosa è umido, e persino si
genera e vive nell'umido [...] ed anche perché i semi di tutte le cose hanno una
natura umida e l'acqua è [...] il principio della loro natura». Reale afferma che
«il principio è l'acqua, perché tutto viene dall'acqua, sorregge la propria vita con
l'acqua, finisce nell'acqua».
Tuttavia bisogna precisare che con «acqua» Talete non intende semplicemente il
liquido ma un vero e proprio dio, un elemento divinizzato che si supponeva
governasse il mondo. È una nuova concezione della divinità, intesa con la
ragione e destinata a soppiantare la vecchia religione pubblica. È inoltre un dio
che pervade tutto, implicando che ogni cosa abbia un'anima (panpsichismo),
come il magnete che manifesta la sua anima attirando il ferro.
Naturalisti ionici o fisiologi
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Anassimandro, molto probabilmente discepolo di Talete, fu il primo a
introdurre il termine archè nella ricerca del principio, che identificò con
l'apeiron. Questo non è un principio naturale come l'acqua, ma è di natura
infinita. Il termine stesso a-peiron significa «privo di limiti (peras) esterni e
interni». Nella prima accezione, l'apeiron è l'infinito quantitativo, spaziale,
mentre nell'altra accezione è l'infinito qualitativo, senza limitazioni di
qualità.
L'apeiron è quindi l'infinito e l'illimitato che contiene tutte le cose e dal
quale esse si generano. Come afferma Aristotele parlando di Anassimandro,
l'infinito abbraccia e regge ogni cosa, cioè comprende ed è sostegno di tutte
le cose. Inoltre, sempre Aristotele riporta che «(l'infinito) appare come il
divino, perché è immortale e indistruttibile»: come l'acqua di Talete,
l'infinito di Anassimandro era considerato divino, in quanto possedeva la
principale caratteristica della divinità, l'immortalità.
Anassimandro fornisce inoltre la descrizione di come le cose derivano da
questa sostanza primordiale. Ritiene che l'apeiron sia in continuo
movimento e da esso avvenga una separazione delle coppie di opposti
(caldo/freddo, umido/secco ecc.); a causa di questo si generano infiniti
mondi, nei quali le coppie di opposti sono in lotta e danno origine al
divenire.
Naturalisti ionici o fisiologi
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Anassimene di Mileto, forse discepolo di Anassimandro, raggiunse l'apice della sua
attività nel 546-545 a.C. In un certo senso, corregge la teoria del maestro: il principio,
l'archè, è sì infinito in quantità e qualità, ma non è indeterminato, e viene identificato
con l'aria.
Nell'aria Anassimene vede la forza in incessante movimento che anima il mondo.
Nella sua concezione il cosmo intero è un unico essere vivente che respira, e l'aria è il
suo respiro e la sua anima. Alcuni studiosi ipotizzano invece una possibile
derivazione della teoria di Anassimene dall'osservazione della natura, poiché
dall'aria, infinita e illimitata all'occhio umano, scendono la pioggia (l'acqua) e i
fulmini (il fuoco), e a esso salgono i vapori e le altre esalazioni.
Anassimene spiega anche come la realtà derivi dall'aria attraverso il processo di
condensazione e di rarefazione (la rarefazione dà origine al fuoco, la condensazione
all'acqua e alla terra); allo stesso modo il freddo è la materia «che si contrae» mentre
il caldo è la materia dilata e allentata (Plutarco).
L'importanza di Anassimene sta nell'aver spiegato razionalmente come da una
differente quantità del principio originale possa derivare una realtà di volta in volta
diversa in qualità. La sua teoria è in perfetta armonia con il principio, fornisce una
causa che fa derivare dall'archè tutte le cose senza ricorrere a concezioni orfiche.
Glossario
Sapienza
È proprio Aristotele a fornirci, nella testimonianza di un commentatore, una
interessante ricostruzione della etimologia del termine sophia: «Fu chiamata
sapienza nel senso che è una specie di chiarezza [sapheia], in quanto chiarisce
ogni cosa. Questa chiarezza è stata così chiamata, in quanto è qualcosa di
luminoso [phaos], dalle parole che esprimano luce [phôs], per il fatto che porta
alla luce le cose nascoste. Poiché, dunque, le realtà intelligibili e divine, come
dice Aristotele, anche se sono chiarissime nella loro essenza, a noi sembrano
tenebrose e oscure in causa della caligine corporea gravante su di noi,
chiamarono a ragione sapienza la scienza che ci porta alla luce quelle realtà».
Sapienza è dunque ciò che manifesta le realtà che sono di per sé prime, nella
funzione di principi da cui tutto dipende. In tal senso essa è prospettata come
scienza universale.
Causa: Il termine aitia indica ciò senza di cui non potrebbe darsi la realtà: quindi
la condizione e il fondamento d’essere (ontologico) delle cose. In questo senso
Aristotele presenta la causa come la ragione per cui, il perché ultimo delle cose.
Il suo significato si sovrappone sostanzialmente a quello di principio.
Cosmo: Il termine kosmos indicava in origine ordine, e passò a significare mondo
soprattutto a opera dei Pitagorici, che riscontravano nella realtà appunto
l’impronta del numero e dell’armonia, e la percepivano di conseguenza come un
tutto strutturato. Comunque, anche nella più recente accezione, l’espressione
portava con sé, per la propria radice, il significato di bellezza, che si è conservato
prevalentemente nei derivati. Nel senso di disposizione, assetto della natura, il
termine è attestato per la prima volta in Eraclito. La filosofia di Anassagora, con
l’introduzione del Nous (intelligenza divina), rafforza il valore corrente del
termine, grazie all’idea di un disegno intelligente nella natura.
La scuola pitagorica
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Pitagora di Samo (571-497 a.C): filosofo, uomo politico e grande matematico
La tirannia di Policrate induce Pitagora a lasciare Samo per Crotone (in
Magna Grecia) dove fonda una comunità di tipo religioso costituita per lo
più da membri del nuovo ceto aristocratico e ordinata secondo precise
norme di comportamento finalizzzate alla purificazione dell’anima (in
vista della sua liberazione dalla prigione del corpo). Anche il metodo di
insegnamento e la progressiva crescita intellettuale rientravano in questo
ampio disegno di purificazione.
Difficile ricostruzione della realtà storica di Pitagora, figura semileggendaria che non lasciò nulla di scritto (→primato della cultura orale)
Pitagora riconosce l’arché (principio ed essenza della realtà) nel numero
Il 10 è il numero perfetto anche se ogni numero, nella sua concezione,
assume un particolare significato e una corrispondenza simbolica sia con le
cose fisiche sia con i concetti generali. Una volta stabiliti dei significati e
delle corrispondenze simboliche, i pitagorici vi si affidano per spiegare le
cose in sé e l’ordine del mondo intero
La scuola pitagorica
I pitagorici, che sono i primi a chiamare
l’universo
kòsmos
(ordine),
spiegano l’apparente mutamento
del reale con le opposizioni tra
numeri pari e numeri dispari,
quindi tra l’illimitato e il limite.
Come i numeri pari e quelli dispari
sono compresi nell’unità del
numero Uno, così anche tutte le
cose
partecipano
dell’armonia
dell’universo. Diversamente dai
filosofi
precedenti
che
posizionavano la Terra al centro
dell’universo,
I
pitagorici
sostengono
che
al
centro
dell’universo si trova il fuoco. Esso
attrae parte dell’illimitato che lo
circonda con la conseguenza di
limitarlo e dunque di ordinarlo.
Perfezione→esito (e non origine) del
processo cosmologico.
L’anima
armonia
essenza
numero
La scuola pitagorica
• L’anima, di origine divina, ha il compito di armonizzare le tensioni
discordanti provenienti dal corpo. Dal suo carcere l’anima può
liberarsi solo attraverso un lungo processo di purificazione
intellettuale verso la verità (mediante la graduale acquisizione
delle conoscenze matematiche)
• È evidente la valenza religiosa e iniziatica della scuola pitagorica,
dove il processo di purificazione è condicio sine qua non del ritorno
alla vita incorporea nell’unità originaria (filosofia=dottrina di
salvezza). In caso contrario, l’anima si incarnerà in un altro corpo
(→dottrina della metempsicosi).
Eraclito
Nato a Efeso (in Asia minore 510-450
a.C.circa) è noto per l’oscurità e il
carattere criptico della sua
filosofia. La tradizione infatti lo
ricorda come un uomo orgoglioso
e solitario, difensore e sostenitore
di valori aristocratici e poco
comprensibili alla gente comune.
Dell’opera di Eraclito, il cui titolo
Sulla Natura fu attribuito in
seguito per analogia con le opere
degli altri fisiologi, sono
conservati circa un centinaio di
frammenti e numerose
testimonianze indirette.
II principio (arché) di tutto il reale è
il lògos, unità al di là del divenire,
il modo determinato e dunque
intelligibile in cui si svolgono tutte
le cose.
Lògos
Legge
discorso
razionalità
suprema
parola
misura,
che governa
razionale e
principio
Il mondo,
significativa
di
giustizia e
contrapposta
intelligibilità
armonia
al mythòs
Eraclito
Tutto il pensiero di Eraclito→ruota intorno al tentativo di mostrare come il
lògos che governa l’universo sia per natura nascosto; la maggior parte
degli uomini ha nei suoi confronti la stessa assenza di consapevolezza che
chi dorme ha delle proprie azioni o conoscenze. La dottrina dell'unità dei
contrari è forse l'aspetto più originale del pensiero filosofico eracliteo. La
legge segreta del mondo risiede nel rapporto di interdipendenza di due
concetti opposti (fame-sazietà, pace-guerra, amore-odio ecc.) che, in quanto
tali, lottano fra di loro ma, nello stesso tempo, non possono fare a meno
l'uno dell'altro, poiché vivono solo l'uno in virtù dell'altro: ciascuno dei due
infatti può essere definito solo per opposizione, e niente esisterebbe se allo
stesso tempo non esistesse anche il suo opposto. Così, ad esempio, una
salita può essere pensata come una discesa da chi vi si trova in cima. Tra i
contrari si crea una sorta di lotta. In questa dualità, questa guerra fra i
contrari (pòlemos) in superficie, ma armonia in profondità, Eraclito vide
quello che lui definiva il logos indiviso, ossia la legge universale della
Natura. Questa visione cosmologica sfocia nell'identificazione panteistica
dell'universo con Dio, inteso come unità dei contrari, mutamento continuo e
fuoco generatore. Questo Dio-tutto comprende quindi in sé ogni cosa,
costituisce una realtà increata che esiste da sempre e per sempre. Eraclito
crede anche nella ciclicità del cosmo, concepita come insieme di fasi alterne
di distruzione-produzione, al punto che alcuni autori attribuiscono a lui il
concetto di ekpyrosis, una sorta di grande conflagrazione universale.
Eraclito
•
•
L’opposizione dei contrari, per
Eraclito, non dà luogo a un
confuso e disordinato succedersi
di cose ed eventi: il divenire è
infatti regolato dal principio del
lògos, legge del mutamento e
sostrato del reale
Tale principio viene identificato da
Eraclito con il fuoco, scelto,
molto probabilmente, per il suo
valore simbolico, in quanto
incarna le caratteristiche del lògos
stesso.
Fonte
di luce
Lògos=
fuoco
strumento
divino di
giustizia
elemento
che crea e
distrugge
Eraclito
Per Eraclito, conoscere=homologhèin, dire in accordo al lògos, ma questo
conoscere, che parte anche dalla conoscenza di se stessi, non ha mai fine: è
un sapere che non giunge ad una verità definitiva.
I confini dell’anima, nel tuo andare, non potrai scoprirli, neppure se
percorrerai tutte le strade, così profonda è l’espressione (il lògos) che le
appartiene.
Nello stesso tempo però, Eraclito incita l’uomo a non demordere e continuare
a indagare se stesso sperando l’insperabile nella ricerca della verità. L’uomo
che, per reazione ai propri limiti conoscitivi, sceglie di ottenere il facile
consenso diffondendo menzogne e difendendo le apparenze sarà punito
dalla giustizia del Lògos.
Il pensiero di Eraclito, espresso volutamente con uno stile oracolare e criptico
ebbe storicamente il merito di formulare la fondamentalissima distinzione
metafisica tra l’essere relativo (il cosmo, la natura, le cose particolari) e
l’essere assoluto (il Lògos, l’infinito, Dio) di cui si può e si deve conoscere la
Legge per accedere alla coscienza metafisica della realtà. Il Lògos, dalla
lettura dei pochi frammenti pervenutici, si configura come il senso del tutto
che permea tutte le cose che divengono, rivelandosi indirettamente e
rendendosi afferrabile tramite intuizione.
Osservazioni conclusive su Eraclito
1)
Alla distinzione eraclitea tra conoscenza comune (ordinaria) e
conoscenza che attinge al principio primo (lògos) è riconducibile
l’elaborazione eleatica della dialettica dei contrari, che contrappone
rigidamente opinione (dòxa) e verità (alètheia). L’intuizione di Eraclito
consiste nell’aver riconosciuto che il linguaggio comune, utilizzato per
esprimere gli oggetti manifesti all’esperienza di ciascun0, non coglie la
trama nascosta e rischierebbe di ridurre la natura originaria (la physis), a
una cosa tra le cose. Eraclito scrive infatti che la più grande conquista è
comprendere che la sapienza è «separata da tutte le cose»
2)
Vale la pena sottolineare che la trama nascosta (nascondo=lanthàno) del
lògos è intrinsecamente legata alla nozione di verità come dis-velamento
(a-lètheia), come oggetto di una lettura più profonda (intueri, intuslègere) e meno esteriore e apparente (phaìnomai) della realtà. L’uomo
che ha in mente Eraclito è un uomo “fuori dal comune”. Da qui, la sua
disapprovazione per tutti coloro (la maggioranza) che vivono contenti,
perché inconsapevoli, nella propria mediocrità e ignoranza
«I porci prendono piacere dal fango, piuttosto che dall’acqua pura…»
Parmenide di Elea
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Parmenide nacque in Magna Grecia, ad Elea, da una famiglia aristocratica. Della
sua vita si hanno poche notizie. Fu probabilmente discepolo di Senofane. Ad
Elea fondò inoltre una scuola, insieme al suo discepolo prediletto Zenone.
Platone nel Parmenide riferisce di un viaggio che negli anni della vecchiaia
Parmenide intraprese alla volta di Atene, dove conobbe Socrate giovane col
quale ebbe una vivace discussione.
L'unica opera di Parmenide è il poema in esametri intitolato Poema sulla natura,
di cui ci sono giunti ad oggi diciannove frammenti, alcuni dei quali allo stato di
puro stralcio, che comprendono un Proemio e una trattazione in due parti: La
via della Verità e La via dell'Opinione; di quest'ultima abbiamo solo pochi versi.
Parmenide di Elea
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Nel Poema sulla natura Parmenide sostiene che la molteplicità e i
mutamenti del mondo fisico sono illusori, e afferma, contrariamente al
senso comune, la realtà dell'Essere: immutabile, ingenerato, finito,
immortale, unico, omogeneo, immobile, eterno.
La narrazione si snoda intorno al percorso intellettuale del filosofo che
racconta il suo viaggio immaginario verso la dimora della dea Dike (dea
della Giustizia) la quale lo condurrà al «cuore inconcusso della ben rotonda
verità». Secondo alcuni, la splendida donna rappresenterà d'ora in poi il
significato della filosofia. La dea mostra al filosofo la via dell'opinione, che
conduce all'apparenza e all'inganno, e la via della verità che conduce alla
sapienza e all'Essere.
Pur non specificando cosa sia questo essere, Parmenide è il filosofo che per
primo ne mette a tema esplicitamente il concetto; su di esso egli esprime
soltanto una lapidaria formula, la più antica testimonianza in materia,
secondo la quale «l'essere è, e non può non essere», «il non-essere non è, e
non può essere»
Parmenide di Elea
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Il filosofo definito da Platone “venerando e terribile” intende affermare che
niente si crea dal niente, e nulla può essere distrutto nel nulla. I cambiamenti e
le trasformazioni a cui è soggetta la natura, tali per cui alcune realtà nascono,
altre scompaiono, non hanno semplicemente motivo di esistere, essendo pura
illusione. La vera natura del mondo, il vero essere della realtà, è statico e
immobile. A tali affermazioni Parmenide giunge promuovendo per la prima
volta un pensiero basato non più su spiegazioni mitologiche del cosmo, ma su un
metodo razionale, servendosi in particolare della logica formale di noncontraddizione, da cui si traggono le seguenti conclusioni:
1) L'Essere è immobile perché se si muovesse sarebbe soggetto al divenire, e
quindi ora sarebbe, ora non sarebbe.
2) L'Essere è Uno perché non possono esserci due Esseri: se uno è l'essere, l'altro
non sarebbe il primo, e sarebbe quindi non-essere. Allo stesso modo per cui, se A
è l'essere, e B è diverso da A, allora B non è: qualcosa che non sia Essere non può
essere, per definizione.
3) L'Essere è eterno perché non può esserci un momento in cui non è più, o non
è ancora: se l'essere fosse solo per un certo periodo di tempo, a un certo
momento non sarebbe, e si avrebbe contraddizione.
4) L'Essere è dunque ingenerato e immortale, poiché in caso contrario
implicherebbe il non essere: la nascita significherebbe essere, ma anche non
essere prima di nascere; e la morte significherebbe non essere, ovvero essere
solo fino a un certo momento.
Parmenide di Elea
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5) L'Essere è indivisibile, perché altrimenti richiederebbe la presenza del
non-essere come elemento separatore.
6) L'Essere risulta così vincolato dalla necessità (ἀνάγχη, anànche), che è il
suo limite ma al contempo il suo fondamento costitutivo: «la dominatrice
Necessità lo tiene nelle strettoie del limite che lo rinserra tutto intorno;
perché bisogna che l'essere non sia incompiuto».
7) L'Essere è privo di imperfezioni e identico in ogni sua parte come una
sfera
Parmenide paragona l'Essere a una sfera perfetta, sempre uguale a se stessa
nello spazio e nel tempo, chiusa e finita (per gli antichi greci il finito era
sinonimo di perfezione). La sfera è infatti l'unico solido geometrico che non
ha differenze al suo interno, ed è uguale dovunque la si guardi.
La vera conoscenza dunque non deriva dai sensi, ma nasce dalla ragione. Il
pensiero è la via maestra per cogliere la verità dell'Essere: «ed è lo stesso il
pensare e pensare che è. Giacché senza l'essere … non troverai il pensare», a
indicare come l'Essere si trovi nel pensiero. Il “dire”, per Parmenide,
esprime il “pensare”, e il pensiero riflette l’essere (→triplice significato del
termine greco lògos). Pensare il nulla è difatti impossibile, il pensiero è
necessariamente pensiero dell'essere. Di conseguenza, poiché è sempre
l'essere a muovere il pensiero, la pensabilità di qualcosa dimostra l'esistenza
dell'oggetto pensato. A tale identità immediata di essere e pensiero si giunge
scartando tutte le impressioni derivanti dai sensi.
Parmenide di Elea
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Una volta stabilito che l'Essere è, e il non-essere non è, resta tuttavia da
spiegare come nasca l'errore dei sensi, dato che nell'Essere non ci sono
imperfezioni, e perché gli uomini tendano a prestare fede al divenire
attribuendo l'essere al non-essere. Parmenide si limita ad affermare che gli
uomini si lasciano guidare dall'opinione (doxa), anziché dalla verità, ossia
giudicano la realtà in base all'apparenza, secondo procedimenti illogici.
L'errore in definitiva è una semplice illusione, e dunque, in quanto non
esiste, non si può trovargli una ragione. La via dell’errore o dell’opinione
assoluta, dominata dalla consuetudine e dall’esperienza sensibile (dei
sensi), che attestano l’esistenza del non-essere attraverso il divenire
dell’essere: nascita, movimento, morte…
Procedere nella ricerca della verità basandosi esclusivamente sui
sensi→ camminare sul sentiero della notte o dell’oscurità, ossia
della contraddizione e dell’errore. Di qui il divino ammonimento:
procedere verso la riflessione del lògos. La critica delle opinioni comuni,
quelle dei “mortali sprovvisti di sapienza”, è tipica dello spirito aristocratico
degli “iniziati”.
Compito del filosofo=rivelare la nuda verità dell'Essere nascosta
sotto la superficie degli inganni. Parmenide configura poi la via
dell’opinione relativa (o del verosimile), basata sì sui sensi, ma con la guida
della ragione. La vera conoscenza rivelata (la gnòsis o l’ epistème),
trascende, supera e contraddice le certezze dell’esperienza sensibile; ma da
essa prende comunque le mosse.
Osservazioni conclusive su Parmenide
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Il rigore logico di Parmenide e la sua fiducia in un sapere completamente
dedotto dalla ragione, il discredito dei sensi e della conoscenza empirica,lo
rendono un filosofo razionalista.
Egli pone le fondamenta dell’articolazione del raziocinio, che scaturisce
dalla radicale contrapposizione essere/non-essere e da un'immediata
conseguenza del principio di non-contraddittorietà dell'essere e del
pensiero, teorizzato in seguito da Aristotele come evidenza prima e
indimostrabile.
In seguito furono i sofisti a cercare di confutare il pensiero degli eleati,
opponendo al loro sapere certo e indubitabile (epistéme) sia il relativismo di
Protagora, sia il nichilismo di Gorgia.
Dopo Parmenide il pensiero greco è impegnato a risolvere il problema dei
due momenti antitetici della verità: l’immutabilità dell’essere e la
molteplicità del divenire. In questo tentativo sono impegnate due scuole:
quella “pluralistica” con Empedocle e Anassagora; e quella “atomistica” con
Leucippo e Democrito: con esse si hanno le prime soluzioni dell’antitesi tra
le conclusioni del lògos e l’evidenza dell’esperienza: l’una affermante
l’essere immutabile, e l’altra che l’essere è diveniente e molteplice. Il
concetto di à-tomos (dal greco non-divisibile) esclude la possibilità che
l’esteso sia infinitamente divisibile, ma al contrario afferma che la divisione
dell’esteso trova un limite invalicabile, non più divisibile. Poiché l’evidenza
dei fenomeni non può essere negata, è necessario affermare l’esistenza di
una pluralità di elementi indivisibili o a-tomi. In quanto essere, l’a-tomo
possiede le stesse caratteristiche: è uno,indivisibile, ingenerabile,
incorruttibile, eterno, non percepibile dai sensi ma unicamente dalla
ragione.
I fisici pluralisti
Empedocle: Nato ad Agrigento nel 492 a.C. fu attento studioso dei
fenomeni naturali, partecipò alla vita politica della sua città nella
fase democratica. Dal principio secondo il quale l’essere non può
originarsi dal non essere Empedocle elabora la seguente teoria:
Essere = pluralità di 4 radici immutabili e infinitamente
identiche a se stesse (acqua, aria, terra e fuoco) che
unendosi e separandosi in vari modi e in proporzioni
diverse, costituiscono le cose reali divenienti. I principi che
sovrintendono la combinazione dei quattro elementi, determinando
la storia dell’universo sono:
Amore (philìa)
= unità delle radici (universo come
sfera compatta)
Contesa (nèikos))
= separazione delle radici
(universo come caos)
I fisici pluralisti
•
Dallo stato di massima separazione, ciclicamente l’universo torna a quello di
massima unione
Teoria della conoscenza (gnoseologia)
Identità della struttura fisica degli organi percipienti e degli oggetti percepiti
(entrambi costituiti dalle 4 radici) → processo della conoscenza umana
come conoscenza del simile per mezzo del simile.
Gli organi di senso che presiedono al processo conoscitivo
(sensismo materialistico) vengono colpiti dai flussi delle radici
che provengono dalle cose e l’incontro di simili (l’acqua con l’acqua,
il fuoco con il fuoco) genera la conoscenza.
I fisici pluralisti
•
•
Anassagora: maestro e amico di
Pericle, fondò ad Atene una delle
prime scuole filosofiche di cui
Socrate fu uditore. (Anassagora→il
primo a introdurre la filosofia nella
pòlis ateniese). Gli venne rivolta
l’accusa di empietà dagli ateniesi
a causa del suo presunto ateismo.
Pluralità di
particelle
Divenire= risultato di un processo eterne (semi=
di aggregazione e disgregazione del
Omeomerie)
numero illimitato dei semi, divisibili
all’infinito, governato dal principio
intelligente (Noùs) che è separato
dalla materia, infinito e dotato di
forza propria e che agisce come un
impulso originario.
Intelletto
Cosmico
(Noùs)
I fisici pluralisti
• Democrito: nativo di Abdera, in Tracia, fu il fondatore, con
Leucippo, della corrente dell’atomismo. Viaggiò molto nella sua
lunga vita, conoscendo le principali dottrine diffuse in mediooriente.
Contemporaneo di Socrate, scrisse molte opere in uno stile elegante,
lodato anche da Cicerone e da Lucrezio, delle quali si conservano un
buon numero di frammenti.
• Suoi interessi prevalenti→naturalistici ed etici
• Per Democrito esistono due principi costitutivi della realtà:
Pieno
(essere)
Vuoto
(non-essere)
I fisici pluralisti
• Il pieno è → formato da una quantità infinita di minuscole particelle (a•
tomi=elementi indivisibili). Gli atomi, di massa tanto piccola da risultare
invisibili all’uomo, sono pieni, inalterati, ingenerati e indistruttibili.
Il vuoto → ha un’esistenza reale ed è il luogo in cui gli atomi si
muovono liberamente. Essendo privo di limitazione e di una
determinata e specifica forma, il vuoto può essere considerato non-essere.
•
A differenza dei semi di Anassagora, tra loro gli atomi si differenziano non
qualitativamente ma quantitativamente (per la posizione, l’ordine e la
forma che occupano nello spazio), in una disposizione di natura infinita. Il
movimento spontaneo degli atomi nel vuoto, in ogni direzione, è eterno e
risponde a leggi immutabili di necessità (concezione meccanicistica, priva
di ogni disegno teleologico o finalistico).
•
Anima (cosituita da atomi) → luogo nel quale si realizza la conoscenza
umana
I fisici pluralisti
• Conoscenza sensibile
•
•
contatto tra atomi
Dall’oggetto, costituito da atomi in continuo movimento, si staccano delle
immagini (eidola o simulacra =che sono effluvi di atomi che partono
dall’oggetto e colpiscono gli organi di senso).
La conoscenza è diversa da uomo a uomo e non offre nessuna garanzia di
oggettività. Solo la conoscenza intellettuale può cogliere, al di là delle
immagini sensibili, l’essere e la verità: l’esistenza di atomi, vuoto e
movimento.
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lezioni sui presocratici