Delegazione-Foce
Sulla sponda sinistra del Bisagno, una stampa della metà del
Settecento mostra un grande fabbricato che, da quella riva, con
la sua imponenza, arrivava sin quasi ai piedi della salita che
conduceva alla chiesa di San Pietro che, appare ancora nella
sua primigenia fisionomia e che tale giunse sino al secondo
conflitto mondiale, quando, colpita durante un bombardamento
aereo, venne distrutta e poi ricostruita. L’enorme edificio era
l’antico «Lazzaretto», costruito nel1460, destinato dai reggitori
della Repubblica di Genova ad accogliere coloro che erano
afflitti da malattie infettive, o soggetti a quarantena, contingenze
molto frequenti per un porto di mare come quello di Genova.
Con il trascorrere dei secoli il «Lazzaretto» venne modificato,
ampliato, ristrutturato, essendo aumentate le esigenze della
salute pubblica della città.
Tale compito espletò sempre con la soddisfazione dei
genovesi (i quali però vivamente si auguravano di non
esservi ricoverati...), ma la sua fondazione, in molte
specifiche pericolose circostanze di malattie epidemiche, fu
davvero provvida. Nella metà dell’Ottocento, essendo
venuto meno il compito d’istituto, ed essendosi nel
frattempo fortemente accresciute le qualità dell’ospedale di
Pammatone, il «Lazzaretto» cessò dalle sue specifiche
funzioni, fu demolito, e su quel terreno nacque in parte, il
cantiere navale della Foce, che da tempo operava.
Quèsto cantiere navale era già famoso al tempo di
Napoleone; infatti l’Imperatore, durante la sua visita a
Genova nel 1805, il 30 giugno di quell’anno,
assieme al fratello Gerolamo, via mare, sì recò a visitarlo,
proveniente dallo scalo del palazzo del Principe Doria
(vicino a ponte dei Mille) ove alloggiava.
Giunto al cantiere, salì sul vascello «Genovese», armato di
74 cannoni, che si trovava sullo scalo (doveva essere
varato da lì ad un mese) e, chiamati attorno a sè i calafati, li
interrogò sul loro lavoro, li incoraggiò e, per premio, in
riconoscimento delle loro capacità, concesse loro
otto giorni di paga. Il cantiere era di proprietà municipale;
successivamente il Municipio lo dette in gestione ai fratelli
Westermann, alla famiglia Orlando e poi ad Enrico Cravero,
il quale lo condusse sino al 1890; su questi scali venne, nel
1855 costruita la prima nave in ferro
che mai prima era stata realizzata in Italia, il piroscafo
«Sicilia» In precedenza il costruttore, Luigi Orlando, aveva
costruito navi minori in ferro, proprio sul terreno dell’ex
cimitero del «Lazzaretto della Foce».
Il 7maggio 1890, il Municipio di Genova «ritenuto che la ditta
Enrico Cravero & c. è disposta ad abbandonare il Cantiere
della Foce e desidera che il nuovo concessionario (società
Nicolò Odero & C.)rilevi fonderie, tettoie, macchinari, attrezzi
e loro accessori, il rilievo dei lavori meccanici e navali e che il
lavoro non venga interrotto a danno della classe operaia,
concede per il trapasso della gestione tempo sino al
30/7/1890».
Il cantiere della Foce era di proprietà civica; era situato sulla
spiaggia a levante del torrente Bisagno e consisteva in una
grande area, quasi rettangolare, della superficie di mq.
70.000 circa, recinta da muri, con fabbricati, baracconi, tettoie
e scali retrostanti. Tale cantiere veniva
dato in affitto col mezzo dell’asta pubblica, al migliore
offerente. Al Cravero, come si è detto, subentrò la società
Odero, che già aveva altro cantiere navale a Sestri Ponente.
La nuova gestione potenziò le strutture, lo rinnovò, lo dotò di
moderne gru a braccio, di nuove officine ed altri più moderni
strumenti di lavoro e sui suoi scali, per quasi trent’anni furono
impostate e varate anche grandi navi, come il transatlantico
«Re Vittorio» nel 1907, l’incrociatore «Amalfi» nel 1908, la
corazzata «Leonardo da Vinci» nel 1911 ed infine l’incrociatore
«Almirante Brown» nel 1929, per conto del governo argentino.
Ben 56 furono le navi costruite nel trentennio nei cantieri Odero
alla Foce, mercantili e da guerra e di tutte le dimensioni. Nel
1930 l’attività centenaria del glorioso cantiere cessò, e lo
stabilimento venne chiuso. Nascevano altri problemi. Uno dei
principali fu quello della canalizzazione e la copertura del
torrente Bisagno che, una volta fiancheggiato da orti, ora
ostacolava il progresso edilizio verso la zona di Albaro. Il
Municipio di Genova il 3 ottobre 1928, concluse tutte le
trattative necessarie, procedette all’appalto dei lavori e la ditta
vincitrice fu la genovese «Garbarino & Sciaccaluga».
L’imponente opera realizzata è sotto gli occhi di tutti. Vi
lavorarono 300 operai, in media, e furono preventivati 3000
tonnellate di ferro, oltre 12.000 quintali di cemento e più di
50.000 metri cubi di sabbia e pietrisco. La zona nuova che
ben presto nacque nella zona della vecchia Foce,
fu progettata negli anni trenta e in quegli anni sui nuovi spazi
sorti e sulle nuove piazze create (antesignane dell’odierna
struttura della Fiera del Mare) furono inaugurate diverse
manifestazioni:nel 1935 la «Mostra dell’industria del mare e
della spiaggia», negli anni seguenti il «Villaggio Balneare»;
nel 1939, sulla nuova grande piazza venne costruito un
teatro lirico estivo capace di ben 12.000 posti e furono
presentate (a teatro sempre esaurito) la «Gioconda», la
«Boheme», Un<<Ballo in maschera», il «Faust», tutto sotto la
sovrintendenza del «Carlo Felice».
I posti migliori costavano 25 lire, sino alle due lire per i
dopolavoristi, oggi enalisti. Era la trasposizione del Carlo
Felice all’aperto, e le accoglienze popolari furono entusiastiche. Nel 1936 venne costruita la «Casa dei Pescatori»
complesso edilizio per la gente di mare del posto, a suo tempo
espropriata ed estromessa dalle caratteristiche case secolari.
Oggi alla Foce, di questo passato, nulla più esiste, nemmeno
la spiaggia. Moderne strutture viarie, nuovi complessi edilizi ci
proiettano verso il futuro, ma non dimentichiamo «come
eravamo». Nella zona della Foce esisteva una affermata
industria della ceramica, che, in seguito ai successi
commerciali ottenuti, si fregiava con un marchio caratteristico
intitolato «Lanterna». Da dove proveniva il materiale
necessario con il quale venivano create queste preziose opere
dell’artigianato focense? Per la maggior parte dalla zona del
Cavalletto (cioè dalla collinetta sottostante Carignano ,), il
resto da altre zone italiane o dalla Spagna.
Alcuni esemplari di questo tipo di piastrelle si possono
ancora oggi ammirare nella chiesa di Santa Maria di
Castello. Immagini che trovavano poi sbarramento presso la
zona della Foce, per la collinetta che vi sorgeva,
successivamente spianata? La gente,
spesso,ammassandosi, li calpestava, specialmente in
occasione della festa di San Pietro, quando, il quartiere era,
di notte, illuminato con lampioncini colorati
alla cinese, e le barche in mare, gettavano lumini accesi
sulle acque che si dondolavano poi sulle onde, destando
l’ammirazione di tutti gli spettatori convenuti. Per andare alla
spiaggia sottostante le batterie di cannoni che si trovavano
collocate, lato mare, sulla penisoletta di Punta Vagno, non
ancora tagliata da corso Italia,
i ragazzi dell’epoca, dovevano attraversare
pericolose scogliere piene di «lepego», anche se, più
sopra, attraverso intricati sentieri, si poteva
aggirare... la zona, ridiscendendo poi verso la
spiaggia, magari facendosi graffiare dai roveti che
circondavano quelle anguste stradette. Ma, come
sempre e per tutte le generazioni, lo spirito di
avventura albergava nel cuore di quei nostri carissimi
antenati, e se per andare al mare, alla spiaggia vicino
o accanto a Punta Vagno, era necessario percorrere i
sentieri più infidi e le scogliere più «lepegose»,
ebbene quei ragazzi lo preferiva no, erano degli
ardimentosi, e guai a coloro che si sottraevano alla
prova, sarebbero stati considerati dei vigliacchi e
segnati a dito per settimane intere
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