Artù
Dalla storia alla letteratura
Le figure della leggenda 01-04
01. Le figure della leggenda
Il prode re Artù
La figura di Artù è stata magnificata
assai presto. I primi testi in lingua
gallese che ne citano il nome
evocano un personaggio valoroso,
ma a volte tirannico. Esso si
presenta nella storia dei re di
Bretagna con un fasto regale,
difensore della fede cristiana, che sa
circondarsi dei cavalieri migliori .
Cy commence l'histoire du
noble roy Artus de
Bretaigne
Le Triomphe des Neuf Preux
Abbeville, Pierre Gérard, 30 V 1487
BnF, Arsenal, Rés. 4° BL 4278 (p. A à 3)
Cy commence l'histoire du noble roy Artus de Bretaigne
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Il lavoro di Jacques Longuyon Les Vœux du paon (I voti del pavone), nel quale appare per la
prima volta il tema dei Nove Prodi, è stato apprezzato nel nord della Francia prima di arrivare
a una considerevole diffusione nel quattordicesimo secolo. Un secolo più tardi, sempre nel
nord della Francia, ad Abbeville, appare la prima edizione del Triomphe des Neuf Preux (Il
trionfo dei Nove Prodi).
Il libro, dedicato al re Carlo VIII, si apre con un prologo in cui l'autore descrive il sogno in cui
Dame Triumphe gli ingiunge di raccontare le gesta di nove eroi. L'autore di questa versione a
stampa, restato anonimo, ha aggiunto un decimo cavaliere nella persona di Bertrand du
Guesclin, le cui gesta militari sono ascrivibili a quelle dei Nove Prodi. Egli riprende una
tradizione che risale agli anni successivi alla morte del connestabile: a partire dal XV secolo,
Luigi d'Orleans aveva aggiunto alle statue dei Nove Prodi che adornavano il suo castello di
Coucy una decima scultura rappresentante Duguesclin. Nel frattempo, alla serie dei Nove
Prodi contenuta in altri testi, fu associata la figura di Giovanna d'Arco.
Il re Artù e i suoi reami
Pierre de Langtoft († verso il 1307)
Chronique d’Angleterre
Manuscritto copiato nel 1307
Londra, The British Library, Ms Royal
20 A II
In questa miniatura, Artù è mostrato
con uno scudo con l'immagine della
Vergine. Ai suoi piedi, trenta corone
simboleggiano i regni che ha
conquistato.
Re Artù e Carlo Magno
Petit armorial équestre de la Toison
d'or
Lille?, 1435-1440
Proveniena: Pierre Quesnel ; Jean
Bigot ; M. Bigot de Monville ; Roger de
Gaignières ; ceduto alla Bibliothèque
du roi nel 1710
BnF, Manuscrits, Clairambault 1312 (1)
(p. 242-243)
Re Artù e Carlo Magno
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Il prestigioso ordine del cavalierato del Toson d'Oro, fondato nel 1430 dal Duca di Borgogna
Filippo il Buono, s’inscrive in un nuovo modello di cavalleria, che si allontana dalla Tavola
rotonda per agganciarsi all’antico mito della ricerca del Vello d'oro da parte di Giasone e degli
Argonauti. Il Petit armorial équestre de la Toison d'or è stato chiamato così per distinguerlo
dal Grand armorial dallo stesso nome, suo contemporaneo, il cui manoscritto è conservato
presso la Biblioteca dell'Arsenale; la raccolta, come si presenta oggi, comprende una serie di
47 figure equestri a pagina intera, dedicate in gran parte alla rappresentazione dei 33
Cavalieri del Toson d'oro che appartenevano alle promozioni per gli anni 1430-1433. A
differenza del Grande Armoriale, ci sono anche, sia pure incomplete, le serie di personaggi
storici o mitici conosciuti come i Nove Prodi e le Nove Eroine.
Tra questi eroi e seguendo l'ordine tradizionale dei "prodi della legge cristiana”, Artù figura
tra Carlo Magno e Goffredo di Buglione. Montato su un cavallo bianco, il re, armato di tutto
punto, si slancia con uno stendardo delle sue armi nella mano destra e agitando la spada
nella sinistra. L'estrema stilizzazione della figura evidenzia le armi arturiane, le cui tre corone
d'oro sono posées en pal sur fond de gueules (poste in palo su fondo rosso).
Il re Artù nel XVIII secolo
Histoire des Neuf Preux
Francia, inizio del XVIII sec.
Papier, 312 f. (2 col.), 330 x 225 mm
Provenienza: biblioteca del duca di La
Vallière
BnF, Manuscrits, français 12598 (f.
219)
Il re Artù nel XVIII secolo
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Questo manoscritto del XVIII secolo, su carta, riproduce probabilmente un modello del XV
secolo. Questo fatto dimostra un rinnovato interesse, negli anni dell'Illuminismo, per i
manoscritti medievali - e probabilmente per i costumi della cavalleria, nel momento in cui
l'aristocrazia ridefinisce secondo la moda i suoi principi feudali.
A ciascuno dei Nove Prodi è consacrato un capitolo che si apre con un dipinto che lo
rappresenta a pagina intera. La sezione arturiana occupa i fogli 219-231. Mentre le altre
sezioni sembrano derivare soprattutto dalla Chronique de Baudouin d'Avesnes, il testo della
sezione arturiana combina diverse fonti: Geoffroy de Monmouth, il Roman de Brut di Wace, il
Lancelot-Graal. Riesce a rendere coerenti i dati, talvolta contraddittori, semplificando ed
eliminando tutto ciò che evoca il soprannaturale o la predestinazione. Rinnovando
l'approccio tradizionale delle leggende arturiane, che descrivono il regno di Artù come un
tempo chiuso, inscrive Artù in una continuità storica che, estendendosi dal Vecchio
Testamento a Goffredo di Buglione, non inizia né si conclude con lui.
02. Le figure della leggenda
Artù rimane in secondo piano nella maggior parte dei
romanzi della Tavola Rotonda, ma le gesta dei suoi
cavalieri si riflettono su di lui. Così egli ha un posto tra i
Prodi, i nove eroi più valorosi del passato.
Medaglioni in smalto
Ritratti di Artù e Carlo Magno
Limoges, verso il 1600
Dipinto a smalto su rame, diam. 93 mm
Provenienza : eredità Constantin al Museo di Cluny, 1881
Écouen, Musée national de la Renaissance, Inv. e. Cl. 10964 (Arthur) e Inv.
e. Cl. 10962 (Charlemagne)
Medaglioni in smalto
Ritratti di Artù e Carlo Magno
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Questi due medaglioni di proprietà di una serie di cinque pezzi che comprende anche Ettore,
e Giuda Maccabeo (Musée national de la Renaissance, Château d'Ecouen) e Giulio Cesare (nel
Musée du Ranquet, Clermont-Ferrand): in origine, la serie comprendeva certamente tutti i
Nove Prodi. Durante il Rinascimento, il tema dei Nove Prodi è stato spesso rappresentato
nella produzione di smalti di Limoges, al punto da figurare sotto questa tecnica nelle
collezioni di Enrico VIII d'Inghilterra.
Gli eroi sono per lo più rappresentati in forma equestre. Molto più rara è qui la
rappresentazione del busto, che mantiene tuttavia il carattere altamente decorativo
dell'armamento, con il vantaggio del colore in confronto alle incisioni.
Questa presentazione del busto ci rammenta il successo del ritratto in medaglione nella
decorazione architettonica e arredamento del 1530. Tuttavia, non si trova alcun parallelo
nell'arte francese durante il regno di Enrico IV. Si è tentati, allora, di pensare che questi
medaglioni riccamente colorati, fossero originariamente destinati a decorare la rilegatura di
un volume che aveva a che fare con gli eroi dell'antichità, o, perché no?, testi a stampa
derivanti dalla materia arturiana.
I Nove Prodi
Le Chevalier errant, de Thomas de
Saluces
Parigi, circa 1403-1404
Pergamena, 209 f., 340 x 260 mm
Provenienza : Margherita d'Austria;
Maria d’Ungheria; entrato nella
biblioteca di Borgogna nel 1559; alla
Biblioteca Nazionale nel 1794;
BnF, Manuscrits, français 12559 (f.
125)
I Nove Prodi 2
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Il Cavaliere errante è stato scritto dal marchese Tommaso III di Saluzzo, probabilmente nel
1394. L'autore, nelle vesti di un cavaliere errante, racconta la sua ricerca della saggezza
attraverso le avventure nei regni del “Dio d’Amore”, di “Dama Fortuna” e “Dama
Conoscenza”. Durante i suoi viaggi, entra nel “Palazzo degli eletti”, dove incontra i Nove Prodi.
Nella miniatura del f. 125, i Prodi compaiono nel salone di un castello (come le statue dei
Prodi sulla mensola del camino del castello di Coucy), essi sono identificati da iscrizioni e
reggono uno scudo o uno stendardo con le loro arme. Su entrambi i lati di David, sola figura
rappresentata frontalmente, sotto la chiave appesa al centro dell'arco, i Prodi sono divisi in
gruppi di due personaggi rivolti l’uno verso l’altro. Artù tiene una bandiera adorna di tre
corone, che simboleggiano i suoi regni: Bretagna, Scozia e Inghilterra. Questa
rappresentazione dei Prodi non segue il testo di Tommaso di Saluzzo, che li elenca in ordine
cronologico - la legge giudaica, quella pagana e, poi, quella cristiana – e li descrive seduti
(come i Prodi, contemporanei, della serie di arazzi custodita presso Cloisters, New York, Inv.
32-130) e soprattutto c’è un certo numero di posti vuoti (compreso quello di Artù), il Prode in
questione essendo stato precipitato da Dame Fortuna "in basso da una roccia».
I Nove Prodi 2
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Solo due manoscritti di quest’opera si sono conservati: questo è stato riccamente miniato dal
Maître de la Cité des dames per l'autore, che visse alla corte di Carlo VI nel 1403-1404; un
secondo, meno lussuoso, è andato in gran parte distrutto nell’incendio della biblioteca di
Torino del 1904; mentre un terzo, menzionato nel XVIII secolo, è andato perduto. Il tema dei
Prodi ha conosciuto una fortuna particolare nella famiglia Saluzzo: infatti, Costanza di Saluzzo,
sorella del marchese, donò un arazzo dei Nove Prodi all’abbazia cistercense di Noirlac (Cher),
mentre nel 1420 il tema venne illustrato da Valerano, figlio illegittimo di Tommaso III, sulle
pareti del Salone Baronale nel castello della Manta (Manta, Cuneo).
Artù, nobile e prode
cristiano
Arazzo rappresentante Artù
Atelier della Marche (?), verso il 15251540
Provenienza: probabilmente eseguito
per Pierre Paen, luogotenente del
siniscalco del Poitou, al suo castello
Chauray (Saint-Maixent); coll. Dr.
Berthet (Saint-Maixent) tra il 1889 e il
1892 ; coll. Jacques Siegfried (18921904) ; lascito all'Institut de France
nel 1904
Château de Langeais, propriété de
l'Institut de France, cl. J. M. Laugery
Artù, nobile e prode cristiano
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Sei arazzi dei Prodi furono identificati alla fine del XIX secolo nel castello Chauray (SaintMaixent Deux-Sèvres): originariamente appartenevano a un arazzo dei Prodi comprendente
nove pezzi. Artù vi è raffigurato come un vecchio con la barba bianca sul suo cavallo, in
armatura da parata. Due uomini d’arme riccamente vestiti lo accompagnano, uno tenendo le
briglie, l'altro lo segue. Artù appare su un'isola cosparsa di fiori; in secondo piano, due città
emergono da dietro le collinette, completando così l'evocazione dei suoi tre regni: Inghilterra,
Bretagna, Scozia. Le sue arme aux trois couronnes d'or (tre corone d’oro) si stagliano sullo
sfondo blu della coperta del suo cavallo. Nel bordo superiore, una scrittura in minuscola
gotica lo identifica: Artus noble et preux crestien suis Qui troys royaulmes par force conquis.
Dedans Athènes fis chercher maint écrit Pour soustenir la loy de Jesus Christ.
Lo stile grossolano ricorda le xilografie dove il tema dei Nove Prodi si è diffuso nel XV e XVI
secolo, ma non sembra essere stato di modello né dei cartoni di questa serie dei Prodi, né
alle quartine che accompagnano ogni arazzo. Anche se il disegno è povero, il parato s’impone
per la grandezza eroica dei Prodi, assai tipica della popolarità di questo tema, adottato nel
corso del XVI secolo dalla piccola nobiltà per decorare i suoi castelli: infatti, un parato simile
alle arme dei Blanchefort e Chabannes, si trova nel castello di Madic (Cantal, passato al
castello di La Palisse, nell’Allier); alla fine del XVI secolo, la grande sala del torrione nel
castello d’Anjony (Cantal) era ancora decorata con un ciclo di affreschi dei Nove Prodi.
03. Le figure della leggenda
Merlino il profeta
La tradizione orale ricorda
un bardo di nome
Myrddin, che sarebbe
vissuto in Scozia alla fine
VI secolo, autore di poesie
profetiche.
Merlino commenta
un’eclissi di luna
Lapidario, raccolta di testi di
astronomia, secondo Alfonso il Saggio
(1221-1284)
Manoscritto copiato in Inghilterra
verso il 1400
Angers, bibliothèque municipale, Inv.
Ms 478 – IRHT / CNRS
In questo libro, Merlino è associato a
scienziati e astronomi, come Aristotele
e Galeno, realmente esistiti.
Merlino profetizza sotto
un cielo stellato
Geoffroy de Monmouth (v. 11001155), Profezie di Merlino
Manoscritto su pergamena, copiato
nel XIV sec.
Rennes, Les Champs Libres,
Bibliothèque de Rennes-Métropole,
Ms. 593 fol. 104
Merlino profetizza sotto un cielo stellato
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ll personaggio di Merlino rimanda a un profeta-druido, detto Myrddhin, che sarebbe vissuto
in Scozia nel VI secolo. Geoffroy de Monmouth è il primo a sviluppare la leggenda di Merlino,
associandolo con la storia dei re di Gran Bretagna. Intorno al 1150, egli scrisse una Vita di
Merlino, in cui il mago, divenuto folle, vive come un uomo selvatico nel bosco, pronunciando
le sue profezie. La sua opera costituisce la base per gli scrittori successivi, Wace e Robert de
Boron.
Le Profezie di Merlino, che Geoffroy de Monmouth scrisse nel 1130, sono una serie di
misteriose invocazioni espresse da Merlino al re Vortigern. Tradotte in varie lingue europee,
sempre accresciute, ebbero un grande successo.
04. Le figure della leggenda
In Goffredo di Monmouth,
Merlino è
contemporeamente un
mago faceto, un profeta e
uno stregone pazzo che
infesta i boschi del
Northumberland.
Consiglio dei diavoli; i
diavoli uccidono le bestie
del vecchio Merlino; il
vecchio Merlino le piange;
Blaise e le figlie del
vecchio Merlino; Blaise e
la futura madre di
Merlino; concepimento di
Merlino ad opera di un
diavolo; la confessione
della madre di Merlino.
Histoire de Merlin
Romanzo del XIII sec.
BnF, Manuscrits, Français 91 fol. 1
"Ici commence l'histoire de Merlin et
comment le conseil des diables de
l'enfer décidèrent, avec leur damné
maître Lucifer, d'engendrer par le corps
d'une fille vierge."
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Artù 02 Dalla storia alla letteratura Le figure della leggenda 01-04